Il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 maggio 2021| n. 12932.

Il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso

Licenziamento ed il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso:

È nel momento stesso in cui il licenziamento acquista efficacia che sorge il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso e la conseguente obbligazione contributiva su tale indennità: se poi, successivamente, il lavoratore licenziato rinunci al diritto all’indennità, tale rinuncia non potrà avere alcun effetto sull’obbligazione pubblicistica, preesistente alla rinuncia e ad essa indifferente perché il negozio abdicativo proviene da soggetto (il lavoratore) diverso dal titolare (l’INPS).

Sentenza|13 maggio 2021| n. 12932

Data udienza 17 novembre 2020

Integrale
Tag/parola chiave: il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso – Lavoro – Dirigenti di banca – Cessazione dal servizio – Transazione – Rinuncia indennità mancato preavviso – Irrilevanza – Effetti prodotti dal licenziamento – Dovuti relativi contributi INPS

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5298-2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1282/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/12/2017 R.G.N. 106/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1282 del 2017, ha riformato la decisione di primo grado e rigettato le domande di accertamento negativo proposte, con separati ricorsi poi riuniti, da (OMISSIS) s.p.a. per sentire dichiarare non dovuti contributi e somme aggiuntive, per oltre 6.000.000 di Euro, pretesi dall’INPS sull’indennita’ di mancato preavviso alla quale oltre novanta dirigenti avevano rinunciato all’esito della transazione, raggiunta con la societa’, con la quale avevano concordato, ed accettato, la cessazione dal servizio in epoca successiva, in periodo compreso fra il (OMISSIS).
2. Per la Corte territoriale i rapporti di lavoro dei quali si controverteva erano stati risolti con il licenziamento dei dirigenti, con effetto dal ricevimento della lettera di recesso, e con comunicazione del diritto all’indennita’ di mancato preavviso per cui, per avere il licenziamento gia’ prodotto l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro, l’indennita’ di mancato preavviso, espressamente riconosciuta dalla societa’ nell’intimare il licenziamento, costituiva elemento retributivo gia’ entrato a far parte del patrimonio dei dipendenti, e come tale soggetto ad obbligazione contributiva.
3. La Corte fiorentina dava atto che la scrittura privata, sottoscritta, da ciascun dirigente licenziato, qualche settimana dopo l’intimazione del licenziamento, e con la quale veniva pattuita la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro da epoca successiva – di alcune settimane – rispetto alla firma della scrittura medesima, prevedeva l’erogazione di una somma, a titolo di incentivo all’esodo, con esplicita rinuncia, da parte del lavoratore, ad ogni ulteriore pretesa, compresi il preavviso o l’indennita’ sostitutiva del preavviso, e conteneva, altresi’, un’implicita rinuncia ad impugnare il licenziamento, a fronte del pagamento del consistente incentivo all’esodo, senza, tuttavia, alcuna menzione di un’eventuale revoca del licenziamento.
4. Quanto alla domanda subordinata svolta dalla Banca, volta a sottrarre, dagli importi pretesi dall’INPS, la contribuzione gia’ versata tra la data dell’originario licenziamento e la successiva e definitiva cessazione dei rapporti di lavoro, la Corte territoriale riteneva il periodo lavorato dai dirigenti soggetto alla normale contribuzione mentre la pretesa contributiva dell’INPS concerneva l’intera indennita’ di mancato preavviso alla quale i lavoratori avevano rinunciato, in via transattiva.
5. Avverso tale sentenza ricorre (OMISSIS) s.p.a., con ricorso affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste l’NPS, anche quale procuratore speciale della (OMISSIS) s.p.a., con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo si censura la sentenza, in relazione all’interpretazione della transazione intervenuta tra le parti, per violazione del principio di autonomia negoziale (articolo 1322 c.c.), dei canoni di interpretazione dei contratti (articoli 1362, 1363, 1366), e la conseguente falsa applicazione dell’articolo 2115 c.c., comma 3, L. n. 153 del 1969, articolo 12, Decreto Legge n. 338 del 1989, articolo 1 conv. in L. n. 389 del 1989.
