Il giudice che partecipa al giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca il quale ha precedentemente adottato il provvedimento di sequestro

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 6 agosto 2020, n. 23605.

Non c’è incompatibilità, ai sensi dell’articolo 34 cod. proc. pen., per il giudice che partecipa al giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca il quale ha precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell’articolo 20 del Codice Antimafia, in quanto tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato a essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento.

Sentenza 6 agosto 2020, n. 23605

Data udienza 24 giugno 2020

Tag – parola chiave: Sequestro e confisca – Giudice che partecipa al giudizio per applicare la confisca – Incompatibilità – Non sussiste – Adozione in precedenza del sequestro – Irrilevanza – Provvedimento – Carattere temporaneo e provvisorio – Sostituzione da una decisione finale – Non riferibilità ad una fase precedente e autonoma del procedimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. BASSI A. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS) (terza interessata);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) (proposto);
avverso l’ordinanza del 25/01/2020 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alessandra Bassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Perelli Simone, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato o che, in via subordinata, la questione sia rimessa alle Sezioni Unite della Corte.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione ex articolo 37 c.p.p. presentata dai ricorrenti avverso i componenti del collegio della Sezione autonoma delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ai fini della pronuncia della decisione sulla confisca – misura di prevenzione, per avere il medesimo collegio espresso un giudizio anticipato nel merito, nel provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro dei beni sequestrati avanzata dalla terza interessata (OMISSIS).
1.1. A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha rilevato che la progressiva giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione – rimarcata anche in alcune pronunce di questa Corte di legittimita’, collegata all’esigenza di imparzialita’ del giudice affermata dalla Costituzione e dalla normativa sovranazionale – non puo’ non tenere conto delle finalita’ specifiche del procedimento di prevenzione, che non consentono di effettuare la mera trasposizione della disciplina posta presidio dell’imparzialita’ del giudice della cognizione, trattandosi di procedimenti aventi un oggetto diverso. Sotto diverso aspetto, la Corte calabrese ha posto in luce che, nel modello legale del procedimento di prevenzione, diversamente da quanto accade nel giudizio penale regolato dal principio di separazione tra fasi, non v’e’ una separazione funzionale tra il giudice della fase cautelare (che adotti il provvedimento di sequestro dei beni) ed il giudice della decisione di primo grado (demandato all’adozione del provvedimento di confisca degli stessi beni sequestrati).
2. Nel ricorso a firma del comune difensore di fiducia avv. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedono l’annullamento del provvedimento per l’unico motivo – di seguito sintetizzato ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p. – con cui eccepiscono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 34, 36 e 37 c.p.p. e vizio di motivazione.
A supporto della deduzione, il comune difensore evidenzia che: a) il Tribunale ha rigettato l’istanza di dissequestro l’ordinanza del 6 maggio 2019 con un provvedimento assunto de plano, senza procedere, come invece avrebbe dovuto, con la forma dell’incidente di esecuzione, consentendo il confronto fra le parti nel contraddittorio; b) in tale provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro, il collegio ha espresso una valutazione di merito da ritenere pregiudicante l’imparzialita’ ai fini della decisione sulla confisca o comunque dante luogo ad un dovere dei componenti del collegio di astenersi ai sensi dell’articolo 36 c.p.p., comma 1, lettera h), (cioe’ per gravi ragioni di convenienza).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili in quanto manifestamente infondati.
