Il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|23 febbraio 2023| n. 5694.

Il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto

Il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto e per l’accertamento di un credito da esso dipendente diviene improcedibile al sopraggiungere della messa in liquidazione coatta amministrativa di una delle parti del contratto stante l’esclusività dell’accertamento del passivo nella sede concorsuale cui è comunque tenuta la parte creditrice se il rapporto è ancora pendente, cioè non esaurito; il lodo ciononostante emesso, prima della scadenza del termine di 60 giorni assegnato dall’art. 81 l.f. all’organo concorsuale per dichiarare il proprio eventuale subentro nel contratto presupposto e senza che siffatta dichiarazione sia intervenuta, è nullo con conseguente inettitudine a produrre effetti già nei confronti della procedura concorsuale in quanto lo scioglimento dell’appalto in conseguenza dell’apertura del concorso ne realizza un effetto legale ex nunc, solo risolutivamente condizionato alla decisione di subentro del commissario fin quando è possibile e così gli arbitri, nella fattispecie, difettano di potestas judicandi; l’apertura della procedura concorsuale in pendenza del rapporto determina altresì, secondo la regola generale dell’art. 72 comma 6 l.f. valevole anche per l’appalto la inefficacia della clausola negoziale che ne fa dipendere la risoluzione da tale evento.

Sentenza|23 febbraio 2023| n. 5694. Il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto

Data udienza 22 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Arbitrato – Lodo – Giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto – Accertamento di un credito da esso dipendente – Improcedibilità al sopraggiungere della messa in liquidazione coatta amministrativa di una delle parti del contratto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente F.F.

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16307-2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) IN LCA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2810-2017 depositata il 28/11/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 novembre 2022 dal Consigliere MASSIMO FERRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Annamaria Soldi, che ha concluso per il rigetto del secondo motivo ove pone una questione preliminare, l’accoglimento del primo motivo e, relativamente alla violazione dell’articolo 24 l.f., la dichiarazione di improcedibilita’ della domanda di risarcimento extracontrattuale;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) soc. coop. in LCA chiede la cassazione della sentenza App. Bologna 28.11.2017. n. 2810 che ne ha rigettato l’impugnazione promossa avverso il lodo depositato il 12.11.2014 e cosi’ reso da collegio arbitrale dopo domanda introduttiva verso la controparte (OMISSIS), cooperativa a sua volta in LCA;
2. ha premesso la corte d’appello che: a) nel 2012 le due societa’, allora in bonis, avevano concluso un subappalto per opere su immobile di un terzo, convenendo i corrispettivi a favore dell’esecutrice (OMISSIS); b) controvertendosi sui pagamenti, (OMISSIS) nel 2013 notificava a (OMISSIS) domanda introduttiva di giudizio arbitrale, per sentir dichiarare la risoluzione del contratto, la rideterminazione del dovuto sul solo valore venale delle opere, il credito risarcitorio per i danni subiti a seguito della istanza di fallimento svolta da controparte (e, in prosieguo, concordemente rinunziata); c) il lodo arbitrale rigettava la domanda di risoluzione del subappalto ed invece condannava, rispettivamente, (OMISSIS) al risarcimento dei danni e (OMISSIS) ad un maggior corrispettivo per i lavori; c) (OMISSIS) impugnava il lodo per nullita’ in ragione di estraneita’ alla convenzione di arbitrato e violazione del contraddittorio ex articolo 816-sexies c.p.c., a fronte della pregressa sottoposizione di (OMISSIS) alla liquidazione coatta amministrativa (con pubblicazione del Decreto Ministeriale n. 30.10.2014), la conseguente risoluzione di diritto del contratto e, con essa, la inefficacia della clausola compromissoria, la insussistente carenza d’interesse alla risoluzione dell’appalto (in violazione degli articoli 100 c.p.c., 1233 e 1458 c.c.), l’erroneo assorbimento della domanda di arricchimento senza causa (in violazione degli articoli 1223, 1458 e 2041 c.c.) e infine l’indebita determinazione equitativa del danno liquidato;
3. la corte ha ritenuto infondata l’impugnazione, in quanto: a) per un verso, (OMISSIS) era priva d’interesse a sollevare la violazione della convenzione d’arbitrato e delle regole del contraddittorio e, per altro, nessun onere di provocare la prosecuzione del giudizio incombeva sugli arbitri, posto che, stante l’ammissione di (OMISSIS) alla LCA gia’ il 16 ottobre 2014 “quando tutte le attivita’ difensive era state espletate”, non trovava applicazione l’invocata norma sulla morte, estinzione o perdita di capacita’ della parte; b) non ricorreva, nella specie, alcuna risoluzione del subappalto quale mera conseguenza dell’apertura della LCA e dunque applicazione degli articoli 81,83bis e 201 l.f., essendo stato il lodo reso allorche’ il contratto cui accedeva “era ancora valido ed efficace, non avendo avuto corso alcuna risoluzione”, pertanto “quiescente”, potendo infatti il commissario liquidatore – nominato in sede di apertura della LCA il 30 ottobre 2014 – nel termine di 60 giorni manifestare il proprio intento di prosecuzione o scioglimento e non risultando, alla citata data della pronuncia, alcuna scelta dell’organo concorsuale; c) nemmeno era efficace la dichiarazione risolutiva, secondo clausola specifica, manifestata da (OMISSIS) il 18.12.2014, poggiando su previsione pattizia (articolo 17 contr. app.) soccombente rispetto al precetto dell’articolo 72 comma 6 l.f., applicabile anche alle LCA e tale da rendere improduttiva di effetti una diversa volonta’ delle parti che faccia dipendere dall’apertura del concorso la risoluzione; d) non sussistevano le violazioni sul merito della decisione, sia per non aver (OMISSIS) impugnato la censura arbitrale sul difetto d’interesse (dovuto a mancata proposizione di domanda risarcitoria contrattuale, a fronte della esecuzione del subappalto), sia per mancata prova di inadempimento e di altri e diversi danni (non accertati secondo criterio diverso dall’applicata equita’ integrativa);
4. il ricorso di (OMISSIS), a sua volta subentrata in LCA nel corso del giudizio ( Decreto Ministeriale n. 7.10.2019), e’ su due motivi, cui resiste (OMISSIS) con controricorso;
