Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 novembre 2024| n. 28413.
Il diritto agli interessi moratori
Massima: In caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto agli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza necessità di specificare, nella domanda giudiziale, la natura e la misura degli interessi richiesti.
Ordinanza|5 novembre 2024| n. 28413. Il diritto agli interessi moratori
Data udienza 11 giugno 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Obbligazioni in genere – Obbligazioni pecuniarie – Interessi – Saggio degli interessi obbligazioni ‘ex contractu’ – Inadempimento – Interessi ex artt. 4 e 5 d.lgs. n. 231 del 2002 – Applicabilità – Condizioni.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere-Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8078/2022 R.G. proposto da:
OTM DI Ma.Di.E C. Sas, in persona del legale rappresentante p.t e socio accomandatario, Ma.Di., rappresentata e difesa dall’avvocato FA.ZI. (Omissis-FRZ73C25C129D), pec: (Omissis;
-ricorrente-
contro
AC. Srl, in persona del suo rappresentante legale p.t., Ip.Ma., domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CA. presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DA.RO. (Omissis);
-controricorrente-
e sul ricorso incidentale condizionato proposto da:
AC. Srl, in persona del suo rappresentante legale p.t., Ip.Ma., domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CA. presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DA.RO. (Omissis);
-ricorrente incidentale –
contro
OTM DI Ma.Di. E C Sas, in persona del legale rappresentante p.t e socio accomandatario, Ma.Di., rappresentata e difesa dall’avvocato FA.ZI. (Omissis), pec: (Omissis);
-controricorrente all’incidentale –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3313/2021 depositata il 14/09/2021.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dell’11/06/2024 dal Consigliere MARILENA GORGONI.
Il diritto agli interessi moratori
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Adducendo l’invalidità e l’inefficacia dell’atto di cessione del credito del 7 aprile 2014 nonché l’avvenuto pagamento della somma di Euro 79.650,00 a saldo delle fatture nn. 104/2013 e 112/2013, e opponendo la compensazione della restante somma con il credito per maggiori costi di lavorazione sostenuti a causa del recesso senza preavviso della S.T., la società A.C. Srl proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Napoli, al decreto n. 6701/2014 con cui le era stato ingiunto il pagamento di Euro 157.033,06, oltre agli interessi ex D.Lgs. n. 231/2002, a favore della O.T.M. di Ma.Di. E c. Sas, cessionaria del credito vantato da Pi.Pr. Srl che aveva incorporato la S.T. Spa
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 10455/2016, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo n. 6701/2014.
La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 3313/2021, depositata in data 14/09/2021, ha accolto il quarto motivo di appello della società O.T. e, per l’effetto, ha riformato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva negato che vi fosse stata da parte dell’opponente una valida ed efficace imputazione di pagamento della somma di Euro 79.650,00, pertanto, ha revocato il decreto ingiuntivo ed ha condannato la società O.T. al pagamento di Euro 89.199,91, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, dopo aver sottratto dal dovuto anche l’importo di Euro 14.080,98, corrisposto in corso di giudizio.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società O.T. propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la società A.C. Srl, che spiega altresì ricorso incidentale condizionato, sulla base di unico motivo, illustrato da memoria.
Il diritto agli interessi moratori
Resiste al ricorso incidentale la società O.T.M. di Ma.Di. E C. Sas
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e omessa pronuncia in ordine a un capo di domanda, ex art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ.
Deduce: a) che aveva chiesto, sin dal ricorso per decreto ingiuntivo, il calcolo degli interessi sulla somma spettantele, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 231/2002; b) che il decreto n. 6701/2014 ingiungeva alla società A.C. Srl il pagamento di Euro 129.779,39 oltre agli interessi di cui al D.Lgs. n. 231/2002 dal 7 maggio 2014 fino al soddisfo; c) che detto capo di sentenza non era stato impugnato dall’ingiunta e che quindi era passato in giudicato; d) che aveva tentato di ottenere la determinazione degli interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002 rivolgendosi al giudice dell’esecuzione, il quale aveva rigettato la richiesta, sostenendo che il provvedimento monitorio era stato interamente revocato dalla sentenza d’appello, la quale soltanto rappresentava il titolo esecutivo e che detta sentenza non conteneva alcun riferimento al tasso di interessi di cui al D.Lgs. n. 231/2002; e) che aveva anche adito la Corte d’Appello di Napoli, chiedendo che venisse disposta la correzione per errore materiale del capo di sentenza qui impugnato, ma che detta istanza era stata rigettata, con ordinanza del 26 gennaio 2022, perché non sussistevano i caratteri dell’errore materiale.
