Il diritto al silenzio normativamente garantito all’indagato, contemperato dalla circostanza che ai fatti narrati dalla persona offesa nelle sue dichiarazioni accusatorie non venga contrapposta alcuna diversa versione dell’indagato che si sia avvalso della facolta’ di non rispondere

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43258.

La massime estrapolata:

Se e’ vero che l’esercizio da parte dell’indagato della facolta’ di non rispondere o di non collaborare non consente di desumere alcuna prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati, o altra conseguenza negativa diversa dall’impossibilita’ di accedere ad eventuali benefici che possono legittimamente derivare dalla collaborazione, tenuto conto, fra l’altro, del (pur collocato in posizione marginale) riferimento di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera a), si coglie del pari la possibilita’ che, fermo il diritto al silenzio normativamente garantito all’indagato, il giudice, al fine della verifica di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 c.p.p., tenga conto in modo motivato della circostanza che ai fatti narrati dalla persona offesa nelle sue dichiarazioni accusatorie non venga contrapposta alcuna diversa versione dell’indagato che si sia avvalso della facolta’ di non rispondere.
Questo assunto – deve pero’ specificarsi – presuppone che sia assodata l’acquisizione aliunde di un quadro di elementi dotato di forza indiziaria sua propria, vale a dire l’emersione di una situazione in cui – sul fatto prospettato come di comune conoscenza dell’indagato e del suo accusatore, specialmente se persona offesa, rispetto al quale rilevi strutturalmente il significato della possibilita’ di una ricostruzione alternativa – sussista la versione del secondo, connotata da adeguata attendibilita’, e si verifichi il totale silenzio del primo, rinunciante per scelta a dedurre una diversa configurazione storica del fatto oggetto di dimostrazione in funzione destrutturante dell’avversa, gia’ esternata e autonomamente validabile ricostruzione

Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43258

Data udienza 22 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco Mar – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 11/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di POTENZA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO SIANI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. GALLI MASSIMO che conclude per il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di BARI che conclude per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 11 dicembre 2017 – 17 gennaio 2018, il Tribunale di Potenza – decidendo sull’istanza di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza resa in data 7 novembre 2017 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Matera con cui era stata disposta la custodia cautelare in carcere di (OMISSIS), oltre che del coindagato (OMISSIS), in relazione all’omicidio aggravato dalla premeditazione di (OMISSIS) avvenuto in (OMISSIS) – ha confermato l’ordinanza impugnata.
L’imputazione provvisoria aveva prospettato che il suddetto omicidio era stato compiuto mediante l’esplosione di due colpi di fucile cal. 16, posta in essere materialmente da (OMISSIS), indagato anche per la detenzione ed il porto del relativo fucile, e che il fatto era avvenuto per il forte risentimento maturato da entrambi gli indagati causa del pascolo abusivo praticato sui terreni delle loro aziende agricole dal suddetto (OMISSIS) e dal fratello gemello (OMISSIS).
Il Tribunale ha reputato sussistenti i requisiti legittimanti la misura cautelare osservando, quanto ai gravi indizi di colpevolezza, che erano rilevanti in sede cautelare gli indizi dotati anche della sola gravita’ (ex articolo 273 c.p.p.) in ordine alla colpevolezza dell’accusato, e considerando il quadro indiziario prospettato, unitariamente analizzato, come dotato del crisma della gravita’, impregiudicato il vaglio del giudice del dibattimento circa la verifica di concordanza degli indizi stessi. Sull’argomento sono state valorizzati, fra gli altri, le dichiarazioni di (OMISSIS), i risultati delle prove STUB, il contesto intercettivo e accertativo non incompatibile con gli altri dati, gli elementi a carico del coindagato (OMISSIS).
I giudici del riesame hanno considerato riscontrate pure le esigenze cautelari, ricordando anche la presunzione – relativa – di adeguatezza della custodia cautelare in carcere stabilita dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, ed evidenziando che le modalita’ del fatto erano di particolare gravita’, essendo stato – (OMISSIS) – ucciso brutalmente in pieno giorno, a poca distanza dal fratello, mentre portava le pecore al pascolo: dinamica in relazione alla quale l’indagato e il suo complice avevano dimostrato una freddezza e una determinazione criminale di elevatissimo livello, che accentuavano il pericolo di recidiva tenuto anche conto del modesto tempo trascorso dal fatto; esigenze che – considerata l’eta’ di oltre settanta anni di (OMISSIS) – si apprezzavano al livello della eccezionale rilevanza, anche in relazione al pericolo di inquinamento probatorio, come dimostravano le captazioni nelle quali l’indagato rimproverava la moglie per la versione dei fatti riferiti dagli inquirenti, sicche’ la presenza di entrambi i soggetti nel medesimo domicilio si sarebbe rivelata deleteria per la prosecuzione delle indagini, mentre poi l’indicazione da parte della difesa di un appartamento in Parma ove (OMISSIS) avrebbe potuto trasferirsi non era stata accompagnata da documentazione attestante l’effettiva disponibilita’ dell’immobile.