5. nei motivi, la committente (OMISSIS) denuncia, per un verso, la violazione degli articoli 829, comma 1, nn. 4 e 9 c.p.c. e degli articoli 21, 52 e 93 l.f., ipotizzando la nullita’ del lodo, emesso da arbitri ignari dell’avvio di una procedura concorsuale di LCA al momento della sua emissione, con connesso mancato rispetto dei limiti della convenzione di arbitrato e del principio del contraddittorio; per altro verso, la stessa parte censura la violazione della richiamata norma del codice di rito e degli articoli 72, 81, 83, 83-bis e 201 l.f., deducendo che il contratto di subappalto si sarebbe comunque sciolto per la mancata dichiarazione di subentro da parte del commissario liquidatore, conseguendone il venir meno anche della clausola arbitrale, con essa ogni vincolativita’ della convenzione d’arbitrato, dunque altresi’ il potere degli arbitri di decidere la controversia ad essi devoluta;
6. la causa e’ stata un prima volta disposta in trattazione per la pubblica udienza con ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione civile del 6.8.2021, n. 22463; a seguito della udienza (acquisito il parere del P.G., con conclusioni di rigetto del ricorso), con ulteriore ordinanza interlocutoria n. 8591, depositata il 16 marzo 2022, il Collegio della Seconda Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per la valutazione, poi e cosi’ avvenuta, dell’assegnazione alle Sezioni Unite;
7. le questioni rimesse all’esame delle Sezioni Unite, pur in diversa relazione di effettiva pertinenza rispetto all’attualita’ dei motivi di ricorso sopravvenuti rispetto ai temi trattati e decisi dal giudice di merito, sono compendiabili nei seguenti quesiti: A) quale sia la sorte della clausola compromissoria inserita in un contratto di appalto (o di subappalto) e gia’ attivata, in conseguenza della liquidazione coatta amministrativa di una parte nei cui confronti sia stata comunque proposta una domanda di accertamento di un credito e conseguente condanna (nella specie, prima dell’appaltatore) e se, in particolare, permanga la potestas judicandi degli arbitri che, a prescindere dalla consapevolezza dell’intervenuta apertura della procedura concorsuale, pronuncino il lodo durante il decorso del termine di 60 giorni che l’articolo 81 l.f. assegna al commissario liquidatore della LCA (al pari del curatore fallimentare) per decidere di subentrare nel rapporto contrattuale d’appalto o di determinarne anche per inerzia lo scioglimento; B) se l’articolo 72, comma 6, l.f., che sancisce l’inefficacia delle clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento (o, nella specie, anche LCA), sia disposizione applicabile ai soli contratti non ancora eseguiti da entrambi i contraenti oppure anche ai contratti non piu’ in esecuzione;
8. il ricorso e’ stato trattato in pubblica udienza, con le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale e sopra riferite; le parti, a propria volta, hanno concluso secondo i rispettivi atti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:
1. osserva preliminarmente il Collegio che nessuna influenza spiega sulla procedibilita’ del ricorso il sopravvenuto ingresso anche dell’originario ricorrente nella procedura concorsuale di LCA, trovando per essa applicazione il principio, espresso in termini con chiarezza gia’ da Cass. s.u. 6624/1986, per cui manca, “per il caso della sopravvenienza dell’evento stesso nel corso del giudizio di legittimita’, un ostacolo alla proseguibilita’ del procedimento, stante l’inoperativita’ dell’istituto dell’interruzione del processo in sede di Cassazione”; ne’ tale evento, a prescindere dal relativo omesso richiamo esplicito all’articolo 200 l.f., puo’ collegarsi con qualche effetto al principio interruttivo fissato, per il fallimento, all’articolo 43 l.f. come novellato dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, il quale nemmeno “comporta l’interruzione del giudizio di legittimita’, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge” (Cass. 21743/2017, 21153/2010, secondo principi ripresi anche in Cass. 15928/2021);
2. l’apertura della procedura concorsuale e’ invece assunta in termini di riflessi inversi (interruttivi o altrimenti speciali, per improcedibilita’ o inefficacia) su un altro giudizio, portato a compimento decisorio dopo la data d’ingresso in regime di LCA del (dedotto) debitore (OMISSIS) e dunque con riguardo all’originario convenuto in giudizio arbitrale (ora controricorrente), per le domande in quella sede introdotte ed afferenti ad un contratto rispettivamente affermato o dubitato di prosecuzione e, in via consequenziale, della clausola compromissoria che ne costituiva parte;
3. l’ordinanza interlocutoria ipotizza, per fissare la sorte del lodo, che lo spatium deliberandi assegnato dalla disciplina fallimentare all’articolo 81 comma 1 l.f. (richiamato per blocco dall’articolo 201 comma 1 l.f. per le LCA) possa per una prima tesi e alternativamente integrare l’inizio di effetti sospensivi, parziali o totali, sul contratto cui accede la clausola compromissoria ovvero gia’ l’inefficacia ex nunc, in una all’apertura della procedura concorsuale; secondo tale prospettazione, la regola di improseguibilita’ del giudizio arbitrale, derivando dallo scioglimento del contratto presupposto e laddove tale fenomeno accada secondo i congegni di salvaguardia-continuita’-convenienza concorsuale cui e’ ispirata la disciplina positiva dei rapporti pendenti (dall’articolo 72 appunto all’articolo 83bis l.f.), dipenderebbe pertanto dal momento della risoluzione del contratto di supporto; tale momento, a sua volta, per una ricostruzione sarebbe differito al 60 giorno previsto dall’articolo 81 comma 1 l.f., con la scelta dell’organo concorsuale e dunque risultante da una scadenza non accompagnata a dichiarazione di subentro ovvero, ancor prima, risulterebbe anticipato in base alla formalizzata e contraria dichiarazione di non subentro; nel frattempo, il lodo intervenuto resterebbe efficace verso la procedura concorsuale e parimenti vincolante per le parti del relativo giudizio, in quanto protratta di efficacia (rectius, non sciolta) la clausola compromissoria afferente a contratto (il subappalto) a sua volta non sciolto;
4. la seconda ed opposta tesi, invocata dal ricorrente, si articola sul principio di produzione automatica e generale degli effetti del concorso, negando ogni legame di mera eventualita’ alla facolta’ di subentro permessa al curatore/commissario nelle more e dunque sancendo la improseguibilita’ immediata dei giudizi, al sopraggiungere della LCA e la nullita’ anche del lodo ciononostante emesso, essendo l’arbitro divenuto carente di potestas judicandi;
