Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c.

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 17 gennaio 2020, n. 844.

La massima estrapolata:

Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non opera quando nell’operazione negoziale (nella specie, una vendita immobiliare con funzione di garanzia) sia inserito un patto marciano (in forza del quale, nell’eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l’eccedenza del prezzo rispetto al credito), trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima “ratio” di evitare approfittamenti del creditore in danno del debitore, purché le parti abbiano previsto, al momento della sua stipulazione, che, nel caso ed all’epoca dell’inadempimento, sia compiuta una stima della cosa, entro tempi certi e modalità definite, che assicuri una valutazione imparziale, ancorata a parametri oggettivi ed automatici oppure affidata ad una persona indipendente ed esperta, la quale a tali parametri debba fare riferimento.

Sentenza 17 gennaio 2020, n. 844

Data udienza 12 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17939-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1363/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE IGNAZIO che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha acquistato la proprieta’ di un immobile da (OMISSIS), con contestuale contratto di comodato a favore di quest’ultimo al fine di consentirgli di abitare con la moglie nell’immobile appena alienato.
La vendita e’ stata accompagnata da alcune previsioni specifiche. Intanto le parti hanno previsto che il (OMISSIS), ossia l’alienante, si impegnava oltre che a pagare il residuo mutuo, il cui pagamento era garantito da fideiussione dell’acquirente, altresi’ a pagare un debito che aveva contratto con il figlio di quest’ultima.
Era previsto che in caso di avvenuto pagamento del debito l’acquirente aveva l’obbligo di ritrasferire il bene; viceversa in caso di debito non adempiuto l’acquirente aveva diritto a vendere il bene, e previa stima del valore, a corrispondere al venditore la differenza tra il valore dell’immobile ed il debito rimasto ancora da pagare.
Poiche’ l’alienante e’ rimasto inadempiente, l’acquirente ha messo, come d’accordo, l’immobile in vendita, e ne ha richiesto la restituzione.
Ha dunque agito in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile, che, a titolo di comodato, l’alienante e la sua famiglia continuavano a detenere.
Il Tribunale, in primo grado, ha rigettato la domanda ritenendo simulata l’intera operazione negoziale, sia per difetto di prova del pagamento del prezzo, sia perche’ il godimento era rimasto all’alienante.
La Corte d’Appello ha smentito la tesi della simulazione ed ha rilevato la nullita’ del contratto di comodato, per difetto di trascrizione.
Avverso tale sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono sei motivi di ricorso. V’e’ costituzione della (OMISSIS) con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata e’ la seguente. Le parti hanno concluso una vendita con funzione di garanzia. Quelli che dal giudice di primo grado erano ritenuti elementi indiziari della simulazione (ossia difetto di corrispettivo, detenzione rimasta all’alienante, ecc.) sono invece dalla decisione di secondo grado intesi come indizi della funzione di garanzia dell’alienazione, alla quale accede il comodato.
Si tratta dunque di una operazione effettiva e non simulata, solo che il comodato difetta di trascrizione ed e’ nullo ai sensi della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346 (finanziaria del 2005).
Va precisato che la domanda iniziale dell’attrice era semplicemente di restituzione del bene concesso in comodato.
2.- Il ricorso dei coniugi, alienanti e comodatari, si articola su sei motivi, il primo dei quali e’ pero’ esclusivamente riferito alla moglie dell’alienante, ossia (OMISSIS), mentre gli altri cinque riguardano l’interpretazione e la qualificazione dell’operazione negoziale posta in essere.
2.1.- I motivi quarto e quinto possono esaminarsi congiuntamente e riguardano la corretta interpretazione e qualificazione del contratto. Essi sono fondati, con conseguente assorbimento degli altri.
Con tali motivi si denuncia erronea interpretazione delle norme sul patto marciano, e sulla validita’ di esso in caso in cui accede ad un patto commissorio, e dunque degli articoli 2744, 1418 e 1344 c.c..
Per meglio intendere questi motivi, occorre ricostruire la vicenda contrattuale, ed il modo in cui l’ha interpretata la corte di merito.
