Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo Pec

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 24 settembre 2018, n. 22438.

La massima estrapolata:

Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo Pec, senza attestazione di conformità del difensore o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità sia nel caso in cui il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica di detto ricorso autenticata dal proprio difensore, sia in quello in cui, ai sensi non ne abbia disconosciuto la conformità all’originale notificatogli.

Sentenza 24 settembre 2018, n. 22438

Data udienza 17 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sez.

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez.

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7833-2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza 975/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 2/03/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2018 dal Consigliere ENZO VINCENTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per l’estinzione del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) per delega orale dell’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. – Il Consiglio di Stato, con sentenza del 2 marzo 2017, ha accolto l’appello principale proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 345/2016 – che, a sua volta, ne aveva rigettato il ricorso per l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di (OMISSIS) S.p.A. (di seguito anche (OMISSIS)) della gara di affidamento del servizio di vigilanza continuativo antincendio per tre anni per l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) e l’Istituto (OMISSIS) – e, respinto l’appello incidentale proposto dalla (OMISSIS), ha annullato l’aggiudicazione, nonche’ disposto il subentro di (OMISSIS) nel contratto di appalto, con limitazione dell’inefficacia del contratto attualmente in essere al solo periodo successivo al subentro.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) S.p.A. sulla base di due motivi, con i quali e’ dedotta la violazione dei limiti della giurisdizione di legittimita’ sia in danno dei poteri riservati dalla legge alla P.A., sia in danno del potere legislativo.
Hanno resistito con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) per la (OMISSIS); quest’ultima ha proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi, con i quali sono dedotte le violazioni gia’ postulate dal ricorrente principale, nonche’ viene lamentato il diniego della tutela giurisdizionale.
3. – In data 9 luglio (OMISSIS) S.p.A. ha depositato atto di rinuncia al ricorso sottoscritto dal proprio legale rappresentante e dai difensori nominati con procura speciale (e apposito mandato anche a rinunciare), notificato agli avvocati dei controricorrenti (OMISSIS) ed (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Alla rituale rinuncia al ricorso per cassazione da parte (OMISSIS) S.p.A., che non richiede l’accettazione delle controparti per essere produttiva di effetti processuali, segue l’estinzione del giudizio di legittimita’ introdotto con il medesimo atto di impugnazione.
2. – Il ricorso incidentale di (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto non vi e’ contestazione sulla circostanza, dedotta nell’atto di rinuncia al ricorso principale, che (OMISSIS) e (OMISSIS) “hanno definito transattivamente” le rispettive “posizioni… che le vedono contrapposte” (da intendersi, quindi, con diretta incidenza sui rapporti sostanziali inter partes), e la stessa (OMISSIS) “ha manifestato la propria adesione alla transazione”.
3. – La definizione transattiva della lite, nei termini anzidetti, consente di ritenere sussistenti le ragioni di cui all’articolo 92 c.p.c. per compensare interamente tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimita’.
4. – Il Collegio reputa, tuttavia, di doversi soffermare su una questione di particolare importanza che trova origine proprio dalla proposizione del ricorso principale e di utilizzare, cosi’, il potere, che l’articolo 363 c.p.c. assegna alla Corte di Cassazione, di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge; cio’ che la declaratoria di estinzione conseguente alla rinuncia al ricorso non impedisce (Cass., S.U., 6 settembre 2010, n. 19051).
5. – Si tratta della questione che investe il profilo della procedibilita’, ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., del ricorso predisposto in originale telematico e cosi’ notificato a mezzo posta elettronica certificata (p.e.c.).
5.1. – Il ricorso di (OMISSIS) S.p.A. e’ stato, infatti, redatto in originale telematico e sottoscritto digitalmente, per essere poi, come tale, notificato a mezzo p.e.c..
Cio’ risulta non solo dalla copia stampata del messaggio di p.e.c. depositato dalla societa’ ricorrente che indica come gli atti allegati (ricorso, procura e relata di notifica) siano file con estensione “.p7m.” e, dunque, sottoscritti con firma digitale tipo CAdES (cfr. Cass., S.U., 27 aprile 2018, n. 10266), ma, in via dirimente, dalla attestazione di conformita’ del difensore del controricorrente (OMISSIS) S.p.A. relativa al messaggio di p.e.c. ricevuto e della copia degli atti allegati – tra cui, per l’appunto, il ricorso – tutti “firmati digitalmente”.