2) Con il secondo motivo denunzia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 231/2002 e della dir. 2000/35/CE nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1263 e 1284 cod. civ. in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3, cod. proc. civ.
Specificamente sostiene che il D.Lgs. n. 231/2002, allo scopo di eliminare i ritardi nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie nelle transazioni commerciali, ha previsto la decorrenza automatica degli interessi di mora, senza necessità di costituzione in mora del debitore, a decorrere dal giorno successivo previsto per il pagamento.
La Corte d’Appello, riformando in ordine al quantum la condanna dell’opponente, sottraendo dall’importo oggetto del provvedimento monitorio quello recato dalle fatture nn. 104/2013 e 112/2013, già saldate, nonché quello di Euro 14.080,88 corrisposto in corso di causa, e stabilendo che sull’importo di Euro 89.199,91 fossero dovuti gli interessi legali dalla domanda al saldo, anziché indicare come dovuti gi interessi di cui al D.Lgs. n. 231/2002 dal 7 maggio 2014, ovvero dalla data di messa in mora al saldo, avrebbe violato il D.Lgs. n. 231/2002, applicando il quale le sarebbero spettati, dal 7 maggio 2014, gli interessi nella misura maggiorata dell’8%.
In aggiunta, secondo la società ricorrente, è da escludere che la Corte d’Appello abbia inteso applicare l’art. 1284, 4 comma, cod. civ., visto che detta prescrizione, essendo applicabile solo dall’11/12/2014, non lo era all’epoca in cui era stato depositato il ricorso per decreto ingiuntivo.
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3) Con il terzo motivo denunzia, ex art. 360, 1 comma, n. 5, cod. proc. civ., l’erronea, contraddittoria e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, non avendo la Corte d’Appello spiegato perché ha applicato gli interessi di cui all’art. 1284, 1 comma, cod. civ., travolgendo la pronuncia del Tribunale sul punto.
4) I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per evidenti ragioni di connessione, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Premesso che non merita accoglimento l’eccezione di acquiescenza sollevata da parte controricorrente (è sufficiente rilevare quanto riferito dalla società OT. supra par. 1), va osservato che:
a) non si è formato il giudicato sulla determinazione degli interessi né sulla relativa ricorrenza, atteso che l’appellante ha domandato la riforma integrale della sentenza di prime cure, e che all’esito della riforma della medesima relativamente al quantum debeatur ex art. 336, 1 comma, cod. proc. civ., rimangono travolti anche i capi di sentenza, benché non impugnati autonomamente, sono da detta statuizione dipendenti, in quanto necessariamente collegati al capo di sentenza impugnato (Cass. 08/02/2011, n. 3129; Cass. 25/09/2918, n. 22776);
b) sulla misura degli interessi il giudice di prime cure non si è specificamente pronunciato, essendosi limitato a rigettare l’opposizione al decreto ingiuntivo e a confermare quest’ultimo, sicché l’odierna ricorrente, risultata totalmente vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, ex art. 346 cod. proc. civ. avrebbe dovuto riproporre la richiesta di determinazione degli interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002, dichiarata assorbita dal giudice di prime cure, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante dal suo comportamento omissivo;
c) infatti, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, 2 comma, cod. proc. civ. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, 2 comma, cod. proc. civ.), né sufficiente la mera riproposizione.
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Al contrario, la mera riproposizione è utilizzabile, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se compete anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345, 2 comma, cod. proc. civ. (Cass. 23/05/2024, n. 14387).
Né può sottacersi che, come eccepito anche dalla controricorrente nei propri scritti difensivi, la ricorrente non solo non ha riproposto la domanda di liquidazione degli interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002 a far data dal 7 maggio 2014 (data di notificazione della cessione del credito), ma nel riportare le proprie conclusioni nel giudizio di appello (cfr. p. 22 del ricorso e p. 3 dell’impugnata sentenza) dimostra di aver domandato la conferma della condanna di controparte al pagamento della complessiva somma di Euro 157.033,06, “oltre interessi legali fino all’effettivo soddisfo”.