2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso i difensori di (OMISSIS) chiedendone l’annullamento e affidando il mezzo a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo e’ lamentata la violazione degli articoli 292 e 309 c.p.p., norma da rispettarsi a pena di nullita’.
Il G.i.p. si era totalmente appiattito sulla richiesta del P.m. senza formulare una valutazione autonoma come invece esigeva la corretta interpretazione delle suddette norme. In diversi punti del provvedimento si ritrovavano brani tratti pedissequamente dalla richiesta. I giudici del riesame non avevano accolto il rilievo sostenendo che non era necessario da parte del G.i.p. giungere al risultato proposto dal P.m. con un percorso logico diverso, ma, cosi’ argomentando, essi avevano a loro volta emesso un provvedimento nullo, in quanto viziato da motivazione apparente.
Nemmeno valeva il principio citato dal Tribunale del riesame secondo cui poteva farsi rinvio all’ordinanza genetica da leggersi in unione con quella emessa dallo stesso Tribunale, perche’ tale possibilita’ era data quando la motivazione del primo provvedimento era insufficiente, non quando essa era radicalmente inesistente.
2.2. Con il secondo motivo sono dedotte violazione degli articoli 291 e 292 c.p.p., inosservanza degli articoli 192 e 273 c.p.p., nonche’ mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione.
2.2.1. Circa l’attendibilita’ di (OMISSIS), essa era stata dal G.i.p. ritenuta per l’assenza di motivi di risentimento nei confronti del fratello e per l’esito negativo della perquisizione, ma si trattava di motivazione risibile che non considerava le due telefonate fatte da (OMISSIS) nell’immediatezza del fatto agli operatori del 118, da cui non emergeva affatto il riconoscimento di (OMISSIS), ne’ le discrasie emergenti dalle dichiarazioni rese (il 6 marzo, il 7 marzo, il 14 marzo e il 14 giugno 2017) dallo stesso (OMISSIS), con la loro progressiva modificazione: rilievi al quale aveva fatto riscontro una risposta sostanzialmente inesistente da parte del Tribunale, non ripristinata dalla citazione degli altri elementi, citazione che non considerava, ad esempio, la reale portata delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), padre della vittima, e da (OMISSIS), da cui emergeva la consapevolezza del mancato riconoscimento da parte di (OMISSIS) degli aggressori del fratello. Nemmeno era stati valutati: il tempo trascorso e le telefonate effettuate da questo dichiarante dal momento del fatto al momento della telefonata al 118; l’assenza di tracce di pneumatici di autovetture sul luogo dell’omicidio; il contrasto fra i rilievi inerenti alle ferite riportate dalla vittima a seguito degli spari e le indicazioni relative alla dinamica dell’azione omicida desumibili dalle dichiarazioni di (OMISSIS).
2.2.2. In ordine all’orario del delitto, collocabile pochi attimi prima delle 17:28, sulla scorta delle testimonianze di (OMISSIS), che aveva udito due spari e che dopo il secondo aveva telefonato all’amico (OMISSIS), per verificare se si trattasse della caccia ad un cinghiale, non era stato considerato che in orario sostanzialmente coincidente, alle ore 17:27:55, il veicolo di (OMISSIS) era stato ripreso dalla telecamera del distributore IPB di (OMISSIS), fatto che rendeva impossibile la presenza di (OMISSIS) sul luogo del delitto e provava il mendacio del (OMISSIS).
2.2.3. Inoltre, i tempi degli spostamenti di (OMISSIS), come ipotizzati dagli inquirenti, non resistevano a una critica seria circa la logica degli indicati movimenti, dopo che alle ore 17:06 ne era stata rilevata l’uscita dalla sua abitazione, senza considerare che la Suzuki dei coniugi (OMISSIS) aveva trovato sulla sua strada proprio il gregge dei (OMISSIS) che aveva ostacolato il loro passaggio. In ogni caso i vari snodi costituivano l’esito di una mera astrazione, peraltro contrastata dalla gia’ segnalata assenza di tracce di pneumatici del veicolo sul luogo del fatto.
