Il dolo alternativo

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 14 ottobre 2020, n. 28580.

Il dolo alternativo è contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi (nella specie morte o grave ferimento della vittima) ricollegabili alla sua condotta, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto ed è compatibile con il tentativo.

Sentenza 14 ottobre 2020, n. 28580

Data udienza 22 settembre 2020

Tag – parola chiave: Misure cautelari personali – Tentato omicidio – GIP – Sinistro stradale – Arresti domiciliari – Gravità del compendio indiziario a carico – Attendibilità e credibilità intrinseca della dichiarazioni della persona offesa – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 02/12/2019 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Grazia MICCOLI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Olga MIGNOLO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, avv. (OMISSIS), il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2 dicembre 2019 il Tribunale di Bologna – Sezione riesame, decidendo in sede di rinvio, dopo sentenza di annullamento di questa Corte, ha applicato a (OMISSIS), per il delitto di tentato omicidio ascrittogli, la misura cautelare degli arresti domiciliari.
1.1. La decisione e’ stata adottata in seguito all’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Forli’ in data 18 marzo 2019, con la quale era stata rigettata la richiesta di applicazione della misura cautelare.
L’imputazione concerne il sinistro stradale, secondo l’ipotesi accusatoria volontariamente causato dal (OMISSIS) al fine di uccidere la persona offesa (OMISSIS) (seduta nella parte anteriore, lato passeggero, a bordo dell’auto da lui condotta), verificatosi nella mattinata del 3 ottobre 2018 sulla statale E45, all’interno della galleria “Quarto”.
In particolare, il (OMISSIS), dalla corsia di sorpasso, a velocita’ sostenuta, si era diretto in una piazzola di sosta e li’ aveva urtate il gard-rail e il muro di rivestimento delimitanti la piazzola;
in seguito all’impatto la persona offesa aveva riportato plurime e gravi lesioni, con pericolo di vita.
1.2. Nella richiesta di applicazione della misura cautelare, il Pubblico Ministero, dato conto dell’esito delle indagini svolte, aveva evidenziato, da una parte, la gravita’ delle lesioni riportate dalla persona offesa (che era stata sottoposta a intervento chirurgico d’urgenza ed era rimasta undici giorni ricoverata in terapia intensiva) e, dall’altra, i dati sintomatici della volontarieta’ della condotta del conducente dell’auto al fine di cagionare la morte della (OMISSIS). A tal proposito si evidenziava che: l’indagato e la persona offesa erano stati conviventi ed avevano una figlia; la relazione era stata interrotta nell’agosto 2018; in passato la donna aveva denunciato il (OMISSIS) per minacce ed aggressioni.
La mattina del sinistro, durante il viaggio in auto, i due avevano litigato e, prima della manovra cui era seguito l’impatto, il (OMISSIS) aveva detto alla (OMISSIS) “pensi di tornare a casa oggi-“.
1.3. Il Giudice per le indagini preliminari, riportato il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa e di una automobilista di passaggio in ordine alla condotta di guida dell’indagato che aveva determinato il sinistro, aveva evidenziato che: non vi era prova che l’indagato avesse compiuto la manovra di inserimento nella piazzola di sosta aumentando la velocita’ e, comunque, tenendo una velocita’ eccessiva ed elevata; i rapporti personali tra i due protagonisti della vicenda erano, in quel periodo, relativamente tranquilli; anche l’indagato aveva riportato lesioni di una certa gravita’; il sinistro si era verificato nel corso di manovra per entrare in una piazzola di sosta; l’espressione del (OMISSIS) (“… pensi di tornare a casa oggi-“) non era univocamente significativa di una volonta’ omicidiaria.
2. Il Pubblico Ministero aveva proposto appello avverso l’ordinanza reiettiva del Giudice per le indagini preliminari e il Tribunale del Riesame aveva accolto l’impugnazione con ordinanza del 15 maggio 2019; tale ordinanza e’ stata pero’ annullata con rinvio dalla Prima Sezione Penale di questa Corte (sentenza n. 43845 del 10 settembre 2019), che ha ritenuto la sussistenza di vizi motivazionali in relazione al quadro indiziario.
