Il diniego o la revoca del permesso di soggiorno UE

Consiglio di Stato, Sentenza|13 aprile 2021| n. 3022.

L’attuale previsione dell’art. 9, commi 4 e 7, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998 richiede che il diniego o la revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo siano sorretti da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo in relazione alla circostanza dell’intervenuta condanna, ma incentrata su più elementi, segnatamente tenendo conto anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, con esclusione di ogni ‘automatismò in conseguenza di condanne penali riportate.

Sentenza|13 aprile 2021| n. 3022

Data udienza 30 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Stranieri – Lungo soggiornanti – Permesso di soggiorno – Diniego o revoca – Pericolosità sociale – Necessaria valutazione – Art. 9, commi 4 e 7, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998 – Applicazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6057 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Mi. Bu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Questura di Trento non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.R.G.A. – della Provincia di Trento n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. n. 137/2020 convertito in legge n 176/2020;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021 il Cons. Stefania Santoleri; quanto alla presenza degli avvocati si fa rinvio al verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TRGA di Trento, il ricorrente – cittadino albanese – residente in Italia da oltre venti anni, ha impugnato il decreto del Questore di Trento del 3/12/2019, di revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Con tale ricorso ha rappresentato la carenza di motivazione del provvedimento impugnato: secondo il ricorrente, infatti, l’Amministrazione avrebbe desunto la sua pericolosità sociale dal titolo del reato per il quale era stato condannato e non avrebbe effettuato una approfondita valutazione della sua particolare condizione, come previsto dall’art. 9, comma 4, del d.lgs. 286/98, con riferimento alla “durata del soggiorno nel territorio nazionale, al suo inserimento sociale, familiare e lavorativo”; in sostanza, il ricorrente ha lamentato l’omessa effettiva ponderazione comparativa degli opposti interessi, quello alla pubblica sicurezza e quello privato alla tutela della vita familiare, che coinvolge non solo il cittadino straniero ma anche i suoi congiunti, nella fattispecie la moglie ed i tre figli nati in Italia.
2. – Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso sottolineando che il Questore avrebbe correttamente applicato la norma dell’art. 9 del d.lgs. n. 286/98, in quanto dalla disamina del provvedimento sarebbe emerso che, prima di disporre la revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, sarebbe stata valutata attentamente la specifica condizione del ricorrente: nello stesso provvedimento sarebbe stato dichiarato che la valutazione sarebbe stata effettuata “non in maniera automatica e superficiale”, ma dopo aver “analizzato tutto il percorso sul territorio nazionale dell’interessato, sull’effettivo comportamento dello stesso e sugli altri elementi valutabili, come l’inserimento sociale e lavorativo”.
3. – Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto appello chiedendone l’integrale riforma; unitamente al ricorso ha proposto l’istanza cautelare chiedendo anche l’adozione di un decreto monocratico ai sensi dell’art. 56 c.p.a., tenuto conto che la revoca del permesso di soggiorno avrebbe potuto comportare danni irreversibili.
3.1 – L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
3.2 – Con decreto presidenziale n. -OMISSIS-l’istanza cautelare monocratica è stata accolta; tale decreto è stato poi confermato con ordinanza n. -OMISSIS-, nella quale è stato stigmatizzato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
4. – All’udienza pubblica del 30 marzo 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. – L’appello è fondato e va, dunque, accolto.
6. – Come anticipato, la Sezione già in sede cautelare ha rilevato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, concentrandosi sull’aspetto della pericolosità sociale del cittadino straniero (desunta sulla base del solo titolo del reato per il quale è stata disposta la condanna ex art. 444 c.p.p.), senza approfondire la questione relativa alla mancata concreta valutazione della situazione del cittadino straniero (con riferimento all’inserimento lavorativo e sociale) e soprattutto senza tener conto della sua condizione familiare, così come impone la norma dell’art. 9, comma 4, d.lgs. 286/98 e come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa.
“Secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato formatosi in tema di valutazione della pericolosità sociale in sede di diniego o revoca del permesso di soggiorno UE di lungo periodo, con particolare riferimento agli effetti di condanne ostative per reati in materia di stupefacenti e al bilanciamento dei diversi fattori relativi alla tutela di situazioni familiari e lavorative, l’attuale previsione dell’art. 9, commi 4 e 7, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998 (nella versione applicabile ratione temporis in ragione della data di adozione dell’impugnato decreto di revoca) richiede che il diniego o la revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo siano sorretti da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo in relazione alla circostanza dell’intervenuta condanna, ma incentrata su più elementi, segnatamente tenendo conto anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, con esclusione di ogni ‘automatismò in conseguenza di condanne penali riportate (v. in tal senso, ex plurimis,; v., altresì, Corte Cost. 27 marzo 2014, n. 58)” (così la sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. III 01-10-2020, n. 5755; Sez. VI, n. 4708/2016).
7. – Nel caso di specie, la motivazione sulla ponderazione degli opposti interessi deve ritenersi solo apparente, in quanto nel decreto del Questore non si forniscono elementi concreti dai quali desumere che la valutazione di pericolosità sociale, desunta dal solo titolo del reato per il quale il cittadino albanese è stato condannato, sia stata concretamente eseguita tenendo conto di tutte le circostanze del caso; neppure risulta che tale giudizio sia stato effettivamente e concretamente bilanciato con l’interesse del cittadino straniero alla permanenza nel territorio nazionale, tenendo conto dei parametri indicati dal legislatore (lunga permanenza sul territorio nazionale, svolgimento di regolare attività lavorativa, inserimento sociale, tutela della famiglia). Nella memoria difensiva l’appellante ha sottolineato di aver già dimostrato in primo grado che l’apparato motivazionale del provvedimento fosse una sorta di “stampone”, non idoneo ad assolvere alla funzione propria della motivazione dell’atto di revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, tenuto conto che il legislatore appresta ai titolari di tale titolo di soggiorno una tutela rinforzata rispetto ai soli titolari del comune permesso di soggiorno.
8. – Non si rinviene nel decreto, infatti, alcuna specifica valutazione in concreto sulla specifica condizione dell’appellante, sia in merito alla condanna penale, sia con riferimento alla sua condizione familiare e lavorativa:
quanto agli aspetti penalistici è opportuno sottolineare che:
– la condanna costituisce un episodio isolato;
– è ampio l’intervallo temporale intercorso tra la commissione del reato e la condotta successiva;
– al condannato sono state concesse le attenuanti generiche e quelle per il risarcito danno;
– con ordinanza del 12/11/2020 è stata disposta l’ammissione provvisoria alla misura alternativa in considerazione della mancanza di concreti ed attuali indici di pericolosità sociale, tenuto anche conto che il cittadino straniero dispone di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e percepisce uno stipendio mensile di circa Euro 1.700,00; dispone di idoneo domicilio presso cui vive la moglie con i tre figli minori; ha intrapreso un proficuo percorso di reintegrazione sociale;
– tale provvedimento è stato confermato in via definitiva con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Trento n. -OMISSIS-
quanto agli aspetti relativi alla condizione lavorativa, sociale e familiare risulta che:
– come già anticipato, l’appellante è titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
– dispone di una abitazione;
– ha moglie e tre figli minori che mantiene con il suo lavoro;
– risiede in Italia da oltre 20 anni; i figli frequentano la scuola italiana;
– da tali elementi si evince che l’intera famiglia è socialmente inserita nel territorio nazionale.
9. – La necessità di operare una concreta ponderazione comparativa degli interessi si desume non solo dall’art. 9 del d.lgs. 286/98 e dalla giurisprudenza nazionale già richiamata, ma anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cfr. sentenza 3/9/2020, cause riunite C-503/19 C592/19) secondo cui “L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro – come interpretata da una parte dei giudici di tale Stato – ai sensi della quale un cittadino di un paese terzo può vedersi negato lo status di soggiornante di lungo periodo in tale Stato membro per il solo motivo che ha precedenti penali, senza un esame specifico della sua situazione per quanto riguarda, in particolare, la natura del reato che ha commesso, il pericolo che egli può rappresentare per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, la durata del suo soggiorno nel territorio di tale Stato membro e l’esistenza di legami con quest’ultimo”.
10. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va annullato, per difetto di motivazione, il provvedimento impugnato in primo grado.
11. – Le spese del doppio grado possono compensarsi tra le parti tenuto conto della particolarità della fattispecie.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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