Ne’ era stata data congrua spiegazione alla telefonata fatta alle ore 16:56, pochi minuti prima del fatto, da (OMISSIS) ai Carabinieri finalizzata ad avvisarli dell’ennesima bravata dei due (OMISSIS) con la ripresa del pascolo abusivo e a sporgere denuncia alle competenti autorita’: condotta incompatibile con l’intenzione di commettere un omicidio.
2.2.4. Inconsistente era anche l’interpretazione delle dichiarazioni di isabella (OMISSIS) come l’esito di una totale confusione in cui ella sarebbe caduta circa l’addotto non ricordo sul se il (OMISSIS) si fosse recata sulla strada (OMISSIS) – (OMISSIS) ovvero in direzione del Calvario, essendosi la stessa limitata a dire di essere andata a trovare un’amica. Era piuttosto la ricostruzione accusatoria che non aveva spiegato come mai la moglie di (OMISSIS) si trovava insieme a lui all’uscita da casa e poi si sarebbe volatilizzata nel prosieguo dell’azione prefigurata.
2.2.5. Quanto agli accertamenti Stub, per come erano stati effettuati plurime essendo state le lacune nelle indagini svolte sul punto dal R.I.S. – e per l’unica particella repertata sul solo giubbotto, a fronte delle tre o cinque reputate necessarie per definire positivo il prelievo, era da ritenere che il singolo elemento indicato era assolutamente inidoneo a sostenere la tesi che l’indagato avesse svolto qualche ruolo nell’omicidio: e nemmeno su tale tema i giudice del riesame avevano fornito una motivazione reale per confutare le obiezioni sollevate dalla difesa.
2.2.6. Nemmeno della contestata circostanza aggravante della premeditazione sia l’ordinanza genetica, sia l’ordinanza del Tribunale del riesame non avevano dato congrua risposta alla incongruenza gia’ evidenziata, circa il fatto che (OMISSIS) aveva contattato i Carabinieri pochi minuti prima del fatto, elemento che contrastava la costruzione allestita con l’ipotesi accusatoria, anche con riferimento alla supposta intesa fra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed alla reputata autorevolezza esercitata dal primo nei riguardi del secondo, letta, in modo del tutto congetturale, dal comportamento dei due indagati quando erano stati chiamati in Caserma.
In definitiva, risultavano assenti gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato.
2.3. Con il terzo motivo si denunciano inosservanza degli articoli 274 e 275 c.p.p. e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Il Tribunale aveva posto a fondamento del mantenimento della misura cautelare la sulla gravita’ del fatto, parametro che l’interpretazione costante data alle suindicate norme riteneva insufficiente, occorrendo il riscontro della concretezza e dell’attualita’ del pericolo di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie, essendo dunque necessario ipotizzare fondatamente la certezza o comunque l’elevata probabilita’ che l’occasione del delitto si sarebbero verificate: l’ordinanza impugnata non dava conto di alcuna indagine diretta a verificare l’esistenza di tali esigenze e nemmeno aveva risposto alle censure avverso l’ordinanza genetica mosse dalla difesa dell’indagato.
Altrettanto era a dirsi con riferimento all’inquinamento probatorio, in cui il pericolo era stato tratto dal rimprovero che l’indagato aveva fatto alla moglie per la versione fornita dagli inquirenti.
Infine nemmeno era stata data risposta alla richiesta di arresti domiciliari presso l’abitazione di cui era proprietario (OMISSIS) in Parma.
3. Il Procuratore generale, premessa la natura indiziaria degli elementi posti a base dell’ordinanza applicativa della misura cautelare nei riguardi di (OMISSIS), ha rilevato che quelli essenziali valorizzati dal Tribunale a base del provvedimento impugnato davano conto adeguato della gravita’ indiziaria, con particolare riferimento al riconoscimento dell’indagato da parte di (OMISSIS), sussistente e attendibile, al collegamento con la posizione di (OMISSIS) e alla compatibilita’ degli spostamenti dell’indagato con la sua presenza sui luoghi al momento del fatto, sicche’, assodate anche le esigenze cautelari, ha prospettato il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ da ritenersi fondato, per quanto di ragione, circa la verifica dell’adeguatezza della motivazione in tema di gravita’ indiziaria.
2. Va, in ogni caso, puntualizzato che il primo motivo dell’impugnazione non merita di essere accolto, in quanto esso prospetta in modo non persuasivo la carenza di autonomia dell’ordinanza genetica e di quella di riesame.
