Il diritto di fare una costruzione al di sopra del suolo alienato

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 20 novembre 2019, n. 30246.

La massima estrapolata:

Il diritto di fare una costruzione al di sopra del suolo alienato, che il venditore si sia riservato, si estingue per non uso, ai sensi dell’articolo 954, ultimo comma, del codice civile, se entro il ventennio la costruzione non sia stata edificata quanto meno nella struttura essenziale. Il termine ventennale di prescrizione per non uso del diritto di superficie comincia a decorrere dal momento stesso della costituzione del diritto, e neppure rimane sospeso dal sopraggiungere di disposizioni urbanistiche sulla tutela del paesaggio, che abbiano inibito nuove costruzioni, stante la tassatività dei casi di sospensione previsti negli articoli 2941 e 2942 del codice civile.

Sentenza 20 novembre 2019, n. 30246

Data udienza 10 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21456/2015 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 297/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, SEZ. DIST. di SASSARI, depositata il 26/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, il quale ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, con rigetto dei restanti motivi.
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con citazione dell’8 novembre 2007 il (OMISSIS), (OMISSIS), convenne davanti al Tribunale di Nuoro la (OMISSIS) s.p.a. (poi denominata (OMISSIS) s.r.l.), deducendo: di essere un supercondominio composto dall’insieme dei condomini e delle altre strutture e costruzioni ricadenti nel territorio di cui al piano di lottizzazione “Salina Samba” del Comune di S. Teodoro”; che la lottizzazione era stata promossa dalla (OMISSIS) S.p.A.; che parte delle aree del piano di lottizzazione erano state cedute all’attore, fra le quali, in particolare, quella denominata E/2, individuata nella tavola 1 allegata al regolamento condominiale; che tale area era stata preservata dall’edificazione, in quanto destinata alla realizzazione delle infrastrutture di un porto, che la CIET si riservava di costruire nella salina prospiciente la lottizzazione. Il (OMISSIS) espose che la disciplina pattizia dell’area E/2 nei rapporti con la CIET era contenuta nell’articolo 4 del regolamento condominiale, il quale prevedeva: 1) “il diritto perpetuo di superficie a norma degli articoli 952 c.c. e segg., per fare e mantenere al di sopra e al di sotto del suolo, tutte quelle infrastrutture e servizi che a suo insindacabile giudizio potrebbero essere necessarie od anche utili direttamente o indirettamente al futuro porto”; 2) “il diritto di costituire tutte le servitu’ attive e passive a favore e contro di quanto si realizzera’ in attuazione del predetto diritto di superficie, allo scopo di collegare il porto con i servizi e gli impianti generali realizzati o realizzandi”; 3) che le vie di accesso al porto eventualmente realizzate sarebbero rimaste soggette a perpetua servitu’ di passaggio e pedonale “per accedere e recedere dalla viabilita’ pubblica al porto e al mare e viceversa”; 4) “il diritto di utilizzare e sfruttare nel migliore dei modi la zona E/2 con facolta’ di dismettere alle autorita’ competenti, qualora utile e necessaria per la realizzazione del porto, le porzioni di terreno da queste indicate… e che insistono su detta zona E/2”; 5) “detti terreni si intendono pertanto di proprieta’ comune del nucleo sotto la condizione risolutiva secondo cui quando si rendera’ necessario, e sempre al fine della realizzazione del porto, di dismettere e/o comunque trasferire detti terreni all’autorita’ competente o ai terzi da questa indicati, i predetti terreni torneranno di proprieta’ della CIET, la quale avra’ l’obbligo di trasferire gli stessi a chi di competenza, sempre ai fini della realizzazione del porto”; “qualora la condizione non si sia verificata entro 19 anni dalla data del deposito del presente Regolamento, tutti i terreni costituenti la zona E/2 si avranno per acquisiti al nucleo”.