Ebbene, nonostante la natura semplicemente illustrativa della comparsa conclusionale, la giurisprudenza di questa Corte riconosce la possibilità di rinunciare, per mezzo di essa, a qualche capo di domanda, con correlativa restrizione del thema decidendum (Cass. 22/07/1971, n. 24341; Cass. 15/04/2014, n. 8737).
Il che porterebbe a credere, ragionando a fortiori, che la parte appellata, indicando specificamente il saggio legale degli interessi domandati, abbia voluto delimitare in tale modo la res litigiosa. E, nel medesimo caso, è chiaro che detta avvenuta specificazione impedirebbe alla parte di contestare nell’ulteriore corso del giudizio la decisione che si fondi sulla richiesta dalla stessa in tale modo specificata (essendo la fattispecie assimilabile a quella in cui i profili determinativi del petitum siano specificati ab initio). In forza di tali considerazioni, deve (quantomeno) escludersi che la Corte d’Appello sia incorsa nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
5) Dette considerazioni, valevoli in astratto, non lo sono tuttavia nel caso concreto.
Due sono gli aspetti problematici che richiedono un approfondimento:
i) se, quand’anche la parte abbia chiesto, come è da ritenersi avvenuto – per le ragioni esposte – nel caso di specie, la liquidazione degli interessi al saggio legale, il giudice, dinanzi al quale penda un giudizio in cui viene contestata la debenza del credito ingiunto, tenuto, perciò, a verificare non soltanto l’effettivo importo spettante al creditore, ma anche il momento dal quale sono dovuti gli interessi e la relativa misura, debba liquidare, sussistendone i presupposti, gli interessi maggiorati, non essendo sul punto necessaria una specifica richiesta degli interessi ex D.Lgs. n. 231/2002;
ii) la rinunciabilità degli interessi moratori nella misura di cui al D.Lgs. n. 231/2002.
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5.1) Su tale ultima questione la giurisprudenza di questa Corte si è già pronunciata: cfr. Cass. 08/02/2023, n.3736; Cass. 19/05/2022, n.16273, occupandosi proprio della rinunciabilità degli interessi maggiorati, attesa la modifica dell’art. 7 del D.Lgs. n. 231/2002 ad opera del D.Lgs. n. 192/2012, questa Corte ha ritenuto preferibile l’interpretazione che riconosce continuità tra vecchia e nuova formulazione delle norme in esame in forza di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza IOS Finance EFC del 16 febbraio 2017, a mente della quale occorre evitare che la rinuncia da parte del creditore agli interessi di mora non intervenga a partire dalla conclusione del contratto, vale a dire nel momento in cui si esercita la libertà contrattuale del creditore ed è possibile il rischio di un abuso di tale libertà da parte del debitore a danno del creditore. In altri termini, non può negarsi al creditore la libertà di rinunciare agli importi dovuti a titolo di tali interessi, ma la rinuncia deve essere valutata dal giudice di merito, onde verificare le condizioni in cui è stata espressa.
E, nel caso di specie, l’impugnata sentenza non si è espressa né direttamente né indirettamente sulla eventuale ricorrenza di una rinuncia.
5.2) Il che impone di esaminare la prima questione, assumente carattere dirimente.
5.3) Prima però va osservato che la liquidazione degli interessi al saggio legale dalla domanda al saldo disposta con l’impugnata sentenza non è corretta, come pretende la controricorrente, in ragione del fatto che sia stato rideterminato il quantum debeatur in senso favorevole alla ricorrente e che, per l’effetto, sia stato revocato il decreto ingiuntivo opposto. Ciò non ha fatto venir meno, infatti, gli effetti della mora, vale a dire, per quanto specificamente rileva, la debenza degli interessi moratori. I crediti pecuniari producono dal giorno della mora interessi in misura legale o, se ne era stata predeterminata la misura, convenzionale (art. 1224, 1 comma, cod. civ.).
