ll giudice d’appello può qualificare il rapporto dedotto in giudizio in modo diverso

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 15 maggio 2019, n. 12875

La massima estrapolata:

Il giudice d’appello può qualificare il rapporto dedotto in giudizio in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, purché non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il “petitum” e la “causa petendi” ed eserciti tale potere-dovere nell’ambito delle questioni, riproposte con il gravame, rispetto alle quali la qualificazione giuridica costituisca la necessaria premessa logico-giuridica, dovendo, altrimenti, tale questione preliminare formare oggetto di esplicita impugnazione ad opera della parte che risulti, rispetto ad essa, soccombente. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso vertente sull’erroneo inquadramento, da parte dei giudici di merito, del contratto dedotto in giudizio nella disciplina del trasporto di merci per conto di terzi, in ragione del fatto che tale qualificazione giuridica non era stata oggetto di esplicito motivo di gravame, avendo la ricorrente proposto appello al solo fine di contestare che al rapporto, così come qualificato, si applicasse il sistema delle c.d. tariffe a forcella).

Ordinanza 15 maggio 2019, n. 12875

Data udienza 12 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9158/2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato F (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la svitenza’ n. 92/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 03/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/03/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

FATTI DI CAUSA

In parziale riforma della decisione impugnata la Corte d’appello di Perugia, con sentenza in data 3.2.2017 n. 92, in accoglimento dell’appello principale di (OMISSIS) s.p.a. rideterminava nel minore importo di Euro 171.646, 25 il corrispettivo dovuto dalla societa’ a (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), quali differenze tra il versato ed il dovuto, per l’esecuzione di prestazioni di trasporto nel periodo 1999-2004, in applicazione del sistema delle tariffe di trasporto di merci cd. “a forcella” nella loro quota minima e con la riduzione del 5% prevista dal Decreto Ministeriale 18 novembre 1992, articolo 13 bis; in accoglimento dell’appello incidentale della societa’ di trasporti condannava la committente al pagamento dell’Iva sul residuo importo dei corrispettivi.
Rigettava per il resto entrambe le impugnazioni, rilevando:
che non sussisteva violazione dei diritti difesa essendo stata depositata la sentenza di prime cure successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali;
– che infondata era la eccezione di nullita’ del contratto stipulato in forma orale alla stregua della giurisprudenza di legittimita’ interpretativa della L. 1 marzo 2005, n. 32, articolo 3;
– che la decadenza ex lege n. 32 del 2005, trovava applicazione solo per le azioni di nullita’ del contratto;
– che la eccezione di prescrizione formulata da (OMISSIS) s.p.a. era tardiva non essendo stata proposta con la comparsa di costituzione in primo grado;
Che il Tribunale aveva correttamente fatto applicazione delle tariffe EGAF richiamate dal Decreto Ministeriale 18 novembre 1992, senza applicare la riduzione del 7% per i “trasporti in continuita’” non risultando diverse pattuizioni delle parti contraenti.
La sentenza di appello, notificata in data 7.2.2017, e’ stata ritualmente impugnata per cassazione da (OMISSIS) s.p.a. che ha dedotto cinque motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS)., depositando anche memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Primo motivo: error in judicando sulla qualificazione giuridica del contratto.
La ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui ha qualificato il rapporto “inter partes” come contratto di trasporto merci, anziche’ come contratto di appalto di servizi avente ad oggetto la distribuzione di GPL ai clienti privati di (OMISSIS) s.p.a..
Il motivo e’ palesemente inammissibile.
La stessa ricorrente afferma che (OMISSIS) s.n.c. aveva agito sul presupposto del contratto giuridicamente qualificato come trasporto merci per conto terzi: su tale qualificazione giuridica aveva convenuto anche il Giudice di prime cure e “la questione” non era stata “esplicitata come autonomo punto di censura in sede di atto di citazione in appello”, essendo stata sviluppata soltanto con la comparsa conclusionale che richiamava elementi peculiari del contratto, come rilevati dal CTU nella perizia svolta in primo grado, che deponevano per la natura mista del contratto in quanto la committente non individuava il destinatario delle forniture (individuato attraverso il sistema della “tentata vendita”) ed erano richieste anche prestazioni accessorie (riscossione dei corrispettivi).