Sul punto la risposta data dal Tribunale appare adeguata li’ dove ha sottolineato che non poteva discorrersi di inesistenza della motivazione dell’ordinanza applicativa della misura per il fatto che il G.i.p. aveva ritenuto di svolgere un percorso argomentativo non dissimile da quella prospettato nella richiesta del P.m. ed, anzi, se ne aveva sintetizzato le risultanze, ne aveva necessariamente elaborato la sostanza rendendo all’esito un atto giuridico coerente in se’ e coordinato con gli elementi addotti e analizzati: in definitiva, per i giudici del riesame, era senz’altro sussistente la motivazione a base dell’ordinanza genetica, frutto dell’autonoma elaborazione del materiale addotto dalla richiesta del P.m., non potendo imporsi al Giudice titolare del potere di emettere il provvedimento cautelare di giungere alle sue conclusioni svolgendo un percorso necessariamente diverso da quello indicato nella richiesta.
L’esame dell’ordinanza in questione, dotata di articolazione adeguata e di elaborazione congruente su ciascuno dei temi rilevanti ai fini della delibazione cautelare richiesta, conferma la valutazione compiuta dai giudici del riesame, rilevando in modo determinante l’avvenuta valutazione e la critica disamina da parte del giudice emittente degli elementi sottoposti al suo vaglio, con l’assunzione autonoma delle relative conclusioni.
Invero, deve sottolinearsi che, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la necessita’ di un’autonoma valutazione da parte del giudice dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, stabilita dall’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), (post Legge n. 47 del 2015), deve ritenersi osservata quando l’ordinanza – pur se redatta con il riporto o il richiamo di determinate parti della richiesta avanzata dal pubblico ministero, soprattutto per la parte descrittiva dei profili fattuali – mostri di avere analizzato criticamente la richiesta stessa (come, ad esempio, quando la accolga solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati), essendo in se’ determinante che il provvedimento sia il frutto di un’autonoma valutazione critica della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne. In effetti, il requisito dell’autonoma valutazione va necessariamente riferito alla motivazione del provvedimento nel suo complesso, e non a ciascuna parte di esso, riferito alla singola contestazione o al singolo indagato, dal momento che quel che rileva e’ l’esternazione del procedimento logico-giuridico che ha condotto, con autonomia valutativa, il giudice procedente all’esito finale della verifica compiuta sulla richiesta cautelare (Sez. 6, n. 1430 del 03/10/2017, dep. 2018, Palazzo, Rv. 272179;Sez. 2, n. 13838 del 16/12/2016, dep.2017, Schetter, Rv. 269970).
Con riguardo al caso di specie la postulata carenza di autonoma valutazione dei requisiti fondanti la misura cautelare coercitiva, in definitiva, non risulta corroborata da specifici dati concreti, dal momento che il provvedimento reso dal G.i.p., pure nelle parti in cui si e’ articolato mediante un riporto sintetico di scansioni fattuali gia’ presenti nella richiesta di misura, non appare affatto privo dell’autonoma valutazione degli elementi esposti e su questa valutazione critica si profila aver fondato le sue conclusioni.
La doglianza va, quindi, disattesa.
3. Diverso e’ invece l’approdo a cui occorre pervenire con riferimento al secondo motivo.
3.1. Il Tribunale ha considerato rilevante anzitutto la dichiarazione di (OMISSIS) che aveva riconosciuto il coindagato (OMISSIS) mentre si allontanava dal luogo del delitto, quando il fatto era appena avvenuto, con la precisazione che, poco tempo prima, lo stesso (OMISSIS) era transitato dalla stessa strada comunale a bordo del suo fuoristrada Suzuki, unitamente a sua moglie, e aveva mimato con la mano destra il segno della pistola all’indirizzo dei due (OMISSIS).
Per i giudici del riesame, le dichiarazioni di (OMISSIS), che aveva visto morire sotto i suoi occhi il fratello gemello, erano da ritenersi attendibili, anche in relazione alla valutazione di quanto emergeva dalle intercettazioni ambientali e telefoniche, denotanti il diffuso convincimento anche nell’ambito familiare della buona fede del dichiarante, senza che si ravvisasse alcun contrasto determinante fra le prime due comunicazioni ai soccorritori fatte via telefono dal suddetto (OMISSIS) e il susseguente contegno.
Su quella base i giudici del riesame hanno ritenuto confermata l’effettiva presenza dell’indagato sul luogo del fatto al momento del delitto, poco dopo il diverbio precedente e hanno associato tale elemento ai risultati delle prove STUB (negativi per (OMISSIS)) che avevano fatto emergere la presenza di due particelle di tipo PbBaSb sul giubbotto in uso a (OMISSIS) e una particella sul giubbotto in uso a (OMISSIS), particelle risultati perfettamente compatibili con la presenza di entrambi gli indagati al momento degli spari, nonostante il rilievo fosse stato effettuato non immediatamente dopo l’uccisione di (OMISSIS).