7. Con il secondo motivo, rinnovando la censura delle disposizioni richiamate nel mezzo che precede e dei canoni interpretativi dei contratti, si deduce violazione della L. n. 300 del 1970, articolo 18, comma 10, e si censura la sentenza per non avere ritenuto enucleabile dalla transazione la revoca del precedente licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
8. Con il terzo motivo si deduce, ancora, la violazione delle gia’ richiamate diposizioni, in relazione alla domanda subordinata incentrata sulla pretesa decurtazione, dall’obbligazione contributiva, di quanto versato, a titolo di contributi, in riferimento all’attivita’ lavorativa prestata dai dirigenti nel periodo seguito alla revoca del licenziamento, con la ripresa del servizio e fino alla definitiva cessazione.
9. Le argomentazioni esposte dalla societa’, a sostegno dei primi due motivi, possono cosi’ sintetizzarsi: – la Corte di merito ha ritenuto del tutto ininfluente il titolo in forza del quale sono cessati i rapporti di lavoro, da cui discenderebbe l’imposizione dell’obbligo contributivo sull’indennita’ di preavviso mai corrisposta ai lavoratori; – la correlazione dell’obbligo contributivo, al dovuto e non al riscosso, e l’autonomia dell’obbligazione previdenziale nulla avrebbero a che fare con la fattispecie, in cui le parti avrebbero dato attuazione alle intese, di cui alla scrittura privata, rispristinando il rapporto di lavoro e sostituendo il licenziamento con una risoluzione consensuale, previa revoca del primo; – non e’ predicabile una presunta irretrattabilita’ della scelta di licenziare e l’inopponibilita’ all’INPS delle scelte successive, in riferimento al titolo di scioglimento del vincolo contrattuale; – e’ stata preclusa la valutazione delle intese fra le parti come frutto di una piu’ complessa regolamentazione a carattere novativo; – la revoca del licenziamento, per fatti concludenti, emergeva dal ripristino del rapporto di lavoro a tutti gli effetti e dalla conseguente scelta delle parti di procedere alla risoluzione consensuale; – il riferimento allo schema del nuovo istituto, introdotto dal novellato articolo 18, comma 10 Statuto, si limita a precisare che la revoca produce il solo effetto del diritto alla retribuzione medio tempore maturata senza che possano trovare applicazione i nuovi regimi sanzionatori; – in definitiva, la mancata corresponsione dell’indennita’ sostitutiva del preavviso non deriva affatto da un atto di rinuncia a tale diritto ma da una diversa scelta delle parti, vale a dire dalla volonta’ di modificare il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro.
10. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro logica connessione, sono da rigettare.
11. Questa Corte ha gia’ ribadito, in piu’ occasioni, che l’estraneita’ della transazione, intervenuta tra datore di lavoro e lavoratore, al rapporto contributivo discende dal principio per cui alla base del calcolo dei contributi previdenziali deve essere posta la retribuzione, dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo, e non quella di fatto corrisposta, in quanto l’espressione usata dalla L. n. 153 del 1969, articolo 12, per indicare la retribuzione imponibile (“tutto cio’ che il lavoratore riceve dal datore di lavoro”) va intesa nel senso di tutto cio’ che ha diritto di ricevere, ove si consideri che il rapporto assicurativo e l’obbligazione contributiva ad esso connesso sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligazione contributiva del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi, nei confronti del prestatore d’opera, siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti (cfr., da ultimo, alla cui condivisa motivazione si rinvia, Cass. n. 15411 del 2020, ed ivi ulteriori e numerosi precedenti).
12. Dal complesso dei richiamati principi discende che le somme pagate a titolo di transazione dipendono da questo contratto e non dal (diverso) contratto di lavoro, posto che la funzione del contratto di transazione, ai sensi dell’articolo 1965 c.c., e’, in ogni caso, di precludere alle parti stipulanti l’accertamento giudiziale del rapporto o delle sue regole, cosicche’ la sua esecuzione non e’ esecuzione delle obbligazioni derivanti dal rapporto oggetto della controversia (v., in tal senso, Cass. n. 17495 del 2009 e Cass. n. 15411 del 2020 cit.).