La ricorrente vorrebbe rimettere in discussione per la prima volta avanti la Corte di legittimita’ l’accertamento di merito concernente il riesame degli elementi fattuali che regolavano il servizio di distribuzione del GPL, onde pervenire ad una qualificazione giuridica del contratto totalmente differente da quella assunta dal primo e dal secondo Giudice.
Osserva il Collegio che deve essere ribadito il principio per cui il Giudice d’appello puo’ dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purche’ nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il “petitum” e la “causa petendi” e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4008 del 23/02/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 10617 del 26/06/2012).
Orbene il giudicato non si forma (anche) sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21266 del 10/10/2007), mentre la efficacia preclusiva dell’accertamento si forma anche sulla qualificazione giuridica data all’azione dal giudice, quando essa abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di impugnarla. (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 21490 del 07/11/2005; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 6716 del 19/03/2018 Sez. 6-3, Ordinanza n. 6716 del 19/03/2018).
Ne segue che la parte che sia rimasta soccombente su di una questione preliminare qual e’ la qualificazione giuridica di un contratto rispetto all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di adempiere, quando tale qualificazione abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito – ha l’onere di proporre appello incidentale condizionato, pena il formarsi sulla questione preliminare del giudicato (cosiddetto giudicato implicito), che concerne anche gli accertamenti che costituiscono il presupposto logico – giuridico della decisione (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 19126 del 23/09/2004; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 6716 del 19/03/2018).
Orbene pacifica la ricostruzione del rapporto compiuta dal Giudice di prime cure che ha ricondotto l’accordo nello schema negoziale del contratto di trasporto merci per conto terzi, definendo in tal modo la regola di diritto applicabile alla fattispecie controversa ed affermando il diritto alle differenze di corrispettivo vantato dalla parte attrice, appare del tutto evidente come tale inquadramento giuridico del rapporto avrebbe dovuto costituire esplicito motivo di gravame da parte della societa’ committente, diversamente non risultando contestata la qualificazione giuridica del contratto verbale, come allegata nell’atto introduttivo, ne’ con la comparsa di risposta (cfr. pag. 2 ricorso), ne’ con l’atto di citazione in appello (cfr. pag. 7 ricorso), rivolti esclusivamente a negare la applicazione al rapporto – cosi’ come qualificato – del sistema delle tariffa a forcella, essendo stata proposta per la prima volta la questione soltanto con la comparsa conclusionale depositata in secondo grado.
Ne segue la inammissibilita’ del motivo di ricorso in esame.
Secondo motivo: violazione e falsa applicazione della L. 1 marzo 2005, n. 32, articolo 3.
La societa’ ricorrente reitera la eccezione di decadenza fondata sulla L. n. 32 del 2005, articolo 3.
Ritiene che il Legislatore non intendendo confliggere con la normativa comunitaria sulla liberta’ di concorrenza abbia inteso determinare senza lungaggini la cessazione del sistema tariffario a forcella ponendo dei termini di decadenza alle azioni contrattuali senza distinzione e quindi ricomprendendovi anche le azioni di adempimento, come quella esperita dalla societa’ di trasporto che doveva dichiararsi inammissibile in quanto proposta oltre il termine quadriennale di decadenza.
