Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 febbraio 2021| n. 6089.
Il divieto di partecipare a pubbliche riunioni riguarda solo quelle che si svolgono in luoghi “pubblici” e non in quelli “aperti al pubblico”, ovvero dove l’accesso non è indiscriminato, ma regolamentato anche solo attraverso il pagamento di un biglietto o la limitazione degli ingressi.
Sentenza|16 febbraio 2021| n. 6089
Data udienza 20 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Misure cautelari – Misura di prevenzione che vieta di partecipare a pubbliche riunioni – Persona che va allo stadio per la presentazione di una squadra – Reato – Non integrazione – Stadio non luogo pubblico ma aperto al pubblico – Ricorso del Pm – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASA Filippo – Presidente
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo;
nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo in data 11/1/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Renoldi Carlo;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Pinelli Mario, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) era stato tratto a giudizio, davanti al Tribunale di Bergamo, per rispondere del reato di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 75, comma 1, per avere partecipato alla presentazione della squadra di calcio “(OMISSIS)” presso lo stadio “(OMISSIS)” di (OMISSIS), violando il divieto di presenziare a pubbliche riunioni impostogli con il provvedimento applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, emesso dallo stesso Tribunale in data 11/2/2016, per la durata di un anno e sei mesi.
1.1. Con sentenza del Tribunale di Bergamo in data 11/1/2019, (OMISSIS) fu pero’ assolto da tale imputazione, con la formula “perche’ il fatto non sussiste”, a partire dall’orientamento della Corte di cassazione, mutuato dalla sentenza della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’Uomo resa nel procedimento De Tommaso contro Italia, secondo cui, in base all’articolo 7 della Convenzione EDU, la norma penale incriminatrice che non descriva, con sufficiente precisione, la condotta da punire, non puo’ ritenersi idonea a soddisfare i requisiti di prevedibilita’ stabiliti dalla giurisprudenza della stessa Corte Europea. Nel caso di specie, in particolare, non essendo rinvenibile, nel nostro ordinamento, una nozione unitaria di “pubblica riunione”, la prescrizione violata presentava un contenuto incerto, tale da non consentirle di orientare il comportamento sociale richiesto, chiamando il giudice a darle un contenuto specifico attraverso il riferimento alla ratio della fattispecie, con una inversione logico-giuridica per effetto della quale la ragione giustificativa dell’incriminazione assurgeva a elemento integrativo della fattispecie di reato.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 75. In particolare, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), che la nozione di “partecipazione a pubbliche riunioni” risulti chiara tanto nel riferimento al contesto (“pubbliche”) quanto nell’oggetto (“riunioni”), facendo essa rinvio a qualsiasi situazione in cui possa intervenire un numero elevato e indeterminato di persone, tale da rendere piu’ difficile il controllo dei presenti e piu’ agevole la commissione di reati. Pertanto, nella specie non sarebbe pertinente il richiamo alla giurisprudenza di legittimita’ consolidatasi a seguito della sentenza della Corte EDU nel caso De Tommaso contro Italia, dovendo escludersi che la condotta dell’imputato abbia concretizzato generiche violazioni comportamentali, atteso che il divieto di partecipare a pubbliche riunioni costituirebbe una prescrizione espressamente prevista nel decreto applicativo della misura di prevenzione, imposta dal Decreto Legislativo n. 159 del 2001, articolo 8; prescrizione della quale (OMISSIS) sarebbe stato pienamente consapevole, secondo quanto riconosciuto dallo stesso Giudice di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
2. Il Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 75, comma 2, punisce l’inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno, dettati dal tribunale che dispone la misura di prevenzione a mente dell’articolo 8, comma 2, stesso decreto, secondo cui “qualora il tribunale disponga l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 6, nel provvedimento sono determinate le prescrizioni che la persona sottoposta a tale misura deve osservare”. In base all’articolo 8, comma 4, il tribunale deve dettare “in ogni caso” alcune prescrizioni, tra cui quella “di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza” e quella “di non partecipare alle pubbliche riunioni”.
3. Il tema della rilevanza penale della violazione della prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni aveva dato luogo, nella giurisprudenza di legittimita’, a un contrasto interpretativo.
Secondo un primo orientamento – che si poneva in una linea di continuita’ con le Sezioni unite “Paterno'”, le quali avevano escluso la sussistenza del reato previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, comma 2, nel caso di inosservanza delle prescrizioni generiche di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi” da parte del sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno (Sez. U, n. 40076 del 27/4/2017, Paterno’, Rv. 270496) – l’indeterminatezza della nozione di “pubblica riunione” era tale da comportare la mancanza di tassativita’ della fattispecie, di tal che la condotta di inosservanza del divieto di partecipare a pubbliche riunioni non consentiva di integrare il reato di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, (Sez. 1, n. 31322 del 9/4/2018, Pellegrini, Rv. 273499, relativa al caso di un imputato che si era recato allo stadio per assistere a una partita di calcio, nonostante il divieto contenuto nel decreto applicativo della misura).