L’attore (OMISSIS) dedusse ancora: che il Regolamento era stato depositato il 30 luglio 1985, sicche’ i diciannove anni stabiliti per l’avveramento erano trascorsi senza che neppure fosse stato avviato il procedimento amministrativo per la costruzione del porto; che, pertanto, doveva accertarsi il mancato avveramento della condizione risolutiva e il consolidamento della proprieta’ piena ed esclusiva delle aree in capo allo stesso attore; che, conseguentemente, dovevano dichiararsi estinti i diritti di superficie e di servitu’ di cui all’articolo 4 del regolamento; che, peraltro, la realizzazione del porto non era piu’ giuridicamente possibile in ragione di norme giuridiche, le quali escludevano il rilascio della relativa autorizzazione (in particolare, il Decreto Ministeriale Ambiente 12 dicembre 1997, istitutivo dell’area marina protetta “(OMISSIS)”); che i diritti di superficie e di servitu’ erano comunque da dichiarare estinti per non uso ventennale, ai sensi degli articoli 954 e 1073 c.c.; che, in ogni modo, ad intendere che il Regolamento contemplasse vincoli perpetui alla proprieta’ e conferisse alla CIET un mandato irrevocabile, le relative pattuizioni dovevano dichiararsi nulle o inefficaci; che dovesse accertarsi l’abusiva occupazione ad opera di CIET (e percio’ condannare la stessa al rilascio) di alcune aree della zona E/2 apprese per fini del tutto estranei alla realizzazione del porto (con particolare riguardo ad un’area di circa mq. 260, recintata e destinata a prato verde con ombrelloni e sedie a sdraio al servizio dei clienti dell’albergo).
La convenuta (OMISSIS) replico’ che il Regolamento del (OMISSIS) le accordasse il diritto di utilizzare e sfruttare nel migliore dei modi la zona E/2, nonche’ il diritto perpetuo di superficie e la facolta’ di dismettere la stessa area alle autorita’ competenti quanto necessario per la realizzazione del porto, facolta’ comunque impregiudicata dalla mancata verificazione della condizione risolutiva; allego’ l’esistenza di altri diritti che l’articolo 13 del Regolamento le attribuiva; espose che la realizzazione del porto fosse tuttora giuridicamente possibile.
Il Tribunale di Nuoro, con sentenza dell’11 luglio 2011, accerto’ il mancato avveramento della condizione risolutiva, di cui al quartultimo comma dell’articolo 4 del Regolamento; dichiaro’, pertanto, che il (OMISSIS) avesse acquistato la proprieta’ piena ed esclusiva dei terreni dell’area E/2; dichiaro’, ancora, risolte per impossibilita’ sopravvenuta ovvero per mutuo dissenso ex articolo 1372 c.c., le clausole dell’articolo 4, attributive dei diritti di superficie e di servitu’, nonche’ della procura irrevocabile a vendere; affermo’ che la costruzione del porto doveva ritenersi ormai impossibile alla stregua delle disposizioni normative sopravvenute (decreto ministeriale del 12 dicembre 1997 e norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale); evidenzio’ che comunque la (OMISSIS) non avesse dimostrato ne’ che la realizzazione del porto fosse ancora giuridicamente possibile, ne’ di avere un permanente interesse ad essa; ordino’, infine, il rilascio dell’area occupata dalla convenuta.
La (OMISSIS) propose appello principale e il (OMISSIS) propose appello incidentale. Le impugnazioni vennero parzialmente accolte dalla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, del 26 giugno 2014, che dichiaro’ prescritti per non uso ventennale i diritti di superficie, di usufrutto e di servitu’ contenuti nel Regolamento di Comunione del (OMISSIS), ma rigetto’ la domanda del (OMISSIS) relativamente alla facolta’ di dismettere alle autorita’ competenti, qualora necessario per la realizzazione del porto, le porzioni di terreno che insistono su detta zona E/2, nonche’ relativamente al mandato a dismettere, trasferire o vendere le medesime porzioni di terreno sempre al fine della realizzazione del porto. La sentenza d’appello condanno’, infine, la (OMISSIS) al risarcimento del danno per l’abusiva occupazione, da liquidare in separato giudizio.