Del ricorso in originale telematico e sottoscritto digitalmente e’ stata depositata (nel termine di cui al primo comma dell’articolo 369 c.p.c.) copia analogica informe, non sottoscritta con firma autografa dei difensori, insieme alle copie cartacee del messaggio di p.e.c. e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna prive dell’attestazione di conformita’ L. n. 53 del 1994, ex articolo 9, commi 1-bis e 1-ter.
6. – La fattispecie materiale concernente la formazione dell’atto ricorso (nativo digitale e sottoscritto con firma digitale), la sua notificazione (in originale telematico, sottoscritto digitalmente, a mezzo p.e.c.) e il suo deposito presso la cancelleria di questa Corte (in copia analogica dell’originale telematico priva di sottoscrizione autografa dei difensori, unitamente al deposito dei messaggi di p.e.c. riguardanti la notificazione del ricorso in originale telematico e della allegata procura, in copia informatica autenticata con firma digitale, senza che vi sia l’attestazione di conformita’) e’, dunque, sovrapponibile a quella esaminata da questa Corte con l’ordinanza n. 30918 del 22 dicembre 2017 (pronunciata dalla Sesta Sezione nella composizione stabilita dal par. 4.2. delle tabelle della Corte di Cassazione).
7. – In detta occasione, la ratio decidendi e il principio di diritto che hanno giustificato e sorretto l’esito dell’impugnazione in una declaratoria di improcedibilita’ del ricorso sono compendiati nella seguente massima ufficiale:
“Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformita’ priva di sottoscrizione autografa del difensore L. n. 53 del 1994, ex articolo 9, commi 1-bis e 1-ter,ne comporta l’improcedibilita’ rilevabile d’ufficio ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilita’ mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso”.
8. – Giova riportare, in sintesi, i passaggi argomentativi dell’ordinanza n. 30918/2017, che segnano in modo chiaro i termini della questione e dell’attuale approdo della giurisprudenza di legittimita’:
a) il processo telematico non e’ stato esteso al giudizio di cassazione, per cui il ricorso per cassazione puo’ essere depositato nella cancelleria della Corte esclusivamente in modalita’ analogica (cartacea), sebbene cio’ non escluda che il ricorrente possa notificare il ricorso (nativo analogico o nativo digitale; nella specie, trattasi di questa seconda ipotesi) con modalita’ telematiche;
b) il codice dell’amministrazione digitale (c.a.d., Decreto Legislativo n. 82 del 2005) riconosce un potere di attestazione di conformita’ di copie analogiche di atti digitali ai pubblici ufficiali a cio’ autorizzati (articolo 23), la’ dove un tale potere, nell’ambito del processo civile, e’ attribuito all’avvocato (cosi’ qualificato pubblico ufficiale) ai fini delle notificazioni (L. n. 53 del 1994 e successive modificazioni, articoli 6 e 9, commi 1-bis e 1-ter), concernendo il messaggio di posta elettronica certificata, i suoi allegati (nella specie e segnatamente, ricorso, procura alle liti e relazione di notifica), le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna;
c) il deposito di ricorso analogico quale mera copia di quello informatico priva della necessaria attestazione di conformita’ sottoscritta dal difensore, non e’ idoneo ad integrare quanto richiesto dall’articolo 369 c.p.c., comma 1, ed e’ quindi improcedibile;
d) in particolare, la sanzione della improcedibilita’ scatta allorquando sia stata depositata, nel termine di venti giorni dalla notificazione, soltanto una copia non autenticata e non gia’ originale del ricorso (Cass., sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9861) e, analogamente, deve ritenersi per il deposito, nel predetto termine, della relazione di notifica ed del relativo messaggio attestante il tempo della notifica dal quale decorre il termine per il deposito in cancelleria (Cass. 19 dicembre 2016, n. 26102, Cass. 28 luglio 2017, n. 18758);
e) l’improcedibilita’ del ricorso deve essere rilevata d’ufficio senza che sia necessaria un’eccezione della controparte (tra le tante, Cass., 18 settembre 2012, n. 15624 e Cass., 7 febbraio 2017, n. 3132), ne’, in contrario, puo’ avere rilievo la non contestazione della controparte in applicazione dell’articolo 2719 c.c. (Cass., 1 dicembre 2005, n. 26222; Cass., 18 settembre 2012, n. 15624; Cass., 8 ottobre 2013, n. 22914; Cass., 26 maggio 2015, n. 10784), quale regola che attiene all’ambito probatorio inter partes e non invoca bile la’ dove si devono effettuare verifiche, come quelle relative alla procedibilita’ del ricorso, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilita’ delle parti. Di qui, anche la ragione del mancato richiamo del comma 2 dell’articolo 23 del c.a.d. (norma ritenuta omologa al citato articolo 2719 c.c.) ad opera della L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter;
f) non e’ consentito il deposito dell’attestazione di conformita’ del ricorso (e anche della relata di notificazione e dei messaggi di p.e.c.) oltre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilita’ mancante dopo la scadenza del termine per il deposito del ricorso (Cass., 20 gennaio 2015, n. 870 e Cass., 7 febbraio 2017, n. 3132; Cass., S.U., 2 maggio 2017, n. 10648, che, tuttavia, ha escluso l’applicabilita’ della sanzione dell’improcedibilita’ quando il documento mancante sia nella disponibilita’ del giudice perche’ prodotto dalla controparte o perche’ presente nel fascicolo d’ufficio).