5. lo svolgimento di domande riconvenzionali di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) involge peraltro una parallela questione di possibile sopravvivenza del giudizio arbitrale, adombrata nell’ordinanza di remissione quale fattispecie sostanzialmente illustrativa di una peculiarita’ economica della vicenda (i reciproci crediti fra le parti, con la posizione anche attiva della (OMISSIS)) ma non recepita piu’ nettamente tra le questioni di massima di particolare importanza; la sopravvivenza pro parte del giudizio arbitrale, che se ne potrebbe far derivare allora ed in astratto (ed invero meglio sviluppata nel controricorso, pag. 22 e menzionata dal Procuratore generale), appare infatti assorbita dal secondo quesito, volto a chiarire, con una portata letterale ben piu’ ampia della singola radice contrattuale, se la intangibilita’ dello scioglimento (in realta’, della liberta’ di scelta dell’organo della procedura) si applichi ai soli contratti non ancora eseguiti da entrambi i contraenti oppure altresi’ ai contratti non piu’ in esecuzione; il dubbio promana dalla circostanza che l’appalto e’ stato rappresentato in causa (e trattato dallo stesso ricorrente, pag.34 e dal controricorrente, pag. 37) siccome materialmente adempiuto dal lato dell’imprenditore cui le opere erano state commesse;
6. ritiene il Collegio, affrontando unitariamente i motivi in una inversione dell’ordine esposto nell’ordinanza interlocutoria, che una prima questione riguardi il perimetro di applicabilita’ dell’articolo 72 l.f.; esso non va indagato tanto rispetto alla principale regola di ordinaria sospensione dei contratti pendenti, posto che la specialita’ della figura di causa rimanda, appunto, ad altra norma apposita, l’articolo 81 l.f., pertinente anche per il subappalto, cui si applicano, come contratto derivato, le stesse regole principali dell’appalto (Cass. 23903/2009, 2429/1975); focus apposito va invece rivolto alla stessa nozione di inesecuzione o non compiuta esecuzione da entrambe le parti, cui si riferisce l’incipit del principio con cui la prima disposizione, in realta’, orienta la disciplina di tutti gli effetti dell’apertura del concorso sui rapporti giuridici preesistenti (di cui alla sezione IV, capo III, titolo II richiamata dall’articolo 201 l.f. anche per le LCA); tra essi, dibattuta anche in giudizio, figura altresi’ la neutralizzazione delle clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento (articolo 72 comma 6 l.f.), sanzione di inefficacia che, va anticipato, completa la disciplina legale mettendo il curatore nella reale condizione di esercitare la facolta’ di scegliere se subentrare nel rapporto o scioglierlo, sempre che emerga un vincolo vero e residuo, afferente ad impegni dedotti in contratto, come tali idonei ad obbligare anche la procedura concorsuale che li assuma in carico ad un’attivita’ che non si risolva nel solo pagamento di un corrispettivo o nel pretenderlo; se invero le prestazioni principali integranti l’oggetto del contratto siano state gia’ rese per intero e riconosciute corrispondenti a quelle assunte, la sola posizione soggettiva (e conseguentemente istituzionale) in capo al curatore e’ il recupero di un credito o l’iscrizione al passivo di un debito; la clausola del comma 6 e la nozione di pendenza presupposta dall’articolo 72 l.f. esigono dunque, per dare sostanza gestionale alle scelte dell’organo della procedura, che il rapporto contrattuale non si sia esaurito;
7. nella specie, e’ incontroverso che l’opera in realta’ non e’ stata pienamente accettata dal committente ai sensi dell’articolo 1665 ult. co. c.c. (con pieno gradimento, neanche per facta concludentia: Cass. 4051/2016, 19019/2017, 10452/2020), poiche’ gia’ l’invocata domanda di risoluzione per inadempimento dapprima formulata ex articoli 1453 e 1455 c.c. (e resistita da (OMISSIS) in bonis) avanti al collegio arbitrale e, dopo, la radicale contestazione operata da (OMISSIS) sulla potestas judicandi dell’arbitro stesso, con declinazione del contraddittorio avanti alla corte d’appello ad impugnazione del lodo, risultano assorbite dalla principale asserzione da cui muove alfine la ricorrente, cioe’ la richiesta – al giudice ordinario – di accertare che l’appalto era risolto, rispettivamente per iniziativa da previsione contrattuale della stessa (OMISSIS) (articolo 17 subappalto) o quale effetto diretto dell’apertura della LCA in capo a (OMISSIS) (ex articoli 81 e 83bis l.f.); si tratta di posizione, ripercorsa negli atti delle parti e dalla stessa sentenza bolognese, la quale fa comprendere che proprio l’elemento determinativo dello scioglimento cosi’ divenuto pregiudiziale in tanto e’ stato invocato in quanto senza di esso, esterno alle prestazioni del contratto, questo sarebbe rimasto in una condizione di pendenza ed astratta proseguibilita’;
8. la seconda questione concerne la sorte del contratto di subappalto, dunque quale contratto pendente al sopraggiungere dell’apertura di una procedura concorsuale cui, come premesso, si applicano le norme dell’articolo 81 l.f. (sotto il profilo tipologico), con pieno richiamo anche procedimentale alla disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giudici preesistenti (dall’articolo 72 all’articolo 83bis l.f.); in realta’, il piu’ ampio rinvio dell’articolo 201 l.f. in tema di LCA (significativamente intitolato agli effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti) impone l’accostamento sistematico altresi’ alla disciplina prevista nella legge fallimentare dalla sezione II, capo III, titolo II, dunque agli articoli da 51 a 63 l.f.; di nuovo rovesciando l’ordine interrogativo della ordinanza remittente, occorre invero chiedersi quando la specialita’ del procedimento di accertamento del passivo, per cui l’articolo 52 l.f. prescrive che ogni credito deve essere verificato secondo le norme del capo V (articoli 92-103 l.f.), possa patire le eccezioni ivi previste solo da una formula di riserva di legge, rafforzata in termini di perentorieta’ dopo il Decreto Legislativo n. 5 del 2006 anche per i residui creditori che, ai sensi dell’articolo 51 l.f., possono tuttora proporre azioni esecutive individuali, ma non sono esonerati dall’onere di insinuarsi al passivo;
9. ne deriva che un’eventuale eccezione al principio di esclusivita’ dell’accertamento dello stato passivo, per il quale ciascun credito va appurato secondo le disposizioni della legge fallimentare e nel contraddittorio simultaneo fra chi lo vanta e gli altri creditori insinuati, potrebbe ammettersi innanzitutto solo in via diretta, come per lo piu’ prevedono norme incidenti su an e quantum (ad es. gli articoli 111bis, 56, 87bis l.f.) o di giurisdizione (come il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2 per i crediti tributari e nemmeno in termini di assoluto deferimento esterno, come precisato in generale da Cass. 25897/2020 per l’IVA); ad omologo risultato di deroga si potrebbe pervenire, in astratto, per via esterna rispetto alla sedes materiae, come frutto di una lettura di specialita’ del modo d’insorgenza del titolo che, nonostante il suo perfezionamento postconcorsuale, sia in grado di giustapporsi in rango chiaramente equiordinato rispetto all’articolo 52 l.f. e che cosi’ rispetti (come per l’articolo 51 l.f.) la compatibilita’ della menzionata e chiara clausola di salvezza legale; in relazione alla fattispecie di causa, in realta’, siffatta lex specialis, per come ricostruita nella sentenza impugnata, sarebbe rinvenibile in via meramente interpretativa e indiretta, cioe’ ricavata dall’effetto regolatorio di una ancor diversa disciplina endoconcorsuale e quale norma sostanzialmente di conflitto o incompatibilita’ prevalenti;
