Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 luglio 2021| n. 28109.
Il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall’art. 69 cod. pen. ha carattere unitario e non è pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice.
Sentenza|20 luglio 2021| n. 28109. Il giudizio di comparazione tra circostanze
Data udienza 11 giugno 2021
Integrale
Tag – parola: Associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, truffa, detenzione e porto di armi – Intercettazioni – Inosservanza dell’obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi – Inutilizzabilità dei risultati – Partecipazione all’associazione mafiosa in caso di attività di “paciere” svolta per la composizione di contrasti interni al sodalizio – Trattamento sanzionatorio – Omessa considerazione dell’inasprimento previsto dalla l. n. 69/2015 – Giudizio di comparazione tra circostanze – Riferimento a tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano – Presidente
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PROCURATORE GENERALE presso la CORTE D’APPELLO DI NAPOLI;
2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4) (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
5) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6) (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
7) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
8) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
9) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
10) (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
11) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
12) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
13) (OMISSIS), (CLASSE (OMISSIS)) nato a (OMISSIS);
14) (OMISSIS), (CLASSE (OMISSIS)) nato a (OMISSIS);
15) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
16) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
17) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
18) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
19) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
20) (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
21) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
22) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
23) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
24) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
25) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di questi ultimi;
nonche’ nel procedimento a carico di:
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
Parti civili:
COMUNE DI NAPOLI;
(OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/02/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
fissata la trattazione orale in presenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;
Preliminarmente gli avvocati (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS) eccepiscono la omessa notifica del ricorso del PROCURATORE GENERALE presso la CORTE D’APPELLO DI NAPOLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DE MASELLIS Mariella, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) classe (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’inammissibilita’ per tutti gli altri ricorsi, incluso quello del pubblico ministero;
uditi i difensori:
– avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per le parti civili COMUNE DI NAPOLI e (OMISSIS), si riporta alle conclusioni che deposita, unitamente alla nota delle spese;
– avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che conclude chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
– avv. (OMISSIS), sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS) del foro di NOLA, in difesa di (OMISSIS), che conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che conclude riportandosi ai motivi di ricorso e insistendo per l’accoglimento;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che si associa alla richiesta di inammissibilita’ del ricorso del Procuratore Generale di NAPOLI chiesta dal PG e si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) e come sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) con nomina che deposita in udienza, che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che conclude insistendo per l’accoglimento dei ricorsi;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), inoltre, come sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS) del foro di ROMA, in difesa di (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) con delega orale, che si riporta ai motivi di ricorso;
– avv. (OMISSIS), sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS) del foro di NAPOLI, in difesa di (OMISSIS) con nomina che deposita in udienza, che si riporta ai motivi di ricorso;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e come sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS) del foro di NOLA, difensore di (OMISSIS), con delega orale; e sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS) del foro di NAPOLI, in difesa di (OMISSIS), con delega orale; che si riportando ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che si riporta ai motivi di ricorso e chiede l’annullamento della sentenza impugnata;
– avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli, giudicando sulle impugnazioni proposte dal pubblico ministero e dagli imputati avverso la sentenza pronunciata in data 30 ottobre 2016 all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, ha:
a) – dichiarato inammissibile l’appello del pubblico ministero;
b) – confermato la condanna di:
1. (OMISSIS) alla pena di anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa (capo A), esclusa l’aggravante di cui al comma 4, limitatamente ai fatti commessi sino al mese di ottobre 2011, riconosciute le attenuanti generiche ed escluso l’aumento per la recidiva;
2. (OMISSIS) alla pena di anni 6 e mesi 8 di reclusione ed Euro 5.000 di multa per il reato di estorsione aggravata (capo 01), esclusa l’aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 2, n. 3;
3. (OMISSIS) alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 1.000 di multa per i reati ricettazione di prodotti contraffatti (capo Q), esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e riconosciuta la continuazione;
4. (OMISSIS) alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 1.000 di multa per i reati ricettazione di prodotti contraffatti (capo P), esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e riconosciuta la continuazione;
5. (OMISSIS) alla pena di anni 6 di reclusione per il reato di associazione mafiosa (capo A), esclusa l’aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 4;
c) – confermato la condanna e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio nei confronti di:
6. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
7. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
8. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
9. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
10. (OMISSIS) in anni 8 di reclusione, ritenute equivalenti alla contestata recidiva, per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di ricettazione di prodotti contraffatti con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, (capo P; capo R, capo U, capo V), di ricettazione di prodotti contraffatti (capo Q), esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, di truffa continuata con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, (capo F1) e di false attestazioni in atto destinato ad essere prodotto all’autorita’ giudiziaria con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo Q1);
11. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
12. (OMISSIS) in anni 5 e mesi 4 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di ricettazione di prodotti contraffatti con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo R, capo U, capo V);
13. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
14. (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
15. (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) in anni 18 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4,, quale promotore ex articolo 416-bis, comma 2, c.p. (capo A), di concorso in ricettazione e detenzione di armi (capo B; capo C), di false attestazioni in atto destinato ad essere prodotto all’autorita’ giudiziaria con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo G), di ricettazione di prodotti contraffatti con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo P; capo R; capo S; capo U; capo V; capo Q1), di truffa continuata con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo F1); con la gia’ ritenuta continuazione con le seguenti sentenze: Corte di appello di Napoli irrevocabile in data 10 marzo 1995; Corte di Assise di appello di Napoli irrevocabile in data 21 aprile 1997; Corte di appello di Napoli irrevocabile in data 10 luglio 1997;
16. (OMISSIS) in anni 6 di reclusione, ritenute equivalenti alla contestata recidiva, per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
17. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
18. (OMISSIS) in anni 4 e mesi 4 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di truffa continuata con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo F1);
19. (OMISSIS), ritenute equivalenti alla contestata recidiva, in anni 3 e mesi 8 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di ricettazione di prodotti contraffatti con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo O), di concorso in detenzione e porto di armi (capo D), gia’ concessa l’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8;
20. (OMISSIS) in anni 4, mesi e giorni 20 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di truffa continuata con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo F1);
21. (OMISSIS) in anni 6 e mesi 8 di reclusione per i reati di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A), di false attestazioni in atto destinato ad essere prodotto all’autorita’ giudiziaria con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo G), di truffa continuata aggravata (capo G1);
22. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
23. (OMISSIS) in anni 1 di reclusione ed Euro 600,00 di multa (pena sospesa) per il reato ricettazione e di truffa continuata, esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (capo El; capo F1);
24. (OMISSIS), ritenute equivalenti alla contestata recidiva, in anni 6 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
25. (OMISSIS) in anni 4 di reclusione per il reato di associazione mafiosa aggravata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (capo A);
d) – confermato la confisca gia’ disposta in primo grado;
e) – confermato la condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
2. Hanno presentato ricorso:
2.1. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli con riguardo alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il pubblico ministero denuncia la violazione di legge con riguardo alla dichiarata inammissibilita’ dell’appello proposto avverso l’assoluzione dal reato di cui all’articolo 74 TU Stup. (capo L) pronunciata dal primo giudice per gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ avverso l’assoluzione degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p. (capo A). In particolare, Il pubblico ministero si duole della mancata escussione, gia’ nel corso del giudizio di primo grado, di (OMISSIS), divenuto collaboratore di giustizia nel corso del giudizio, fermo restando che l’atto di impugnazione aveva comunque evidenziato la sufficienza del materiale probatorio a disposizione del primo giudice per giungere all’affermazione di responsabilita’.
2.2. Gli imputati:
1. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
2. (OMISSIS), personalmente, che denuncia la violazione di legge con riguardo alla responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., e per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche;
3. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
4. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), sviluppa sette motivi di ricorso con i quali denuncia:
– la violazione della legge processuale, in riferimento all’articolo 268 c.p.p., comma 3, e il vizio della motivazione per la dedotta inutilizzabilita’ delle intercettazioni ambientali effettuate in assenza della motivazione relativa al compimento delle operazioni di registrazione mediante impianti in dotazione alla polizia giudiziaria, non sussistendo la eccezionale urgenza in considerazione delle tempistiche relative all’effettuazione delle registrazioni, in effetti, poste in essere a distanza di tempo rispetto al decreto autorizzativo e, dunque, non urgenti;
– la violazione della legge processuale, con riferimento all’articolo 438 c.p.p. e il vizio della motivazione con riguardo all’inutilizzabilita’ dell’integrazione probatoria effettuata dal pubblico ministero all’udienza del 25 ottobre 2016 dopo le conclusioni fatte dalla difesa, non trattandosi di documentazione necessaria a fronte delle produzioni difensive effettuate nella circostanza;
– la violazione della legge processuale, in riferimento all’articolo 603 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria in grado di appello attraverso l’escussione di due testimoni, anche alla luce delle integrazioni probatorie fatte dal pubblico ministero nel corso del giudizio di primo grado;
– la violazione della legge processuale, in riferimento all’articolo 521 c.p.p., e il vizio della motivazione poiche’ nella sentenza impugnata vengono utilizzate una serie di circostanze estranee al periodo di riferimento dell’imputazione, essendosi percio’ mutato l’addebito mosso all’imputato;
– la violazione di legge, in riferimento all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1, e il vizio della motivazione con riguardo al riconoscimento della suddetta aggravante poiche’ non si e’ verificata, nel caso di specie, la simultanea presenza di una pluralita’ di soggetti;
– la violazione di legge, in riferimento all’articolo 99 c.p., e il vizio della motivazione con riguardo all’applicazione della circostanza aggravante della recidiva senza una specifica motivazione sul punto;
– la violazione di legge, riferimento agli articoli 62 bis e 133 c.p., e il vizio della motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio;
5. (OMISSIS) e 6. (OMISSIS), con unico atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denunciano il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
7. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo al mancato riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati con la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 1 dicembre 2012;
8. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), denuncia:
– la violazione della legge processuale, il vizio della motivazione, anche sotto il profilo dell’apparenza, l’omesso esame dei motivi di appello, il vizio della motivazione, anche per travisamento della prova con riguardo all’affermazione di responsabilita’. Il giudice di secondo grado ha riportato pedissequamente la sentenza del primo giudice, errando nell’interpretazione delle conversazioni intercettate, che vengono pure travisate. Manca una specifica condotta addebitata all’imputato e la logicita’ del ragionamento probatorio (primo e secondo motivo);
– la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche (terzo motivo);
8.1. I motivi nuovi, a firma dell’avv. (OMISSIS) pervenuti tramite pec in data 19 maggio 2021, denunciano:
– il vizio della motivazione con riguardo alla responsabilita’ per mancato esame delle doglianze sviluppate in appello in merito alla concludenza delle intercettazioni;
– la prescrizione del reato di cui all’articolo 474 c.p., maturata due giorni dopo la pronuncia della sentenza impugnata;
8.2. La memoria depositata in data 24 maggio 2021 dall’avv. (OMISSIS) insiste per la carenza assoluta della motivazione sulla responsabilita’ e il vizio della motivazione sul trattamento sanzionatorio e, pur non condividendo le conclusioni giurisprudenza, rinuncia alla questione dell’assorbimento della condotta ex articolo 474 c.p., in quella di ricettazione nonche’ per l’assenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata.
9. (OMISSIS) e 10. (OMISSIS), con unico atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denunciano il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo alla mancata esclusione della recidiva;
11. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
12. (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), denuncia:
– la violazione di legge, in relazione all’articolo 125 c.p.p., e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8, e il vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante della collaborazione nonostante il contributo fornito dall’imputato che risulta documentato dagli atti di interrogatorio acquisiti; manca l’esame del contributo offerto dal collaboratore ed e’ assertiva la motivazione nella parte in cui indica come inutili e generiche e non riscontrabili le sue dichiarazioni (primo motivo);
– la violazione di legge, in riferimento all’articolo 81 c.p., articolo 671 c.p.p., articolo 187 disp. att. c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla determinazione della pena, essendo stato erroneamente individuato nel capo A) il reato piu’ grave, mentre doveva essere individuato in quello giudicato con sentenza della Corte di Assise di appello di Napoli irrevocabile in data 21 aprile 1997 per il quale e’ stata inflitta la pena di anni 13 di reclusione in relazione al reato di cui all’articolo 416 bis c.p., non dovendosi fare applicazione del principio enunciato dalle Sezioni Unite;
– la violazione di legge, in relazione all’articolo 125 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla misura di sicurezza che e’ stata applicata senza alcun vaglio della pericolosita’ sociale.