La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha ritenuto infondato il primo motivo dell’appello principale, secondo il quale il Regolamento doveva qualificarsi come donazione nulla per difetto di forma, ravvisando in esso, al contrario, un regolamento condominiale di natura contrattuale. Quanto al secondo motivo del gravame della (OMISSIS), i giudici d’appello hanno osservato come neppure la decisione del Tribunale avesse negato che la (OMISSIS), originaria proprietaria esclusiva del complesso immobiliare, ben poteva riservarsi diritti su parte delle aree comuni. Peraltro, la Corte d’Appello e’ pervenuta alla dichiarazione di estinzione dei diritti che il costruttore si era riservato sulla base di diversa motivazione rispetto al Tribunale, ovvero argomentando dal non uso, visto che nessun porto o infrastruttura ad esso funzionale erano stati realizzati. In particolare, non potendosi intendere come perpetui i diritti di superficie della (OMISSIS) di “fare la costruzione”, attribuiti dall’articolo 4 e dall’articolo 13, come quello di usufrutto, contenuto nel medesimo articolo 13, gli stessi dovevano intendersi prescritti. La Corte d’Appello accolse, invece, il profilo di censura circa la non ravvisabilita’ di una oggettiva ed assoluta impossibilita’ giuridica di realizzazione del programmato porto. Peraltro, pur avendosi per acquisiti definitivamente al Nucleo Turistico Residenziale i terreni costituenti la zona E/2, stante il decorso dei diciannove anni, il penultimo comma dell’articolo 4 del Regolamento faceva pur sempre “salva la facolta’ per la (OMISSIS) di dismettere a favore delle Autorita’ competenti, qualora necessario per la realizzazione del porto, le porzioni di terreno da queste indicate, ancorche’ ad oggi non individuate e che insistono su detta zona E/2”; mentre dell’articolo 4, u.c., aggiungeva che “per la concretizzazione e l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo e’ comunque conferito dalla comunione del Nucleo alla societa’ (OMISSIS) mandato irrevocabile, perche’ conferito anche nell’interesse della mandataria stessa, consentendo ogni e qualunque atto, ivi compresa la dismissione, il trasferimento e vendita delle porzioni di terreno, ai fini della realizzazione del porto”. Cio’, per la sentenza impugnata, induceva a reputare “tuttora vigente” il mandato irrevocabile a vantaggio della (OMISSIS).
La (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso articolato in sei motivi.
Il (OMISSIS) ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale articolato in due motivi.
Le parti hanno presentato memorie ex articolo 378 c.p.c., in data 2 e 3 settembre 2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. Il primo motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1138 c.c.. La ricorrente principale sostiene che il “regolamento di condominio” disciplina i diritti e gli obblighi dei condomini, “tra i quali evidentemente non rientra il Nucleo”, sicche’ avrebbe errato la Corte d’Appello a sostenere che il regolamento in esame aveva trasferito gratuitamente al Nucleo un diritto reale sull’area E/2, trattandosi, piuttosto, di donazione nulla per mancanza di forma e di bilateralita’.
Il secondo motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione dell’articolo 1138 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo: si ribadisce la doglianza che il regolamento non potesse trasferire diritti reali immobiliari al Nucleo.
Il terzo motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione dell’articolo 100 c.p.c. e il difetto di interesse e di legittimazione a proporre il giudizio del Nucleo (“inteso come soggetto autonomo”), ove si intendesse che con il regolamento era stato attribuito un diritto reale ai condomini.
I.1. I primi tre motivi del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. vanno trattati congiuntamente perche’ connessi e si rivelano del tutto infondati.
Non e’ oggetto di alcuno specifico motivo di ricorso, ed e’ percio’ coperta da giudicato interno, la questione inerente alla qualificazione in termini di “supercondominio” del contesto proprietario denominato (OMISSIS), composto dall’insieme dei condomini e delle altre strutture e costruzioni ricadenti nel territorio di cui al piano di lottizzazione “(OMISSIS)” del Comune di S. Teodoro”.
L’interpretazione di questa Corte sostiene abitualmente che il regolamento di un supercondominio, predisposto dall’originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtu’ del suo carattere convenzionale, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l’uso ed il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facolta’ sulle loro proprieta’ esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitu’ reciproca (Cass. Sez. 2, 13/06/2013, n. 14898). Si tratta, in tali casi, di regolamenti di formazione unilaterale ad origine esterna, provenienti dall’autore dell’attribuzione ed antecedenti alla nascita della comunione, i quali danno luogo, in senso proprio, alle “convenzioni” che dell’articolo 1138 c.c., comma 4, parifica agli “atti di acquisto” quali fonti dei “diritti di ciascun condomino”.