Secondo la sentenza di annullamento, il “Tribunale ha diversamente valutato le emergenze probatorie, senza peraltro indicare specifici argomenti idonei a far ritenere non fondate le ragioni che il primo giudice aveva posto a fondamento del giudizio sulla gravita’ indiziaria. In particolare, con riferimento ai dati oggettivi della condotta di guida tenuta dall’indagato – che in ragione della loro incertezza erano stati ritenuti come inidonei a fondare un giudizio di accertamento dell’animus necandi – il Tribunale ha evidenziato che priva di giustificazione era la manovra di sosta nella piazzola e che, comunque, la “… andatura ed una condotta di guida…” non erano significativi della intenzione di compiere una sosta nella piazzola. Quanto ai relativi elementi probatori, l’ordinanza ha evidenziato la irrilevanza dell’assenza di una consulenza cinematica a fronte dei dati gia’ emersi nel corso delle indagini.
Sul punto, dalla esposizione dei risultati delle indagini vengono in evidenza: i danni riportati dal veicolo, qualificati come notevoli; i danni alle strutture fisse presenti in piazzola; le tracce lasciate sul marciapiede adiacente la piazzola; la velocita’ segnata dal cruscotto (km/h 110); le lesioni riportate dalla persona offesa. Ora, l’unico dato che viene indicato in termini precisi e’ quello della velocita’ al momento dell’impatto, ma, sul punto, il Tribunale non supera il rilievo critico formulato dal primo giudice. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, aveva dato atto della menzionata emergenza istruttoria, osservando che la polizia giudiziaria, intervenuta nell’immediatezza, aveva riscontrato che dal cruscotto dell’auto risultava che l’indicatore della velocita’ era in corrispondenza del menzionato dato numerico, ma che cio’ non costituiva elemento significativo, con sufficiente attendibilita’, che al momento dell’impatto l’auto procedesse a 110 km/h. Il Tribunale ripropone il dato visivamente riscontrato dagli investigatori, senza fornire alcun argomento per ritenerlo significativo della effettiva velocita’ dell’auto al momento del sinistro. Gli altri dati oggettivi – la descrizione della piazzola con le dimensioni della stessa, l’entita’ dei danni al veicolo e alle strutture, la gravita’ delle lesioni vengono indicati, ma, in assenza di uno specifico approfondimento tecnico, non se ne possono trarre argomenti per valutare l’animus con il quale l’indagato aveva intrapreso la manovra di accostamento in piazzola. Si da’ conto degli accertamenti compiuti per verificare se l’auto aveva avuto guasti; si e’ accertata l’assenza di tracce di frenata; la teste (OMISSIS) ha provato l’assenza di turbative nella circolazione: tutti elementi che sono stati valorizzati per ritenere accertato che la sosta in piazzola non era giustificata da necessita’ alcuna. Peraltro, se cio’ e’ indicativo della volontarieta’ della manovra compiuta non e’ prova anche del fatto che quella manovra fosse finalizzata a ferire ovvero uccidere la passeggera dell’auto. Il Tribunale, infine, non si e’ nemmeno confrontato con la spiegazione alternativa prospettata dal giudice per le indagini preliminari: che l’indagato, in ragione dello stato emotivo alterato, avesse inteso fermarsi in piazzola, compiendo manovra del tutto inadeguata”.
3. Avverso il suindicato provvedimento del 2 dicembre 2019, propone ricorso per Cassazione il difensore di (OMISSIS), denunziando violazione di legge e correlati vizi motivazionali sia con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza sia riguardo alle esigenze cautelari.
2.1. Quanto al primo profilo il ricorrente si duole del fatto che sarebbe stata omessa la motivazione relativamente all’elemento soggettivo del reato. Il Tribunale non avrebbe colmato le lacune motivazionali gia’ rilevate sul punto dalla sentenza della Prima Sezione di questa Corte. Peraltro sussisterebbe la violazione dell’articolo 63 c.p.p., comma 2, perche’ il Tribunale, per valorizzare la credibilita’ delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, ha effettuato un raffronto con quelle – ritenute laconiche e inattendibili- rese dal (OMISSIS) in data 8 ottobre 2019, allorquando erano gia’ emersi indizi di reita’ nei suoi confronti. Tali dichiarazioni sarebbero inutilizzabili, perche’ non rientrano nel novero di quelle di cui all’articolo 350 c.p.p., comma 7, dal momento che non sono state rese spontaneamente.