13. (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS) e dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo al mancato riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati con la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 14 maggio 2009;
14. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
15. (OMISSIS) e 16. (OMISSIS), con unico atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denunciano il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
17. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio;
18. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. Ferrone Luigi Agostino Maria, che denuncia la violazione di legge, in relazione agli articoli 99 e 62 bis c.p., articolo 530 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilita’ in relazione alla richiesta di assoluzione dell’imputato dai capi D) ed O) nonche’ con riguardo alla esclusione della recidiva e alla concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza. Il giudice di secondo grado ha omesso di fornire risposta alle questioni specificamente poste dalla difesa con l’atto d’appello.
19. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia:
– la violazione di legge, in riferimento all’articolo 416 bis c.p., e articolo 125 c.p.p., comma 2, e il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta responsabilita’ dell’imputata, con il ruolo di cassiera del clan, in mancanza di elementi dimostrativi e senza avere preso in considerazione le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) e (OMISSIS) che, vertici dell’organizzazione, concordemente escludono la partecipazione dell’imputata, sicche’ e’ irrilevante l’argomentazione secondo la quale il ruolo della stessa non era noto a tutti gli associati perche’ recentemente entrata a far parte dell’organizzazione; l’unica concreta attivita’ che alla stessa e’ addebitata consiste nell’avere organizzato la riffa dei “caroselli” (“i carusielli”), attivita’ lecita e del tutto estranea alle attivita’ del clan, come emerge dalle dichiarazioni di (OMISSIS) (primo motivo);
– la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere concesse in considerazione della limitatissima durata della partecipazione dell’imputata all’organizzazione mafiosa (secondo motivo);
– l’apparenza della motivazione con riguardo alla disposta confisca dell’autovettura perche’ e’ stata ignorata la produzione difensiva relativa al pagamento delle quote mensili del finanziamento con i redditi lecitamente ottenuti dal coniuge dell’imputata quale socio di una famosa pizzeria di Napoli (terzo motivo);
20. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo al mancato riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati con la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 22 luglio 1994;
21. (OMISSIS), con due distinti atti rispettivamente a firma dell’avv. (OMISSIS) e dell’avv. (OMISSIS), che denuncia:
– il vizio della motivazione con riguardo alla responsabilita’ per la truffa poiche’ la persona offesa non indica l’imputato il quale invece e’ contraddittoriamente raggiunto dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), senza che il giudice di merito abbia sciolto tale evidente contrasto che non consente di affermare la responsabilita’ dell’imputato; del resto, con riguardo alla ricettazione, non risulta che l’imputato abbia mai conseguito la detenzione della res, essendosi semmai unicamente interessato all’operazione commerciale, per altro in difetto dell’elemento soggettivo circa l’illiceita’ della provenienza, e comunque dovendosi piuttosto qualificare il fatto alla stregua del tentativo, fermo restando che andavano concesse le circostanze attenuanti generiche, l’attenuante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 7, e l’attenuante di cui all’articolo 648 c.p., comma 2, avuto riguardo al modesto valore dei beni oggetto del reato;
– la violazione di legge con riguardo alla mancata declaratoria di prescrizione per il reato di truffa (capo F1), essendosi gia’ esclusa in appello l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, da cui discende l’applicazione di una pena inferiore sei anni di reclusione, con conseguente estinzione del reato prima della pronuncia della sentenza.
22. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo alle circostanze attenuanti generiche, al giudizio di bilanciamento e al trattamento sanzionatorio;
23. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS) e dell’avv. (OMISSIS), che denuncia:
– la violazione della legge penale e processuale, in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3, articolo 533 c.p.p., comma 1, e articolo 416 bis c.p., per aver omesso di motivare in relazione alle specifiche e dettagliate argomentazioni difensive contenute nell’atto di appello; e, comunque, per aver illogicamente e contraddittoriamente motivato in relazione alle argomentazioni difensive contenute nell’atto di appello; vizi risultanti dal testo del provvedimento impugnato nonche’ dalla comparazione dello stesso con il contenuto dell’atto di appello, oltre che coni seguenti atti del procedimento: 1. ordinanza n. 4414 emessa nei confronti del (OMISSIS) dal Tribunale del riesame di Napoli in data 25 settembre 2015 all’esito della procedura ex articolo 309 c.p.p.; 2. dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 15 febbraio 2016; 3. dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 28 giugno 2016, 14 luglio 2016, 15 settembre 2016, e 10 ottobre 2016; 4. memoria difensiva depositata in data 14 febbraio 2019. Il Tribunale del Riesame riteneva che il materiale intercetttivo censito a carico dell’imputato: a) non fosse chiaro, preciso e concordante rispetto all’ipotesi accusatoria, in quanto si rilevavano solo accenni brevi, allusivi e poco chiari all’imputato; b) non restituisse la chiara e netta percezione degli interlocutori delle conversazioni della partecipazione al sodalizio di (OMISSIS); c) non consentisse di definire e delineare un ruolo determinato e preciso dell’imputato o, comunque, condotte, specifiche e puntualmente individuate, realizzate dallo stesso, sintomatiche della sua partecipazione al sodalizio; d) evidenziasse, al contrario, una certa ostilita’ degli accoliti nei confronti di (OMISSIS) e la mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte di (OMISSIS); e) e, quindi, non dimostrasse ne’ l’adesione del (OMISSIS) al programma criminale, ne’ condotte rafforzative dell’altrui proposito criminale. Il GUP, invece, interpretava le intercettazioni in modo diverso, senza dare adeguata risposta alle argomentazioni della difesa che erano fondate su quelle del tribunale del riesame; nell’atto di appello si censurava la sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva proceduto alla libera interpretazione del contenuto delle conversazioni telefoniche e/o ambientali intercettate, senza tenere in minima considerazione il fatto che il tribunale del riesame avesse ritenuto quelle stesse conversazioni insufficienti per formulare un giudizio di gravita’ indiziaria: si denunciava il fatto che il G.U.P. avesse ritenuto legittimo poter semplicemente dare una interpretazione diversa (cfr. pag. 607 della sentenza di primo grado) delle conversazioni censite a carico di (OMISSIS) rispetto a quella cui era pervenuto il tribunale del riesame, quando, in realta’, il senso stesso della giurisprudenza di legittimita’ formatasi a seguito della modifica dell’articolo 533 c.p.p. (L. n. 46 del 2006) con l’introduzione del canone di giudizio dell'”al di la’ di ogni ragionevole dubbio” era quello di dare coerenza allo sviluppo delle fasi processuali. Ebbene, costituisce granitico orientamento di legittimita’ quello per il quale le conversazioni intercettate, soprattutto quando interlocutore non sia il soggetto nei cui confronti le stesse vengono utilizzate, possono integrare prova della responsabilita’ dell’imputato del reato associativo solo laddove il contenuto delle stesse sia assolutamente chiaro e preciso, privo di ambiguita’ di sorta, tale da conferire certezza alle circostanze indizianti che si vogliono estrarre dai dialoghi: e’ chiaro che se le stesse conversazioni vengono da una autorita’ giudiziaria interpretate nel senso dell’estraneita’ del ricorrente alla compagine associativa, ovvero nel senso della loro intrinseca imprecisione, ambiguita’ e non chiarezza, e, da un’altra, nel senso della prova della sua colpevolezza, in ossequio al principio del favor rei e del canone di giudizio dell'”al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, in assenza di motivazione che individui l’errore di giudizio caratterizzante la pronuncia favorevole, non puo’ considerarsi legittima la relativa sentenza di condanna. Si era, inoltre, messo in evidenza che il G.U.P. era incorso in un grave errore di giudizio nel momento in cui aveva omesso di assumere, come sollecitato dalla difesa, ad oggetto di valutazione i verbali integrali delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) dai quali si evincevano circostanze ben diverse da quelle contenute nei verbali in forma riassuntiva, dove i fatti descritti dal collaboratore erano stati sintetizzati in modo non conforme a quanto concretamente dedotto dal dichiarante. Altro punto in relazione al quale si profila il vizio di omessa motivazione e’ quello relativo alla valutazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) (classe (OMISSIS)); con riferimento a queste dichiarazioni, di cui la difesa veniva in possesso nelle more del giudizio di appello, i difensori chiedevano a mente dell’articolo 603 c.p.p., commi 2 e 3, la rinnovazione del dibattimento, affinche’ si procedesse alla escussione del collaboratore di giustizia, la Corte rigettava la richiesta, ma, con riferimento alla specifica posizione dell’attuale ricorrente che aveva prestato, unitamente al Procuratore generale, il consenso alla acquisizione, venivano dichiarate utilizzabili, dalle quali emergeva la totale estraneita’ del (OMISSIS) alla compagine associativa e come l’interpretazione delle conversazioni effettuata nel giudizio incidentale ex articolo 309 c.p.p., trovasse piena conferma proprio nelle dichiarazioni rese da tale collaboratore di giustizia.
Del resto, costituisce ius receptum il principio per il quale intanto puo’ ritenersi la partecipazione di un soggetto a una determinata organizzazione criminale, in quanto costui prenda parte al fenomeno associativo mediante l’assunzione di un ruolo che manifesti una relazione dinamico-funzionale rispetto al conseguimento degli interessi e degli scopi della organizzazione medesima; la semplice frequentazione per ragioni di parentela, affetto, amicizia, comune estrazione sociale, ovvero per rapporti di affari, non puo’ essere di per se’ considerata sintomatica della appartenenza del soggetto al sodalizio criminale. E’, del resto, irragionevole la decisione la’ dove si e’ ritenuto che il precedente giudiziario (il ricorrente e’ stato condannato con sentenza del 22 luglio 1994 per partecipazione al “clan (OMISSIS)”) costituisce elemento indiziante a carico di (OMISSIS), perche’ la pregressa condanna di un soggetto per la partecipazione ad una associazione per delinquere di stampo mafioso costituisce elemento indiziante della prosecuzione del proprio contributo al sodalizio, soltanto quando non vi sia soluzione di continuita’ tra i fatti accertati con la sentenza definitiva e quelli oggetto del nuovo procedimento, con la conseguenza che, se tra i fatti sussiste, come nel caso di specie, una frattura temporale di circa vent’anni risulta irragionevole e illogico attribuire a quel dato processuale valenza indiziante in rapporto alla nuova contestazione; deve essere evidenziato che in relazione alla posizione del coimputato (OMISSIS), la Corte di appello scrive: “Non si ritiene che possa riconoscersi il vincolo della continuazione con la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 22 luglio 1994 ed irrevocabile l’8 marzo 1995: va rilevato che si tratta di condotte commesse in epoca di molto distante dall’attuale contestazione associativa (piu’ di 15 anni) e dunque non si ravvisano gli estremi per la individuazione di una preordinata programmazione delle condotte contestate al (OMISSIS) nelle sentenze sopra citate”.