La Corte d’Appello di Sassari ha dunque inteso che, per effetto del Regolamento del supercondominio (OMISSIS), la proprieta’ dell’area E/2 fosse stata trasferita a quest’ultimo. Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il regolamento di condominio di contenuto convenzionale, predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio ed accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli appartamenti, e percio’ espressione di autonomia negoziale, ben puo’ attribuire la comproprieta’ di cose, non incluse tra quelle elencate nell’articolo 1117 c.c., ai condomini partecipanti al complesso, indipendentemente dalla sussistenza di fatto del rapporto di strumentalita’ che determina la costituzione ex lege del condominio edilizio (e dello stesso supercondominio) (cfr. Cass. Sez. 2, 10/02/1994, n. 1366; Cass. Sez. 2, 11/11/2002, n. 15794; Cass. Sez. 2, 21/02/2017, n. 4432; Cass. Sez. 2, 20/11/2018, n. 29908).
Sulla base di tali considerazioni, e’ agevole concludere che: 1) essendo un tale regolamento idoneo a modificare gli effetti giuridici traslativi derivanti dal contratto di acquisto delle unita’ immobiliari comprese nel supercondominio, giammai lo stesso e’ configurabile come atto di liberalita’; 2) la “questione”, espressamente decisa nella sentenza impugnata, non da’ comunque luogo ad un “fatto” non esaminato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; 3) trattandosi di azione reale esperita contro un terzo e diretta ad ottenere statuizioni relative alla tutela dei diritti reali dei condomini su un’area comune facente parte del supercondominio, essa rientra nel novero degli atti conservativi, al cui compimento l’amministratore del supercondominio e’ legittimato ex articolo 1130 c.c., n. 4 (arg. da Cass. Sez. 2, 26/08/2013, n. 19558).
quarto motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 952, 954, 2936 c.c., violazione dei principi generali di cui all’articolo 1470 c.c., ed omesso esame di fatto decisivo.
La ricorrente principale critica la declaratoria di prescrizione per non uso dei diritti e delle facolta’ che la costruttrice si era riservati negli articoli 4 e 13 del Regolamento, mancando prova della prescrizione, ed evidenzia come “molto diverso” dalla superficie ex articolo 952 c.c., sia il caso di chi, essendo pieno proprietario di un terreno, decida di trasferirlo privandolo dall’origine, come avvenuto nella specie, di diritti e facolta’ “trattenute per se'”, quali quello di superficie e di “utilizzare” o “sfruttare nel migliore dei modi la zona E/2”. Il Nucleo non avrebbe poi nemmeno provato per quanto tempo la (OMISSIS) non aveva utilizzato i propri diritti.
II.1. Anche questo quarto motivo del ricorso principale risulta sprovvisto di qualsiasi fondamento.
Il contratto di vendita di un suolo con riserva, da parte del venditore, del diritto di costruire su un’area contiene due negozi reciproci, l’uno avente ad oggetto il trasferimento della proprieta’ del suolo dall’alienante allo acquirente, l’altro la costituzione, per l’appunto, di un diritto di superficie da parte del secondo in favore del primo (cfr. Cass. Sez. 1, 02/05/1983, n. 3021; Cass. Sez. 2, 15/06/1981, n. 3863).
Il diritto di fare una costruzione al di sopra del suolo alienato, che il venditore si sia riservato, si estingue poi certamente per non uso, ai sensi dell’articolo 954 c.c., u.c., se, come nella specie accertato in fatto, entro il ventennio la costruzione non sia stata edificata quanto meno nella struttura essenziale. Il termine ventennale di prescrizione per non uso del diritto di superficie comincia a decorrere dal momento stesso della costituzione del diritto, e neppure rimane sospeso dal sopraggiungere di disposizioni urbanistiche sulla tutela del paesaggio, che abbiano inibito nuove costruzioni, stante la tassativita’ dei casi di sospensione previsti negli articoli 2941 e 2942 c.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 07/04/2014, n. 8084; Cass. Sez. 2, 29/01/2018, n. 2092; Cass. Sez. 2, 20/07/1987, n. 6364).
Anche l’usufrutto va soggetto a prescrizione estintiva a seguito del non uso da parte dello usufruttuario protratto per venti anni (articolo 1014 c.c., n. 1), non essendo piu’ previsto un usufrutto perpetuo dal Codice Civile vigente, il cui articolo 979 c.c., comma 2, stabilisce altresi’ che l’usufrutto non puo’ avere una durata maggiore di trent’anni se costituito a favore di una persona giuridica (arg. da Cass. Sez. 2, 21/11/1978, n. 5413; Cass. Sez. 2, 12/05/2011, n. 10453).
