Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 ottobre 2022| n. 31211.
Il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà
Il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà e probità previsto dall’art. 88 c.p.c., né dalle allegazioni false, dalle reticenze o dal mendacio, occorrendo ai fini della configurazione dalle fattispecie – per contro – un’attività intenzionalmente fraudolenta, che si concretizzi in artifizi o raggiri soggettivamente diretti e oggettivamente idonei a paralizzare la difesa avversaria e ad impedire al giudice l’accertamento della verità, così pregiudicando l’esito del procedimento. (Nella specie, la S.C. ha qualificato quale ipotesi di dolo revocatorio il deposito di comparsa e memoria difformi da quelle contenute nel fascicolo d’ufficio, ritualmente depositate con timbro della cancelleria).
Ordinanza|21 ottobre 2022| n. 31211. Il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà
Data udienza 25 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Ricorso per revocazione – Dolo revocatorio ex art. 395 comma 1 cpc – Presupposti – Modifica degli atti processuali dopo il deposito in cancelleria e del timbro apposto dalla cancelleria – Integrazione del reato di falso – Attestazione di avvenuto deposito da parte del cancelliere – Finalità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20714/2019 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), domiciliati in Roma presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS), in forza di procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia Delle Entrate – Riscossione (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 7.1.2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25.5.2022 dal Cons. Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
Il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 30.4.2015 (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Sulmona la (OMISSIS), la (OMISSIS) a r.l. e (OMISSIS) s.p.a. per sentir revocare la sentenza n. 88 del 14.3.2014 di quel Tribunale.
In quella sede essi hanno sostenuto che l’avv. (OMISSIS), difensore della (OMISSIS), aveva falsificato la comparsa di costituzione e risposta e la prima memoria ex articolo 183 c.p.c., aggiungendo successivamente alla originaria unica richiesta di pronuncia della risoluzione del contratto di mutuo anche quella di condanna degli opponenti, signori (OMISSIS) e (OMISSIS), alla restituzione delle somme loro mutuate, per complessivi Euro 989.601,37 di cui Euro 878.783,81 per un mutuo e Euro 150.817,56 per l’altro.
Si e’ costituita in giudizio la sola (OMISSIS) chiedendo il rigetto della revocazione, mentre gli altri convenuti restavano contumaci.
Il Tribunale di Sulmona con sentenza del 27.3.2017 ha dichiarato inammissibile la revocazione proposta da (OMISSIS) perche’ proposta in pendenza dei termini per l’appello e infondata per (OMISSIS), in difetto di produzione degli originali dei documenti asseritamente falsificati.
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado hanno proposto appello i signori (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui ha resistito la banca appellata.
La Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 7.1.2019 ha respinto il gravame, con aggravio di spese: quanto al (OMISSIS) la sua istanza e’ stata ritenuta inammissibile perche’ il giudizio di revocazione era stato introdotto quando la sentenza 88/2014 non era ancora passata in giudicato; quanto alla (OMISSIS), ha dato rilievo alla mancata produzione degli originali dei due atti difensivi, di cui non era stata chiesta l’esibizione alla controparte, non essendo sufficiente il contrasto fra le copie contenute nel fascicolo d’ufficio e quelle in possesso degli attori in revocazione, allora opponenti.
3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 2.7.2019 hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), svolgendo tre motivi.
Le parti intimate (OMISSIS), la (OMISSIS) e l’Agenzia Entrare Riscossione non si sono costituite in giudizio.
Il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano omessa, erronea e falsa applicazione degli articoli 57, 58 c.p.c., articoli 73 e 74 disp. att. c.p.c. e articolo 168 c.p.c., con conseguente erronea e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 112, 115 e 116 c.p.c..
4.1. La censura e’ diretta contro la parte della decisione della Corte abruzzese riferita alla sig.ra (OMISSIS), poiche’ la Corte di appello non ha neppur esaminato la richiesta di revocazione del sig. (OMISSIS), ritenuta inammissibile per le considerazioni esposte a pagina 4 della sentenza impugnata, su cui infra.
4.2. Il contenuto delle censure mosse con l’appello sul punto e’ esposto a pagina 3 della sentenza impugnata.
Gli appellanti – e la sig.ra (OMISSIS), per quanto rileva – avevano lamentato che il Tribunale si fosse pronunciato su di una eccezione non sollevata dalla (OMISSIS) ed avesse eluso l’applicazione del principio di non contestazione, ma avevano anche sostenuto che si doveva gia’ ravvisare la frode processuale nella divergenza fra le copie contenute nel fascicolo d’ufficio e quelle scambiate con le controparti, contrassegnate dai timbri di depositato della cancelleria e riconosciute dai testimoni escussi.