In concreto, le parti hanno concluso due atti.
In un primo momento hanno stipulato un atto pubblico, davanti al notaio, qualificato come di vendita, ed ivi hanno dato atto del pagamento da parte della (OMISSIS) del corrispettivo, mediante tre assegni da venti mila Euro e mediante accollo della restante parte del mutuo.
Con una successiva scrittura privata, le parti hanno precisato che l’alienazione che hanno concluso dal notaio e’ in realta’ fatta a soli fini di garanzia, ossia quale assicurazione da parte del (OMISSIS) di pagamento del suo debito verso il figlio della (OMISSIS) (acquirente).
Secondo i ricorrenti si tratterebbe di una controdichiarazione che dimostra la simulazione della vendita, ed erroneamente sarebbe qualificata dalla corte di appello come una scrittura integrativa dell’alienazione in garanzia.
In realta’ l’interpretazione fatta dal giudice di merito e’ immune da vizi. La controdichiarazione si interpreta al pari di ogni altro patto privato, e la corte ha valorizzato le espressioni usate dalle parti, ossia la dichiarazione di voler attribuire alla precedente vendita uno scopo di garanzia e non di scambio.
Del resto, la controdichiarazione e’ tale quando espressamente asserisce la natura simulata della dichiarazione principale, mentre qui tale natura non e’ affatto affermata dalle parti che non dichiarano di aver simulato la vendita davanti al notaio, bensi’ dichiarano di averla voluta effettivamente ma a scopo di garanzia e non di scambio.
La controdichiarazione dunque non e’ di simulazione, ma di qualificazione dello scopo concreto dell’atto.
Va evidenziato peraltro come spesso si fraintende il rapporto tra vendita simulata e vendita fatta a scopo di garanzia.
La stessa prassi a volte utilizza indici presuntivi della simulazione (il possesso rimasto in capo all’alienante, la preesistenza di un debito dell’alienante a favore dell’acquirente, la mancata trascrizione), che in realta’ sono indici dello scopo di garanzia.
Va considerato che quest’ultimo mira ad una proprieta’ momentanea in capo al creditore, e questa era in passato la ragione di autorevoli dubbi sulla circostanza che la causa di garanzia potesse essere sufficiente a sorreggere il trasferimento del diritto.
Giova brevemente ripercorrere la questione.
Secondo quest’ultima, ricostruzione lo scopo di garanzia mira a creare una proprieta’ temporanea in capo all’acquirente che, in caso di adempimento del debito, e’ obbligato alla restituzione, e questa proprieta’ temporanea nient’altro sarebbe che una proprieta’ fiduciaria, ossia una fiducia cum creditore, non ammessa nel nostro ordinamento.
E’ noto che la replica migliore a questo argomento e’ stata di far presente che altro e’ la regola della tipicita’ dei diritti, altro quella degli atti traslativi, e che le parti possono ben trasferire un diritto tipico e nominato (la proprieta’) anche con atti atipici, come, per l’appunto, una vendita fatta a scopo di garanzia.
Inoltre, la causa atipica di alienazione in garanzia non influisce sul contenuto del diritto di proprieta’, nel senso di renderlo diverso da quello tipico, e cio’ in quanto l’acquirente in garanzia ha tutte le facolta’ di dominio proprie del proprietario, potendo disporre e godere della cosa al pari di quello; inoltre la proprieta’ che si realizza in capo all’acquirente non e’ temporanea in senso tecnico, ma e’ una situazione assimilabile all’acquisto sotto condizione o sotto patto di riscatto, ossia destinata a risolversi, ma nata come definitiva.
Infine, gli obblighi che gravano sull’acquirente (di retrocedere il bene in caso di adempimento) non attengono alla vendita, ma derivano da un patto aggiunto che qualifica quella vendita come fatta in garanzia; ed e’ il nostro caso, in cui le parti hanno previsto una controdichiarazione in tal senso, il che opera ad ulteriore dimostrazione della effettivita’ dello scopo di garanzia.
Correttamente qualificata come vendita a scopo di garanzia, la corte avrebbe dovuto pero’ tenere in considerazione la sua compatibilita’ con il divieto del patto commissiorio, alla luce del fatto che le parti avevano cercato di evitare il contrasto con l’articolo 2744 c.c. inserendo nello schema negoziale un patto marciano.
Secondo i ricorrenti il patto marciano rende valida la stipulazione commissoria solo se e’ preventivamente convenuto un metodo imparziale di stima del bene, evitando che quest’ultima sia affidata alla discrezionalita’ del creditore che potrebbe dunque approfittarne.
A conferma di questa tesi si cita il precedente di Cass. 1624/2015.