Gli argomenti svolti dalla ricorrente non aggiungono nulla alle questioni gia’ esaminate nei precedenti di questa Corte – dai quali il Collegio non ha ragione di discostarsi condividendone gli arresti – che hanno esaminato funditus la questione, distinguendo la operativita’ immediata della definitiva eliminazione del regime della nullita’ formale del contratto cui soltanto viene a ricollegarsi la disciplina della decadenza, quindi, delle sole azioni di nullita’ del contratto stipulato in mancanza di forma scritta, dalla sostituzione del regime tariffario vincolato con quello di libera contrattazione, applicabile, per espressa statuizione di legge dal 28.2.2006 (L. n. 286 del 2005, articolo 3, comma 1: “1. A decorrere dal 28 febbraio 2006, ovvero dalla data di entrata in vigore dei decreti dirigenziali di cui agli articoli 6, 11 e 12, se anteriore, e’ abrogato il sistema delle tariffe obbligatorie a forcella per l’esercizio dell’attivita’ di autotrasporto, di cui al titolo terzo della L. 6 giugno 1974, n. 298, e successive modificazioni”) data fino alla quale non poteva darsi corso alla libera determinazione del prezzo di trasporto, come ribadito della medesima L. n. 286 del 2005, articolo 3, comma 1. E’ stato infatti rilevato che “la L. n. 32 del 2005, e’ una legge di delegazione, con la quale il governo era delegato ad emanare, entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della stessa legge, uno o piu’ decreti per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di liberalizzazione dell’attivita’ di autotrasporto di merci per conto terzi. In materia di contratto di trasporto di cose per conto terzi, la L. 1 marzo 2005, n. 32, articolo 3, comma 1, dopo aver abrogato la norma interpretativa contenuta nel Decreto Legge 3 luglio 2001, n. 256, articolo 3 (convertito in L. 20 agosto 2001, n. 334), ha altresi’ previsto la decadenza, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dalle azioni da esercitare, decadenza da riferire alle eventuali azioni di nullita’ del contratto di trasporto, e non invece alle azioni promosse dagli autotrasportatori per ottenere il pagamento di somme a titolo di differenze tariffarie ai sensi della L. 6 giugno 1974, n. 298, essendo illogico ritenere che sia stata introdotta una decadenza da tali ultime azioni prima ancora dell’abrogazione della disciplina delle cosiddette tariffe “a forcella”, e come dimostra, del resto, la stessa collocazione di detta decadenza nel medesimo comma abrogativo del Decreto Legge n. 256 del 2001, articolo 3 (Cass., 16 marzo 2012, n. 4247)……… creerebbe non pochi problemi una norma che prevedesse una decadenza con il termine fissato al 25 luglio 2005, per azioni ricollegate ad un sistema ancora vigente e destinato ad essere abrogato soltanto con decorrenza dal 28 febbraio 2006; del tutto ingiustificata sarebbe la diversita’ di trattamento previsto per i vettori a seconda che il contratto fosse stato stipulato prima dell’entrata in vigore della L. n. 32 del 2005, o successivamente a tale data e prima del 28 febbraio 2006……” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4247 del 16/03/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 16997 del 20/08/2015).
Terzo motivo: violazione della L. n. 298 del 1974, articolo 5; erroneita’ della sentenza in punto di onere della prova ex articolo 2697 c.c..
Sostiene la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe fatto scorretta applicazione della regola del riporto dell’onere probatorio, affermando che i fatti costitutivi della esenzione del contratto di trasporto dal regime tariffario a forcella avrebbero dovuto essere dimostrati dalla societa’ committente. Allega altresi’ che nella specie era incontestato che la committente non predeterminasse la indicazione del destinatario del trasporto (indirizzo di consegna della merce) e che la prova delle condizioni di applicazione del regime tariffario speciale gravasse sull’autotrasportatore, tra cui anche la prova che i trasporti erano stati eseguiti fuori del centro abitato (ai sensi della L. n. 298 del 1974, articolo 59, comma 1, lettera b) la disciplina speciale non si applica ai -ai trasporti di merci effettuati nell’ambito dei centri abitati di cui all’articolo 2 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393; “1, non essendo surrogabile l’onere della prova attraverso le indagini demandate al CTU, non costituendo la perizia mezzo di prova.
Il motivo e’ inammissibile nella parte in cui viene a contestare la valutazione probatoria compiuta dal Giudice di appello in relazione ai fatti ritenuti dimostrati in giudizio, tanto piu’ che la ricorrente viene a svolgere la critica in fatto richiamando accertamenti svolti dall’ausiliario senza tuttavia trascrivere compiutamente il contenuto argomentativo della relazione peritale della quale e’ omessa persino la indicazione nell’elenco dei documenti allegati al ricorso e su cui i motivi si fondano, incorrendo pertanto la parte nella inammissibilita’ ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e nella improcedibilita’ ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Il motivo si palesa invece infondato, quanto alla asserita violazione della regola del riparto dell'”onus probandi”.