La mora del debitore di un’obbligazione pecuniaria tuttavia non è esclusa né dalla illiquidità del credito, né dalla difficoltà di determinarne l’esatto ammontare, né dalla contestazione della misura di esso da parte del debitore, in quanto nel nostro ordinamento non vige il principio romanistico in illiquidis non fit mora (ex multis, cfr. Cass. 22/04/2021, n.10599).
La mora non e esclusa dalla difficolta di determinare l’esatto ammontare del credito né dalla contestazione del suo ammontare da parte del debitore, ma solo “dall’impossibilità di adempiere derivante da una causa non imputabile (art. 1218 cod. civ.), ipotesi non concepibile con riferimento alle obbligazioni pecuniarie.
Infatti, quando il debitore contesti che la pretesa creditoria eccede l’importo effettivamente dovuto, per sottrarsi agli effetti della mora ed in particolare al pagamento degli interessi ha l’onere di ricorrere agli istituti dell’offerta formale (art. 1207 cod. civ.) o secondo gli usi (art. 1214 cod. civ.), depositando la somma che ritiene effettivamente dovuta.
In mancanza, “l’atto di costituzione in mora di un credito illiquido produrrà sempre i suoi effetti, sia pure limitatamente alla parte del credito che, all’esito del giudizio di accertamento, risulterà in concreto dovuta” (così Cass. 23/09/2021, n. 25891).
5.4) Altrettanto pacifico, nonostante i dubbi di parte controricorrente, è che la cessione del credito abbia trasferito alla cessionaria il diritto agli interessi di cui al D.Lgs. n. 231/2002.
Il diritto agli interessi moratori
L’art. 1263 cod. civ., al primo comma, prevede che in conseguenza della cessione il credito viene trasferito al cessionario con tutti i privilegi, le garanzie personali e reali e con gli altri accessori. Tale norma va interpretata nel senso di ricomprendere nella cessione del credito anche la somma delle utilità che il creditore può trarre dall’esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, rientrandovi, dunque, anche gli interessi scaduti dopo la cessione (e non, salvo patto contrario, quelli scaduti prima), alle condizioni e nella misura in cui, secondo la legge, essi erano dovuti al creditore cedente. In tale ottica, non v’è dubbio che nel concetto di “accessorio” del credito si possa ricomprendere anche l’importo spettante ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002.
5.5) Né può sostenersi che la Corte d’Appello, liquidando gli interessi al saggio legale dalla domanda al saldo, abbia potuto fare applicazione dell’art. 1284, 4 comma, cod. civ., il quale prevede che: “Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”. Sono corretti i rilievi sul punto della ricorrente, perché la disposizione aggiunta dall’art. 17 del D.L. n. 132 del 2014, conv. con modif. dalla L. n. 162 del 2014, si applica, ai sensi del comma 2 del citato art. 17, dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione (cfr. Cass. 28/03/2024, n.8402), quindi, non era applicabile alla vicenda per cui è causa.
5.6) Peraltro, Cass., Sez. Un., 13/5/2024, n. 12974 e Cass., Sez. Un., 7/5/2024, n.12449 hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Ove il giudice disponga il pagamento degli “interessi legali” senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
5.7) E comunque l’art. 1284, 4 comma, cod. civ. si applica a fattispecie cui non sia direttamente applicabile la disciplina speciale di cui al D.Lgs. n. 231/2002, e ha proprio lo scopo di estendere anche ad ambiti diversi da quelli già considerati da tale disciplina l’applicabilità del tasso ivi previsto, ove non diversamente pattuito tra le parti (Cass. 31/05/2019, n.14911).
5.8) Ancora: quand’anche la Corte d’Appello avesse inteso liquidare gli interessi ai sensi dell’art. 1284, 4 comma, cod. civ. il problema continuerebbe a porsi, perché un conto sono gli interessi dalla domanda al saldo altro sono gli interessi moratori per il periodo antecedente (è sufficiente il rinvio a Cass. 3/01/2023, n. 61 quanto al differente ambito di applicazione dell’art. 1224 e dell’art. 1284, 4 comma, cod. civ.).
6) Ciò posto, al primo interrogativo deve darsi risposta affermativa.
