Il divieto di proposizione di domande nuove sancito dall’articolo 345 cod. proc. civ.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 aprile 2021| n. 9891.

Il divieto di proposizione di domande nuove sancito dall’articolo 345 cod. proc. civ. per il giudizio d’appello, applicabile anche nel giudizio di rinvio, riguarda non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma altresì le contestazioni in punto di fatto non esplicate in primo grado, poiché l’ammissione di simili contestazioni in secondo grado trasformerebbe il giudizio d’appello da mera “revisio prioris instantiae” in “iudicium novum”, modello quest’ultimo estraneo al vigente ordinamento processuale .

Ordinanza|15 aprile 2021| n. 9891

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni – Divieto di proposizione di domande – Articolo 345 c.p.c. – Giudizio d’appello – Contestazioni in punto di fatto non esplicate nella fase di primo grado – Divieto di riproposizione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9415-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
e contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II;
– intimati –
avverso la sentenza n. 39/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. Il Dott. (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione, universita’ e ricerca, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e finanze e l’Universita’ degli studi di Napoli Federico II, chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione al periodo di specializzazione svolto, con risarcimento dei danni conseguenti al tardivo recepimento della Dir. n. 82/76/CEE.
A sostegno della domanda espose di aver conseguito la specializzazione in medicina dello sport nell’anno accademico 1989-1990, essendosi immatricolato nell’anno accademico 1987-1988.
Si costituirono in giudizio le parti convenute, eccependo il difetto di legittimazione passiva, la prescrizione del diritto e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
Il Tribunale accolse la domanda e condanno’ la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 20.141,82, con interessi e compensazione delle spese di lite.
2. La sentenza e’ stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’8 gennaio 2019, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda del Dott. (OMISSIS), compensando integralmente le spese di lite.
Ha ritenuto la Corte di merito, per quanto di interesse in questa sede, che la specializzazione conseguita dal medico non rientrava nell’elenco di quelle previste dal Decreto Ministeriale 31 ottobre 1991, e che, trattandosi di un’eccezione in senso lato, la questione poteva essere esaminata, pur essendo stata dedotta per la prima volta in grado di appello.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso il Dott. (OMISSIS) con atto affidato a due motivi.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha depositato un mero atto di costituzione in giudizio.
Le altre parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullita’ della sentenza o del procedimento in riferimento agli articoli 345, 112 e 183 c.p.c., nonche’ in relazione all’articolo 24 Cost..
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento alle stesse norme di cui al primo motivo, violazione e falsa applicazione delle disposizioni del contratto collettivo di lavoro.
Le due censure rilevano, in sostanza, che la difesa delle Amministrazioni convenute si era limitata a contestare, nel giudizio di primo grado, che il corso di specializzazione frequentato dal ricorrente non si era svolto cosi’ come previsto dalla normativa comunitaria; la questione della mancata comprensione della specializzazione in medicina dello sport nell’elenco di cui al Decreto Ministeriale 31 ottobre 1991, era stata proposta, invece, solo in grado di appello, per cui la Corte di merito non avrebbe dovuto esaminarla.
3. Il primo motivo e’ fondato.
Questa Corte ha gia’ in piu’ occasioni stabilito, in cause dello stesso genere di quella odierna, che il divieto di proposizione di domande nuove sancito dall’articolo 345 c.p.c., per il giudizio d’appello, applicabile anche nel giudizio di rinvio, riguarda non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma altresi’ le contestazioni in punto di fatto non esplicate in primo grado, poiche’ l’ammissione di simili contestazioni in secondo grado trasformerebbe il giudizio d’appello da mera revisio prioris instantiae in iudicium novum, modello quest’ultimo estraneo al vigente ordinamento processuale (cosi’ l’ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2529, ma pure la sentenza 15 novembre 2016, n. 23199).
E’ opportuno ricordare, inoltre – come questa Corte ha gia’ affermato in altre occasioni (v. l’ordinanza 21 ottobre 2019, n. 26814) – che il requisito della equipollenza richiesto dal Decreto Ministeriale citato, “non va compiuto in modo formale, e cioe’ badando unicamente alla corrispondenza nominale tra la specializzazione conseguita in Italia e quella comune a tutti od almeno due Paesi dell’Unione; ma va compiuto in base alla equivalenza sostanziale tra la specializzazione conseguita in Italia e quelle elencate nella Dir. n. 363 del 1975”.
Si tratta, cioe’, di un accertamento che deve necessariamente essere svolto nel contraddittorio delle parti e, tendenzialmente, in primo grado, proprio allo scopo di consentire l’indicazione delle necessarie prove, anche contrarie. Il che, d’altra parte, si spiega pensando che la questione, una volta posta, puo’ richiedere accertamenti di fatto. Ben potrebbe essere, infatti, che, nonostante l’apparente diversita’ nominale della specializzazione, gli esami superati e il tipo di corso superato diano conto della sostanziale identita’ con corsi simili o identici svolti in due o piu’ Stati membri dell’Unione Europea. Non a caso, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza 18 luglio 2018, n. 19107, hanno affermato, tra l’altro, che l’eccezione concernente la non conformita’ dei corsi frequentati rispetto alla normativa comunitaria deve essere “tempestivamente svolta in sede di merito, e presuppone anche accertamenti di fatto non consentiti in questo giudizio di legittimita’” (nello stesso senso, v. anche Sezioni Unite, sentenza 31 luglio 2018, n. 20348, in motivazione, punto n. 5).
Ne consegue che, per le ragioni ora indicate, deve concludersi che la Corte d’appello, esaminando in quella sede un’eccezione non tempestivamente sollevata in primo grado, ha violato gli articoli 345 e 112 c.p.c., come evidenziato nel primo motivo di ricorso.
4. Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito.
5. Il ricorso, pertanto, e’ accolto e la sentenza impugnata e’ cassata. Il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale esaminera’ il merito dell’appello senza prendere in considerazione la suddetta eccezione tardiva.
Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

 

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