Il ricorrente contesta pure la valorizzazione di altri elementi da parte del Tribunale, quali le condotte di minacce risalenti al 2016 (in relazione alle quali era stata disposta l’archiviazione) e la consulenza tecnica del Pubblico Ministero, espressasi in forma dubitativa.
Quindi il deducente sostiene che nella motivazione del provvedimento impugnato non risultano indicati elementi univoci che consentano di ritenere che la collisione dell’automobile sia frutto di una deliberata scelta del conducente e/o di escludere che la stessa sia dovuta ad un guasto improvviso ovvero a imperizia o imprudenza.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunziano mancanza e contraddittorieta’ della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Sarebbero insufficienti il generico richiamo a presunte inclinazioni caratteriali effettuato dal Tribunale, ove non risultino puntualmente indicati i singoli parametri presi in considerazione e soprattutto gli elementi probatori sui quali detta valutazione si fonda.
Non sarebbe stato adeguatamente valutato il fatto che il (OMISSIS) era gia’ stato sottoposto ad altra misura del divieto di avvicinamento alla (OMISSIS)’ e alle figlie, divieto che era stato osservato, cosi’ come confermato pure dalla persona offesa.
3. In data 16 settembre 2020 il difensore ha inviato, a mezzo PEC, una memoria con la quale ha evidenziato che in data 23 luglio 2020 il Tribunale di Rimini ha assolto il (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 572 c.p., in relazione al quale gli era stata applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non e’ fondato.
Va premesso che l’ordinanza impugnata si e’ allineata ai principi delineati dalla sentenza di annullamento della Prima Sezione di questa Corte, sottolineando pure che il quadro indiziario dovesse essere rivalutato considerando l’accertamento tecnico effettuato dal Pubblico Ministero sulle cause e modalita’ del sinistro. Il Tribunale, peraltro, non si e’ limitato a valutare diversamente le emergenze indiziarie, ma ha indicato specifici argomenti idonei a far ritenere non fondate le ragioni che avevano indotto il Giudice per le indagini preliminari a rigettare la richiesta di applicazione della misura cautelare.
In proposito va evidenziato che, in sede di appello del pubblico ministero avverso il rigetto della richiesta di misura cautelare, la riforma sfavorevole all’indagato del provvedimento del giudice per le indagini preliminari non impone una motivazione rafforzata, in quanto e’ sufficiente che il giudice d’appello cautelare compia una valutazione totale, autonoma e completa degli elementi addotti dalle parti nel contraddittorio pieno, confrontandosi con gli argomenti che fondano la decisione impugnata, in quanto, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, non e’ necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilita’ della soluzione adottata dal primo giudice (Sez. 6, n. 44713 del 28/03/2019, PMT C/ Caria Enrico, Rv. 27833502; in senso conforme n. 12851 del 2018 rv. 272687 – 01, n. 11550 del 2017 rv. 269138 – 01, n. 43146 del 2016 rv. 268370 – 01, n. 17581 del 2017 rv. 269827 – 01).
In effetti, in sede cautelare il canone di giudizio e’ solo quello della gravita’ indiziaria; e, per quanto si riconosca che la capacita’ rappresentativa del compendio indiziario debba corrispondere a quella che, in sede di giudizio, risulta idonea a suffragare la prova della colpevolezza, differenziandosene ontologicamente sotto il profilo della provvisorieta’ e della proiezione dinamica (in tal senso Sez. 1, n. 13980 del 13/2/2015, Cilio, Rv. 262300), non puo’ tuttavia sottacersi come l’oggetto della delibazione cautelare sia diverso, in quanto preordinato ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilita’ di colpevolezza dell’indagato, rispetto a quello di merito, orientato invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U. n. 36267 del 30/5/2006, Spennato, rv. 234598).
Ne discende che il giudizio cautelare si risolve nell’individuazione di una piattaforma indiziaria di cui si riveli la prospettica idoneita’ rappresentativa, cio’ che non puo’ dirsi coincidente con la formulazione di un giudizio oltre ogni ragionevole dubbio, tale da corroborare la certezza della colpevolezza.