10. l’interrogativo pertanto concerne, gia’ in astratto e per l’ipotesi di prosecuzione del giudizio arbitrale nonostante la dichiarazione di fallimento, la portata dell’articolo 83bis l.f., se cioe’ esso integri la riserva di legge e dunque sia tale da impegnare lo stato passivo concorsuale, in deroga alla citata esclusivita’; la risposta e’ negativa, al pari di ogni indagine sul perimetro dei giudizi che, con l’organo concorsuale ed in prosecuzione della previa posizione del fallito, dirimano tuttavia controversie sui diritti di credito verso l’insolvente; la corrente regola di attuazione del concorso impone infatti un’unica sede ricognitiva tanto dei beni del debitore come dei suoi crediti ed in via di simultaneita’ coordinata, conseguendone che ne’ giudici esterni ne’ arbitri possono surrogarsi alla verifica del passivo, cui sono funzionalmente preposti gli organi concorsuali gestionali e giudiziali; si tratta di principio fermo e articolazione risolutiva di conflitti su cui anche queste Sezioni Unite (sent. n. 9070 del 2003 e, piu’ di recente, ord. 15200 del 2015) si sono espresse con chiarezza, affermando che “in sede arbitrale non possono essere fatte valere ragioni di credito vantate verso una parte sottoposta a fallimento o ad amministrazione straordinaria, giacche’ l’effetto attributivo della cognizione agli arbitri, proprio del compromesso o della clausola compromissoria, e’ in ogni caso (si tratti cioe’ di arbitrato rituale o di arbitrato irrituale) paralizzato dal prevalente effetto, prodotto dal fallimento o dalla apertura della procedura di amministrazione straordinaria, dell’avocazione dei giudizi, aventi ad oggetto l’accertamento di un credito verso l’impresa sottoposta alla procedura concorsuale, allo speciale, ed inderogabile, procedimento di verificazione dello stato passivo” (conf. Cass. 3918/2011, 13089/2015); le finalita’ pubblicistiche connaturate al modello processuale della verifica endoconcorsuale dei crediti non possono ricevere soddisfazione in un’alternativa sede di cognizione arbitrale; ne consegue che le domande di accertamento del credito, risarcimento del danno, compensazione di crediti con debiti e, in linea generale, tutte quelle volte a sentir dichiarare che un soggetto poi fallito e’ tenuto al pagamento di somme, vanno dichiarate improcedibili ai sensi dell’articolo 52 l.f., senza che vengano neppure in rilievo altre norme della legge fallimentare o del codice di procedura civile (tra cui le forme di acquisizione della dichiarazione di fallimento quale evento interruttivo ex articolo 300 c.p.c.);
11. il conferimento di rilievo pubblicistico, peraltro, ben puo’ convivere, come regola organizzatoria ordinamentale interna, con la sua non sovrapponibilita’ assoluta a principio di ordine pubblico (alla cui stregua opporre l’ingresso di decisioni giudiziali straniere, per Cass. 10549/2019); va pero’ rimarcata, quanto meno, la coerenza costituzionale con i principi del giusto processo ex articolo 111 Cost. di un sistema che, concentrando la tutela giurisdizionale, come chiarito in dottrina e ripreso nella stessa giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 778/1988), realizza con l’articolo 52 l.f. (e tutti i suoi strumenti, come l’articolo 24 l.f., per Corte Cost. n. 139/1981) l’obiettivo di assoggettare al procedimento per l’accertamento del passivo tutte le pretese suscettibili di riversarsi sul patrimonio fallimentare, dirette a partecipare alla distribuzione dello stesso o finalizzate a sottrarvi alcuni beni, mobili ed immobili; ed il congegno prescelto e’ quello della cd. competenza funzionale del giudice delegato che vi attende, per cui se la esclusivita’ della verifica del passivo riposa sull’esigenza che ciascun creditore sia posto nella condizione di partecipare dialetticamente all’accertamento di ogni situazione soggettiva fatta valere in funzione dell’inserimento di un credito, proprio o altrui, nel passivo dell’unico insolvente, cioe’ a confronto di un attivo analogamente riunito, la stessa esclusivita’ implica che il giudice delegato (e il tribunale nelle sedi dei reclami), unico preposto all’accertamento delle ragioni di credito ai fini del concorso (ex articolo 25 comma 1 n. 8 l.f.), sia costantemente provvisto di poteri di controllo e reazione rispetto alle vicende pendenti al momento d’avvio della procedura; cosi’ che il procedimento di verifica non puo’ implicare prese d’atto di decisioni assunte altrove sul credito, sul suo rango, sulla sua attitudine al concorso; ne’ puo’ sopportare la devolvibilita’ o la permanente esperibilita’ di un processo in capo a giudici diversi, sia pur per via di una pattuizione compromissoria anteriore al fallimento e in tal modo di una clausola successivamente ad esso valorizzata e proseguita come rapporto a se’ stante, a prescindere dalla sua radice in un rapporto sostanziale nel frattempo sciolto;
12. sul piano della giustificazione in tema di diritti, la esclusivita’ dell’accertamento del passivo riunisce pertanto l’aspirazione al concorso sostanziale (con la soddisfazione per i propri crediti sul ricavato delle liquidazioni) con gli oneri procedimentali del concorso formale (sottoponendosi ciascuno al vaglio unitario dei propri titoli), cosi’ realizzandosi la par condicio creditorum e, in essa, il controllo reciproco e avanti allo stesso giudice (in processo simultaneo) sulle disuguaglianze di trattamento, priorita’ e specialita’ di statuto legalmente previste, combinandosi accertamento del credito e attitudine concorsuale di ogni pretesa insinuata;
13. sul piano ordinamentale, peraltro e secondo ricognizione aggiornata, la doppia universalita’ propria della procedura fallimentare, oggettiva (con riguardo alla caduta in concorso di tutti i beni del fallito) e soggettiva (per la confluenza dell’accertamento dei crediti nella verifica unitaria dell’accertamento del passivo), e’ ormai elevata a principio (la cristallizzazione del passivo e la sua esclusivita’ di scrutinio giudiziale) che non puo’ dirsi di mera tecnica organizzativa; esso infatti non solo e’ regola comune a tutte le procedure storicamente fondate sull’insolvenza e di matrice commerciale, ma nel tempo e’ venuto a saturare i vuoti della no failure zone, in precedenza relegati al conflitto singolare fra debitore e creditori; cosi’ che e’ diminuito il rilievo delle sedi esecutive in favore di soluzioni organizzative concorsuali anche per i debitori diversi (con la L. n. 3 del 2012 sul sovraindebitamento) e con espansione significativa oltre l’area dell’insolvenza in senso stretto (in ragione dei contenuti concorsuali attenuati o d’intersezione propri della composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa secondo il Decreto Legge n. 118 del 2021); si tratta di percorso del tutto confermato dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di recente entrata in vigore, nell’incremento di istituti regolatori di tipo anticipatorio, preventivo o alternativo alla liquidazione giudiziale (d. lgs. n. 14 del 2019);