Sussiste, del resto, il travisamento delle dichiarazioni di (OMISSIS) che, in disparte l’errore materiale relativo alla data dell’interrogatorio citato dai giudici di merito (si tratta dell’interrogatorio in data 14 gennaio 2016, anziche’ del 14 novembre 2016), non ha mai pronunciato la frase (“Lo zio (OMISSIS) e’ uscito dal carcere lui lavora con lo zio (OMISSIS) nel mercato ittico con una societa’ in nero”) utilizzata come chiave di lettura delle intercettazioni e prova della partecipazione all’associazione, mentre non soltanto la dichiarazione non risulta dal verbale, ma piuttosto il dichiarante esclude una partecipazione di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) alla attivita’ di commercio di prodotti ittici svolta dal ricorrente, come aveva sinteticamente esposto il primo giudice (pag. 608). Del resto, la gia’ denunciata omessa valutazione dei verbali di interrogatorio resi da (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) e (OMISSIS), ha ulteriormente contribuito alla illogica e contraddittoria motivazione perche’ i due dichiaranti hanno in modo convergente riferito che, pur avendo tentato (OMISSIS) cl. (OMISSIS) di intromettersi nelle attivita’ economiche di (OMISSIS), costui si era sempre opposto, impedendo che cio’ si verificasse (verbale del 15 febbraio 2016 di (OMISSIS); verbali del 14 luglio 2016, 15 settembre 2016 e 10 ottobre 2016 di (OMISSIS)). E’, percio’, evidente che la conversazione n. 1026 del 12 aprile 2010, su cui ruota l’intera impalcatura argomentativa della motivazione della Corte d’appello, ha un significato se si da’ per scontato che (OMISSIS) cl. (OMISSIS) fosse socio di (OMISSIS); ne ha completamente un altro se, invece, si da’ per dimostrato che (OMISSIS) non ha fatto entrare costui nelle proprie imprese commerciali; la frase riportata in sentenza (pag. 124), relativa al contenuto della intercettazione n. 1026 (“hai capito (OMISSIS) che tiene in mano tiene tutta Napoli i migliori mercati… lo posso ammettere, (OMISSIS) deve dire o’ zio mi metto paura ho creato un impero che ci vuole mettere una piccola quota mensile per lo zio”) nell’ottica della Corte di appello assume rilevanza proprio perche’ si ritiene che il clan partecipi alle imprese commerciali di (OMISSIS); ma se, invece, il dato probatorio da cui si deve partire e’ quello opposto, e cioe’ che (OMISSIS) non aveva interessi nelle societa’ di (OMISSIS), tale conversazione non puo’ che essere letta nella prospettiva, gia’ ampiamente illustrata, evidenziata dal Tribunale del Riesame, e cioe’ che il ricorrente si pone fuori dalla logica criminale della organizzazione oggetto di contestazione.
Sotto diverso aspetto, a riprova della decisivita’ del travisamento della prova in cui e’ incorsa la Corte di appello, viene in rilievo il successivo passaggio motivazionale in cui tale infortunio di giudizio ridonda nuovamente: a pag. 124 la Corte di appello valorizza, ai fini del giudizio sulla responsabilita’ di (OMISSIS), un asserito coinvolgimento di (OMISSIS) nelle attivita’ di costui, ritenuto dimostrato proprio sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nell’interrogatorio oggetto del gia’ dedotto travisamento; la Corte afferma: “Cio’ conferma proprio il ruolo pregnante assunto dall’imputato nel corso del tempo ed anche nel periodo in contestazione ovvero grazie anche all’appoggio dello stesso (OMISSIS), il quale anche in stato di detenzione, chiaramente aveva investito nella gestione delle pescherie del (OMISSIS) inserendo tutti i figli ed aveva indotto il fratello (OMISSIS) cl. (OMISSIS) ad accordarsi con l’imputato per formare una societa’ (secondo il (OMISSIS) “occulta”) per il rifornimento di pesce proveniente dalla Grecia e cio’ proprio per incrementare anche in tale settore (del tutto nuovo rispetto alle precedenti attivita’ illecite) le fonti di redditivita’ illecita per il clan omonimo… “; e’ proprio la premessa da cui prende le mosse l’argomento portato avanti dalla Corte che vuole (OMISSIS) regista delle operazioni del clan e delle attivita’ economiche riferibili a (OMISSIS) ad essere frutto di un ragionamento assolutamente contraddittorio non solo con gli esiti del procedimento, ma anche con le stesse dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS) cl. (OMISSIS), oltre che frutto di una mera asserzione del giudicante priva di qualsivoglia aggancio a dati probatori.
La Corte di appello ha poi erroneamente specificato che non risponde al vero l’affermazione secondo la quale il collaboratore (OMISSIS) cl. (OMISSIS) avrebbe escluso che (OMISSIS) facesse parte della organizzazione criminale; secondo i giudici territoriali, (OMISSIS) nei verbali del 19 luglio 2019 (rectius 14 luglio 2016) e del 15 settembre 2016, avendo indicato (OMISSIS) come “soggetto facoltoso”, non ne avrebbe pero’ escluso “la partecipazione al clan”. Cio’ e’, pero’ frutto di travisamento perche’ nel verbale del 14 luglio 2016, al contrario di quanto affermato in sentenza, (OMISSIS) cl. (OMISSIS) afferma a chiare lettere che (OMISSIS) non puo’ essere considerato un affiliato alla nuova organizzazione criminale costituita propria da (OMISSIS) all’indomani della sua scarcerazione; a pag. 56 di questo interrogatorio il collaboratore di giustizia, nel rispondere alle domande del pubblico ministero circa l’asserita intraneita’ di (OMISSIS) al sodalizio criminale, ha in modo pervicace, nonostante l’insistenza dell’Ufficio di Procura, escluso categoricamente che l’imputato potesse essere considerato un affiliato; dalla lettura del segmento dichiarativo, emerge come la dichiarazione di (OMISSIS) sia plasticamente espressiva della lontananza di (OMISSIS) dal tessuto associativo, dando atto il dichiarante del fatto che il ricorrente se ne sarebbe addirittura “scappato”. D’altra parte, anche rispetto alla circostanza che (OMISSIS) cl. (OMISSIS) avrebbe riferito che le imprese di (OMISSIS) erano collegate al fratello Ciro (OMISSIS), non corrisponde assolutamente all’effettiva portata del dichiarato del collaboratore; (OMISSIS) cl. (OMISSIS) non ha mai affermato questa circostanza, anzi, ha detto l’esatto contrario: ha riferito di non essere a conoscenza di quote del fratello (OMISSIS) nelle attivita’ economiche del cognato (OMISSIS) e che se il fratello avesse avuto qualche interesse non glielo avrebbe nascosto, anche se lui poteva supporre che (OMISSIS) “riconoscesse qualcosa al cognato” (primo e secondo motivo);
– la violazione di legge, in relazione all’articolo 59 c.p., comma 2, e articolo 416 bis c.p., comma 4, in relazione alla sussistenza della aggravante dell’associazione armata, nonche’ per mancanza di motivazione in ordine al profilo di colpa che giustifica l’estensione dell’aggravante oggettiva anche al compartecipe. La Corte di appello ha ritenuto sussistente in capo a tutti i partecipi della associazione l’aggravante di cui all’articolo 416-bis, comma 4, c.p. in ragione del fatto che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) non lascerebbero dubbi circa la disponibilita’ di armi da parte dell’organizzazione; fatto che risulterebbe comprovato pure dalla contestazione nell’ambito del presente procedimento di alcuni delitti relativi alla violazione della legge sulle armi e da alcune conversazioni che testimonierebbero il possesso di armi da parte di alcuni partecipi. In realta’, il percorso logico-deduttivo sviluppato dalla Corte di appello risulta meramente assertivo e privo di adeguati passaggi logici che spieghino le ragioni per le quali si ritiene sia che l’associazione abbia effettivamente e concretamente la disponibilita’ di armi, ovvero che la disponibilita’ di armi da parte di singoli associati sia collegata all’attivita’ del sodalizio, sia che il ricorrente verta in condizioni di colpa (terzo motivo);
– la violazione di legge, in relazione agli articoli 62 bis, 69, 99 e 133 c.p., e il vizio della motivazione, nel momento in cui, nonostante la Corte d’appello ha ritenuto la sussistenza delle attenuanti generiche e ha formulato un giudizio di equivalenza delle stesse, ha limitato l’effetto di tale giudizio solo all’aggravante della recidiva e non anche a quella di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 4, non essendo consentito un giudizio di “equivalenza parziale”. Sicche’, una volta ritenute sussistenti le attenuanti generiche e la loro equivalenza con le aggravanti, il calcolo della pena avrebbe dovuto tenere conto di questo dato, e, in particolare, del fatto che il minimo della pena per il reato associativo ex articolo 416 bis c.p., considerata l’operativita’ della normativa antecedente la novella del 2015, era pari ad anni 7 di reclusione e non ad anni 9; la’ dove la Corte si fosse voluta discostare dal minimo edittale (criterio applicato nel presente procedimento quasi a tutte le posizione processuali) avrebbe dovuto sviluppare adeguata motivazione che spiegasse le ragioni di un trattamento sanzionatorio piu’ elevato del minimo di pena, tenuto conto sia del fatto che tutti gli imputati del presente procedimento hanno goduto di un trattamento sanzionatorio di favore, sia dell’eventuale ruolo, sia del riconoscimento delle attenuanti generiche. Va, quindi, eliminata l’aggravante ex articolo 416 bis c.p., comma 4, per bilanciamento e rideterminata la pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione, muovendo dal minimo edittale (quarto motivo);
– il vizio della motivazione in ordine all’applicazione della misura di sicurezza della liberta’ vigilata per la durata di anni 2, a fronte del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex articolo 62 bis c.p., e della durata minima di anni 1 (quinto motivo);
23.1. In data 25 maggio 2021 sono stati depositati motivi nuovi a firma dell’avv. (OMISSIS) con i quali si deduce:
– inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’, di inutilizzabilita’, di inammissibilita’ o di decadenza, in relazione all’articolo 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 267 e 271 c.p.p., per avere utilizzato esiti di intercettazioni ambientali e telefoniche non autorizzate, ai sensi dell’articolo 267 c.p.p. e/o, comunque, autorizzate con provvedimenti privi di motivazione (primo motivo nuovo);
– contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione nonche’ mancata assunzione di una prova decisiva richiesta dalla difesa a discarico, ex articoli 602 e 190 c.p.p., e articolo 495 c.p.p., comma 2, in relazione al rigetto della richiesta di esame ex articolo 210 c.p.p., del collaboratore di giustizia (OMISSIS), anche quale circostanza dimostrativa della intima contraddittorieta’ del giudizio conclusivamente formulato di una assenza nelle dichiarazioni di (OMISSIS) di “alcun elemento sintomatico di un concreto contributo” (secondo motivo nuovo);
24. (OMISSIS), con atto a firma dell’avv. (OMISSIS), che denuncia il vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio.
2.3. E’ pervenuta memoria a firma dell’avv. (OMISSIS), nell’interesse di (OMISSIS), che deduce l’inammissibilita’ del ricorso del pubblico ministero.
2.4. In data 7 giugno 2021 e’ pervenuta una memoria depositata dal difensore presso il Tribunale di Napoli in data 26 maggio 2021, nell’interesse di (OMISSIS) con la quale si deduce l’inammissibilita’ del ricorso del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Per ragioni di economia espositiva saranno trattati prioritariamente i ricorsi propositi dal pubblico ministero e da (OMISSIS), che sono entrambi inammissibili, nonche’ da (OMISSIS) che e’ fondato con riguardo al trattamento sanzionatorio e che consentira’, altresi’, di introdurre la questione dell’illegalita’ della pena con riguardo al giudizio di bilanciamento in quanto si tratta di una doglianza comune a vari ricorsi e comunque rilevabile d’ufficio.
Si procedera’ poi all’esame dei ricorsi di:
– (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che sono inammissibili;
– (OMISSIS) che e’ infondato;
– (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) che sono fondati con riguardo al trattamento sanzionatorio e infondati o inammissibili nel resto. In ragione dell’effetto estensivo, la sentenza va annullata, sotto il medesimo profilo del trattamento sanzionatorio, anche nei confronti di (OMISSIS) che non ha proposto ricorso.
2. Il ricorso del pubblico ministero e’ inammissibile.
2.1. E’ manifestamente infondata l’eccezione sviluppata da alcune difese in sede preliminare con riguardo alla presunta omessa notificazione dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero.