Il quarto motivo di ricorso fa altrimenti riferimento ad ulteriori facolta’ di utilizzare la zona E/2 riservate alla (OMISSIS), che non sarebbero state soggette a prescrizione. La generica prospettazione adombra la figura di un “utile dominio”, quale diritto reale a se’ stante, corrispondente ad un ius in re aliena che non e’ configurato nella disciplina positiva come rapporto giuridico autonomo, essendo i diritti reali di godimento un numerus clausus e non potendosi consentire, al di fuori dei casi previsti dalla legge, rapporti di natura perpetua, giacche’ contrari ad interessi di natura pubblicistica (cfr. Cass. Sez. 3, 26/09/2000, n. 12765; anche Cass. Sez. 2, 26/03/1968, n. 944).
Inoltre, quanto alle doglianze sulla mancata prova della prescrizione per non uso, deve considerarsi come, in tema di prescrizione di uno ius in re aliena, la ripartizione dell’onere della prova va risolto applicando il generale principio secondo cui, essendo quella di prescrizione una eccezione in senso proprio (articolo 2939 c.c.), la prova dei fatti su cui l’eccezione si fonda (articolo 2697 c.c., comma 2) deve darsi da chi l’abbia proposta, con la dimostrazione che il titolare non abbia esercitato il diritto per almeno un ventennio (arg. da Cass. Sez. 2, 12/06/1991, n. 6647). Avendo la Corte d’Appello, con accertamento proprio dei giudici del merito, appurato in fatto che la (OMISSIS) non aveva edificato entro il ventennio quanto meno le strutture essenziali delle costruzioni che aveva il diritto di fare nella zona E/2, spettava, all’inverso, proprio alla (OMISSIS) di dar prova di aver interrotto il decorso della prescrizione mediante un’attivita’ edificatoria che esprimesse il “facere” in cui si sostanzia il diritto di superficie.
Il riferimento fatto nella rubrica del quarto motivo all’omesso esame di fatto decisivo non si attiene al vigente parametro dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, n. 83, conv. in L. n. 134 del 2012: tale disposizione delinea un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo al solo omesso esame di un fatto storico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), e che il ricorrente deve denunciare nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, fermo restando che mai puo’ essere integrato il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
III. Il quinto motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1223 e 2056 c.c., quanto alla condanna generica decretata dalla Corte d’Appello per l’occupazione abusiva dell’area E/2: assume la ricorrente che tale occupazione era in realta’ avvenuta nel legittimo esercizio dei diritti riservati alla (OMISSIS) negli articoli 4 e 13 del Regolamento, non potendosi comunque ritenere sussistente un danno in re ipsa.
111.1. L’infondatezza del quinto motivo del ricorso principale e’ in parte conseguenza diretta del rigetto del quarto motivo del ricorso.
La (OMISSIS) non aveva piu’ alcun titolo ad occupare l’area E/2, in quanto i diritti reali, di fonte convenzionale, che vantava riguardo ad essa, si erano ormai estinti. E’, dunque, a far tempo dall’accertata estinzione di tali diritti – i quali avevano reso, viceversa, medio tempore legittima l’occupazione dell’area in questione – che risulta astrattamente configurabile il risarcimento del danno.
Questa Corte ha piu’ volte sostenuto, sin da remoti precedenti, che il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria secondo la naturale destinazione della stessa, per cui qualsiasi intervento del vicino diretto a limitare tale uso e godimento costituisce turbativa del diritto di proprieta’ sul bene e legittima il proprietario a chiedere non solo la tutela in forma specifica, mediante cessazione di tale turbativa e ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, ma anche il risarcimento dei danni; arrivando spesso alla conclusione che il danno, in tale ipotesi, e’ in re ipsa, in quanto automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprieta’, senza neppure che vi sia necessita’ di una specifica attivita’ probatoria, salva concreta determinazione del danno stesso in sede di liquidazione, cui eventualmente procedere anche in via equitativa. In tal senso, l’azione risarcitoria si dice volta a porre rimedio all’imposizione di una servitu’ di fatto, causa di un inevitabile perdita di valore del fondo che si produce per l’intero periodo di tempo anteriore all’eliminazione dell’abuso (cfr. indicativamente, di recente Cass. Sez. 2, 31/08/2018, n. 21501; Cass. Cass. Sez. 2, 16/12/2010, n. 25475; ed invece, in epoca ben piu’ risalente, Cass. Sez. 2, 03/10/1974, n. 2576; Cass. Sez. 2, 23/02/1965, n. 299; Cass. Sez. 2, 21/07/1962, n. 2007).