In tema di obbligazioni pecuniarie, in effetti, gli interessi (contrariamente a quanto avviene nell’ipotesi di somma di danaro dovuta a titolo di risarcimento del danno, di cui integrano una componente necessaria) hanno fondamento autonomo rispetto al debito cui accedono e, pertanto, corrispettivi, compensativi o moratori che siano possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., soltanto su espressa domanda della parte ma, ove questa non specifichi la natura degli accessori richiesti, si presumono domandati gli interessi corrispettivi.
Il diritto agli interessi moratori
Con specifico riguardo agli interessi moratori previsti dal D.Lgs. n. 231/2002 si è, tuttavia, condivisibilmente affermato che “nel caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 4 e 5 con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza che vi sia bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza che nella domanda giudiziale il creditore debba specificare la natura e la misura degli interessi richiesti” (Cass. 31/5/2019, n. 14911).
L’applicabilità degli interessi moratori nella misura prevista dal D.Lgs. 231/2002, art. 5, discende ex lege dall’essere la prestazione pecuniaria cui esse accedono dovuta a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, “indipendentemente da una specifica richiesta del creditore”; ciò si ricava univocamente dal testuale dato positivo, oltre che dalla sua ratio: “a norma del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 3, infatti, il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, ai sensi degli artt. 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. Prevede poi l’art. 4, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis, che “gli interessi decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento”, poi disponendo, al comma 2, con riguardo alle ipotesi di mancata fissazione di un termine negoziale, la decorrenza degli interessi dopo un lasso di tempo volta a volta determinato ma sempre “senza che sia necessaria la costituzione in mora”. Si coglie dunque agevolmente la portata innovativa di tale disciplina rispetto a quella ordinaria quale desumibile dagli artt. 1219 e 1224 cod. civ. Quest’ultimo, giova rammentare, dispone, al comma 1: “nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali…”. L’art. 1219 cod. civ. a sua volta dispone al 1 comma che “il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”. Fino all’emanazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, quindi, gli interessi di mora sulle ordinarie transazioni commerciali non decorrevano automaticamente, bensì era necessaria una formale presa di posizione, sotto forma di intimazione o richiesta scritta, da parte del creditore. Proprio argomentando da tale disciplina, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che gli interessi di mora, avendo un fondamento autonomo rispetto all’obbligazione pecuniaria principale cui accedono, possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda della parte creditrice, che ne indichi la fonte e la natura…. Con il D.Lgs. n. 231 del 2002, il legislatore, mirando – in attuazione della direttiva 2000/35/CE – ad eliminare gli eccessivi ritardi nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie nelle transazioni commerciali, ha ribaltato, con riferimento a tale specifico settore, il sistema così descritto, prevedendo la decorrenza automatica degli interessi di mora, senza necessità di costituzione in mora del debitore, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento. Ne discende che nessuna domanda, né tanto meno alcuna specificazione della natura degli interessi richiesti, è necessaria affinché questi siano riconosciuti, sorgendo il relativo debito, ex lege, dallo stesso fatto originatore del credito cui essi accedono e alla scadenza dei termini previsti per il suo pagamento”: in termini Cass. 13/12/2022, n. 36246. E poiché il giudice procede alla liquidazione di tali interessi in via ufficiosa, senza che sia a tal fine necessaria una domanda espressa dell’avente diritto, deve ritenersi irrilevante il fatto che detti interessi siano stati richiesti e/o che siano stati richiesti gli interessi al saggio legale.
Il diritto agli interessi moratori
7) Con unico motivo la ricorrente in via incidentale condizionata denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 336 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3, cod. proc. civ.
Premesso di aver contestato sin dall’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo introduttivo del giudizio di primo grado sia l’an che il quantum della pretesa azionata dalla società O.T., la ricorrente sostiene che la Corte d’Appello era tenuta, una volta riformata la sentenza di prime cure e revocato il decreto ingiuntivo, a far decorrere gli interessi dalla pronuncia di secondo grado, essendo quello il momento in cui il credito azionato era risultato certo nell’an e nel quantum, in ossequio al principio enunciato da Cass. 6012/2020.
Il motivo è infondato.
In aggiunta a quanto già rilevato supra par. 5.3, occorre osservare che la pronuncia richiamata dalla ricorrente non è pertinente, perché non riguarda gli interessi moratori.
8) il ricorso incidentale condizionato va pertanto rigettato.
9) Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso principale e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
10) Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 10 giugno 2024 dalla Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2024.
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