La Corte d’appello; lungi dall’affidarsi esclusivamente alla c.t.u. ed al supplemento di perizia svolti in primo grado, ha ritenuto invece raggiunta la prova della pretesa fatta valere dalla societa’ di trasporti in base alla incontestata esistenza di un contratto di trasporto merci per conto terzi stipulato verbalmente tra le parti e la cui esecuzione continuata trovava riscontro nelle prove assunte e nella documentazione prodotta in giudizio da cui emergeva il numero dei chilometri percorsi da ciascuno dei due mezzi impiegati, l’utilizzo continuativo dei predetti mezzi per effettuare le consegna dei GPL, i percorsi ed il carico scarico della merce, non essendo previste dalla L. n. 298 del 1974, “prove legali” e riflettendosi l’obbligo di formazione e conservazione dei documenti di trasporto, previsti dall’articolo 56 della legge, sul piano della mera regolarita’ del servizio ai fini dei controlli amministrativi e fiscali, e solo indirettamente anche ai fini della agevolazione della prova sulle modalita’ di esercizio dei diritti nascenti dal contratto e sulle eventuali responsabilita’ derivanti dalla esecuzione del contratto, atteso che la irregolare od omessa tenuta di detti documenti non preclude, comunque, alle parti di conseguire “aliunde” in giudizio la prova della esistenza del contratto e dell’adempimento delle obbligazioni.
Comprovata pertanto la esecuzione di trasporto merci da parte di (OMISSIS) s.n.c. per conto di (OMISSIS) s.p.a., alcun altra prova veniva a gravare sulla societa’ di trasporti, venendo a configurarsi le condizioni di esenzioni previste dalla L. n. 298 del 1974, articolo 59, come ipotesi speciali derogative della fattispecie generale descritta della medesima L. n. 298 del 1974, articolo 40, secondo cui “E’ trasporto di cose per conto di terzi l’attivita’ imprenditoriale per la prestazione di servizi di trasporto verso un determinato corrispettivo”, venendo quindi ad integrare la “deroga” alla generale applicazione del sistema tariffario a forcella un fatto impeditivo della pretesa rivolta ad ottenere la liquidazione dei corrispettivi in base ai criteri previsti dalla legge, della prova del quale come correttamente statuito dalla Corte di merito – rimane gravata la parte che intende avvalersene.
Quarto motivo: violazione di norme di diritto nella applicazione delle tariffe EGAS; violazione del Decreto Ministeriale 18 novembre 1982, articolo 13 (riduzione del 7% della tariffa in caso di regime della “continuita’”).
La ricorrente riproduce nuovamente la stessa deduzione di erronea applicazione della tariffa EGAS anziche’ della tariffa ANITA concordata tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, ma non coglie la “ratio decidendi” ed il motivo e’ pertanto inammissibile, in quanto contesta alla Corte d’appello di non aver considerato che la tariffa concordata bene poteva essere applicata dalle parti in deroga a quella prevista dai decreti ministeriali attuativi della legge.
La critica e’ fuori centro atteso che il Giudice di merito non ha affatto escluso la sostituibilita’ della tariffa con quella concordata dalle associazioni di categoria, ma ha piuttosto osservato che la scelta della sostituzione era rimessa alla iniziativa dei contraenti e nella specie difettava qualsiasi prova che le parti avessero inteso convenire la applicazione della tariffa ANITA in sostituzione di quella EGAS prevista dal Decreto Ministeriale 18 novembre 1992.
Del pari infondata e’ la censura formulata per la mancata applicazione della riduzione tariffaria prevista per contratti particolari dal Decreto Ministeriale 18 novembre 1982, articolo 13: anche in questo caso la Corte d’appello ha ritenuto inapplicabile la disposizione regolamentare in quanto difettava la stipula del contratto scritto (come espressamente richiesto dal medesimo articolo 13 del Decreto Ministeriale “La riduzione e’ subordinata alla stipulazione di contratti scritti, che possono comunque essere rinnovati. I contratti sono inviati all’ufficio provinciale della motorizzazione civile della provincia dove ha sede il vettore, entro dieci giorni dalla data di stipulazione”: la disposizione e’ riportata anche nel ricorso alla pag. 25), ne’ era altrimenti provata una pattuizione inter partes intesa alla concessione di tale sconto.