Vanno altresi’ richiamate altre pronunce di questa Corte che, parallelamente all’analogo percorso seguito per i danni non patrimoniali, negano l’astratta risarcibilita’ in re ipsa dei danni subiti dal proprietario per la perdita o la diminuzione della disponibilita’ del bene, affermando la necessaria correlazione della medesima risarcibilita’ al rapporto causale intercorrente tra “condotta materiale”, “evento lesivo” e “conseguenza dannosa”, sicche’ identiche risulterebbero le esigenze di prova sia per l’an che per il quantum – del danno non patrimoniale o patrimoniale (cfr. ad esempio, Cass. Sez. 3, 25/05/2018, n. 13071; Cass. Sez. 3, 04/12/2018, n. 31233).
In realta’, anche allorche’ si confuta in giurisprudenza la configurabilita’ di un danno in re ipsa subito dal proprietario per l’indisponibilita’ della cosa, si riconosce comunque all’interessato la facolta’ di darne prova mediante ricorso a presunzioni semplici o al fatto notorio, onerando lo stesso di indicare tutti gli elementi, le modalita’ e le circostanze della situazione, da cui quali, in presenza dei requisiti stabiliti dagli articoli 2727 e 2729 c.c., possa desumersi l’esistenza e l’entita’ del concreto pregiudizio patrimoniale subito.
Il danno patrimoniale correlato alla limitazione del godimento ed alla diminuzione temporanea del valore della proprieta’ imporrebbe, cosi’, per scongiurare la meccanica identificazione del danno risarcibile con l’evento dannoso, quanto meno l’allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di impiegare l’immobile per finalita’ produttive nel periodo della sua illegittima occupazione, atteso che il consentito utilizzo in materia delle presunzioni attiene all’attivita’ probatoria e non anche a quella assertiva. E’ al riguardo pero’ difficile superare l’obiezione, diffusa in dottrina, secondo cui non vale, in concreto, a garantire la risarcibilita’ del danno-conseguenza da occupazione di immobile la sola imposizione di un onere di allegazione che consenta al giudice di far uso delle presunzioni semplici, divenendo comunque cosi’ in re ipsa la prova del pregiudizio.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha tuttavia pronunciato una statuizione di condanna generica al risarcimento del danno, sicche’ non ha ragione la ricorrente principale di dolersi che non sia stata data prova del pregiudizio effettivamente subito dal Nucleo.
La privazione del possesso conseguente all’abusiva occupazione di un immobile altrui – nella specie, come precisato, a far tempo dall’estinzione degli ius in re aliena che inizialmente avevano giustificato la disponibilita’ della area da parte della (OMISSIS) – costituisce un fatto potenzialmente causativo di effetti pregiudizievoli ed idoneo a legittimare la pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno, la quale di per se’ non esclude la possibilita’ di verificare, in sede di liquidazione, la insussistenza di un danno risarcibile (Cass. Sez. 6 – 2, 04/12/2018, n. 31353; Cass. Sez. 2, 05/06/2012, n. 9043; Cass. Sez. 2, 14/07/1979, n. 4129).
IV. Il sesto motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., in quanto l’attore (OMISSIS) si era limitato a domandare la dichiarazione di estinzione del diritto di superficie e degli altri diritti sulla zona E/2 che la (OMISSIS) si era riservata in base all’articolo 4 del Regolamento, senza citare gli ulteriori diritti, peraltro imprescrittibili, che la venditrice si era riservata con l’articolo 13 del medesimo Regolamento e che tuttora legittimavano l’occupazione dell’area.
IV.1. Anche quest’ultimo motivo e’ infondato, in parte per conseguenza diretta del rigetto del quarto motivo dello stesso ricorso principale. I giudici del merito hanno accolto la domanda di rilascio dell’area E/2 avanzata dal (OMISSIS) dopo aver accertato che la (OMISSIS) non avesse titolo ad occupare la stessa, per l’estinzione dei diritti reali che quest’ultima si era riservata.
I diritti di cui all’articolo 13 del Regolamento erano stati, peraltro, dedotti in lite dalla convenuta (OMISSIS) s.r.l..