Costituisce autorevole e consolidato principio di diritto, cui e’ sufficiente rifarsi nel caso di specie per giudicare manifestamente infondata l’eccezione difensiva, quello secondo il quale “l’omessa notificazione alla parte privata dell’impugnazione proposta da altra parte non da’ luogo all’inammissibilita’ del gravame, ma solo all’obbligo della cancelleria di provvedere alla notifica non eseguita, salvo che risulti altrimenti, in capo al destinatario di essa, la conoscenza dell’atto di impugnazione” (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, P.M. in proc. Innocenti, Rv. 223724), risultando, del resto, ben nota alle difese la proposizione del ricorso del Procuratore generale a cagione della notificazione dell’avviso di fissazione del giudizio di legittimita’ che ad essa impugnazione fa chiaro riferimento.
2.2. Il ricorso del pubblico ministero, che contesta la declaratoria di inammissibilita’ dell’appello avverso le pronunce assolutorie, e’ inammissibile perche’ versato in fatto e a contenuto ipotetico ed esplorativo circa il contributo conoscitivo che sarebbe potuto derivare dalla rinnovazione dell’esame di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)).
Del resto, le doglianze sull’adeguatezza degli elementi di prova, che secondo il pubblico ministero sarebbero idonei a fondare la responsabilita’ degli imputati assolti in primo grado, sono apodittiche e volte a investire la Corte di legittimita’ di una diversa valutazione degli elementi di prova.
3. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente il quale ha proposto il ricorso personalmente in violazione dell’articolo 613 c.p.p., comma 1, a nulla rilevando l’autenticazione della sottoscrizione operata dal difensore (Sez. 4, n. 44401 del 24/05/2019, Alessandrini, Rv. 277695).
3.1. Del resto, egli si limita a dedurre in modo generico la sussistenza della responsabilita’ per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p., e la mancata concessione, nella massima estensione, delle circostanze attenuanti generiche gia’ riconosciute in primo grado.
4. Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato con riguardo al giudizio di bilanciamento e al conseguente trattamento sanzionatorio, mentre risulta complessivamente infondato nel resto.
4.1. Sono inammissibili le questioni relative all’inutilizzabilita’ o nullita’ delle intercettazioni che sono state introdotte con i motivi nuovi.
Secondo la difesa (che neppure aveva proposto gravame di merito sul punto), un generale connotato di incertezza sarebbe rinvenibile sia nei decreti autorizzativi originari, che nei successivi decreti di proroga o di convalida, risultando quei provvedimenti basati essenzialmente sul richiamo operato agli atti del pubblico ministero e della polizia giudiziaria cui il giudice si sarebbe acriticamente accostato. Ne deriverebbe il divieto di utilizzazione dei risultati delle captazioni, a norma dell’articolo 271 c.p.p., per violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 267 stesso codice.
4.1.1. La giurisprudenza di legittimita’ ha precisato che “in tema di intercettazioni, l’inutilizzabilita’ degli esiti delle operazioni captative derivante dalla mancanza di motivazione dei decreti di autorizzazione e di proroga puo’ essere dedotta dalle parti, per la prima volta, nel giudizio di cassazione e rilevata d’ufficio anche dal giudice di legittimita’ ai sensi dell’articolo 609 c.p.p., comma 2”; in motivazione, la Corte ha precisato che l’inosservanza dell’obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi integra un’inutilizzabilita’ del risultato delle intercettazioni di carattere assoluto, non sanabile in virtu’ della richiesta di accesso al rito abbreviato perche’ derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione (Sez. 4, n. 47803 del 09/10/2018, B., Rv. 274034; si veda anche Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014 -dep. 2015, Solano, Rv. 263342).
In via generale e’ vero che in tema d’intercettazioni telefoniche, la motivazione dei decreti autorizzativi deve necessariamente dare conto delle ragioni che impongono l’intercettazione di una determinata utenza telefonica, facente capo a una specifica persona, indicando il collegamento tra l’indagine in corso e la medesima persona, affinche’ possa essere verificata, alla luce del complessivo contenuto informativo e argomentativo del provvedimento, la sua adeguatezza rispetto alla funzione di garanzia prescritta dall’articolo 15 Cost., comma 2, (Sez. 5, n. 1407 del 17/11/2016 – dep. 2017, Nascetti, Rv. 268900), ma va pure precisata l’incidenza del vizio sull’utilizzabilita’ del risultato delle intercettazioni, sulla scorta del consolidato principio, secondo cui la mancanza di motivazione dei decreti che autorizzano o prorogano le operazioni di intercettazioni telefoniche o tra presenti, di quelli che convalidano i decreti emessi in caso d’urgenza dal pubblico ministero, nonche’ di questi ultimi, comporta certamente l’inutilizzabilita’ dei risultati delle operazioni captative (Sez. U., n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv.216665, ha avuto modo di precisare che si ha mancanza della motivazione non solo quando l’apparato giustificativo manchi in senso fisico-testuale, ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare; mentre si ha difetto della motivazione – emendabile dal giudice cui la doglianza venga prospettata, sia esso il giudice del merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni, sia esso quello dell’impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimita’ – allorche’ quest’ultima sia incompleta, insufficiente, non perfettamente adeguata, affetta da vizi che non negano, ne’ compromettono la giustificazione, ma la rendono non puntuale: Sez. 1, n. 6146 del 26/10/2000, Pagano, Rv. 217608).
4.1.2. Cio’ premesso, deve intanto rilevarsi la genericita’ di una doglianza che neppure distingue tra i vari provvedimenti censurati, considerando alla stessa stregua il provvedimento autorizzativo e quelli successivi di proroga delle operazioni di intercettazione.
Al contrario, deve ribadirsi anche in questa sede, che la motivazione dei decreti di proroga puo’ essere ispirata anche a criteri di minore specificita’ rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi risolvere nel dare atto della constatata plausibilita’ delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero (Sez. 4, n. 16430 del 19/03/2015, Caratozzolo, Rv. 263401; Sez. 4, n. 32924 del 14/05/2004, Belforte e altri, Rv. 229105) e che l’eventuale difetto di motivazione del decreto emesso in via d’urgenza dal pubblico ministero e’ sanato con l’emissione del decreto di convalida da parte del Giudice per le indagini preliminari, che assorbe integralmente il provvedimento originario e rende utilizzabili i risultati delle operazioni di intercettazione, precludendo ogni discussione sulla sussistenza del requisito dell’urgenza (Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, P.G. in proc. Macri’ e altri, Rv. 271741; Sez. 5, n. 16285 del 16/03/2010, Baldissin, Rv. 247266).
4.1.3. In ogni caso, dall’esame dei decreti allegati ai motivi nuovi, emerge l’assoluta genericita’ della deduzione circa il difetto di motivazione che la difesa ha opposto in questa sede, solo che si ponga mente ai richiami contenuti negli indicati atti autorizzativi e di proroga, alle precedenti autorizzazioni e alle risultanze investigative pure ampiamente richiamate.
La difesa, cioe’, si e’ limitata a dedurre l’assenza della motivazione sotto il profilo della mancata esplicitazione degli antecedenti fattuali e logici del ragionamento del giudice, senza specificamente illustrare perche’ tali argomenti non siano, come invece riferisce il provvedimento censurato, rinvenibili negli atti richiamati.
4.1.4. Sono, del resto, francamente incomprensibili le doglianze sulla mancata indicazione della sufficienza indiziaria perche’ il giudice avrebbe fatto riferimento a una “consistente” situazione indiziaria, posto che tale seconda condizione e’ certamente piu’ rilevante della prima.
4.1.5. E’, poi, sfornita di qualsivoglia supporto logico argomentativo, oltre che documentale, l’affermazione secondo la quale un decreto d’urgenza non sarebbe stato convalidato perche’ il GIP non avrebbe indicato le attivita’ oggetto della richiesta; e’ lo stesso ricorrente che premette come il GIP abbia fatto riferimento alla richiesta di convalida delle operazioni avanzata dal pubblico ministero, sicche’ non rileva che il giudicante abbia omesso di riportare pedissequamente l’elencazione delle attivita’ in discorso.
4.1.6. Le restanti doglianze sulle intercettazioni sono generiche e versate in fatto la’ dove sollecitano la Corte di legittimita’ a effettuare un sindacato di merito sulla effettiva sussistenza degli indizi di reato e sulla necessita’ di procedere alle intercettazioni, risultando, del resto, che le stesse sono state autorizzate per un delitto che rientra tra quelli di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13, per i quali tale ultimo requisito non e’ affatto richiesto.
4.2. E’ inammissibile il motivo relativo alla rinnovazione istruttoria.
E’ opportuno ricordare che, dopo la proposizione dell’atto d’appello con il quale si richiedeva procedere alla rinnovazione dell’istruttoria per procedere all’esame del coimputato (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), le parti hanno convenuto sull’acquisizione delle sue dichiarazioni.
Tanto premesso, il ricorso non esplicita le ragioni per le quali, essendosi proceduto con il rito abbreviato ed essendo state acquisite sull’accordo delle parti le sopravvenute dichiarazioni del co-imputato, la rinnovazione dell’istruttoria, che e’ rimessa alla valutazione del giudice di secondo grado soltanto quando essa e’ assolutamente necessaria, il giudice di appello avrebbe dovuto procedere all’indicato incombente; esso si limita, piuttosto, a prospettare l’utilita’ di una tale rinnovazione, sicche’ risulta inammissibile la doglianza in quanto la richiesta aveva finalita’ esplorativa.
Deve essere ricordato l’orientamento di legittimita’ secondo il quale “in tema di ricorso per cassazione, puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello” (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014 dep. 2015, PR, Rv. 261799).
A tale proposito, in effetti, il motivo di ricorso appare del tutto inammissibile posto che non sono segnalate lacune o illogicita’ su punti decisivi della sentenza impugnata derivanti dalla mancata assunzione della prova orale richiesta, mentre le parti hanno concordato sull’acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dal soggetto di cui si chiedeva l’esame in appello.
4.3. Sono inammissibili le doglianze in tema di responsabilita’ perche’, oltre ad essere fondate sulla non consentita rivalutazione degli elementi di prova posti a fondamento del doppio giudizio di responsabilita’, ancorche’ introdotte sotto l’angolo visuale del travisamento della prova, non sono decisive giacche’ non contestano quella parte della motivazione del primo giudice, cui il secondo ha fatto specifico richiamo, che ha fondato la responsabilita’ dell’imputato sul compimento di attivita’ specificamente dirette all’affermazione criminale del gruppo associativo, non illogicamente ritenute dimostrative della consapevole partecipazione.
4.3.1. Le dichiarazioni rese da (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) – sulla attendibilita’ del quale risultano, peraltro, valutazioni non illogicamente altalenanti tanto e’ vero che non gli e’ stata riconosciuta l’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 in ragione della assenza di verifiche sulla credibilita’ del dichiarate e sulla presenza dei riscontri – sono state correttamente giudicate sostanzialmente indifferenti rispetto alle accuse mosse al ricorrente; egli, del resto, si e’ limitato laconicamente a riferire al proprio fratello (OMISSIS), precedente vertice del clan e per tale causa detenuto all’epoca dei fatti, la genesi e la tenuta dei rapporti con l’imputato (OMISSIS), cosi’ rendendo dichiarazioni generiche rispetto alla posizione del ricorrente, pur essendo costretto ad ammettere, in ragione della natura illecita dell’attivita’ svolta dal fratello, che il ricorrente “riconoscesse qualcosa al cognato” (OMISSIS) in ragione dell’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale da parte dell’imputato, cosi’ evocando l’esistenza di un consolidato rapporto di co-interessenza.
4.3.2. Non possono di certo essere valorizzate in favore del ricorrente, come pretenderebbe di fare la difesa, le dichiarazioni rese da (OMISSIS) nella parte in cui questi avrebbe negato la partecipazione di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) alle attivita’ di (OMISSIS), perche’, lungi da sussistere il dedotto travisamento, il giudice di secondo grado ha riportato, condividendole, le logiche conclusioni cui era pervenuto il GUP in merito ai suddetti rapporti che, oltre a trovare prova diretta nell’intercettazione n. 1026 (“hai capito (OMISSIS) che tiene in mano tiene tutta Napoli i migliori mercati… lo posso ammettere, (OMISSIS) deve dire o’ zio mi metto paura ho creato un impero che ci vuole mettere una piccola quota mensile per lo zio”), sono state non illogicamente ritenute confortate dalle parziali ammissioni cui e’ stato costretto (OMISSIS) in merito ai rapporti intrattenuti dalla famiglia con (OMISSIS), che pure di essa fa parte per essere il cognato di (OMISSIS).