Quanto al concorrente (OMISSIS), poi, era stato rilevato il possesso da parte di quest’ultimo di cartucce del medesimo tipo di quelle utilizzate per uccidere (OMISSIS), circostanza che non poteva ritenersi generica, trattandosi di un tipo di proiettile non piu’ prodotto da tempo, nonche’ il ritrovamento sul posto del coltellino di (OMISSIS). Questi dati, riguardanti direttamente (OMISSIS), venivano considerati integrare un ulteriore indizio pure a carico di (OMISSIS), essendosi fatto rilevare che (OMISSIS) si era recato in campagna nonostante avesse problemi di deambulazione e aveva seri motivi di risentimento verso (OMISSIS), tanto da aver denunciato un furto nella sua abitazione in campagna ipotizzando informalmente la responsabilita’ dei gemelli (OMISSIS).
Il Tribunale ha infine, posto a completamento del quadro tratteggiato l’assoluta assenza di una ricostruzione alternativa dei fatti in sede di interrogatorio di garanzia, attesa la scelta operata da entrambi gli indagati di avvalersi della facolta’ di non rispondere.
3.2. In tema di misure cautelari personali, e’ poi da ritenere che al fine di integrare il requisito dei gravi indizi di colpevolezza, richiesto dall’articolo 273 c.p.p. occorre l’acquisizione di elementi di prova, siano essi di natura rappresentativa o di natura logica tali da tendere alla dimostrazione degli elementi costitutivi della fattispecie penale contestata al livello di probatio minor, ossia tali da non essere di per se’ gia’ idonei a provare oltre ogni dubbio la responsabilita’ dell’indagato con la forza dimostrativa necessaria per la pronuncia di una sentenza di condanna, eppero’ tali da consentire, per la loro consistenza, di formulare la ragionevole previsione che, all’esito del prosieguo e del completamento delle indagini, essi saranno adeguati per dimostrare tale responsabilita’, si’ che giustificano una qualificata probabilita’ di colpevolezza.
In corrispondenza di questo inquadramento, proprio perche’ ai fini dell’adozione di una misura cautelare e’ sufficiente un quadro di elementi che sia idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita’ sulla responsabilita’ dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’articolo 192 c.p.p., secondo 2, come e’ dato desumere dal dettato dell’articolo 273 c.p.p., comma 1-bis, che richiama l’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, ma non il comma 2 della stessa disposizione, che esige una particolare qualificazione degli indizi ai fini del giudizio a cognizione piena ed esauriente, nel senso che essi devono essere, non soltanto gravi, bensi’ anche precisi e concordanti (Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 1, n. 11175 del 12/02/2016, Schembri, n. m.).
Posta tale cornice, la verifica in punto di gravita’ indiziaria va effettuata sulla scorta del principio secondo cui il giudizio di legittimita’ relativo alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex articolo 273 c.p.p.) deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: in particolare, il controllo di legittimita’ non puo’ intervenire nella ricostruzione dei fatti, ne’ sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilita’ delle fonti e la rilevanza dei dati probatori. Di conseguenza, ove sia denunciato il vizio di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di legittimita’ deve controllare essenzialmente se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza della gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato e verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze probatorie con la peculiarita’ sopra chiarita (v. sull’argomento Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 1, n. 50466 del 15/06/2017, Matar, n. m.; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
Corollario di questa premessa e’ che certamente l’indizio o gli indizi, purche’ gravi, ben possono sorreggere il motivato convincimento dei giudici della cautela circa l’evenienza del corrispondente presupposto fissato dall’articolo 273 cit.: naturalmente la motivazione deve dare adeguato conto della natura di effettivo indizio dell’elemento considerato, nel senso che il fatto posto a base del procedimento inferenziale risulti a sua volta di sicuro accertamento, inteso, non in senso assoluto e naturalistico, bensi’ quale portato della verifica processuale alla stregua degli elementi di prova acquisiti, giacche’ il fatto che si prospetta come indizio non deve essere verosimilmente accaduto, supposto o intuito sulla scorta di piu’ o meno opinabili congetture, ma deve ricevere preciso riscontro nelle evidenze raccolte.
E naturalmente e’ necessario che l’indizio o la pluralita’ di indizi raccolti collochino la loro valenza significativa della futura probabile colpevolezza dell’accusato al succitato livello della gravita’.