Poiche’ l’azione proposta dal (OMISSIS) era volta a chiarire la reale situazione giuridica dell’area E/2, essa implicava sia l’accertamento positivo della proprieta’ del supercondominio attore sia quello negativo circa l’inesistenza dei diritti vantati dalla convenuta (OMISSIS) s.r.l., non incorrendo, percio’, nel vizio di ultrapetizione la sentenza che, nell’accertare il diritto dedotto dall’attore, abbia negato nel contempo espressamente i diritti (nella specie, quelli attribuiti altresi’ dall’articolo 13 del Regolamento) pretesi dalla controparte sullo stesso bene, costituendo tale negazione la ragione giuridica dell’accoglimento della pretesa dell’attore (arg. da Cass. Sez. 2, 23/08/1978, n. 3930).
V. Il primo motivo del ricorso incidentale del (OMISSIS) denuncia la violazione degli articoli 115, 167 c.p.c. e articolo 345 c.p.c., comma 2, insistendo per la tardivita’ della domanda e quindi l’inammissibilita’ del primo motivo di appello (inammissibilita’ invero esclusa dalla Corte di Sassari) attinente alla nullita’ del regolamento, in quanto qualificabile come donazione.
V.I. Il primo motivo del ricorso incidentale e’ proposto in via dichiaratamente condizionata rispetto all’accoglimento delle censure della (OMISSIS) sulle questioni poste con i tre motivi del ricorso principale. D’altro canto, si tratta di motivo di ricorso incidentale su questione pregiudiziale di rito oggetto esplicita di decisione (quale, nella specie, l’inammissibilita’ della domanda proposta in appello), proposto dalla parte vittoriosa sul merito in relazione al rispettivo capo di pronuncia. Tale primo motivo del ricorso incidentale non deve percio’ essere esaminato per carenza dell’attualita’ dell’interesse, stante l’infondatezza dei primi tre motivi del ricorso principale (Cass. Sez. U, 25/03/2013, n. 7381).
VI.II secondo motivo del ricorso incidentale del (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale 12 dicembre 1997 e della L. n. 979 del 1982, l’illogicita’ ed incongruita’ della motivazione e l’omessa pronuncia su un capo della domanda. La censura cita “un insieme di norme giuridiche” che rendono ormai impossibile la realizzazione del porto nell’area di (OMISSIS), rendendo privo di ragione il mandato conferito alla (OMISSIS). Si lamenta, inoltre, la mancata pronuncia sul capo di domanda che ravvisava nella procura irrevocabile a vendere una violazione dell’articolo 1379 c.c., il quale non ammette vincoli perpetui limitativi del diritto di proprieta’, con conseguente nullita’ del mandato, dovendosi altrimenti quanto meno stabilire un termine congruo ex articolo 1183 c.c., comma 2.
VI.1. Questo secondo motivo del ricorso incidentale del (OMISSIS) e’ fondato nei termini di seguito specificati.
La questione della oggettiva ed assoluta impossibilita’ giuridica di realizzare il porto nella zona E/2, esclusa dalla Corte d’Appello, suppone un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimita’ unicamente nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La sentenza impugnata, dato per “pacifico che nessun porto sia stato realizzato” (pagina 8) e confermata l’estinzione dei diritti vantati dalla (OMISSIS) (pagina 9), ha pero’ ritenuto non soggetto a prescrizione ne’ “suscettibile di risoluzione” il “mandato irrevocabile” conferito con dell’articolo 4, u.c., del Regolamento alla (OMISSIS), anche nell’interesse della mandataria stessa, in modo da consentirle “ogni e qualunque atto, ivi compresa la dismissione, il trasferimento e vendita delle porzioni di terreno, ai fini della realizzazione del porto”. Non essendo stata provata una “giusta causa idonea a determinare l’estinzione del mandato irrevocabile” convenuto a vantaggio della (OMISSIS), lo stesso e’ stato ritenuto “tuttora vigente” dai giudici di secondo grado.
In tal modo, senza peraltro tener conto delle deduzioni proposte dal (OMISSIS) a sostegno delle proprie domande, la Corte d’Appello ha erroneamente desunto dall’interesse del mandatario al mandato, che incide sulla sua revocabilita’ agli effetti dell’articolo 1723 c.c., comma 2, la natura “perpetua” dello stesso mandato a dismettere, trasferire o vendere le aree comprese nella zona E/2.