9. – Con la successiva citata sentenza n. 10266/2018, di queste Sezioni Unite, si e’ ribadito (sebbene, poi, il relativo intervento nomofilattico abbia riguardato una diversa questione, pur sempre attinente al ricorso predisposto in originale telematico) che nel giudizio di cassazione, cui – ad eccezione delle comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria Decreto Legge n. 179 del 2012, ex articolo 16 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 – non e’ stato ancora esteso il processo telematico (p.c.t.), e’ necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformita’, in virtu’ del potere appositamente conferito al difensore dalla L. n. 53 del 1994, articolo 6 e articolo 9, commi 1-bis e 1-ter.
10. – E’ opportuno premettere che non viene qui in discussione la diversa questione della improcedibilita’ dell’impugnazione in difetto di attestazione di conformita’ della copia analogica della sentenza notificata con modalita’ telematiche, di cui all’arresto dell’ordinanza n. 30765 del 22 dicembre 2017 della Sesta Sezione (anche in tale occasione nella composizione stabilita dal par. 4.2. delle tabelle della Corte di Cassazione).
Sebbene possano ravvisarsi punti di contatto, trattasi di fattispecie differente da quella in esame.
11. – Ritengono, invece, le Sezioni Unite che sussistano valide ragioni per rimeditare, sia pure solo in parte, l’orientamento anzidetto, in tema di procedibilita’ del ricorso per cassazione notificato come documento informatico nativo digitale.
Ragioni che muovono da una prospettiva convergente con l’esigenza di consentire la piu’ ampia espansione, nel perimetro di tenuta del sistema processuale, del diritto fondamentale di azione (e, quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio (articolo 24 Cost.), che guarda come obiettivo al principio dell’effettivita’ della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio “mezzo”, il giusto processo dalla durata ragionevole (articolo 111 Cost.), in una dimensione complessiva di garanzie che rappresentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (articolo 47 della Carta di Nizza, articolo 19 del Trattato sull’Unione Europea, articolo 6 CEDU).
12. – Del resto, l’esigenza anzidetta e’ gia’ stata coltivata dalle pronunce sopra richiamate (Cass. n. 30918/2017 e Cass., S.U., n. 10266/2018) allorquando – in un contesto quale quello del giudizio di cassazione, in cui l’impianto e lo svolgersi della relativa disciplina processuale e’, ancora oggi, ancorato ad una dimensione analogica (ossia cartacea) degli atti e dove, pertanto, non trovano applicazione le regole sul p.c.t. (salva l’eccezione cui sopra si e’ fatto cenno) – hanno ritenuto ammissibile la formazione digitale del ricorso e il suo deposito in copia analogica autenticata. Atto ed attivita’ processuali che, di certo, non trovano immediata corrispondenza nel paradigma segnato dal combinato disposto dell’articolo 365 c.p.c. e articolo 369 c.p.c., comma 1, ossia di norme la cui originaria formulazione non e’ stata mai interessata da modifiche legislative dall’epoca, ormai risalente, della promulgazione del codice di rito.
Ed e’ evidente che tanto e’ potuto avvenire tramite una interpretazione evolutiva, in consonanza con il gia’ citato valore (principio) “obiettivo” dell’effettivita’ della tutela giurisdizionale, che, proprio in ambito sovranazionale, ha trovato coerente sponda anche nel principio di “non discriminazione” (quanto agli effetti giuridici) del documento digitale espresso dall’articolo 46 del regolamento UE n. 910 del 2014 (eIDAS).