14. e’ dunque possibile affermare la portata costitutiva, nel diritto concorsuale domestico e con ragionevole ispirazione al contempo di continuita’ storica e non conflittualita’ con i principi di razionalita’ e ordinato svolgimento indicati anche dal quadro Eurounitario (cfr. nella Direttiva 1023/2019 ad es. l’articolo 25 comma 1 lettera a) sull’efficienza e rapidita’, il considerando 90 sui mezzi di comunicazione elettronica incoraggiati per l’insinuazione al passivo come forma di partecipazione dei creditori alla procedura d’insolvenza, il considerando 84 sulla favorita trattazione di tutti i debiti in unica procedura, il considerando 71 sulla protezione degli interessi legittimi dei creditori da gestione del debitore prossimo all’insolvenza e con rischio sulla costituzione della massa fallimentare) della fondamentale distinzione fra crediti sorti prima e dopo l’apertura del concorso; ai primi spetta la qualita’ di concorsuali, suscettibili di ricevere soddisfazione dentro il concorso e secondo regole di priorita’ di allocazione e distributiva che sono in realta’ anticipate, sul piano strumentale, dalle declinazioni che proteggono la nozione di anteriorita’, coniugata in parallelo a quella della opponibilita’; cosi’ che, in generale, il credito e’ concorsuale se si fonda su fatto genetico anteriore al fallimento, ai sensi dell’articolo 1173 c.c. e pero’ esibisce, nel confronto con gli altri creditori, propri requisiti di ammissione all’esecuzione, restandone esclusi, secondo i principi di sbarramento di cui agli articoli 42 comma 1, 44 comma 1, 45 l.f. (tutti richiamati per le LCA dall’articolo 200 l.f.), crediti imperniati su titoli postumi; le norme mirano “ad assicurare la completa cristallizzazione del patrimonio del fallito, preservandolo da pretese di soggetti che vantino titoli formatisi dopo la sentenza dichiarativa di fallimento ed impedendo che altre ne siano fatte valere, nel concorso fallimentare, rispetto a quelle facenti parte del suddetto patrimonio alla data della medesima dichiarazione” (Cass. 19025/2013); coerentemente Cass. 3953/2016 ha precisato che, a loro volta e pur in un indirizzo piu’ concessivo, “le pretese, accessorie, di restituzione e risarcimento del danno devono necessariamente procedere, previa separazione dalle prime (simulazione e risoluzione contrattuale gia’ trascritte), nelle forme degli articolo 93 e ss. l.fall., in quanto assoggettate alla regola del concorso e non suscettibili di sopravvivere in sede ordinaria”;
15. la conseguenza della improcedibilita’ delle azioni cognitive in corso in sedi diverse da quella concorsuale e’ pertanto l’effetto diretto della esclusivita’ dell’accertamento del passivo avanti al giudice della procedura, secondo regole esprimenti la scelta di uno specifico procedimento, cioe’ di un rito piu’ che di una competenza dell’organo; infatti, le stesse questioni concernenti l’autorita’ giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore dichiarato fallito, “anche se impropriamente formulate in termini di competenza, sono in realta’ questioni di rito; pertanto, qualora sia proposta una domanda diretta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria nei confronti del fallimento dell’obbligato e il giudice adito dichiari l’improcedibilita’ della domanda, perche’ non introdotta in sede concorsuale nelle forme dell’accertamento del passivo, la relativa pronuncia non e’ assoggettabile a regolamento di competenza ma e’ impugnabile con l’appello, in quanto, ancorche’ formalmente espressa in termini di declinatoria di competenza del giudice adito in favore di quello fallimentare, non e’ sostanzialmente una statuizione sulla competenza, ma sul rito che la parte deve seguire” (Cass. 21669/2013, per analoga pronuncia del giudice del lavoro Cass. 9030/2014, sulla LCA Cass. 15383/2014); cio’ spiega come la menzionata valenza pubblicistica del principio sia sottesa all’indirizzo per il quale la questione concernente l’autorita’ giudiziaria dinanzi a cui va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore assoggettato a fallimento “e’ rilevabile in ogni stato e grado, ed anche oltre i limiti temporali stabiliti con riferimento al rilievo dell’incompetenza” (Cass. 5063/2008, 10485/2011; 24156/2018 vi ravvisa una exceptio litis ingressus impedientes) e dunque va esaminata prima di ogni altra (Cass. 16867/2011), conseguendone inammissibilita’ o improcedibilita’ a seconda che il fallimento sia stato dichiarato prima della domanda o nel corso del giudizio; e l’oggetto della pronuncia piu’ coerentemente puo’ abbracciare, oltre alle domande di condanna (incompatibili ex se alla formazione di un titolo in sede extraconcorsuale), anche quelle di accertamento e che pero’ siano strettamente funzionali ad una successiva insinuazione al passivo (cosi’, anche per “la domanda di risoluzione che costituisca antecedente logico-giuridico della domanda di risarcimento o restituzione”, Cass. 2990/2020);
16. per quanto premesso, l’esegesi del rapporto fra fallimento e contratto di appalto esprime una influenza piu’ circoscritta al cospetto di un titolo, com’e’ in causa, gia’ scrutinato siccome di formazione extraconcorsuale e posteriore all’apertura della procedura; se ne devono pertanto verificare le peculiarita’ nella disciplina degli effetti sui rapporti pendenti ed al fine di stabilirne l’eventuale residuo nucleo di regola derogatoria per come restrittivamente permessa dalla clausola di salvezza dell’articolo 52 comma 2 l.f.;
17. l’articolo 81, in realta’, e’ norma in parte speciale rispetto all’articolo 72 l.f. o, meglio, solo quanto al prodursi la ordinaria sospensione contrattuale con l’insorgere della procedura ivi prevista, restando invero l’appalto regolato, per ogni altra vicenda, secondo le correnti regole poste proprio dalla disposizione generale, per come essa apre la sezione IV del capo III, del titolo II; a sua volta, il sopraggiunto articolo 83bis l.f., laddove lega la sopravvivenza del procedimento arbitrale alla prosecuzione del contratto cui accede la relativa clausola compromissoria, conferma piu’ semplicemente l’evoluzione del sistema concorsuale in un aggiornato contesto di non incompatibilita’ assoluta, come d’altronde presupposto dal regime autorizzatorio degli articoli 25 comma 1 n. 7 e 35 comma 1. l.f., che contemplano l’istituto; dunque, in primo luogo, dalla norma piu’ generale, cioe’ l’articolo 81 l.f., si prevede piu’ radicalmente, quale effetto del fallimento di una delle parti sul relativo rapporto se pendente, proprio lo scioglimento se il curatore previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni 60 dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie; la ratio della norma (ripetuta come tale anche nell’articolo 186 CCII) riassume un’evidente regola di esperienza aziendale, all’insegna della prudenza del legislatore che, con lo scioglimento salva diversa opzione rimessa al curatore, protegge gli interessi di entrambe le parti, posti a rischio per l’appaltatore in termini di pagamento (da un soggetto in dissesto) o per il committente che attende l’opera (da un soggetto con incrinata organizzazione), tenuto conto – come nella specie – dell’esigenza di salvaguardia della destinazione ormai liquidatoria del patrimonio;