Del resto, (OMISSIS) non ha mai ammesso le proprie responsabilita’ e giammai assunto un ruolo collaborativo, sicche’ e’ stato logicamente giudicato non attendibile, perche’ legato dai suddetti rapporti illeciti con il padre (OMISSIS) e lo zio (OMISSIS) cl. (OMISSIS), quando, vistosi costretto ad ammettere l’interesse famigliare e proprio nell’impresa di (OMISSIS) (presso la quale venne assunto a seguito delle relazioni paterne), si e’ ostinato a negarne la natura associativa.
4.3.3. D’altra parte, non e’ controverso che l’imputato, gia’ condannato per avere fatto parte del medesimo clan (OMISSIS) negli anni âEuroËœ90, e’ da tutti considerato (come risulta dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia) un soggetto che, in ragione del rilevantissimo legame con (OMISSIS) – precedente vertice associativo -, non solo ha incontestatamente “fruito del nome dei (OMISSIS)” cosi’ affermandosi nel settore del commercio ittico, ma e’ “piu’ di un affiliato” (come dichiara il collaboratore (OMISSIS)) tanto e’ vero che, come neppure il ricorso contesta, controlla tutto il mercato dei “quartieri spagnoli” e impiega nell’attivita’ imprenditoriale vari associati, tra cui proprio (OMISSIS).
Se la condotta di partecipazione deve essere provata con puntuale riferimento al periodo temporale considerato dall’imputazione e l’esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione a un precedente periodo puo’ rilevare solo quale elemento significativo di un piu’ ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all’interno della associazione criminale (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Buglisi, Rv. 275586), e’ rilevante il contesto camorristico a base familistica entro cui si sono sviluppate le condotte oggetto del giudizio, sicche’ ne esce utilmente rafforzata, come hanno correttamente ritenuto i giudici di merito, la convergenza dei vari elementi di accusa proprio alla luce delle strettissime interrelazioni parentali esistenti tra i componenti del clan.
D’altra parte, come correttamente affermato dai giudici di merito, se gli incontestati rapporti parentali che legano il ricorrente ai vertici del clan, sommandosi al vincolo associativo, lo rendono ancora piu’ pericoloso (Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi, Rv. 261426), la stretta interrelazione familiare, personale e affaristica esistente tra il ricorrente e i vertici del clan (vari sodali del quale sono stati impiegati nelle attivita’ imprenditoriali dell’imputato), ha reso palese, come non illogicamente affermato dai giudici di merito, la esistenza del legame associativo, non solo all’interno dell’associazione, ma anche all’esterno, come risulta dalle parole del collaboratore (OMISSIS), sulla cui attendibilita’ e credibilita’ il ricorso non sviluppa censure di sorta.
4.3.4. Ebbene, se e’ manifestamente infondata la censura concernente i riflessi del procedimento cautelare sulla valutazione degli elementi di prova – poiche’ si e’ chiarito che “in tema di misure cautelari personali, l’efficacia della pronuncia adottata dal tribunale per il riesame in ordine alla carenza dei gravi indizi di colpevolezza resta circoscritta nell’ambito del procedimento incidentale de libertate ed e’ finalizzata alla caducazione della misura cautelare, mentre non vincola il giudice del merito quanto all’apprezzamento della responsabilita’ penale” (Sez. 2, n. 34453 del 13/11/2018 – dep. 2019, Osmani, Rv. 276738; Sez. U, n. 20 del 12/10/1993, Durante, Rv. 195352) -, il ricorso si limita a reiterare gli argomenti concernenti la “diversa lettura”, gia’ ampiamente superati dai giudici di merito, e omette di sviluppare censure sul decisivo apporto prestato dall’imputato a favore dell’associazione in specifiche attivita’ di interesse associativo e in delicati momenti di particolare fibrillazione del gruppo criminale.
4.3.4.1. I giudici di merito hanno, infatti, evidenziato il ruolo assunto dal ricorrente, per come risulta dalle intercettazioni telefoniche, il quale, all’indomani dell’arresto del capo clan, viene invocato quale soggetto in grado di intervenire a favore dell’organizzazione in relazione a un debito della stessa nei confronti del “clan (OMISSIS)”; il ricorso non muove alcuna critica specifica a tale ruolo, non illogicamente giudicato espressivo del vincolo associativo poiche’ addirittura proiettato verso l’esterno con specifico riferimento ai rapporti con altre organizzazioni criminali, sicche’ si palesa inammissibile per mancanza di specificita’ e decisivita’ delle censure.
4.3.4.2. Di analogo tenore sono le conversazioni, citate dai giudici di merito e rispetto alle quali il ricorso sviluppa doglianze generiche, che riguardano l’attivita’ di riscossione di una rilevante somma di denaro a favore dell’organizzazione che, inizialmente affidata al ricorrente quale esponente del gruppo, viene poi portata a termine da (OMISSIS). Tale attivita’ e’ stata non illogicamente giudicata espressiva del vincolo associativo e del concreto contributo offerto dall’imputato, mentre il ricorso si presenta generico nella parte in cui si limita a dedurre che la decisiva attivita’ di pressione mafiosa e’ stata posta in essere da (OMISSIS), dimenticando pero’ il diretto coinvolgimento del ricorrente.
4.3.4.3. Analogamente, i giudici di merito hanno evidenziato il ruolo di paciere svolto dall’imputato (OMISSIS) tra il capo clan (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e l’associato (OMISSIS), con particolare riferimento a un grave momento di tensione tra gli affiliati verificatosi all’interno del gruppo, in occasione del quale, come documentato dalle intercettazioni cui fanno riferimento i giudici di merito e che il ricorso neppure considera, il ricorrente interviene varie volte per evitare che il contrasto sfoci in azioni violente e irreversibili, cosi’ palesando, come logicamente affermato dai giudici di merito, il proprio ruolo di “uomo di rispetto” al quale l’organizzazione si rivolge per mediare i contrasti interni.
Si tratta, nel caso in esame, di una condotta, che il ricorso omette del tutto di esaminare, paradigmaticamente ritenuta indicativa del vincolo associativo; del resto, la sentenza impugnata ha, sul punto, fatto corretta applicazione del costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “configura la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso l’attivita’ di “paciere”, svolta da parte di esponenti di primo piano di una cosca, in ordine alla composizione di contrasti interni per fatti attinenti all’attivita’ ed al funzionamento dell’organizzazione, avendo essa la funzione di assicurare la stabilita’ e la tenuta di quest’ultima” (Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Gullo, Rv. 279825; Sez. 2, n. 10366 del 06/03/2020, Muia’, Rv. 278590).
4.4. E’ inammissibile il terzo motivo di ricorso che riguarda l’aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 4, perche’ generica e meramente reiterativa di argomentazioni gia’ sviluppate nel giudizio di merito alle quali e’ stata fornita ampia e logica risposta con la quale il ricorso non si confronta.
Sono, in particolare, del tutto slegate da ogni riferimento all’apparato motivazionale le questioni concernenti la sussistenza dell’aggravante che risulta pacificamente dalle convergenti dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia nonche’ dall’effettivo impiego di esse nei reati scopo dell’associazione.
4.4.1. E’, del pari, generica la deduzione che attiene al profilo colposo dell’imputazione dell’aggravante in discorso.
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, la circostanza aggravante della disponibilita’ di armi, prevista dall’articolo 416 bis c.p., comma 4, e’ configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, per l’accertamento della quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso” (Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010; in precedenza: Sez. 1, n. 44704 del 05/05/2015, Iaria, Rv. 265254; Sez. 1, n. 13008 del 28/09/1998, Bruno, Rv. 211901), facendo riferimento alla notorieta’ della disponibilita’ delle armi da parte dell’associazione camorristica nonche’, in particolare, all’omicidio del cittadino rumeno che aveva immediatamente scatenato una reazione di difesa in (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e nei suoi adepti che si dotarono di armi anche di notevole potenziale, ma anche per la predisposizione dell’attentato a (OMISSIS) che aveva allertato l’intero clan, elementi in forza dei quali e’ stata tratta la prova dell’elemento soggettivo, ma che il ricorso neppure esamina.
4.5. E’ fondato il motivo sul bilanciamento delle circostanze e sul conseguente trattamento sanzionatorio.
4.5.1. Va premesso, perche’ si tratta di una questione comune a molti ricorrenti ( (OMISSIS)), che il giudice di primo grado, seguito in questo errore anche dalla Corte d’appello, ha individuato il trattamento sanzionatorio per le varie condotte e circostanze aggravanti dell’articolo 416 bis c.p., in quello vigente a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 (comma 1: reclusione da sette a dodici anni; comma 2: reclusione da nove a quattordici anni; comma 4: reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal comma 1 e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal comma 2), senza considerare l’inasprimento del trattamento sanzionatorio determinatosi a seguito della L. 27 maggio 2015, n. 69 (comma 1: reclusione da dieci a quindici anni; comma 2: reclusione da dodici a diciotto anni; comma 4: reclusione da dodici a venti anni nei casi previsti dal comma 1 e da quindici a ventisei anni nei casi previsti dal comma 2).
Che si tratti di un errore, non emendabile in mancanza dell’impugnazione del pubblico ministero perche’ compiuto in favor rei, risulta palesemente dalla cesura temporale compiuta dal primo giudice con riguardo alla contestazione associativa mossa all’imputato (OMISSIS); la partecipazione all’associazione e’ stata, per costui, limitata all’ottobre 2011, cosi’ prendendosi atto della “formulazione aperta” della contestata permanenza del legame associativo che era stata enunciata dal pubblico ministero (“in Napoli e provincia dal mese di settembre 2009 con condotta perdurante”).
Del resto, salvo il caso dell’imputato (OMISSIS), i giudici di merito non hanno ritenuto di fissare una data di cessazione della contestata permanenza, ne’ gli imputati hanno mosso contestazioni sul punto, sicche’ essa resta individuata nel giorno 31 ottobre 2016, data della pronuncia della sentenza di primo grado, come risulta dalla costante giurisprudenza (ex multis: Sez. 2, n. 2709 del 13/07/2018 – dep. 2019, Suarino, Rv. 274893; Sez. 6, n. 3054 del 14/12/2017 -dep. 2018, P.G. in proc. Olivieri, Rv. 272138), data alla quale avrebbe dovuto farsi riferimento per la individuazione del trattamento sanzionatorio.
Cio’ premesso, e ribadito che a tale errore non puo’ porsi rimedio in mancanza dell’impugnazione della sentenza di primo grado da parte del pubblico ministero, sicche’ risulta ferma la erronea cornice edittale individuata dal primo e dal secondo giudice, potra’ trattarsi dell’ulteriore errore compiuto, come fondatamente denunciato da vari imputati, ma in modo piu’ chiaro dal ricorrente (OMISSIS), dalla Corte d’appello con riguardo al giudizio di bilanciamento.
4.5.2. Venendo ad esaminare la specifica censura del ricorso (OMISSIS), va ricordato che il giudice di appello, parzialmente riformando la decisione di primo grado, ha concesso le circostanze attenuanti generiche, ma ha espresso un giudizio di “parziale” equivalenza con riguardo alla recidiva, senza effettuare il necessario “integrale” bilanciamento con l’altra circostanza aggravante dell’associazione armata di cui all’articolo 416-bis, comma 4, c.p..
Cio’ si pone in contrasto con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall’articolo 69 c.p., ha carattere unitario e non e’ pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice” (Sez. 5, n. 12988 del 22/02/2012, P.G. in proc. Benatti, Rv. 252313, che si pone in continuita’ con Sez. 1, n. 1450 del 24/11/1986 – dep. 1987, Ricca, Rv. 175052, che bene esplicita il procedimento da seguire per il bilanciamento anche nel caso del delitto tentato; in precedenza: Sez. 5, n. 4991 del 28/04/1981, Morandi, Rv. 149034).