3.3. Alla stregua di questa premessa, i rilievi difensivi sono da ritenersi fondati nella parte in cui denunciano la carenza di motivazione adeguata in punto di accertamento dell’attendibilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS), relativamente al riconoscimento di (OMISSIS) sul luogo del delitto, immediatamente dopo lo sparo che aveva colpito (OMISSIS) mentre si allontanava in compagnia di un’altra persona.
Trattasi, come evidenziano i giudici del riesame, di un elemento di fondamentale importanza, posto a base dell’intero compendio accusatorio. La qualificazione dell’elemento come indiziario, con forza pero’ evidentemente molto elevata, dipende dal fatto che in ogni caso, secondo il Tribunale, il dichiarante non ha affermato di aver visto (OMISSIS) nell’atto dello sparo, ma di averlo visto mentre si allontanava dal luogo del fatto poco dopo il secondo degli spari, quello che aveva ucciso il fratello.
L’analisi compiuta dagli stessi giudici del riesame per confutare le obiezioni della difesa in punto di coerenza intrinseca e di verifica estrinseca di questo importante narrato si appalesa non lineare e, in ogni caso, insufficiente rispetto alla oggettiva delicatezza della dialettica procedimentale emersa.
Non risulta spiegata in modo convincente la ragione per la quale – pur tenendo conto della disperazione che ben poteva essersi impadronita di (OMISSIS) quando aveva scorto il fratello ucciso da un colpo di fucile vicino a lui nelle prime due comunicazioni, quella delle 17:43 del (OMISSIS), innescata dalla sua chiamata ai Carabinieri, e quella delle 17:52, innescata dalla chiamata di riscontro del 118, egli non aveva riferito di aver visto qualcuno allontanarsi o fuggire dal luogo in cui era avvenuto il fatto, ma invece di avere sentito una sparatoria e di non aver visto chi fosse.
Il nome di (OMISSIS) veniva poi da lui fatto nella successiva comunicazione delle ore 18:12 e poi nella successiva denuncia effettuata alla ore 21:00 dello stesso giorno nonche’ nelle dichiarazioni rese nelle susseguenti sessioni.
Ricordato che al verificarsi dell’evento andava aggiunta, secondo le affermazioni di (OMISSIS), la circostanza dell’incontro poco prima da parte sua e del fratello, in orario indicato volta a volta nelle 17:30 o nelle 17:15, mentre rientravano verso l’ovile con il gregge di pecore con la moglie di (OMISSIS), che protestava per il passaggio del gregge, all’altezza al podere della famiglia (OMISSIS) e del successivo transito dell’autovettura Suzuki con a bordo (OMISSIS) e la moglie lungo la strada rurale che portava al paese, con la perpetrazione da parte di (OMISSIS) del gesto minatorio diretto ad (OMISSIS), erano emersi interrogativi non secondari al fine di svolgere una verifica piu’ approfondita dell’attendibilita’ intrinseca del suddetto congiunto della vittima.
Al riguardo la difesa aveva sottolineato la necessita’ di porre mente agli orari delle varie comunicazioni avute da (OMISSIS) dopo il delitto, di dare una spiegazione piu’ specifica alle differenze fra il contenuto di tali comunicazioni, di fornire una congrua giustificazione circa le discrasie enucleate nelle affermazioni reso dallo stesso dichiarante nelle sessioni del 6 marzo, del 7 marzo, del 14 marzo e del 14 giugno 2017.
Sempre sotto tale profilo era emersa la necessita’ di spiegare la ragione per la quale, pur essendosi assunto il momento dell’omicidio fra le ore 17:06 e le ore 17:24 del (OMISSIS), soltanto alle ore 17:43 (OMISSIS) aveva chiamato i Carabinieri, dopo che il prospetto delle chiamate effettuate dal suo telefono cellulare evidenziava che fin dalle ore 17:38 erano partite altre quattro chiamate, alla sorella (OMISSIS), alla madre, ancora alla madre e, senza risposta, a (OMISSIS): elementi tali da legittimare la presunzione che fosse gia’ avvenuto il fatto e che (OMISSIS) stesse contattando queste altre persone non allontanandosi dal corpo del fratello, li’ dove nella sua prospettazione, udito lo sparo, si era posto all’inseguimento delle due persone scorte subito dopo e nel frattempo aveva contattato il 112 dei Carabinieri.