18. il conferimento al curatore, tuttavia, di uno spatium deliberandi attualizza l’interrogativo su quale sia il momento di reale scioglimento del rapporto; secondo una prima tesi, proprio i 60 giorni assegnati al curatore realizzerebbero la stessa regola di sospensione contrattuale fissata in generale dall’articolo 72 l.f., entrando allora il rapporto, dal giorno del fallimento, in una condizione di attesa, ma con salvezza e dunque operativita’ di tutte le clausole accessorie e pero’ con esclusione della messa in mora ad opera di controparte; ne deriva, per tale ricostruzione, che anche l’eventuale lodo nel frattempo emesso sarebbe imputabile a piena potestas judicandi degli arbitri;
19. una seconda tesi, appellabile come di scioglimento semiautomatico o differito e dagli effetti omologhi alla prima, pospone lo scioglimento al mancato esercizio del subentro da parte del curatore, dunque anche al decorrere dei 60 giorni nell’inerzia dichiarativa dell’organo;
20. la terza tesi, per come finora seguita nella giurisprudenza di legittimita’ (Cass. 7203/1999, 21411/2013, 4616/2015, 23810/2015), descrive lo scioglimento del contratto di appalto in conseguenza del fallimento dell’appaltatore come in realta’ “un effetto legale ex nunc della sentenza dichiarativa”, risolutivamente condizionato alla decisione del curatore di subentro fin quando e’ possibile; ne deriva, di per se’, che la caducazione automatica della clausola compromissoria che accede all’appalto travolge, in punto di nullita’, il lodo che ciononostante sia pronunciato; ritiene il Collegio che il cennato indirizzo meriti continuita’, pur in articolazione aggiornata alla fattispecie e nel rispetto degli interrogativi recati dall’ordinanza interlocutoria;
21. in prima osservazione, va rilevato che lo scioglimento in esame, proprio perche’ promana dall’apertura del fallimento, si giustifica nella sua efficacia a quello coeva, non confondendosi con la risoluzione del contratto, posto che il primo non si correla ad inadempimenti e cio’ da’ subito conto dell’ulteriore corretta conseguenza economica assegnata dalle citate decisioni (sulla terza tesi), per le quali “al curatore spetta il corrispettivo maturato per le prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento, ferma la possibilita’ per il committente di legittimamente rifiutare il pagamento delle opere per la parte ineseguita o non eseguita a regola d’arte” (Cass. 23810/2015) o “il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo e al non corretto adempimento dell’appaltatore” (Cass. 4616/2015); altra acquisizione priva di contrasti concerne la sorte di diritto sostanziale impressa a siffatto scioglimento, per il suo “perdurare anche dopo la chiusura della procedura concorsuale, ove non intervenga una nuova convenzione tra le parti, dovendo escludersi un’automatica reviviscenza del contratto originario” (Cass. 7203/1999);
22. inoltre, puo’ aggiungersi, dalla collocazione della norma ancora piu’ speciale, l’articolo 83bis l.f., si evince che la caducazione prodotta dal fallimento per un verso concerne i rapporti pendenti (esattamente nel senso, sopra visto, della nozione di cui all’articolo 72 l.f.), cioe’ “circoscrive tale effetto alle ipotesi in cui lo scioglimento del contratto abbia luogo a norma delle disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare” (Cass. 34505/2021 e 17823/2022, in motivazione) e, per altro verso, esime da ogni indagine sulla natura rituale o irrituale dell’arbitrato (Cass. s.u. 15200/2015), per l’ampia formula utilizzata ove si richiama un procedimento arbitrale pendente; parimenti, la vicenda di causa non fa dubitare nemmeno della necessaria pendenza dell’arbitrato stesso, cosi’ che, in prima approssimazione, la stessa giurisprudenza di legittimita’ ha gia’ agevolmente condiviso la doverosa restituzione alla procedura concorsuale della sorte degli effetti promananti dal rapporto sostanziale di contratto sciolto; infatti, per Cass. 25054/2017, l’articolo 83 bis l.f. “si limita a disporre che, qualora in pendenza di arbitrato sia dichiarato il fallimento di una delle parti del contratto cui accede la clausola compromissoria, il relativo procedimento diviene improseguibile ove il rapporto negoziale sia sciolto secondo le disposizioni di cui agli articoli 72 ss. l.fall.; la norma non trova, pertanto, applicazione nella diversa ipotesi in cui, non constando la pendenza di un procedimento arbitrale, una cooperativa aderente ad un consorzio ne sia esclusa in virtu’ di una norma statutaria che tanto preveda per il caso di fallimento della consorziata”; in cio’, anche l’articolo 83bis l.f. e’ coerente con la matrice liquidatoria impressa alla gestione dell’organo concorsuale nel fallimento, esattamente opposta alla sopravvivenza dell’autonomia di conduzione aziendale (oltre che di possesso dei beni e di responsabilita’) della vicenda concordataria, per la quale vige un distacco della clausola compromissoria rispetto al contratto, laddove ed invece, ai sensi dell’articolo 169bis l.f., autorizzato il debitore a sciogliersi, come ivi previsto, permane un interesse a far decidere le controversie pendenti su quei contratti, per quanto sciolti, e dunque il procedimento arbitrale prosegue;
23. l’accessorieta’ della clausola compromissoria rispetto al contratto sorregge dunque (come confermato anche dall’articolo 192 CCII, parimenti non utile a chiarire i quesiti in esame, perche’ identico alla disposizione qui applicabile) la regola che esige, nella LCA come nel fallimento, la non sopravvivenza del procedimento arbitrale una volta che, come visto, il contratto sia sciolto, trattandosi di mero riflesso esterno di una scelta dell’organo concorsuale volontaria e consapevole, per quanto anche tacita; la formula legale, invero, rende definitivamente disagevole sostenere la clausola compromissoria come rapporto pendente, ai sensi del concorso, risolvendo invece negativamente ogni dubbio su correlativi autonomi obblighi di prestazione in carico alle parti; la biunivocita’ del legame contratto-clausola, d’altronde, e’ stata enunciata anche da queste Sezioni Unite, su fattispecie inversa ma a conferma del principio, evincibile dall’articolo 83bis l.f. nonostante la sola previsione dello scioglimento, secondo cui “nell’ipotesi di subentro da parte del curatore nelle situazioni giuridiche attive derivanti dal contratto contenente la clausola compromissoria, questa conserv(a) piena efficacia anche nei confronti del curatore: diversamente opinando, infatti, si consentirebbe al curatore di sciogliersi da singole clausole del contratto di cui pure chiede l’adempimento” (Cass. s.u. 10800/2015);