13. Inoltre, il Decreto Legislativo 2 settembre 1997, n. 314, all’articolo 6 (Determinazione del reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi), nel novellare la L. n. 153 del 1969, articolo 12 prevede, al punto 4, l’esclusione dalla base imponibile di numerosi emolumenti, tra i quali, ad esempio, oltre alle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto, quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, i proventi e le indennita’ conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni, i proventi derivanti da polizze assicurative, i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza con la prestazione lavorativa, le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle forme pensionistiche complementari.
14. Tanto premesso, nella vicenda all’esame non viene in rilievo la rafforzata necessita’ (argomentata da Cass. n. 27933 del 2017) di dover provare e distinguere, nel novero delle pattuizioni di un accordo transattivo, le poste di sicura natura retributiva, e di collegamento intrinseco al sottostante rapporto di lavoro, per l’assoggettamento ad imposizione contributiva, sibbene si tratta di verificare la natura, recte, la causa dell’indennita’ sostitutiva del preavviso riconosciuta, dalla societa’, con l’intimazione del licenziamento.
15. Vale premettere che, come chiarito da tempo (per tutte, si rinvia a Cass. n. 6607 del 2004), sul fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva, che ha natura di obbligazione pubblica nascente ex lege, non puo’ incidere in alcun modo la volonta’ negoziale, che regoli in maniera diversa l’obbligazione retributiva, ovvero risolva con un contratto di transazione la controversia insorta in ordine al rapporto di lavoro, precludendo alle parti il relativo accertamento giudiziale.
16. L’espressione di una diversa volonta’, tra datore di lavoro e lavoratore, non puo’ esplicare neanche effetti riflessi (effetti che si possono avere solo per i rapporti non autonomi) sulla posizione dell’Inps, che fa valere in giudizio il credito contributivo derivante dalla legge e non dalla transazione.
17. Costituisce ulteriore principio acquisito della giurisprudenza di questa Corte che l’avvenuto pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, successivamente alla cessazione del rapporto, costituisca circostanza irrilevante e che la relativa contribuzione debba concorrere a formare la base imponibile e pensionabile (cfr. Cass. nn. 13959 del 2009, 12095 del 2013).
18. Ebbene, l’assoggettamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso alla contribuzione previdenziale consegue alla natura retributiva dell’indennita’ (v., fra le altre, Cass. nn. 5974 del 1984, 13395 del 1999, 9895 del 2016).
19. E’ nel momento stesso in cui il licenziamento acquista efficacia che sorge il diritto del lavoratore all’indennita’ sostitutiva del preavviso e la conseguente obbligazione contributiva su tale indennita’: se poi, successivamente, il lavoratore licenziato rinunci al diritto all’indennita’, tale rinuncia non potra’ avere alcun effetto sull’obbligazione pubblicistica, preesistente alla rinuncia e ad essa indifferente perche’ il negozio abdicativo proviene da soggetto (il lavoratore) diverso dal titolare (INPS) (v., fra le altre, Cass. n. 17670 del 2007).
20. Con l’intimazione del licenziamento, l’indennita’ sostitutiva del preavviso rientra nel novero di “tutto cio’ che ha diritto di ricevere” il lavoratore e viene attratta, per il suo intrinseco valore retributivo, nel rapporto assicurativo, autonomo e distinto, completamente insensibile, per quanto detto, all’effettiva erogazione e, dunque, all’argomento difensivo dell’essere o meno entrata nel patrimonio del lavoratore.
21. Del resto, tale costruzione, oltre ad essere coerente con la natura pubblicistica dell’obbligazione contributiva, trova ulteriore conferma nel riconoscimento, del quale si e’ dato atto nei paragrafi che precedono, della ricomprensione della contribuzione corrispondente all’indennita’ sostitutiva del preavviso nella base imponibile agli effetti del trattamento pensionistico del lavoratore.
22. L’ultimo motivo e’ inammissibile giacche’ si risolve nel devolvere alla Corte, nonostante la diversa intestazione del motivo, censura, per contraddittorieta’ della motivazione, non piu’ spendibile dopo la novella dell’articolo 360, n. 5 codice di rito.
23. In conclusione, la sentenza impugnata, che si e’ adeguata agli esposti principi, e’ immune da censure.
24. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
25. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex articolo 13, comma 1, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 30.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex articolo 13, comma 1, se dovuto.

l diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso

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