Non ignora questo Collegio l’esistenza di altro orientamento che ha ritenuto che il Tribunale, in assenza di mutamenti del materiale indiziario acquisito, abbia un rafforzato onere motivazionale, dovendo confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e con quelle della difesa; deve, quindi, giustificare adeguatamente il diverso rilievo attribuito ai dati acquisiti, con la precisazione per cui, diversamente dalla sentenza di condanna che riforma quella assolutoria, non e’ indispensabile una piena confutazione delle ragioni del provvedimento riformato, in quanto il criterio di giudizio non e’ la piena prova della responsabilita’, ma soltanto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (Sez. 6, n. 17581 del 08/02/2017, Pepe, Rv. 269827; Sez. 1, n. 16029 del 27/01/2016, Mautone, Rv. 26662201).
Concentrando la delimitazione del tema d’analisi sulla valutazione prognostica di colpevolezza, che esprime l’in se’ della delibazione di gravita’ indiziaria, tale opzione interpretativa in effetti propone un onere di motivazione dell’ordinanza cautelare sfavorevole, che finisce per allinearsi con il maggioritario orientamento, risolvendosi l’apparente contrasto in una questione puramente lessicale, in quanto ogni giustificazione che debba porsi, in termini di maggiore persuasivita’, rispetto ad altra di segno contrario, che riforma, deve di per cio’ solo esibire un ragionamento dotato di maggiore credibilita’ razionale.
Condivisibilmente e’ gia’ stato osservato da questa stessa Sezione che “il Tribunale deve comunque procedere ad una verifica, sia pur implicita, degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione, che deve essere specificamente dedotto attraverso l’indicazione del profilo neppure implicitamente valutato. E siffatto obbligo di riconsiderazione si coniuga con la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, che, anche in sede di appello, il giudice deve rassegnare rispetto agli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del Pubblico Ministero, dando conto del proprio esame critico dei predetti elementi e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura” (cosi’ in motivazione Sez. 5, n. 10995 del 12/12/2019, Di Matteo Luca, Rv. 27879701).
2. Nell’ordinanza qui in esame sono state valorizzate le dichiarazioni della persona offesa, che ha riferito in maniera puntuale le modalita’ dei fatti (si vedano pagg. 3 e 4 della ordinanza).
Il Tribunale ha evidenziato come i passaggi salienti delle suddette dichiarazioni (la manovra brusca, a velocita’ sostenuta, posta in essere dal (OMISSIS) dopo aver pronunziato la frase di minaccia “perche’ cosa pensi di tornare a casa oggi-“; il comportamento successivo del (OMISSIS), che, durante un ulteriore alterco con la (OMISSIS), le aveva detto che lui riusciva sempre a portare a termine cio’ che voleva fare) fossero significativi per la configurabilita’ di gravi indizi afferenti l’elemento soggettivo del reato di tentato omicidio.
Ne’ si apprezzano i rilievi fatti dal ricorrente sulla inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese dall’indagato subito dopo i fatti. Invero, la valutazione di attendibilita’ del racconto fatto dalla persona offesa finisce per essere del tutto svincolata dal raffronto con le dichiarazioni dell’imputato, essendo evidente la superfluita’ delle stesse nell’iter argomentativo dell’ordinanza in esame.
3. Il Tribunale poi ha evidenziato che, sulla base degli accertamenti tecnici effettuati dal consulente del Pubblico Ministero, la velocita’ dell’autovettura condotta dal (OMISSIS), prima di andare a impattare, senza frenare, contro la parete della piazzola di sosta, era di ben 110 Km/h. Tale elemento oggettivo e’ stato correttamente valorizzato dal Tribunale per delineare i gravi indizi sulla sussistenza del dolo relativo al reato di tentato omicidio.
Di contro la circostanza menzionata dalla difesa, peraltro accertata pure dalla consulenza del Pubblico Ministero, sulla posizione delle “ruote anteriori sterzate verso sinistra”, non confuta affatto l’ipotesi accusatoria. Correttamente il Tribunale ha osservato che “la sterzata delle ruote a sinistra, effettuata dal conducente senza alcun rallentamento, alla velocita’ di 110 km/h, provenendo dalla corsia di sorpasso con direzione verso la piazzola collocata a destra della carreggiata (….) esclude a priori la volonta’ di fermarsi ed e’ piuttosto riconducibile, con alta probabilita’, ad un gesto istintivo effettuato in una frazione di secondo nel momento in cui l’impatto stava avvenendo” (pag. 6 della ordinanza).