24. se percio’ gia’ in via teorica anche l’arbitrato ai sensi dell’articolo 83bis l.f. subisce questa portata, nonostante la duplicita’ delle posizioni di debito-credito (come nella presente vicenda), quando esso prosegua finirebbe per concernere – al piu’ – le sole controversie riguardanti diritti di credito nella titolarita’ del fallito e in quanto tali appresi alla massa e perseguiti (e non meramente eccepiti) dal suo organo esponenziale; conclusivamente, un’azione di condanna della procedura, come non e’ suscettibile d’essere intrapresa fuori dal contesto della verifica del passivo, cosi’ non puo’ essere proseguita dal creditore nei riguardi della curatela in sede arbitrale (Cass. 4453/2016); la regola concorsuale di esclusivita’ determina percio’ che se l’arbitrato pendente al momento della dichiarazione di fallimento attiene ad un diritto nei confronti del fallito, esso – anche per questa via – e’ in ogni caso destinato all’improseguibilita’; se l’arbitrato, poi, si concluda con un lodo, almeno e come premesso, per la parte dei diritti che sarebbero da avanzare verso la massa, l’improprieta’ della sede di accertamento si riflette sulla carenza di titolo alla relativa pronuncia, di per se’ comunque inopponibile alla massa;
25. la conclusione qui raggiunta depotenzia l’interrogativo, che ha attraversato il giudizio e risulta ripreso in sede impugnatoria, sull’incidenza degli articoli 43, comma 3, l.f. ovvero 816sexies c.p.c., in tema di misure di salvaguardia del contraddittorio (comunque da applicarsi ai fini della ripresa o prosecuzione del giudizio); anche la seconda misura, in quanto funzionale appunto alla prosecuzione del giudizio arbitrale e laddove nel fallimento sia ravvisato un evento pari a morte, estinzione o perdita di capacita’ della parte (debitrice fallita), suppone infatti che il processo sia sospeso, il curatore sia avvisato e pero’, per restare nell’istituto, sempre che la parte processuale disponga di una residua fase defensionale in cui esprimersi e, ancora, vi sia stato un qualche scrutinio da parte degli arbitri (per quanto detto) dell’avvenuto subentro nel contratto ad opera del curatore o che esso sia stato per intero eseguito oppure in precedenza sicuramente risolto; nessuna di queste circostanze ricorre in causa; all’opposto, accedendo all’unica forma di contraddittorio ipotizzabile in prosecuzione nei confronti del curatore, rimasto all’oscuro del giudizio arbitrale e mai partecipe del procedimento, l’esito sarebbe il suo poco garantistico differimento alla sola sede impugnatoria;
26. a propria volta, proseguendo nella rappresentazione alternativa ed autonoma, rispetto al piu’ coordinato e diretto portato consentito dalle norme fallimentari degli articoli 81 e 83bis l.f., anche l’applicazione dell’articolo 43 comma 3. l.f. non si sottrarrebbe ad omologhe incongruenze; l’applicazione al giudizio arbitrale della disposizione sull’interruzione del processo, incluso quello arbitrale, per via della dichiarazione di fallimento di una parte, pur se ragionevolmente norma da preferire, perche’ speciale rispetto a quella del codice di rito e dunque anche ai fini di causa, nonostante la sua declinazione organizzativa promanante da una dichiarazione giudiziale recata a conoscenza del curatore (Cass. s.u. 12154/2021), dovrebbe pur sempre mediare, come la disposizione sull’arbitrato ed anzi ancor piu’ testualmente, con la parziale irrilevanza dell’evento-fallimento in relazione al suo prodursi a difese finali espletate (ai sensi dell’articolo 300 ult. co. c.p.c.);
27. l’evocazione di entrambi gli istituti, dunque e per la specialita’ assorbente della regola diretta discendente dal binomio scioglimento del contratto presupposto – improseguibilita’ del procedimento arbitrale, riuscirebbe vana, data la diversa tutela giurisdizionale cui ciascuna controparte del (divenuto) fallito e’ in realta’ obbligata nel percorrere la corsia esclusiva dell’accertamento in sede concorsuale e la infruttuosita’ della pronuncia ciononostante, in difetto, resa;
28. riprendendo ora gli interrogativi sulla individuazione del momento di scioglimento del rapporto proprio dell’appalto, occorre coordinare la dimensione qualitativa dello spatium deliberandi assegnato al curatore dall’articolo 81 l.f. rispetto all’efficacia del lodo nel frattempo intervenuto; comune alle prime due tesi sopra riassunte, e nella sostanza alla base della lettura dell’istituto offerta dalla sentenza impugnata, e’ che il contratto in esame, con il fallimento, non si risolva, entrando in una zona non operativa (quanto alle prestazioni che lo involgono) ma neppure di scioglimento ai sensi dell’articolo 72 l.f.; ne consegue che, nell’inerzia del curatore e finche’ egli non opti espressamente per il non subentro e comunque, silente tale organo, sino al 60 giorno, nemmeno la clausola compromissoria sarebbe sciolta, cio’ determinando validita’ ed efficacia del lodo nel frattempo intervenuto;
29. la critica a tale tesi convincentemente si correla proprio al riconoscimento d’incoerenza del suo postulato che, muovendo dalla quiescenza del contratto o, in altra qualificazione, dalla stessa sospensione propria del regime dei rapporti pendenti di cui alla norma-base dell’articolo 72 l.f., finisce poi per assicurare pieno funzionamento ad una clausola di quello stesso contratto, quella compromissoria, non riuscendo a spiegare come essa possa vivere di autonomia rispetto al negozio cui accede (diversamente da quanto potrebbe accadere, si e’ visto, nel concordato preventivo grazie all’articolo 169bis l.f., esplicito nel suo comma 3: Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta); in secondo luogo, sul piano testuale, l’articolo 81 l.f., irrigidendo la regola dell’articolo 72 l.f., definisce la sorte dell’appalto in termini di scioglimento, accostando la condizione risolutiva della scelta di subentro del curatore e ad essa sovrapponendo nella stessa direzione la relativa inerzia; in terzo luogo, come immanente nei precedenti di questa Corte – sul punto univoci – proprio l’esame della ragione dello spatium deliberandi assegnato al curatore giustifica che all’organo concorsuale sia assicurata in termini di effettivita’ e senza eccezioni, l’irresponsabilita’ interinale dagli obblighi di prestazione contrattuale ed anzi, per l’appalto, in modo rafforzato anche rispetto alla messa in mora di controparte, previsione generale dell’articolo 72 comma 2 l.f. cui la disciplina in esame apparentemente deroga, per incompatibilita’; per tale aspetto, l’impianto originario del Regio Decreto n. 267 del 1942 non appare innovato dalla sostituzione operata, con riguardo all’articolo 81 l.f., dal Decreto Legislativo n. 9 gennaio 2006, n. 5, articolo 68, comma 1, che, dando continuita’ al principio dello scioglimento, ha solo elevato il termine dei 20 giorni sino a 60, per dar modo di operare al piu’ incisivo potere autorizzatorio ora riservato (non piu’ al giudice delegato, bensi’) al comitato dei creditori (che dovrebbe deliberare entro 15 giorni da quando il suo presidente e’ stato interpellato, ex articolo 41 comma 3 l.f.), di contro al precedente mero avviso;