Deve invece negarsi che le parti di un contratto di mandato siano vincolate all’impegno assunto per un tempo indefinito, spiegandosi lo stesso mandato “a tempo indeterminato”, contemplato dell’articolo 1725 c.c., comma 2, non come mandato “senza termine” per il compimento di un dato atto, nella specie negoziale (come il mandato ad alienare), ma come mandato conferito per una serie indeterminata di atti. Ai sensi dell’articolo 1722 c.c., n. 1, il mandato che abbia per oggetto il compimento di un determinato atto negoziale o giuridico in senso stretto si estingue con la scadenza del termine prefissato dalle parti o determinato, in mancanza, dal giudice, ai sensi dell’articolo 1183 c.c., su istanza della parte che vi ha interesse (cfr. Cass. Sez. 1, 28/07/1995, n. 8243; Cass. Sez. 1, 16/01/1976, n. 145); l’articolo 1722, n. 1, c.c. delinea, invero, il termine come modalita’ di adempimento ed e’ coerente con l’intera disciplina codiscistica in tema di mandato, incentrata sul potere-dovere del mandatario di agire per conto del mandante.
Nel caso di specie, la stessa Corte d’appello ha accertato che il mandato accordato alla (OMISSIS) di dismettere, trasferire o vendere le porzioni di terreno in contesa fosse funzionale, nell’ambito del programma negoziale convenuto tra le parti, a quanto “necessario per la realizzazione del porto”, ovvero alla “concretizzazione” e “attuazione” di quanto appunto previsto nell’intero articolo 4 del Regolamento, sicche’ la durata di tale mandato, pur in difetto di un apposito termine di adempimento convenzionalmente fissato, non poteva non ritenersi ragionevolmente correlata ai medesimi limiti cronologici che connotavano i concorrenti diritti sull’area riservati alla societa’. Peraltro, un mandato a vendere in rem propriam (quale quello che la Corte d’Appello di Sassari ha ravvisato negli ultimi due commi dell’articolo 4 del Regolamento oggetto di lite) preclude al mandante la stessa possibilita’ di alienare direttamente il bene (come si desume dall’articolo 1723 c.c., comma 2 e articolo 1724 c.c.). Cio’ si risolverebbe, allora, in un divieto di alienazione, che, alla luce dell’articolo 1379 c.c., rende essenziale, a pena altrimenti di nullita’, la previsione di un termine ultimo di durata del mandato, decorso il quale l’incarico deve intendersi cessato. La Corte d’Appello avrebbe altrimenti dovuto prendere in considerazione la questione, riproposta dall’appellato (OMISSIS) e comunque rilevabile anche d’ufficio, della liceita’ o meno del mandato irrevocabile senza termine a dismettere, trasferire o vendere le porzioni di terreno, conferito nel Regolamento alla (OMISSIS), alla luce del disposto di cui all’articolo 1379 c.c., che limita gli effetti del divieto di alienare stabilito con contratto, stabilendo che tale divieto vincola solo le parti e non e’ valido se non e’ contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde ad un apprezzabile interesse di una delle parti. L’interpretazione consolidata di questa Corte spiega l’articolo 1379 c.c., con riguardo alle sue condizioni di validita’ – limite temporale di durata e rispondenza ad apprezzabile interesse di una parte -, come norma espressione di un principio di portata generale, applicabile percio’ anche a pattuizioni che, se pur non puntualmente riconducibili al paradigma del divieto di alienazione, comportino comunque limitazioni altrettanto incisive del diritto di proprieta’ (Cass. Sez. 2, 20/06/2017, n. 15240; Cass. Sez. 2, 17/11/1999, n. 12769; Cass. Sez. 1, 11/04/1990, n. 3082), quale, nella specie, l’attribuzione riservata al venditore del potere di disporre giuridicamente del bene senza limiti di tempo.
VII. Il ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l. deve, pertanto, essere rigettato, mentre va accolto il secondo motivo del ricorso incidentale del (OMISSIS) e va dichiarato assorbito il primo motivo dello stesso ricorso incidentale.
La sentenza impugnata viene cassata, in relazione alla censura accolta del ricorso incidentale, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, la quale terra’ conto dei rilievi svolti e si uniformera’ ai richiamati principi, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione respinta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l. deve, accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale del (OMISSIS) e dichiara assorbito il primo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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