D’altronde, non e’ senza rilievo che sia stata solo la (OMISSIS) a riportare lesioni cosi’ gravi da porla in pericolo di vita, essendo evidente che proprio la sterzata a sinistra effettuata poco prima dell’impatto deve aver provocato conseguenze dannose piu’ rilevanti alla donna, la quale era seduta nella parte anteriore destra, lato passeggero.
4. Il Tribunale ha pure sottolineato i rapporti fortemente conflittuali esistenti tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS), cosi’ come emersi sempre sulla base dalle dichiarazioni rese dalla donna in tempi diversi.
Del tutto irrilevante e’ la circostanza allegata dalla difesa circa l’assoluzione del (OMISSIS) dal reato di maltrattamenti; tale circostanza, infatti, rimane neutra rispetto alla valutazione di attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa effettuata dal Tribunale con articolate e coerenti argomentazioni.
D’altronde, l’intervento di una decisione sul merito di una imputazione diversa da quella per cui si procede non puo’ precludere al giudice cautelare un autonomo esame dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, essenzialmente basato sulle dichiarazioni accusatorie della persona offesa.
5. A fronte del suesposto apparato argomentativo, le deduzioni difensive appaiono finalizzate solo a una rivalutazione del quadro indiziario, inammissibile in sede di legittimita’.
In proposito, e’ necessario ricordare che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito. Con specifico riferimento all’impugnazione dei provvedimenti adottati dal giudice cautelare, poi, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato e, quindi, l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui e’ stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonche’ del Tribunale del riesame.
Il controllo di legittimita’ sui punti devoluti e’, percio’, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimita’: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicita’ evidenti, ossia la congruita’ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
6. Quanto all’elemento soggettivo configurabile in capo all’indagato, va ribadito che il dolo alternativo e’ contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi (nella specie morte o grave ferimento della vittima) ricollegabili alla sua condotta, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto ed e’ compatibile con il tentativo (Sez. 5, n. 6168 del 17/01/2005, Meloro, Rv. 23117401; si vedano, tra le tante, anche Sez. 1, n. 43250 del 13/04/2018, Alfieri Gaetano Davide, Rv. 27440201; Sez. 5, n. 23618 del 11/04/2016, Ganapini, Rv. 26691501; Sez. 1, n. 9663 del 03/10/2013, Nardelli, Rv. 25946501).
Deve allora ritenersi corretta la valutazione fatta nell’ordinanza impugnata in relazione alla sussistenza della volonta’ omicida, evidenziando che la condotta dell’indagato e’ da considerarsi idonea a cagionare la morte della (OMISSIS) e che tale volonta’ e’ intesa a determinare tale evento o alternativamente un evento di gravi lesioni.
Ne’ possono aversi dubbi sulla idoneita’ della manovra effettuata dal (OMISSIS) a provocare la morte o il grave ferimento della (OMISSIS). In proposito va rammentato che, in tema di omicidio tentato, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell’animus necandi assume valore determinante l’idoneita’ dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata “ex post” ma con riferimento alla situazione che si presentava “ex ante” all’imputato, al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso (Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, Comelli Giorgio, Rv. 27501201).
7. V’e’ congrua e corretta motivazione anche sulle esigenze cautelari.
Il Tribunale ha valorizzato ancora una volta le peculiari modalita’ e circostanze del fatto, caratterizzate da indubbia gravita’, nonche’ la personalita’ del (OMISSIS), segnata da comportamenti prepotenti e ossessivi nei confronti della (OMISSIS).
Quanto all’attualita’ del pericolo di reiterazione dei reati dello stesso tipo, il Tribunale ha messo in evidenza come il rischio derivi dal fatto che vi sono innumerevoli occasioni di incontro con la (OMISSIS), alla quale, peraltro, come si e’ detto, il (OMISSIS) ha prospettato la sua capacita’ di portare a termine cio’ che voleva fare.
Sulla proporzionalita’ della misura degli arresti domiciliari sufficiente e coerente e’ la motivazione del provvedimento impugnato, essendo del tutto irrilevante che il (OMISSIS) non abbia violato gli obblighi della misura del divieto di avvicinamento, alla quale era stato sottoposto in altro procedimento.
8. In ragione dei suesposti principi il ricorso va rigettato e il (OMISSIS) va condannato al pagamento delle spese processuali.
I rapporti dell’imputato con la vittima impongono l’oscuramento dati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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