4.5.3. La sentenza va, quindi, annullata con rinvio sul punto: il giudice di rinvio, fermi restando l’accertamento di responsabilita’, la erronea cornice edittale individuata in favor e l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, procedera’ a nuovo giudizio di bilanciamento ricomprendendo in esso tutte le circostanze aggravanti ritenute sussistenti in relazione alle quali ogni questione risulta, del resto, preclusa; restano assorbiti i motivi sulla pena e sulla misura di sicurezza poiche’ dipendenti dal suddetto giudizio di bilanciamento.
Il giudice di rinvio, facendo applicazione del richiamato principio di diritto sul bilanciamento, nell’ambito dei poteri attribuitigli ex articolo 133 c.p., e dando motivatamente conto dei parametri applicati per individuare il trattamento sanzionatorio, nonche’ nel rispetto del divieto di reformatio in peius che si applica anche rispetto alla pena finale determinata con la sentenza oggetto di annullamento (Sez. 5, n. 19366 del 08/06/2020, Finizio, Rv. 279107), procedera’, dunque, a nuova determinazione della pena, purche’ l’entita’ della pena complessiva irrogata risulti diminuita e la decisione sia sorretta da un’adeguata motivazione sulla pena base e sugli altri elementi che concorrono, ove previsti, alla determinazione del trattamento sanzionatorio finale.
4.5.4. Come si e’ detto, il ricorso e’ infondato per il resto.
5. I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno rinunciato in appello a tutti i motivi salvo quelli sul trattamento sanzionatorio, vanno accolti sul punto perche’ denunciano fondatamente la violazione di legge e la mancanza della motivazione su detto aspetto.
L’annullamento, disposto con riguardo al giudizio di bilanciamento da cui discende una pena illegale, si estende ex articolo 587 c.p.p., anche all’imputato (OMISSIS), ancorche’ non sia ricorrente.
Il giudice di appello ha determinato la pena, dopo avere concesso le circostanze attenuanti generiche, muovendo dalla stessa pena base del primo grado (anni 9 di reclusione) che era stata, pero’, individuata nel minimo edittale con riguardo al delitto di partecipazione all’associazione mafiosa armata ex articolo 416 bis c.p., comma 4, (per il quale, secondo l’errata, ma non emendabile, valutazione dei giudici di merito, era all’epoca prevista la pena da 9 a 15 anni di reclusione), mentre, in ragione della applicazione delle circostanze attenuanti generiche e del conseguente bilanciamento, che avrebbe dovuto riguardare anche la detta aggravante, la pena base per l’ipotesi di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 1, aveva un minimo di anni 7 di reclusione, sempre secondo l’errata, ma piu’ favorevole, individuazione della legge applicabile operata dai giudici di merito.
Del resto, la pena base e’ stata fissata in anni 9 di reclusione, cioe’ in misura superiore al minimo edittale (7 anni di reclusione, all’epoca previsto secondo i giudici di merito), senza una specifica motivazione che, in questo caso, era doverosa perche’ e’ di fatto rimasto fermo il trattamento sanzionatorio base che era stato individuato per una fattispecie aggravata.
Sussiste, come si e’ detto, la violazione di legge con riguardo al giudizio di bilanciamento che e’ stato effettuato in modo parziale, cioe’ senza avere riguardo a tutte le circostanze aggravanti contestate, ma unicamente alla recidiva, come gia’ si e’ detto in proposito al ricorso di (OMISSIS); tale motivo, non esclusivamente personale, si estende a tutti gli imputati che si trovano nell’analoga condizione, incluso (OMISSIS).
5.2. Ad analoghe conclusioni deve giungersi con riguardo al ricorso di (OMISSIS) per il quale, oltre alla gia’ richiamata rinuncia ai motivi diversi dal trattamento sanzionatorio, in relazione ai quali il ricorso e’ inammissibile, la Corte d’appello ha negato la continuazione esterna invocata dal ricorrente con una motivazione che non e’ criticata in modo specifico, ma unicamente per mezzo della pedissequa riproposizione degli infondati argomenti gia’ sviluppati in appello.
Tuttavia, risulta fondata la doglianza sul trattamento sanzionatorio essendo il giudice di secondo grado incorso nello stesso vizio motivazionale e di diritto che si e’ sopra rilevato.
Per il resto il ricorso e’ inammissibile.
5.3. Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato limitatamente al trattamento sanzionatorio.
5.3.1. Va premesso che il ricorso non contesta l’affermazione, ripetutamente fatta dai giudici di secondo grado, secondo cui la quale l’imputato ha rinunciato ai motivi di ricorso diversi dal trattamento sanzionatorio, sicche’ deve ritenersi l’inammissibilita’ delle doglianze concernenti la responsabilita’, in particolare per i capi D) ed O) in relazione ai quali, comunque, la sentenza impugnata, che fa diretto richiamo a quella di primo grado ed esamina dettagliatamente il contributo causale offerto dall’imputato alla commissione dei suddetti reati (si veda, in particolare, pag. 90 quanto al capo D), come pure risulta dalle ammissioni dello stesso imputato con specifico riguardo alle armi e allo stupefacente, affronta le argomentazioni difensive che, per come riportate a pag. 52, risultano del resto generiche, sicche’ non necessitanti di una specifica risposta.
5.3.2. Se, per un verso, la questione sulla recidiva e’ generica e manifestamente infondata posto che a pag. 141 si ritrova una specifica motivazione su di esso, cio’ non di meno il ricorso che denuncia il trattamento sanzionatorio e’ fondato, poiche’ il giudice di appello e’ incorso nel duplice vizio sopra gia’ rilevato.
Per il resto il ricorso e’ inammissibile.
5.4. I ricorsi di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) ed (OMISSIS), che pure hanno rinunciato ai motivi di appello diversi da quelli sul trattamento sanzionatorio, sono inammissibili con riguardo alla questione che concerne il mancato riconoscimento della “continuazione esterna”, mentre devono essere accolti sul trattamento sanzionatorio.
5.4.1. Il motivo sulla continuazione, come i ricorrenti sono costretti ad ammettere, rientra tra quelli per i quali e’ stata fatta espressa rinuncia all’udienza del 8 maggio 2018 e del 21 giugno 2018, a nulla rilevando che nel corso della discussione finale il difensore abbia avanzato la richiesta di continuazione con i reati giudicati, rispettivamente, con la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 14 maggio 2009 e con la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 1 dicembre 2012.
La Corte d’appello non doveva, infatti, alcuna risposta sul punto, trattandosi di questione preclusa a seguito della rinuncia in precedenza espressa.
La giurisprudenza di legittimita’ ha, infatti, chiarito che “in tema di ricorso in cassazione, non possono essere dedotti motivi attinenti al mancato riconoscimento della continuazione qualora, nel giudizio di appello, sia intervenuta rinuncia a tutti i motivi tranne quello relativo alla misura della pena, nel cui ambito non rientra la disciplina del reato continuato” (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019 – dep. 2020, Acampa, Rv. 278611).
5.4.2. Se, per un verso, la questione della continuazione esterna e’ inammissibile, cio’ non di meno i ricorsi che denunciano il trattamento sanzionatorio sono, in tale parte, fondati, poiche’ il giudice di appello e’ incorso nel duplice vizio sopra gia’ rilevato.
Per il resto i ricorsi sono inammissibili.
5.5. La sentenza va, dunque, annullata con rinvio in relazione alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ si proceda a nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, effettuando, ove previsto, il giudizio di bilanciamento tra tutte le circostanze e, comunque provvedendo a sanare il vizio motivazionale sulla determinazione della pena base.
6. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
6.1. La censura che riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e il giudizio di bilanciamento e’, in effetti, generica e in fatto e non si confronta con il complesso della motivazione dalla quale, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalita’ dell’imputato e alla gravita’ dei fatti. Del tutto inammissibili per genericita’ e a-specificita’ sono, percio’, le censure che riguardano il giudizio di bilanciamento.
6.2. E’, in particolare, inammissibile perche’ risolventesi in censure su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimita’, il motivo di ricorso concernente la misura della pena giacche’ la motivazione dell’impugnata sentenza si sottrae a ogni sindacato per avere adeguatamente valorizzato la gravita’ della condotta e dei precedenti penali e giudiziari – elementi sicuramente rilevanti ai sensi dell’articolo 133 c.p., – nonche’ per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravita’ dei fatti.
7. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
7.1. E’ manifestamente infondata la questione processuale di inutilizzabilita’ delle intercettazioni ambientali effettuate, presso una caserma dei Carabinieri ove erano state convocate le persone offese, in presunta assenza della motivazione relativa all’eccezionale urgenza del compimento delle operazioni di registrazione mediante impianti in dotazione alla polizia giudiziaria.
Trattandosi d’intercettazioni da eseguirsi presso una caserma dei Carabinieri ove erano state convocate le persone offese, l’autorizzazione all’utilizzo di impianti esterni e’ connaturata al luogo e alle modalita’ di effettuazione dell’intercettazione.
La giurisprudenza di legittimita’ ha, in proposito, chiarito che la sussistenza delle eccezionali ragioni di urgenza, richieste dall’articolo 268 c.p.p., comma 3, , per l’esecuzione delle operazioni mediante l’impiego di apparecchiature diverse da quelle installate presso gli uffici della procura puo’ desumersi, anche implicitamente, dal riferimento all’attivita’ in corso, indicata non solo nel provvedimento del pubblico ministero, ma anche complessivamente ricavabile dagli atti del procedimento (Sez. 6, n. 30994 del 05/04/2018, Liverani, Rv. 273594) e, a maggior ragione, quando il luogo di captazione e’ individuato in modo estemporaneo.
Si e’, del resto, precisato che “in tema d’intercettazione di comunicazioni o conversazioni, la motivazione sulle ragioni di eccezionale urgenza per l’uso di impianti in dotazione della polizia giudiziaria, a norma dell’articolo 268 c.p.p., comma 3, e’ assorbente rispetto ai profili tecnici di inidoneita’ funzionale degli impianti della Procura della Repubblica, sicche’, in tal caso, l’omessa indicazione specifica dei precisati aspetti tecnici non e’ causa di nullita’ o inutilizzabilita’ del decreto di intercettazione” (Sez. 5, n. 22949 del 11/02/2015, Bevilacqua, Rv. 263987), sicche’ nessun vizio e’ rilevabile nel caso di specie.
7.1.1. Non rileva, del resto, la circostanza che la convocazione delle persone offese sia stata, poi, differita a un momento successivo a quello originariamente previsto, poiche’ la dedotta mancanza dell’urgenza non puo’ essere valutata ex post, ma all’atto dell’emissione del provvedimento e del relativo decreto di convalida del GIP che, in ogni caso, ha efficacia sanante di qualunque eventuale carenza del requisito d’urgenza (Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, P.G., P.C. in proc. Macri’, Rv. 271741).
7.1.2. Conclusivamente, la giurisprudenza ha chiarito che “in tema di giudizio abbreviato, sono pienamente utilizzabili le intercettazioni eseguite con l’impiego di impianti diversi da quelli in dotazione della Procura della Repubblica benche’ disposte con decreto privo di motivazione, atteso che tale carenza non integra un’ipotesi di inutilizzabilita’ patologica” (Sez. 2, n. 10134 del 24/02/2016, Scarciglia, Rv. 266195; nello stesso senso Sez. 1, n. 472 del 03/11/2015 – dep. 2016, Marzoki, Rv. 265853; Sez. 2, n. 3606 del 14/01/2014, Garzo, Rv. 258541), sicche’ la relativa questione non puo’ trovare ingresso in questa sede.
7.2. E’ del pari manifestamente infondata e generica la questione dell’inutilizzabilita’ dell’integrazione probatoria effettuata dal pubblico ministero all’udienza del 25 ottobre 2016, poiche’, come il ricorso non contesta, il deposito di tali atti era conseguente alla parziale (nel senso di incompleta) produzione documentale resa dalla difesa all’udienza di discussione e dunque si tratta di una mera, ma doverosa, integrazione degli atti gia’ acquisiti al fascicolo e, comunque, avvenuta nel contraddittorio.