13. – E’, quindi, un terreno gia’ arato e reso fertile quello sul quale si viene ad innestare questo ulteriore intervento nomofilattico, la cui vocazione ancor piu’ “liberale” (Cass., S.U., n. 10648/2017) rimane anch’essa particolarmente attenta ai criteri di ragionevolezza e proporzionalita’ che devono orientare eventuali restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale (articolo 6 § 1 CEDU: tra le altre, Corte EDU, 16 giugno 2015, ric. n. 20485/06 e Corte EDU 15 settembre 2016, ric. n. 32610/07; ma anche, piu’ di recente, seppure con accenti diversi: Cass., S.U., 13 dicembre 2016, n. 25513; Cass., S.U., 29 maggio 2017, n. 13453; Cass., S.U., 7 novembre 2017, n. 26338; Cass., S.U., 16 novembre 2017, n. 27199), trovando rinnovata vitalita’ nel principio cardine di “strumentalita’ delle forme” degli atti del processo, siccome prescritte dalla legge non per la realizzazione di un valore in se’ o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma in quanto strumento piu’ idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come il traguardo che la norma disciplinante la forma dell’atto intende conseguire (cfr. anche Cass., 12 maggio 2016, n. 9772).
E in tale quadro – come messo in risalto ancora dalla citata Cass., S.U., n. 10648/2017 – cooperano, intrecciati tra loro, ulteriori aspetti, “portatori di altrettanti valori interni al sistema”, come: “l’ordinato svolgersi del giudizio di legittimita’, con la possibilita’ di avviare sollecitamente le verifiche di rito; il controllo sulla tempestivita’ dell’impugnazione e sul conseguente formarsi del giudicato; il diritto della parte resistente di far constare i vizi del ricorso; la necessaria proporzionalita’ tra la sanzione irrimediabile dell’improcedibilita’ (articolo 387 c.p.c.) e la violazione processuale commessa;… la giustizia della decisione (SU 10531/13; 26242/14; 12310/15) quale scopo dell’equo processo”.
Sono, tutti, principi immanenti al “giusto processo”, che non possono essere recessivi rispetto alle forme e alle modalita’, contingenti, nei quali il processo stesso viene ad essere configurato in base all’esercizio, ragionevole, della discrezionalita’ di cui gode il legislatore nel plasmarne gli istituti (tra le molte, Corte cost., sentenze n. 243 del 2014 e n. 216 del 2013).
E tanto non trova deroghe nel caso del processo telematico, sebbene costituisca, oggi e, presumibilmente, ancor piu’ nel prossimo futuro, lo strumento piu’ duttile e funzionale in un’ottica di semplificazione ed efficienza del sistema giudiziario nel suo complesso, come reso palese dai plurimi interventi legislativi di questi ultimi anni, investenti quasi tutti i plessi giurisdizionali.
14. – In questa luce va affermato, anzitutto, il superamento della sanzione dell’improcedibilita’ del ricorso notificato a mezzo p.e.c. come originale telematico e depositato in copia analogica (unitamente alle copie dei messaggi di p.e.c., della relata di notificazione e della procura) priva di attestazione di conformita’ L. n. 53 del 1994, ex articolo 9 nell’ipotesi (che ricorre nella specie) di deposito della copia notificata del ricorso da parte del controricorrente ritualmente autenticata proprio ai sensi della L. n. 53 del 1994, citato articolo 9.
Anche in questo caso, insistere nella sanzione di improcedibilita’, nonostante che l’adempimento della controparte abbia consentito l’attivazione della sequenza procedimentale senza ritardi apprezzabili (“l’esame del fascicolo non puo’ aver luogo se non si e’ atteso il tempo utile per il deposito del controricorso”: cosi’ la citata Cass., S.U., n. 10648/2017) e che il documento sia esibito “dalla stessa parte interessata a far constare la violazione processuale” (ancora Cass., S.U., n. 10648/2017), condurrebbe ad un vulnus di quei parametri normativi (articolo 6 § 1 CEDU, ma anche articolo 47 della Carta di Nizza e articolo 111 Cost.) che impongono di valutare in termini di ragionevolezza e proporzionalita’ gli impedimenti al pieno dispiegarsi della tutela giurisdizionale, la quale, nella declinazione del “giusto processo”, e’ presidiata dall’effettivita’ dei mezzi di azione e difesa, che tale e’ anche nel preservare al giudizio la sua essenziale tensione verso la decisione di merito (tra le altre, Cass., S.U., 11 luglio 2011, n. 15144).