4.3. La Corte di appello, dopo aver negato (per vero del tutto genericamente) che la Banca avesse omesso di contestare la difformita’ degli atti, ha ripetuto il contenuto della decisione di primo grado approvandola con l’anteposizione dell’avverbio “correttamente”, nel senso della decisivita’ della mancata produzione in giudizio degli originali degli atti difensivi, che doveva essere imputata agli attori, che non avevano neppure chiesto la loro esibizione alla controparte, sicche’ non poteva “comunque escludersi che in quegli atti originali fosse stata tempestivamente effettuata la domanda di condanna alla restituzione della somma mutuata, sicche’ non era stata fornita la prova dell’alterazione degli atti”.
4.4. L’errore commesso dalla Corte territoriale e’ evidente e puntualmente stigmatizzato con il motivo.
Era infatti sufficiente la difformita’ – non negata e anzi riconosciuta da Tribunale e Corte di appello – fra la copia degli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio (comparsa di costituzione e risposta e prima memoria ex articolo 183 c.p.c., della (OMISSIS)), privi di certificazione di conformita’ all’originale, e le copie prodotte dagli appellanti, frutto dello scambio rituale effettuato in corso di causa (per la precisione la loro copia e quella scambiata con la (OMISSIS) s.p.a.) che recavano invece l’autenticazione con il timbro di depositato apposto dal Cancelliere del Tribunale di Sulmona.
4.5. Resti pure in disparte il fatto che gli originali dei due atti difensivi erano nella disponibilita’ della (OMISSIS), che non li aveva prodotti, e anzi si era difesa sostenendo l’estraneita’ della fattispecie all’ipotesi di revocazione per dolo sostenendo la tesi, per vero avventurosa, che non potrebbe rientrare in tale ipotesi il fatto “che un Avvocato – assalito da postumi scrupoli difensivi apporti una correzione (qui si vorrebbe una integrazione) ad un proprio scritto”.
Al contrario va rammentato che integra il delitto di falso materiale in atto pubblico la condotta dell’avvocato che alteri il contenuto della comparsa di costituzione e risposta, inserendovi delle aggiunte, dopo che il cancelliere incaricato abbia apposto sull’atto l’attestazione di avvenuto deposito (Sez. 5, n. 19923 del 12.04.2021, ud., dep. 19.5.2021, Rv. 281255 – 01).
Al riguardo e’ stato persuasivamente osservato che la comparsa di risposta e’, in origine, una scrittura privata, in quanto redatta da un soggetto privato, ma che, dopo che ad essa viene apposta l’attestazione, da parte del cancelliere, che e’ pubblico ufficiale, dell’avvenuto deposito in cancelleria, essa non puo’ piu’ essere modificata dall’avvocato che l’ha sottoscritta. Difatti, attraverso il proprio atto il cancelliere, pubblico ufficiale, attesta che presso l’autorita’ giudiziaria e’ stato depositato in una certa data proprio quell’atto, avente quel determinato contenuto e proveniente da quel difensore, sul quale viene apposta l’attestazione di avvenuto deposito. In sostanza l’attestazione richiama implicitamente il contenuto dell’atto cui essa viene apposta, cosicche’ anche tale contenuto diviene parte integrante dell’attestazione.
In questo, come in altri casi, l’alterazione del contenuto di un atto di natura privata, una volta che esso sia stato depositato presso un ufficio pubblico e che del suo deposito sia stata redatta apposita attestazione, integra una falsificazione dell’atto pubblico di attestazione del suo contenuto.
4.6. Ai sensi dell’articolo 57 c.p.c., comma 1, il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attivita’ proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti. In particolare ai sensi dell’articolo 58 c.p.c., il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti.
Ai sensi dell’articolo 170, comma 4, le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore.
Ex articolo 168 c.p.c., comma 2, all’atto dell’iscrizione a ruolo il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione delle comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze.
L’articolo 73 disp. att. c.p.c., prevede che le parti debbono consegnare al cancelliere insieme col proprio fascicolo le copie degli atti di parte, che a norma dell’articolo 168 c.p.c., comma 2, del codice debbono essere inserite nel fascicolo d’ufficio e il cancelliere deve rifiutare di ricevere il fascicolo di parte che non contenga le copie degli atti indicate nel comma precedente.