Sotto tale profilo, il discorso giustificativo reso dal Tribunale si e’ concentrato sulla considerazione – in se’ corretta, ma da sola oggettivamente inadeguata del rilievo che (OMISSIS) aveva subito il trauma di aver visto morire il carissimo fratello gemello sotto suoi occhi ed e’ poi trascorso all’esame delle circostanze ritenute idonee a riscontrare in via estrinseca il narrato in questione, ossia il contenuto delle intercettazioni delle conversazioni ambientali e telefoniche intercorse fra i familiari della vittima, ossia fra la madre ( (OMISSIS)) e una sorella ( (OMISSIS)) di (OMISSIS) e fra quest’ultimo e gli altri familiari (il padre e la madre), peraltro analizzate piu’ nel senso di corroborare l’assunto dell’estraneita’ al delitto dello stesso (OMISSIS) e del padre (OMISSIS) (entrambi risultati negativi all’esame STUB), nonche’ sulla compatibilita’ fra i risultati dell’estrapolazione delle immagini dall’impianto di videosorveglianza della casa dello stesso indagato, oltre che dal sistema di videosorveglianza dell’impianto di distribuzione di carburante IBP posto sul percorso, e la presenza di (OMISSIS) sul luogo del delitto all’ora della sua consumazione.
Eppero’, per un verso, sono restate inevase le sopra indicate questioni poste dalla difesa in tema di verifica dell’attendibilita’ intrinseca di (OMISSIS) e, per altro verso, non risulta data congrua risposta alle obiezioni che, sotto il profilo della verifica estrinseca dell’attendibilita’, la difesa dell’indagato aveva sollevate, in primo luogo, in ordine all’esito negativo della ricerca – effettuata dagli inquirenti alle ore 19:00 dello stesso (OMISSIS) e perfezionata anche dopo, al sorgere della luce solare – di tracce di sorta di pneumatici di autovetture nella zona indicata da (OMISSIS) come quella in cui (OMISSIS) da lui scorto era salito a bordo della sua autovettura fuoristrada.
Era stato anche evidenziato – con il riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS) e alla sua telefonata alle ore 17:28 del (OMISSIS) all’amico (OMISSIS), dopo avere udito due susseguenti colpi di fucile, da lui attribuiti alla caccia al cinghiale – il problema dell’esatto orario dell’omicidio, poiche’, se si annetteva concreta possibilita’ al fatto che il secondo sparo udito da (OMISSIS) era quello relativo al colpo che aveva ucciso (OMISSIS), la registrazione del passaggio dell’autovettura di (OMISSIS) alle ore 17:27:55 nei pressi della telecamera del distributore di carburante IBP, pur tenendo conto del modesto tempo di percorrenza (dagli inquirenti stimato in 02:40 minuti) fra tale distributore e il luogo del fatto, determinava un oggettivo elemento di incompatibilita’ o comunque l’esigenza di una piu’ approfondita verifica di compatibilita’.
La difesa dell’indagato, sempre contestando l’attendibilita’ di (OMISSIS), ha pure fatto riferimento alle evidenziate testimonianze – quelle di (OMISSIS), padre della vittima, e (OMISSIS) – che, riferite a colloqui con il suddetto (OMISSIS), le quali avevano fatto emergere che il dichiarante a tali altri soggetti non aveva riferito di aver riconosciuto alcuno dopo l’uccisione del fratello.
Tali questioni avrebbero dovuto essere specificamente esaminate, in quanto essi si proponevano come logicamente rilevanti al fine di valutare anche dal punto di vista estrinseco l’attendibilita’ della fonte di accusa.
La mancanza di una disamina diretta e con motivazione adeguata degli indicati punti da parte dei giudici del riesame (che anche con riferimento alla ricostruzione degli spostamenti dell’autovettura Suzuki nell’immediato antefatto e nel post factum si sono limitati a richiamare i corrispondenti passaggi della richiesta del P.m. non ritenendo di svolgere considerazioni specifiche in risposta alle questioni sollevate dalla difesa) determina il rilievo di una frattura nella coerenza del discorso giustificativo, poiche’ il Tribunale, dopo avere annesso peso determinante alla fonte dichiarativa costituita da (OMISSIS), non ha compiuto il necessario percorso logico per poterne asseverare l’attendibilita’ intrinseca ed estrinseca.
3.4. La censura corrispondentemente svolta dal ricorrente si rivela nel descritto senso fondata, dovendo ritenersi contraddittoria e carente la motivazione dell’ordinanza impugnata, gia’ per il solo fatto di essere risultata priva dell’adeguata verifica in concreta proiezione indiziante della principale fonte di accusa.