15. – Ma vi sono ragioni ulteriori che consentono di sussumere come ipotesi fisiologica nell’ambito della fattispecie processuale dell’articolo 369 c.p.c. anche quella del deposito in copia analogica del ricorso in forma di documento informatico notificato a mezzo p.e.c. in assenza della attestazione di conformita’ L. n. 53 del 1994, ex articolo 9 dando rilievo, questa volta, al mancato disconoscimento, da parte del controricorrente destinatario della notificazione, della conformita’ di detta copia all’originale telematico, in applicazione del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23, comma 2.
Del resto, e’ l’espresso disposto dell’articolo 2, comma 6, del c.a.d., inserito dal Decreto Legislativo n. 179 del 2016, a rendere manifesto che “le disposizioni del presente Codice si applicano altresi’ al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico”. E, peraltro, ad analoghe conclusioni era giunta la giurisprudenza di questa Corte (Cass., 10 novembre 2015, n. 22871) la’ dove aveva affermato che i principi generali del Decreto Legislativo n. 82 del 2005 sono resi applicabili al processo civile dal Decreto Legge n. 193 del 2009, articolo 4 convertito dalla L. n. 24 del 2010; articolo 4 che ha rappresentato, altresi’, la base legale per l’adozione, da parte del Ministro della Giustizia, delle “regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione” e cio’ proprio “in attuazione dei principi previsti dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.
16. – Va, anzitutto, rammentato che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto, in piu’ di un’occasione e gia’ da tempo risalente (Cass., S.U., 2 febbraio 1976, n. 323), che “il deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione di una copia informe del ricorso, anziche’, ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 1, dell’originale, non determina improcedibilita’ del ricorso medesimo, qualora non vi siano dubbi sulla conformita’ all’originale della copia; in tal caso, infatti, viene soddisfatta la finalita’, perseguita dalla suddetta norma, di radicare, con il deposito del ricorso, il procedimento di impugnazione, e di consentire alla Corte la preliminare verifica, senza possibilita’ di contestazioni, sulla regolarita’ della costituzione del contraddittorio, nonche’ sulla sussistenza delle condizioni di ammissibilita’ e procedibilita’ dell’impugnazione”.
Tale principio trovo’ applicazione in un caso in cui il ricorso era stato depositato in copia, con la dichiarazione dell’ufficiale giudiziario attestante l’avvenuta notifica, avendo poi la Corte rilevato che l’originale del ricorso medesimo risultava inserito nel fascicolo del resistente.
Il principio e’ stato, poi, ribadito da Cass., 26 giugno 2008, n. 17534, ritenendosi procedibile il ricorso in quanto l’unica difformita’ fra la relativa copia e l’originale del ricorso (quest’ultimo depositato ben oltre il termine di venti giorni e senza che vi fosse stata costituzione dell’intimato con controricorso) era rappresentata dal fatto che la copia non recava la procura, sicche’ si trattava di difformita’ la quale, afferendo ad un atto diverso dal ricorso e materialmente inserito nello stesso documento che conteneva il ricorso medesimo, non determinava alcun dubbio di conformita’ della copia all’originale.
17. – Il medesimo principio di diritto e’ stato confermato anche da quelle pronunce (tra le altre, Cass., 1 dicembre 2005, n. 26222; Cass., 18 settembre 2012, n. 15624; Cass., 26 maggio 2015, n. 10784), che hanno, poi, ritenuto di dover dichiarare l’improcedibilita’ del ricorso depositato soltanto in copia fotostatica, escludendo di poter ravvisare quella necessaria ragionevole certezza della conformita’ della copia all’originale, in quanto non rinvenuto agli atti e insistendo sulla inderogabilita’ (assoluta) del termine di venti giorni stabilito dall’articolo 369 c.p.c., comma 1.