La decisione della Corte territoriale e’ del tutto lineare e non applica ingiustificate disparita’ di trattamento tra le parti contraenti, limitandosi semplicemente a rilevare: a) che il contratto di trasporto merci per conto terzi, puo’ esser stipulato oralmente, in tal caso, salvo prova contraria, applicandosi la disciplina ordinaria dettata dalla legge e dalle norme regolamentari e di attuazione (tra cui la tariffa EGAS); b) le parti possono entro certi limiti derogare alla disciplina normativa ordinaria (modificando la tariffa di riferimento ovvero pattuendo determinati sconti), ma se intendono farlo debbono stipulare osservando il requisito della forma scritta. La ricorrente sembra, peraltro, confondere la previsione dell’articolo 13 con quella del medesimo Decreto Ministeriale 18 novembre 1982, articolo 13 bis (contratti stipulati direttamente tra mittente e vettore senza la intermediazione di ausiliario) non considerando che lo sconto del 5% (e non del 7%) previsto da quest’ultima disposizione e’ stato ritenuto applicabile dal Giudice di appello, venendo meno l’interesse della ricorrente a coltivare la relativa censura.
Quinto motivo: illegittimita’ della sentenza in punto di tassativita’ dei mezzi di prova; nullita’ della CTU perche’ esorbitante dal mandato.
Assume la ricorrente la nullita’ della c.t.u. in quanto anziche’ limitare la indagine tecnica ai soli documenti prodotti in causa dalla societa’ di trasporti (25 dischi cronotachigrafi, fatture, documenti di cario e scarico) cosi’ determinando la percorrenza dei trasporti eseguiti esclusivamente in base ai 25 viaggi in luogo degli oltre 2000 risultanti dai riepiloghi manoscritti redatti dalla ditta di trasporti, aveva svolto attivita’ che non gli competeva inferendo illazioni e presunzioni circa l’esatto ammontare dei chilometri percorsi dalle due autocisterne.
Il motivo e’ improcedibile ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non essendo stata indicata in elenco documenti la consulenza tecnica posta a fondamento della censura, ed e’ comunque inammissibile.
Eventuali nullita’ afferenti le operazioni peritali debbono essere infatti fatte valere tempestivamente successivamente al deposito dell’elaborato peritale ed entro la prima udienza utile, altrimenti intendendosi sanate ex articolo 159 c.p.c., comma 3. Di tale attivita’ la ricorrente non ha fornito prova e la eccezione dedotta per la prima volta con il motivo in esame va dichiarata inammissibile.
Per il resto difetta del tutto la indicazione della norma asseritamente violata dalla Corte d’appello, essendo appena il caso di rilevare che la critica rivolta alla sentenza che ha motivato riportandosi integralmente alle risultanze delle indagini ed alle argomentazioni tecniche svolte dall’ausiliario, non puo’ limitarsi alla mera contrapposizione di conclusioni contrastanti nel merito, ma deve invece:
a) individuare i singoli passaggi dell’elaborato peritale ritenuti erronei, onde consentire alla Corte di verificare “in limine” se le affermazioni del consulente tecnico oggetto di critica rivestano carattere di decisivita’;
b) specificare le ragioni della critica, evidenziando se attengono a carenze o deficienze diagnostiche, nell’espletamento delle indagini, ovvero consistono in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o ancora nella omissione degli accertamenti clinici strumentali dai quali non possa prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi;
c) indicare nel ricorso per cassazione, onde evitare la inammissibilita’ per novita’ della questione, che le critiche erano state oggetto di puntuali motivi di gravame, trascrivendone almeno i punti salienti (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 7341 del 17/04/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 17369 del 30/08/2004; id. Sez. 2, Sentenza n. 13845 del 13/06/2007; id. Sez. L, Sentenza n. 3224 del 12/02/2014; id. Sez. 1, Sentenza n. 16368 del 17/07/2014; id. Sez. 1, Sentenza n. 11482 del 03/06/2016).
Nella specie la ricorrente afferma anapoditticamente che il CTU avrebbe acquisito illegittimamente prove che era onere della parte produrre, ma non spiega in alcun modo perche’ la misurazione della distanza chilometrica tra due luoghi, quello di partenza e di destinazione dei mezzi di trasporto, attestati dai documenti depositati in giudizio integri acquisizione di un mezzo di prova anziche’ risolversi nella mera applicazione di un criterio di calcolo.
Anche sotto tale aspetto la censura e’ dunque inammissibile per difetto del requisito di specificita’ ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, comma 3, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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