La tesi, come si e’ detto e’ fondata, ma la questione esige un chiarimento.
Intanto, va chiarito perche’ mai se ad un patto commissorio (il creditore trattiene la cosa data in garanzia all’inadempimento del debitore) accede un patto marciano (il creditore vende la cosa, previa stima, e restituisce l’eccedenza al debitore) la pattuizione non ricade nel divieto dell’articolo 2744 c.c..
Tradizionalmente si argomenta dalla ratio della norma suddetta. Siccome l’opinione prevalente ritiene che la ratio del divieto del patto commissorio stia nella tutela del debitore da approfittamenti del creditore, allora nel caso di patto marciano il rischio di tali approfittamenti e’ nullo; ed infatti coloro che attribuiscono al divieto del patto commissorio una ratio diversa, ad esempio la tutela della par condicio creditorum, ritengono nulla la pattuizione pure in presenza di un patto marciano tra creditore e debitore.
In realta’ la liceita’ del patto commissorio cui accede un patto marciano sta nell’analogia con il pegno irregolare (articolo 1851 c.c.) il quale consente al creditore che abbia ricevuto in pegno cose fungibili di appropriarsene all’inadempimento del debitore restituendo pero’ a quest’ultimo l’eccedenza di valore (tra le cose date in pegno e l’ammontare del debito). Il patto marciano, che come e’ noto non e’ figura tipica, persegue esattamente lo stesso scopo rispetto a beni non dati in pegno ma alienati in garanzia; ossia consente al creditore di appropriarsene restituendo al debitore la differenza di valore.
Ne’ puo’ obiettarsi che l’articolo 1851 c.c. e’ norma eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica in quanto non e’ affatto eccezione rispetto al principio generale dell’articolo 2744 c.c., ma rispettoso della medesima ratio, anzi conseguenza di quel principio in quanto mira anche esso ad evitare approfittamenti del creditore ai danni del debitore.
Tuttavia, proprio in quanto il patto marciano puo’ consentire di evitare approfittamenti del creditore ai danni del debitore, e’ necessario che le parti abbiano previsto criteri di stima del bene al momento della convenzione marciana.
Come ricordato da questa corte, e’ necessario che le parti abbino previsto “meccanismi oggettivi e procedimentalizzati che….. permettano la verifica di congruenza tra valore del bene oggetto della garanzia, che viene definitivamente acquisito al creditore, ed entita’ del credito; per la stessa ragione, non avrebbe tale effetto la verifica del “giusto prezzo” al momento della conclusione del contratto” (Cass. 1625/2015).
Piu’ precisamente occorre che la stipulazione ” preveda, per il caso ed al momento dell’inadempimento ossia quando si attuera’ coattivamente la pretesa creditoria (cfr. articolo 1851 c.c.), un procedimento volto alla stima del bene, entro tempi certi e con modalita’ definite, che assicurino la presenza di una valutazione imparziale, in quanto ancorata a parametri oggettivi automatici, oppure affidata a persona indipendente ed esperta la quale a detti parametri fara’ riferimento (cfr. articolo 1349 c.c.), al fine della corretta determinazione dell’an e del quantum della eventuale differenza da corrispondere all’utilizzatore. La pratica degli affari potra’ poi prevedere diverse modalita’ concrete di stima, purche’ siano rispettati detti requisiti. L’essenziale e’ che risulti, dalla struttura del patto, che le parti abbiano in anticipo previsto che, nella sostanza dell’operazione economica, il debitore perdera’ eventualmente la proprieta’ del suo bene per un prezzo giusto, determinato al tempo dell’inadempimento, perche’ il surplus gli sara’ senz’altro restituito” (Cass. N. 1625/2015).
Nella fattispecie queste condizioni non risultano rispettate, mancando del tutto la previsione di criteri di stima oggettivi che assicurino la valutazione imparziale del valore del bene per il successivo momento della eventuale vendita.
Ne’ puo’ considerarsi tale l’indicazione della persona del marito della creditrice, indicato come tale da farsi garante del rispetto dell’accordo, indicazione che ovviamente e’ talmente generica da non soddisfare le condizioni di obiettivita’ della stima che si sono prima specificate.
L’accoglimento del quarto e quinto motivo comporta assorbimento degli altri.
Il ricorso va dunque accolto nei predetti termini, e la sentenza cassata con rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie quarto e quinto motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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