2. Mette conto di rilevare preliminarmente che – come anche evidenziato dai ricorrenti sussiste effettivamente un contrasto interno alla giurisprudenza di questa Corte quanto alla applicabilita’ nel procedimento di prevenzione delle cause di incompatibilita’ previste nel codice di procedura penale, con particolare riguardo a quella di cui all’articolo 37 c.p.p., comma 1, lettera b). Negli arresti piu’ recenti, prevale l’orientamento secondo cui la disciplina delle cause di incompatibilita’ del giudice contenuta nel codice di procedura penale e’ applicabile anche al procedimento di prevenzione, attesa la natura giurisdizionale dello stesso e l’incidenza su diritti di rilievo costituzionale che impongono l’osservanza delle garanzie del giusto processo, tra le quali rilievo primario va riconosciuto all’imparzialita’ del giudice, orientamento certamente condivisibile. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile il motivo di ricusazione, previsto dall’articolo 37 c.p.p., comma 1, lettera b), al presidente del collegio incaricato dell’impugnazione avverso il decreto applicativo della misura di prevenzione patrimoniale della confisca che in precedenza, quale giudice per le indagini preliminari, aveva applicato la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per i medesimi fatti posti a fondamento della misura di prevenzione). (Sez. 6, n. 41975 del 02/04/2019, Inzitari, Rv. 277373; Sez. 6, n. 51793 del 13/09/2018, Moccia, Rv. 274576).
2.1. Deve, nondimeno, essere rilevato come, dall’estensione al procedimento di prevenzione delle regole previste dal codice di rito in materia d’incompatibilita’, non discenda la ravvisabilita’ di una causa di incompatibilita’ quanto all’assunzione dei provvedimenti in relazione alla confisca-misura di prevenzione per avere il medesimo giudice componente del collegio (o tutti i componenti di esso) adottato – nello stesso procedimento – provvedimenti in relazione al sequestro-misura di prevenzione. Ed invero, nell’architettura del procedimento di prevenzione, non e’ prevista una soluzione di continuita’ tra la fase c.d. cautelare – nella quale il tribunale provvede all’adozione del sequestro – e quella definitiva, nella quale il medesimo giudice decide sulla richiesta di confisca. Cio’ risulta evidente alla luce delle norme del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, da cui si evince chiaramente come l’adozione del sequestro in via cautelare discenda dalla medesima “causa” del provvedimento definitivo di confisca – id est da un’unica richiesta dell’inquirente – e come, d’altra parte, il decreto n. 159 del 2011 non preveda la competenza di un giudice diverso provvedervi.
In tale senso si e’ gia’ pronunciata questa Corte regolatrice, allorche’ ha avuto modo di rilevare che “il procedimento penale e’ luogo di piu’ elevato tasso di garanzia in rapporto alle sue caratteristiche ontologiche (ricostruzione compiuta del fatto dedotto nella imputazione) e finalistiche (l’eventuale inflizione di una pena) li’ dove il procedimento applicativo di misura di prevenzione e’ diversamente modellato (specie in rapporto alla fase del primo grado) sia sul piano funzionale (non si ricostruisce in quanto tale uno specifico fatto di reato, ma si realizza un aspetto cognitivo sulle condotte della persona in funzione della formulazione, positiva o negativa, di una prognosi di pericolosita’ attuale e/o di illecita accumulazione patrimoniale) che strutturale, essendo caratterizzato da una maggiore elasticita’ di forme. Negare tale diversita’ strutturale e funzionale, in chiave di netta equiparazione (tra i due ambiti) delle regole in tema di incompatibilita’ del giudice per valutazioni espresse nel medesimo procedimento e correlata astensione e ricusazione sarebbe operazione del tutto illogica, oltre che antigiuridica, posto che l’apprezzamento delle diversita’ e la loro tollerabilita’ in chiave di tutela dei diritti fondamentali e’ l’in se’ della interpretazione giuridica. Non puo’ non evidenziarsi, in particolare, che in sede di prevenzione, nel modello legale del procedimento, non vi e’ separazione funzionale tra giudice della fase cautelare (in caso di sequestro dei beni, di emissione provvisoria del provvedimento di ritiro del passaporto ai sensi dell’articolo 9 o di anticipazione dei divieti di cui all’articolo 67 comma 3 Decreto Legislativo 2011) e giudice della decisione di primo grado, aspetto improponibile nel giudizio penale (caratterizzato da marcata differenziazione, derivante anche dal principio di separazione tra le fasi del procedimento) e che offre la misura di come il legislatore (anche quello della riforma adottata con il riordino dei testi in tema di prevenzione, datata 2011) abbia