Secondo altro indirizzo, invece, il divieto di partecipare a “pubbliche riunioni” di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 8, essendo finalizzato a impedire o contenere possibili occasioni di incontro del sorvegliato speciale con altri soggetti, doveva ritenersi riferibile a qualsiasi riunione di piu’ persone in un luogo pubblico o aperto al pubblico, al quale avesse facolta’ di accedere un numero indeterminato di persone, indipendentemente dal motivo della riunione, rilevando piuttosto l’impossibilita’ di un controllo adeguato da parte degli organi di pubblica sicurezza (Sez. 1, n. 28261 del 8/5/2018, Lo Giudice, Rv. 273295, relativa alla partecipazione dell’imputato a una seduta del consiglio comunale; v. altresi’ Sez. 1, n. 28964 del 11/3/2003, D’Angelo, Rv. 224925; Sez. 1, n. 42283 del 24/10/2007, Pesce, Rv. 238113; Sez. 1, n. 15870 del 11/3/2015, Carpano, Rv. 263320).
Inoltre, secondo un ulteriore filone interpretativo, logicamente collegabile a quest’ultimo orientamento, l’applicazione delle prescrizioni del divieto di partecipazione a pubbliche riunioni non poteva discendere automaticamente dall’applicazione della misura di prevenzione, avendo il giudice l’obbligo di indicare le ragioni per cui la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni si rendesse necessaria, nel singolo caso concreto, in funzione del controllo della pericolosita’ sociale dell’imputato, al fine di evitare compressioni generalizzate di una liberta’ fondamentale, oggetto di presidio costituzionale (Sez. 1, n. 49731 del 6/6/2018, Sassano, Rv. 274456; Sez. 6, n. 25771 del 29/5/2019, P., Rv. 276072).
4. Il contrasto indicato e’ stato composto dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 46595 del 28/3/2019, Acquaviva, Rv. 277007), le quali hanno ritenuto, in primo luogo, che la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni debba essere disposta, in ogni caso, in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 8, comma 4, ferma restando la possibilita’ che il sottoposto sia autorizzato dal tribunale a partecipare alla singola manifestazione e dovendo il giudice, comunque, valutare, alla stregua delle specifiche allegazioni dell’interessato e delle risultanze degli atti, se la partecipazione alla pubblica riunione sia giustificata da validi motivi.
In secondo luogo, e per quanto piu’ specificamente di interesse ai fini della presente decisione, le Sezioni unite hanno, altresi’, precisato che la suddetta prescrizione si riferisce esclusivamente alle riunioni “in luogo pubblico”, con la conseguente esclusione delle riunioni in luoghi “aperti al pubblico”, come, ad esempio, le manifestazioni sportive in luoghi come gli stadi o i palasport, rispetto alle quali, come e’ stato nel frangente osservato, vige la autonoma normativa dettata dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, che contempla anche la misura di prevenzione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive.
4. Nel caso qui in rilievo deve osservarsi che lo stadio “(OMISSIS)” di (OMISSIS), nel quale si svolgeva l’incontro di presentazione della squadra di calcio “(OMISSIS)”, doveva essere qualificato come “luogo aperto al pubblico”.
Infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, si svolge “in luogo pubblico” la riunione che si tenga in un luogo in cui ogni persona puo’ liberamente transitare e trattenersi senza che occorra, in via normale, il permesso dell’Autorita’ amministrativa (ad es., piazza, strada); mentre e’ in luogo “aperto al pubblico” la riunione che si tenga in un luogo chiuso (ad es., cinema, teatro), ove l’accesso, anche se subordinato alla disponibilita’ di un apposito biglietto di ingresso, e’ consentito a un numero indeterminato di persone; ed e’, infine, “privata”, la riunione che si tenga in un “luogo chiuso”, l’accesso sia limitato a persone gia’ nominativamente determinate (Sez. U, n. 8 del 31/03/1951, Guardigli, Rv. 97110; cfr. altresi’ per la nozione di “aperto al pubblico” Sez. 3, n. 29586 del 17/2/2017, C., Rv. 270251, relativa ai delitti di tolleranza abituale della prostituzione; Sez. 6, n. 595 del 21/11/2017, dep. 2018, Piccioni, Rv. 271763, concernente il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale; Sez. 5, n. 22890 del 10/4/2013, Ambrosio, Rv. 256949; Sez. 1, n. 16690 del 27/3/2008, Bellachioma, Rv. 240116, concernenti il delitto di porto illegale di armi da fuoco).
Pertanto, il reato contestato non avrebbe dovuto ritenersi integrato, essendo stata la violazione commessa non “in luogo pubblico”, ma, appunto, in luogo “aperto al pubblico”.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, senza conseguenze sulle spese, ex articolo 616 c.p.p., data la natura della parte ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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