7.3. E’ del pari manifestamente infondata e generica la questione del rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria in grado di appello attraverso l’escussione delle persone offese, poiche’, come il ricorso non contestata, entrambe sono state sentite nelle indagini preliminari e, dopo una iniziale reticenza, hanno riferito in merito alle accuse mosse all’imputato, sicche’, per un verso, non emerge la “novita’” del tema istruttorio (Sez. 3, Sentenza n. 11530 del 29/01/2013, A.E., Rv. 254991), sicche’ la richiesta era priva del requisito di ammissibilita’, e, per altro verso, la Corte di appello ha escluso la indispensabilita’ dell’esame ai fini della decisione, in perfetta aderenza ai canoni interpretativi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, mentre il ricorso non dimostra l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014 – dep. 2015, PR, Rv. 261799).
7.4. E’, parimenti, inammissibile la questione della violazione dell’articolo 521 c.p.p. poiche’ prospettata in modo scarsamente intellegibile e, comunque, manifestamente infondato.
Non vale, infatti, a modificare la contestazione mossa all’imputato la ricostruzione del contesto in cui si sono svolti i fatti che si e’ estesa anche a un periodo successivo a quello cristallizzato nell’imputazione, non essendo stata dedotta l’attribuzione, al di la’ della contestazione, della responsabilita’ per tali diverse condotte eventualmente criminose, ma si e’ unicamente valorizzata la prova della condotta del 2011 sulla base di quanto riferito dalle persone offese in merito alla reiterazione anche nel corso del 2012 (periodo estraneo alla contestazione) della precedente condotta estorsiva.
7.5. E’, parimenti, inammissibile la questione dell’aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1, poiche’, come chiaramente indicato dai giudici di merito con una motivazione che non e’ criticata in modo specifico, la pluralita’ dei soggetti presenti all’estorsione risulta dalle dichiarazioni delle persone offese e dalle captazioni.
7.6. Sono infine inammissibili anche le doglianze in tema di recidiva, circostanze attenuanti generiche e trattamento sanzionatorio perche’ meramente confutative, nonostante una specifica e puntuale motivazione che ha evidenziato la personalita’ dell’imputato, i precedenti penali specifici e la gravita’ del fatto, anche in considerazione dell’incontestata circostanza che il delitto veniva compiuto mentre il ricorrente godeva di un permesso premio.
8. Anche il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile; cio’ determina l’inammissibilita’ dei motivi nuovi dell’avv. (OMISSIS) e della memoria dell’avv. Delehaye, per la parte che introduce una censura non sviluppata in appello (assorbimento del reato di cui all’articolo 474 c.p. in quello di ricettazione).
8.1. I primi due motivi di ricorso sono formulati in modo caotico, intrinsecamente contraddittorio, meramente confutativo e sono, del resto, volti a introdurre censure inammissibili in sede di legittimita’ perche’ concernenti all’accertamento di fatto compiuto, con concorde valutazione, dai giudici di merito. La caoticita’ dell’originario ricorso non puo’ essere sanata dai motivi nuovi (ex multis Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387), anch’essi, del resto, riproduttivi di analoghe affastellate argomentazioni.
La sentenza ricostruisce la vicenda del commercio di orologi contraffatti, facendo puntuale riferimento ai servizi di polizia giudiziaria, ai sequestri e alle intercettazioni elementi dai quali emerge il ruolo dell’imputato che il ricorso si limita a contestare, prospettando una assenza di convergenza del materiale probatorio e un generico travisamento della prova con riguardo al contenuto delle intercettazioni che, tuttavia, e’ inammissibile.
Sono inammissibili, perche’ non autosufficienti, le censure concernenti l’interpretazione delle conversazioni intercettate che non individuano le conversazioni che sarebbero travisate e neppure illustrano in cosa risiederebbe il travisamento.
8.2. La censura che riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’, in effetti, generica e in fatto e non si confronta con il complesso della motivazione dalla quale, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalita’ dell’imputato e alla gravita’ dei fatti.
9. Il ricorso di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), che presenta tratti di inammissibilita’, e’ fondato limitatamente al trattamento sanzionatorio.
9.1. E’ generica e manifestamente infondata la questione dell’attenuante della collaborazione, in quanto i giudici di merito, con una motivazione affatto assente e che, piuttosto, non viene specificamente criticata dal ricorso, hanno evidenziato che non sussistono i presupposti per l’applicazione della circostanza ad effetto speciale in quanto il contributo dato dalle dichiarazioni dell’imputato e’ gravemente limitato sia dalla parziale validita’ contra alios, che deriva dalla loro tardivita’ rispetto al giudizio abbreviato gia’ incardinato, sia dalla mancata attivita’ di riscontro rispetto a quanto dallo stesso affermato, sicche’ esse non rilevano come fattivo contributo alla individuazione dei fatti oggetto del presente processo.
9.1.1. I giudici di merito hanno evidenziato, senza ricevere alcuna smentita dal ricorso, che l’imputato, pur avendo gia’ ammesso durante il giudizio di primo grado in modo generico le proprie responsabilita’, ha poi manifestato atteggiamenti processuali non univoci: dapprima dando lettura in udienza di una propria missiva nella quale, confermando quanto gia’ dichiarato nel corso dell’udienza preliminare, ammetteva gli addebiti aggiungendo pero’ l’estraneita’ della moglie (OMISSIS), riversando unicamente su se stesso le responsabilita’ per la gestione delle attivita’ delinquenziali del clan, cio’ in contrasto con quanto emerso dalle attivita’ di indagine; facendo pervenire una rinuncia parziale ai motivi d’appello, poi revocata in modo confuso e contraddittorio.
Del resto, le tardive dichiarazioni sono state utilizzate soltanto nei confronti di alcuni imputati, che hanno specificamente prestato il consenso, ma che, in ogni caso, non e’ stato possibile riscontrare a causa della loro tardiva acquisizione.
9.1.2. Il giudice di appello ha, quindi, correttamente fatto richiamo alla costante giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale “l’applicazione della circostanza attenuante della collaborazione, prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, non puo’ essere legata ad un mero atteggiamento di resipiscenza, ad una confessione delle proprie responsabilita’ o alla descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma richiede una concreta e fattiva attivita’ di collaborazione dell’imputato, volta ad evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e a coadiuvare gli organi inquirenti nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e la cattura degli autori dei delitti” (Sez. 1, n. 52513 del 14/06/2018, L., Rv. 274190), evenienze giudicate insussistenti da entrambi i giudici di merito.
9.2. E’ inammissibile il motivo sulla misura di sicurezza, poiche’ si tratta di una doglianza non sviluppata in appello, come risulta dalla non contestata sintesi dei motivi di impugnazione riportata nella sentenza impugnata.
9.3. E’ fondata la questione della determinazione della pena, denunciata con specifico riguardo alla minore gravita’ dei reati unificati per la continuazione “esterna”, in quanto il giudice di secondo grado, errando nel giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la sola recidiva, cosi’ omettendo di ricomprendere le giudizio anche l’aggravante dell’associazione armata, ha individuato un trattamento sanzionatorio complessivo per i fatti giudicati nel presente giudizio che e’ stato illogicamente ritenuto piu’ grave di quello irrogato con le sentenze gia’ passate in giudicato, i cui fatti sono stati giudicati “satellite” di quelli oggetto del giudizio.
Va premesso che il giudice di secondo grado, accogliendo in parte i motivi di appello, ha applicato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulla recidiva, nonche’ ridotto ad anni 14 di reclusione la pena base per il reato di cui al capo A) che era stata individuata in anni 15 di reclusione dal primo giudice; ha lasciato invariati gli aumenti di pena individuati per i reati satellite oggetto del giudizio, nonche’ ridotto ad anni 1 e mesi 8 di reclusione l’incremento di pena per i reati giudicati da ciascuna delle tre sentenze irrevocabili, aumento che il primo giudice aveva determinato in anni 2 e mesi 6 di reclusione per ciascuna. La pena finale e’ stata conseguentemente ridotta ad anni 18 di reclusione, a fronte di quella di anni 24 di reclusione irrogata dal primo giudice.
Il giudice di secondo grado non ha fatto corretta applicazione del costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale “in tema di reato continuato, il giudice della cognizione, chiamato a pronunciarsi sulla continuazione tra reati sottoposti al suo giudizio ed altri gia’ giudicati con sentenza irrevocabile, al fine di determinare il reato piu’ grave, puo’ fare riferimento al criterio della pena, rispettivamente da irrogarsi e gia’ irrogata, previsto dall’articolo 671 c.p.p., e articolo 187 disp. att. c.p.p., per il giudice dell’esecuzione, onde apprezzarne e compararne la gravita’” (Sez. 6, n. 29404 del 06/06/2018, Assinnata, Rv. 273447; Sez. 6, n. 36402 del 04/06/2015, Fragnoli, Rv. 264582; Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015 – dep. 2016, Vella, Rv. 265733), individuando il reato piu’ grave nel capo A) per il quale ha, del resto, stabilito una pena base che tiene conto dell’aggravante ex articolo 416 bis c.p., comma 4, che, invece, doveva essere oggetto di bilanciamento con le circostanze attenuanti generiche.
Sicche’ non risulta, allo stato, corretta l’affermazione secondo la quale tale pena sarebbe superiore a quella che era stata inflitta per i reati giudicati con sentenza della Corte di Assise di appello di Napoli irrevocabile in data 21 aprile 1997, rispetto ai quali veniva riconosciuta la continuazione “esterna”.
Del resto, il giudice di merito non ha fatto applicazione del principio affermato in proposito dal massimo consesso della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “in tema di reato continuato, la violazione piu’ grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si e’ manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse” (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, P.G. in proc. Ciabotti, Rv. 255347).
9.3.1. Cio’ determina la fondatezza del motivo di ricorso sul trattamento sanzionatorio, sicche’ – in disparte l’infondatezza della doglianza che richiede di considerare anche la riduzione per il rito abbreviato (Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, P.G. in proc. Volpe, Rv. 237692), in quanto per stabilirsi quale sia il fatto piu’ grave deve aversi riguardo, quando si confrontano le pene da irrogare o irrogate sulla base di riti diversi, alla pena stabilita o individuata per il reato piu’ grave, essendo errato, come invece vorrebbe il ricorrente, individuare la pena tenendo conto anche della riduzione ex articolo 442 c.p.p. -, deve procedersi, tenendo conto dei richiamati principi di diritto, a nuova determinazione della pena, nell’assoluta liberta’ delle valutazioni di merito circa il giudizio di bilanciamento e di individuazione del trattamento sanzionatorio, ferma la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso e’, per il resto, complessivamente infondato.
10. Il ricorso di (OMISSIS), che presenta tratti di inammissibilita’, e’ nel complesso infondato.
10.1. Il primo motivo di ricorso e’ in parte generico, perche’ non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha evidenziato il ruolo e il compito di “cassiera” in concreto affidati all’imputata da (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), indiscusso vertice associativo, anche in ragione del rapporto di parentela esistente tra la ricorrente e la coimputata (OMISSIS), coniuge del capo clan, ma comunque complessivamente infondato per cio’ che attiene alla affermazione di responsabilita’ nonostante l’assenza di dichiarazioni accusatorie da parte dei collaboratori.
10.1.1. I giudici di merito hanno, infatti, richiamato numerose conversazioni intercettate in cui, pur essendo l’imputata talvolta estranea al colloquio, alla stessa si fa ampio e chiaro riferimento proprio con riguardo alla gestione dei denari del clan; il ricorso e’, in proposito, silente.
(OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) e (OMISSIS) citano (OMISSIS) come colei che gestiva non solo i “carusielli”, ovvero una tipologia di riffa (di per se’ illecita sotto il profilo finanziario) effettuata nei quartieri spagnoli attraverso la quale il clan introita, contro corresponsione di un corrispettivo di circa il 10% per la gestione del patrimonio conferito, somme di danaro impiegate per finanziare il sodalizio e per fungere da “banca” per i depositanti, ma anche i soldi derivati da altre attivita’ illecite del gruppo associativo e raccolti nell’interesse del clan per poi essere distribuiti anche quali stipendi per gli altri associati.