diversamente apprezzato – in modo non irragionevole – la necessita’ di tutela dell’apparenza di imparzialita’, accordando al contraddittorio ed allo sviluppo successivo del procedimento – in caso di prevenzione – la capacita’ persuasiva idonea a smentire, potenzialmente, una prima valutazione operata dal collegio in sede cautelare. Cosi’ come, in sede di prevenzione patrimoniale, il giudice procedente e’ investito di un ampio potere officioso anche in tema di individuazione – tramite le attivita’ gestionali svolte dall’amministratore giudiziario – di ulteriori beni potenzialmente confiscabili, il che rappresenta una caratteristica tipica ed esclusiva di tale forma di giudizio, espressamente prevista dalla legge. In dette ipotesi, dunque, non puo’ certo affermarsi che il procedimento di prevenzione “perda” i connotati della giurisdizionalita’ (il che implicherebbe la necessita’ di promuovere una interpretazione adeguatrice o sollevare il dubbio di costituzionalita’) essendo – per converso – la disciplina positiva interpretabile come la proiezione della diversita’ di oggetto del procedimento (in tal senso, tra le altre, Sez. H n. 2821 del 2.12.2008, Rv. 242720). Una giurisdizione che tollera l’identita’ soggettiva tra giudice della misura cautelare e giudice della decisione di primo grado (come quella della prevenzione) non puo’ dirsi per cio’ solo minore ma, piu’ semplicemente adotta un diverso modello di tutela della imparzialita’ rapportato alla diversa tipologia di giudizio. Nel processo penale la natura degli interessi protetti (possibile inflizione di pena) si salda all’adozione di un modello procedimentale basato sulla tendenziale sterilizzazione del “giudizio” da conoscenze maturate nella fase investigativa. Da qui l’adozione di una tutela rigida in punto di disciplina delle incompatibilita’ per valutazioni compiute nella fase anteriore del medesimo procedimento (articolo 34, 36 e 37 c.p.p.). In sede di prevenzione non vi e’ separazione delle fasi (il che esclude l’influenza negativa della conoscenza dei materiali investigativi) e la componente cognitiva sulle condotte del proposto e’ solo una frazione del giudizio, essenzialmente consistente in una prognosi sulle condotte future (con valutazione di pericolosita’ che puo’ supportare, anche in via incidentale, l’ablazione patrimoniale). Da cio’ deriva che il connotato di giurisdizionalita’ della prevenzione – sul piano della disciplina del procedimento – resta integro, pur nella attuale disciplina (con limitazione della incompatibilita’ di cui all’articolo 34 c.p.p. al solo caso previsto da detta norma al comma 1, norma posta a tutela del sistema delle impugnazioni) posto che la cd. forza pregiudicante endoprocedimentale della prima valutazione (quella cautelare) pur esistente, puo’ essere neutralizzata dal successivo dispiegarsi del contraddittorio nel corso della trattazione del procedimento, con fiducia normativa nelle capacita’ di selezione dei dati e di adeguamento valutativo da parte del giudice” (cosi’ si legge nella motivazione della sentenza Sez. 1, n. 43081 del 27/05/2016, Arena, Rv. 268665).
2.1. Assodato che il sequestro-misura di prevenzione e la confisca-misura di prevenzione insistono sulla medesima fase processuale, nel procedimento di prevenzione non puo’ non trovare applicazione la regola processuale di carattere generale, ormai stabilizzata nel diritto vivente, secondo cui non v’e’ causa d’incompatibilita’ in relazione alle funzioni legittimamente esercitate dal giudice nella stessa fase del procedimento, atteso che, altrimenti, ne deriverebbe la frammentazione di quest’ultimo e si consentirebbe alle parti, per mezzo della reiterazione di istanze incidentali, di determinare la rimozione del giudice gia’ investito del processo (fattispecie relativa alla materia de liberiate). (Sez. 6, n. 16453 del 10/02/2015, Celotto, Rv. 263576).
2.2. Conclusivamente, puo’ essere ribadito il principio di diritto secondo cui non si configura alcuna incompatibilita’, ai sensi dell’articolo 34 c.p.p., a partecipare al giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 20, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non puo’ dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento. (Sez. 6, n. 49254 del 14/10/2016, Bianco e altro, Rv. 268169).
3. Dalla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di una somma che si ritiene congruo determinare in tremila Euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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