30. nel bilanciamento degli interessi, tra la posizione del contraente in bonis che aspira ad una definizione giudiziale della controversia sorta sul rapporto e cosi’ contando sul compimento del giudizio arbitrale in corso, da un lato ed il curatore che deve assumere determinazioni gestorie congrue rispetto al patrimonio, gia’ oggetto di messa in sicurezza giuridica immediata con la sentenza di fallimento ai sensi degli articoli 51 e 52 l.f., dall’altro, il legislatore concorsuale rafforza ulteriormente l’immunizzazione della massa dei creditori, cosi’ rappresentata, da ogni iniziativa di terzi; per l’appalto, la modalita’ specificativa del principio e’ la fissazione di un termine per derogare, con il subentro e sotto il controllo del comitato dei creditori, mentre l’esaurimento di ogni effetto della stessa vicenda contrattuale e’ solo confermato alla scadenza, in mancanza di una scelta comunque espressa; per questa considerazione, anche lo spatium deliberandi, proprio per la sua ratio di istituto di servizio strategico alla procedura per la miglior ponderazione degli interessi della massa, non potrebbe convivere con la vulnerabilita’ interinale a decisioni, a maggior ragione se inconsapevoli della dichiarazione di fallimento, nel frattempo emesse dagli arbitri;
31. se pertanto l’appalto si assoggetta, con tutte le sue clausole, alle eventuali determinazioni di subentro del curatore, da esprimersi nei 60 giorni dal fallimento e, in mancanza, la non prosecuzione stessa viene consolidata, restando nel frattempo il contratto privo di efficacia anche sul piano processuale, ne deriva che il lodo ciononostante reso e’ nullo, in difetto della potestas judicandi dell’arbitro, afferendo ad una prerogativa decisoria manifestata senza giuridica partecipazione al contratto – presupposto dalla clausola compromissoria – della nuova e unica parte a cio’ legittimata, l’organo concorsuale; al contempo lo scioglimento del contratto cui la clausola compromissoria accede s’impone, come visto, altresi’ ed in modo irreversibile sul rapporto sostanziale, perdurando quale effetto definitivo, per entrambi (contratto e clausola), anche dopo la chiusura della procedura; proprio la vicenda di causa evidenzia cosi’ il carattere assoluto dell’effetto della improcedibilita’ del giudizio arbitrale, non potendo il lodo assumere efficacia nemmeno a processo concorsuale concluso, per scioglimento irretrattabile del contratto cui accedeva la relativa clausola compromissoria;
32. analogo esito tutorio, a protezione della scelta del curatore, risiede allora anche nell’articolo 72 comma 6 l.f. che, come anticipato, presidia la stessa intangibilita’ offerta dall’istituto concorsuale in esame, poiche’ impedisce l’efficacia di una clausola negoziale che faccia dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento, cosi’ salvaguardando – in generale – la prerogativa istituzionale e speciale dell’organo; potendo in tal modo il curatore selezionare, durante lo spatium deliberandi, anche l’appalto tra i contratti funzionali al suo programma di gestione, l’applicazione piena della norma si affianca quale emancipazione (tra l’altro immediata ed irreversibile) da un rimedio civilistico (come spesso sarebbe l’inadempimento dell’insolvente) e dunque mostra di presupporre, per quanto gia’ detto, solo la ricorrenza del non esaurimento del rapporto;
33. nella fattispecie, infine, non si pone una questione di sopravvivenza del giudizio arbitrale pro parte, poiche’ non consta che (OMISSIS), in persona del commissario liquidatore, sia subentrata nel contratto ai sensi dell’articolo 81 l.f.; ne deriva percio’, con lo scioglimento dell’appalto, la caducazione altresi’ della clausola compromissoria nella sua interezza e, con essa, della potesta’ di giudizio degli arbitri sul credito ivi avanzato in via riconvenzionale verso (OMISSIS); la circostanza toglie decisivita’ a quella parte degli interrogativi posti dalla ordinanza interlocutoria che, anche se in modo indiretto, afferiscono ad un tema di ipotetica scindibilita’ del giudizio arbitrale con riguardo alla posizione soggettiva piu’ complessa assunta dall’insolvente;
34. possono pertanto essere enunciati i seguenti principi: a) il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto e per l’accertamento di un credito da esso dipendente, diviene improcedibile al sopraggiungere della messa in liquidazione coatta amministrativa di una delle parti del contratto (nella specie, l’appaltatore), stante l’esclusivita’ dell’accertamento del passivo nella sede concorsuale cui e’ comunque tenuta, ai sensi degli articoli 52 e 93 l.f., la parte creditrice (nella specie, il committente), se il rapporto e’ ancora pendente, cioe’ non esaurito ai sensi dell’articolo 72 l.f.; b) il lodo ciononostante emesso, prima della scadenza del termine di 60 giorni assegnato dall’articolo 81 l.f. all’organo concorsuale per dichiarare il proprio eventuale subentro nel contratto presupposto e senza che siffatta dichiarazione sia intervenuta, e’ nullo, con conseguente inettitudine a produrre effetti gia’ nei confronti della procedura concorsuale, in quanto lo scioglimento dell’appalto in conseguenza dell’apertura del concorso ne realizza un effetto legale ex nunc, solo risolutivamente condizionato alla decisione di subentro del commissario fin quando e’ possibile e cosi’ gli arbitri, nella fattispecie, difettano di potestas judicandi; c) l’apertura della procedura concorsuale in pendenza del rapporto determina altresi’, secondo la regola generale dell’articolo 72 comma 6 l.f., valevole anche per l’appalto, la inefficacia della clausola negoziale che ne fa dipendere la risoluzione da tale evento;
35. conclusivamente, il ricorso e’ fondato e va accolto con cassazione della sentenza impugnata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’articolo 384 comma 2 c.p.c., decidendo nel merito, deve essere dichiarata la nullita’ del lodo arbitrale gia’ pronunciato fra le due societa’ il 12 novembre 2014, con assorbimento di ogni altra questione; la peculiarita’ della fattispecie, in relazione alla complessita’ e novita’ delle questioni trattate, giustifica ai sensi dell’articolo 92 c.p.c. la integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullita’ del lodo reso fra le due societa’ il 12 novembre 2014, assorbita ogni altra questione; dichiara la compensazione integrale e fra le parti delle spese dell’intero giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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