Cio’, fermo restando che il ruolo centrale della dichiarazione di (OMISSIS) evidenziato dal provvedimento del Tribunale – pur nella non irrilevante presenza del dato dei cattivi rapporti fra indagato e vittima per questioni di pascolo e attraversamento di fondi, fino alla denuncia telefonica ai Carabinieri di poco antecedente al fatto – non avrebbe dovuto, in ogni caso, precludere ai giudici del riesame di affrontare in modo espresso gli ulteriori elementi del quadro accusatorio per soppesarne la valenza a fronte delle contestazioni mosse dai rilievi difensivi, con particolare riguardo in ordine:
– all’esigenza, in rapporto alla rilevazione sul giubbotto dell’indagato delle due particelle compatibili con lo sparo, di vagliare se, al di la’ delle altre questioni, quella rilevazione mancasse o meno del numero minimo delle particelle PbBaSb necessarie per annettere, sotto il profilo scientifico, significativita’ al reperto;
– all’analisi degli spostamenti dell’indagato, in relazione all’autonomia della sua posizione rispetto a quella del coindagato (OMISSIS) (gli elementi, di diverso spessore, a carico di quest’ultimo risultando effettivamente citati anche a carico di (OMISSIS), senza adeguata specificazione della logica necessarieta’ del vincolo fra le due posizioni) e in relazione alle dichiarazioni della moglie (OMISSIS), anche per la spiegazione sul dove si trovasse costei al momento del fatto, se si era accompagnata al marito fino al tempo appena antecedente;
– alla valutazione sotto il profilo logico, pure ai fini trattati come subordinati dal ricorrente della contestata circostanza aggravante della premeditazione, della denuncia di (OMISSIS) del comportamento ritenuto prevaricatore dei pastori (OMISSIS) in tempo immediatamente precedente al fatto.
3.5. Nella prospettata, necessaria rinnovazione del vaglio motivazionale avente ad oggetto i gravi indizi di colpevolezza, infine, non pregiudizialmente scorretto appare, con la precisazione che segue, il riferimento fatto dal Tribunale al silenzio serbato dall’indagato.
Esso richiama il generale assunto secondo cui, se e’ vero che l’esercizio da parte dell’indagato della facolta’ di non rispondere o di non collaborare non consente di desumere alcuna prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati, o altra conseguenza negativa diversa dall’impossibilita’ di accedere ad eventuali benefici che possono legittimamente derivare dalla collaborazione, tenuto conto, fra l’altro, del (pur collocato in posizione marginale) riferimento di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera a), (Sez. 6, n. 38139 del 24/09/2008, Gomez Gabriel, Rv. 241321), si coglie del pari la possibilita’ che, fermo il diritto al silenzio normativamente garantito all’indagato, il giudice, al fine della verifica di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 c.p.p., tenga conto in modo motivato della circostanza che ai fatti narrati dalla persona offesa nelle sue dichiarazioni accusatorie non venga contrapposta alcuna diversa versione dell’indagato che si sia avvalso della facolta’ di non rispondere (Sez. 3, n. 45245 del 30/09/2014, Yordanov, Rv. 260967; Sez. 3, n. 17205 del 14/04/2010, B., Rv. 246996).
Questo assunto – deve pero’ specificarsi – presuppone che sia assodata l’acquisizione aliunde di un quadro di elementi dotato di forza indiziaria sua propria, vale a dire l’emersione di una situazione in cui – sul fatto prospettato come di comune conoscenza dell’indagato e del suo accusatore, specialmente se persona offesa, rispetto al quale rilevi strutturalmente il significato della possibilita’ di una ricostruzione alternativa – sussista la versione del secondo, connotata da adeguata attendibilita’, e si verifichi il totale silenzio del primo, rinunciante per scelta a dedurre una diversa configurazione storica del fatto oggetto di dimostrazione in funzione destrutturante dell’avversa, gia’ esternata e autonomamente validabile ricostruzione: situazione che non puo’ dirsi essere affiorata nel caso di specie sulla scorta della carente motivazione del provvedimento impugnato.
4. L’approdo raggiunto sull’argomento della gravita’ indiziaria determina la conseguente necessita’ di accogliere il secondo motivo del ricorso proposto da (OMISSIS) e – assorbito il terzo, inerente alle esigenze cautelari – di annullare l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Potenza per nuovo esame, da effettuarsi alla stregua dei principi esposti in punto di necessaria completezza e coerenza motivazionale.
Non comportando – la presente decisione – la rimessione in liberta’ dei ricorrenti, segue altresi’ la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Potenza, Sezione per il riesame.
Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del presente provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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