Ex articolo 74 disp. att. c.p.c., gli atti e i documenti di causa sono inseriti in sezioni separate del fascicolo di parte e gli atti da inserire sono costituiti dagli originali o dalle copie notificate della citazione, della comparsa di risposta o d’intervento, delle memorie, delle comparse conclusionali e delle sentenze.
4.7. La Corte di appello ha ignorato l’elemento decisivo della produzione di copie di parte degli atti difensivi munite del timbro di cancelleria, difformi da quelle contenute nel fascicolo d’ufficio e prive di alcun timbro.
Esisteva infatti la prova documentale della diversita’ della copia degli atti difensivi scambiate con le controparti, la cui autenticita’ era attestata dal timbro del cancelliere apposto ex articolo 73 disp. att. c.p.c., rispetto alla copia, inserita nel fascicolo d’ufficio e messa a disposizione del giudice.
A fronte di cio’ e in assenza del documento originale, non prodotto dalla (OMISSIS), la prevalenza doveva essere attribuita all’atto munito del timbro di cancelleria e non a quello che ne era privo, anche a prescindere da ogni valutazione sul comportamento processuale e le argomentazioni difensive della (OMISSIS).
4.8. Per integrare la fattispecie del dolo processuale revocatorio ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 1, invero, se non e’ sufficiente la sola violazione dell’obbligo di lealta’ e probita’ previsto dall’articolo 88 c.p.c., ne’ sono di per se’ sufficienti il mendacio, le false allegazioni o le reticenze, e’ – per contro – richiesta un’attivita’ (“macchinazione”) intenzionalmente fraudolenta, che si concretizzi in artifici o raggiri subiettivamente diretti e oggettivamente idonei a paralizzare la difesa avversaria e a impedire al giudice l’accertamento della verita’, pregiudicando l’esito del procedimento (Sez. 3, n. 41792 del 28.12.2021, Rv. 663694 – 01).
Nella specie, certamente la falsita’ materiale della comparsa e della memoria depositate, con timbro della cancelleria, difformi da quelle contenute nel fascicolo d’ufficio, integra il dolo previsto dall’articolo 395 c.p.c., n. 1.
4.9. In accoglimento del motivo la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto.
5. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano erronea e falsa applicazione dell’articolo 398 c.p.c., circa la declaratoria di inammissibilita’ della domanda proposta da (OMISSIS).
5.1. I ricorrenti sostengono che, proposto l’appello, non e’ inammissibile la revocazione fondata su motivi occulti, scoperti successivamente all’introduzione del giudizio di appello e scaduti i termini per appellare.
5.2. Il motivo e’ inammissibile.
La Corte di appello, a pagina 4, ha enunciato due ragioni a sostegno del rigetto dell’appello.
Dapprima (primo paragrafo) ha ritenuto che il motivo di appello fosse inammissibile perche’ l’appellante non aveva censurato un concorrente motivo di inammissibilita’ addotto dal Tribunale con rinvio alla propria ordinanza del 21.11.2015.
Quindi (secondo paragrafo) ha sostenuto che la revocazione non era ammissibile in pendenza dell’appello, addebitando al (OMISSIS) di aver proposto l’impugnazione per revocazione quando la sentenza di primo grado non era ancora passata in giudicato.
5.3. In sintesi: il Tribunale aveva addotto due rationes decidendi; la Corte di appello, a sua volta, ha addotto due rationes decidendi, e cioe’ (a) che il (OMISSIS) aveva censurata solo una delle rationes della sentenza di primo grado e quindi il suo appello era inammissibile e (b) che non si poteva impugnare per revocazione una sentenza non passata in giudicato ad appello in corso.
5.4. I ricorrenti non hanno aggredito con il ricorso la prima delle due rationes su cui poggia la sentenza di appello e cioe’ l’omessa censura con l’appello della prima ratio posta a base della sentenza di primo grado.
Cio’ inficia alla radice l’ammissibilita’ del motivo di ricorso.
Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di una di esse o la ritenuta infondatezza o inammissibilita’ delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Sez. 5, n. 11493 del 11.5.2018, Rv. 648023 – 01; Sez. 1, n. 18641 del 27.7.2017, Rv. 645076 – 01; Sez. 3, n. 15350 del 21.6.2017, Rv. 644814 – 01; Sez. 6 – 5, n. 9752 del 18.4.2017, Rv. 643802 – 01).
6. In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo; la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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