Come hanno specificamente sottolineato i giudici di merito, nella conversazione ambientale del 29 novembre 2010 tra (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS), che sono intenti a contare i soldi del clan, quest’ultima chiede al marito di far salire (OMISSIS) per consegnarle delle somme di danaro, tanto che quest’ultima, entrando nella camera da letto della coppia, contera’ nuovamente i soldi e le mazzette prima di prelevarle per la custodia. Si tratta di una circostanza con la quale il ricorso omette di confrontarsi e che, invece, e’ stata giudicata particolarmente dimostrativa della compartecipazione al clan.
10.1.2. Il ricorso, del resto, omette di confrontarsi con quanto specificamente emerso nelle attivita’ di polizia giudiziaria che hanno portato al sequestro presso l’abitazione della ricorrente (OMISSIS) di una consistente somma di danaro (9.800 Euro, a fronte di assenza di redditi leciti), di un’agenda e tre quaderni contenenti appunti sui nominativi dei sodali con la indicazione specifica della data e della entita’ delle somme loro consegnate.
Cio’, secondo la non contestata e logica valutazione compiuta dai giudici di merito, non solo smentisce l’assunto difensivo circa l’assenza di elementi di prova della partecipazione dell’imputata quale “cassiera” del clan – in disparte la palese infondatezza di quella concernente la liceita’ dei “carusielli”, come peraltro chiarito proprio da (OMISSIS) nelle dichiarazioni allegate al ricorso che sono state pero’ citate soltanto per la parte di ritenuto interesse difensivo, ma non anche quando chiariscono la funzione e lo scopo “camorristico” di detta illecita attivita’ -, ma trova ulteriore conforto, con riguardo al ruolo affidato a (OMISSIS) nell’ambito del sodalizio, dalla reazione di palese timore manifestata da (OMISSIS) e (OMISSIS) subito dopo il sequestro operato dai militari.
10.1.3. Il rilievo specificamente attribuito a (OMISSIS) risulta pure, secondo la non contestata ricostruzione operata dai giudici di merito, dalla conversazione intercettata fra l’imputato (OMISSIS) e (OMISSIS) nella quale emerge prorompente la preoccupazione, in ragione delle somme dell’imputata, che (OMISSIS) fosse divenuta un obiettivo investigativo e di possibile perquisizione, come poi accaduto con il rinvenimento del denaro e delle tracce materiali della contabilita’ associativa.
10.1.4. Del resto, la genericita’ e manifesta infondatezza del motivo di ricorso concernono, innanzitutto, le censure mosse al criterio probatorio seguito dai giudici di merito con riguardo alle intercettazioni di conversazioni intervenute tra soggetti diversi dall’imputata che riferiscono elementi accusatori a suo carico.
Il canone probatorio seguito dai giudici di merito e’ pienamente aderente ai principi espressi in sede di legittimita’, ribaditi nella sentenza delle Sezioni Unite Sebbar nella quale si e’ affermato che “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita’ di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3” (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714, che richiama, peraltro, il costante orientamento di legittimita’ gia’ affermato da Sez. 5, n. 13614 del 19/01/2001, Primerano, Rv. 218392 e da altre decisioni, tra cui Sez. 2, n. 4976 del 12/01/2012, Soriano, Rv. 25181).
In particolare, si e’ affermato che “il contenuto di un’intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno dell’imputato che non vi ha preso parte, indicato come autore di un reato, non e’ equiparabile alla chiamata in correita’ e, pertanto, se anch’esso deve essere attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non e’ pero’ soggetto, in tale valutazione, ai canoni di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 3” (in questo senso, si veda Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015 dep. 2016, Ambroggio, Rv. 265747).
Con riguardo, poi, alle intercettazioni operate tra soggetti appartenenti a un’organizzazione criminale i quali riferiscano e discutano di fatti appresi nel contesto associativo, si e’ affermato che “gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l’imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessita’ di reperire riscontri esterni, a condizione che siano gravi, precisi e concordanti” (Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante, Rv. 266509).
I giudici di merito, operando sulla scorta di tali principi, hanno, quindi, coerentemente concluso che, sulla base delle numerosissime conversazioni in cui (OMISSIS) e’ diretta interlocutrice o semplice uditore, emerge un concreto ed effettivo ruolo associativo e la piena consapevolezza di agire per il sodalizio e de esserne parte.
10.1.5. Non e’, infatti, illogica l’affermazione secondo la quale, in presenza dei sopra citati elementi probatori univocamente indicativi del ruolo associativo ricoperto da (OMISSIS), e’ recessiva la mancanza di dichiarazioni accusatorie dirette da parte dei collaboratori di giustizia.
Sul punto, va chiarito che – in disparte l’irrilevanza del memoriale e delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) poiche’ si tratta di un soggetto cui non e’ stata riconosciuta attendibilita’ e credibilita’ nell’ambito del presente giudizio – il collaboratore (OMISSIS) ha riferito del ruolo di gestore dei “carusielli” attribuito a (OMISSIS) nonche’ di come tale forma di raccolta illecita di denaro sia considerata decisiva per l’approvvigionamento di risorse finanziarie per il clan.
Sulla base di tali logici e coerenti presupposti, l’assenza di altre dichiarazioni accusatorie e’ stata giudicata non idonea a vincere le convergenti risultanze delle intercettazioni e dei sequestri.
10.2. La censura che riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’, in effetti, generica e in fatto e non si confronta con il complesso della motivazione dalla quale, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalita’ dell’imputato e alla gravita’ dei fatti.
10.3. E’, infine, generica la denunciata assenza della motivazione sulla confisca perche’, invece, i giudici di merito si sono motivatamente rifatti alle indagini patrimoniali e all’assenza di giustificazione della provenienza dei redditi dell’imputata, elementi che impongono l’adozione della misura ablatoria.
11. E’ inammissibile il ricorso di (OMISSIS).
11.1. Sono inammissibili i motivi di ricorso sulla responsabilita’ perche’ non si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato che ha dato evidenza delle intercettazioni, dei sequestri e delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS).
In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che (OMISSIS), imputato dei reati di ricettazione per la successiva vendita di macchinette per il caffe’ sequestrate il 28 febbraio 2011 (capo E1) e di truffa aggravata (capo F1), e’ raggiunto da plurimi e concordanti elementi di prova.
11.1.1. In merito alla ricettazione i giudici di merito hanno evidenziato, senza che il ricorso prospetti censure specifiche, le intercettazioni telefoniche intercorse, tra l’altro, fra (OMISSIS) e (OMISSIS) dalle quali si desume la consuetudine di commerciare merce proveniente da fonti illecite.
(OMISSIS) coglieva al volo la proposta di acquisto di ben 400 macchinette da caffe’, individuate e sequestrate poi dai Carabinieri il 28 febbraio 2011 presso un deposito in uso a (OMISSIS), risultate provento di furto; in ordine alla cui consapevolezza viene evidenziato il prezzo irrisorio e la citata consuetudine ad affari illeciti: sul punto il ricorso e’ del tutto generico.
11.1.2. Al capo F1) e’ contestato all’imputato di avere concorso nella truffa cd. del vino.
La responsabilita’ e’ stata fondata sulle captazioni telefoniche che hanno documentato l’acquisto di una fornitura di vino per la somma di Euro 199.379,82 pagato con assegni contraffatti; le conversazioni, che i ricorsi contestano in modo generico, danno conto delle attivita’ preparatorie e di contatto, mentre il sequestro degli assegni contraffatti e di una parte della partita della merce, compiuti in danno dei due concorrenti dell’imputato, sono stati ritenuti decisivi per la ricostruzione dei fatti.
Il ruolo di (OMISSIS) si esplica, come solo genericamente contestato dal ricorso, fin dai primi contatti con l’imprenditore truffato, a nulla rilevando che lo stesso non lo abbia riconosciuto, perche’ cio’ invece risulta dalle captazioni che documentano l’incontro con la vittima al quale sono presenti (OMISSIS) e (OMISSIS) (oltre a (OMISSIS) e (OMISSIS)), essendo piuttosto emerso, in modo non contestato dal ricorso, che (OMISSIS), per porre in essere la truffa, metteva a disposizione sia il denaro per l’iniziale acconto (come risulta anche dalle dichiarazioni di (OMISSIS)) sia il deposito per il successivo stoccaggio dell’intera partita.
11.2. E’ stato, poi, escluso che la condotta potesse qualificarsi alla stregua del tentativo perche’ si e’ trattato di un accordo di acquisto pienamente concluso, come risulta dalla intercettazione in cui (OMISSIS) chiede di poter avere in visione un campione da mostrare per la vendita a inconsapevoli terzi acquirenti, mentre il ricorso si ostina ad affermare che l’imputato voleva acquistare un solo pezzo.
11.3. La complessiva ricostruzione dei fatti ha portato ad escludere, senza che il ricorso muova specifiche critiche, l’ipotesi attenuata ex articolo 648 cpv. c.p., e la circostanza attenuante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 7, avuto riguardo al valore della merce.
11.4. Sono, del resto, generici i motivi sulle circostanze attenuanti generiche perche’ si limitano a richiederne l’applicazione senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato.
11.5. La questione concernente alla prescrizione del reato di truffa in data antecedente alla sentenza di condanna e’ inammissibile, perche’ sviluppata in modo generico e non autosufficiente nella parte in cui non tiene conto, come invece risulta dalla sentenza impugnata, delle disposte sospensioni del corso della prescrizione.
11.5.1. Nel merito, la questione e’ manifestamente infondata, come risulta da quanto riportato in sentenza (pag. 75 e segg.):
– all’udienza del 4 luglio 2017 e’ stata pronunciata ordinanza ex articolo 304 c.p.p. con sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione per tutta la durata del giudizio;
– all’udienza del 26 ottobre 2017 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 11 gennaio 2018;
– all’udienza del 13 marzo 2018 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 5 aprile 2018;
– all’udienza del 8 maggio 2018 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 21 giugno 2018;
– all’udienza del 21 giugno 2018 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 20 settembre 2018;
– all’udienza del 20 settembre 2018e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 6 novembre 2018;
– all’udienza del 6 novembre 2018 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 13 dicembre 2018;
– all’udienza del 13 dicembre 2018 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 3 gennaio 2019;
– all’udienza del 3 gennaio 2019 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 10 gennaio 2019;
– all’udienza del 10 gennaio 2019 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 22 gennaio 2019;
– all’udienza del 22 gennaio 2019 e’ stata pronunciata ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione fino alla successiva udienza del 14 febbraio 2019.
Le disposte sospensioni, avverso le quali nessuna questione e’ stata sollevata durante il giudizio, hanno impedito il decorso del termine di prescrizione in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello in data 19 febbraio 2019.
11.5.2. La prescrizione, del resto, non decorre dopo tale data a causa dell’inammissibilita’ del ricorso (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 2016, Ricci, Rv. 266818).
13. All’inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.
13.1. Al rigetto del ricorso di (OMISSIS) consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
13.1. Le spese di assistenza e difesa sostenute dalle parti civili COMUNE DI NAPOLI e (OMISSIS) vanno liquidate, tenuto conto dello sforzo defensionale, come meglio indicato nel dispositivo, ponendole a carico dei soli ricorrenti che hanno sviluppato motivi sulla responsabilita’, ad esclusione cioe’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. 76), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), poiche’ solo in relazione ai primi vi e’ l’interesse a partecipare al giudizio di legittimita’ da parte della parte civile (ex multis: Sez. 6, n. 1671 del 20/12/2013 – dep. 2014, Spagnuolo, Rv. 258524).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Rigetta il ricorso di (OMISSIS) e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) e (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli; rigetta nel resto i ricorsi.
Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli; dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Condanna, inoltre, tutti i predetti imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COMUNE DI NAPOLI e (OMISSIS) – che liquida in complessivi Euro 4.200,00, oltre accessori di legge.
Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. 76), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e per effetto estensivo annulla anche la sentenza nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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