Questi stessi precedenti hanno, altresi’, vagliato negativamente la possibilita’ di fare applicazione del disposto del citato articolo 2719 c.c., adducendo quelle stesse ragioni poi riprese dall’ordinanza n. 30918/2017 (e innanzi richiamate) e affermando, quindi, che, nella specie, cio’ che occorre garantire e’ l’accertamento, in capo alla Corte e indisponibile per le parti, dell’esistenza, o meno, di un ricorso redatto nelle forme previste dall’articolo 365 c.p.c. e cio’, dunque, “a prescindere dalla mancata espressa contestazione della controparte che, non essendo mai stata in possesso dell’atto originale, non e’ in grado di valutare la conformita’ all’originale della fotocopia”.
18. – Prescindendo per ora dal profilo della tempestivita’ del deposito del ricorso (come detto, esaminato sotto una prospettiva di “apertura” dalla sentenza n. 10648/2017 di queste Sezioni Unite), e’ necessario soffermarsi sulla ragione decisiva che, secondo la richiamata giurisprudenza, porta ad escludere rilevanza alla “non contestazione” del controricorrente.
La certezza della conformita’ della copia all’originale – che consente “alla Corte la preliminare verifica, senza possibilita’ di contestazioni, sulla regolarita’ della costituzione del contraddittorio, nonche’ sulla sussistenza delle condizioni di ammissibilita’ e procedibilita’ dell’impugnazione” (Cass., S.U., n. 323/1976, citata) – non potrebbe, dunque, essere data dalla mancata contestazione di controparte perche’ si tratta di verifica ad essa sottratta (indisponibile), per essere riservata (stante la rilevanza pubblicistica degli interessi) alla Corte di Cassazione; in ogni caso, non essendo la parte in possesso dell’originale del ricorso, la stessa sarebbe impossibilitata ad operare detta valutazione di conformita’.
19. – Tuttavia, l’apparato argomentativo che sorregge il consolidato orientamento restrittivo della giurisprudenza di questa Corte, formatosi in ambiente di ricorso analogico (e di norme processuali calibrate su tale forma atto), non risulta altrettanto dirimente, se traguardato sotto la lente dei principi, costituzionali e sovranazionali, sopra ricordati, nell’ipotesi di ricorso nativo digitale e come tale notificato a mezzo p.e.c..
20. – Giova premettere che in tale ipotesi il ricorso dovra’ essere il documento informatico originale sottoscritto con firma digitale, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 20 del c.a.d., quale norma generale (come chiarito sub § 15) che, nell’attribuire al documento cosi’ sottoscritto “l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile”, viene, quindi, ad individuare, in armonia con quanto puntualizzato dalla citata sentenza n. 10266/2018 di queste Sezioni Unite, i caratteri del documento informatico, nella specie di natura processuale, in grado di soddisfare il requisito della sottoscrizione di cui all’articolo 365 c.p.c. o, comunque, della sottoscrizione dell’atto processuale che, in base alle regole del codice di rito (e, dunque, in base alla legge del processo), si rende necessaria.
A tanto si conforma, quindi, la specifica tecnica dettata, per il p.c.t. nei gradi di merito ai fini del deposito telematico, dall’articolo 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014 e aggiornato il 28 dicembre 2015 (in forza di quanto consentito dal Decreto Ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44, articolo 34).
Sicche’, ai fini del rispetto delle regole tecniche per le notificazioni telematica, eseguite dagli avvocati, dell’atto processuale redatto e sottoscritto in formato digitale, l’articolo 19-bis di detto decreto, in attuazione del citato Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18 coerentemente stabilisce, al comma 3, che la notificazione dell’atto processuale da trasmettere telematicamente all’ufficio giudiziario deve riguardare il documento originale informatico (nel formato e secondo le modalita’ dettate dal precedente comma 1).
Pertanto, la’ dove lo stesso articolo 19-bis, al comma 4, prevede che si applichi l’articolo 12 del medesimo decreto “Qualora il documento informatico, di cui ai commi precedenti, sia sottoscritto con forma digitale o firma elettronica qualificata”, non sottintende la facolta’ di notificare l’atto processuale in copia informatica e senza firma digitale, bensi’ individua sul piano tecnico soltanto la regola sul tipo di firma digitale apponibile al documento informatico che tale firma deve possedere (giacche’, ben possono esserci documenti informatici che non sono atti processuali, come, ad es., quelli probatori) e, tra questi, certamente l’atto processuale.
Non puo’, quindi, sostenersi (come invece affermato da Cass., 28 giugno 2018, n. 17020) che, in ambiente di processo telematico, il deposito in cancelleria deve avvenire in riferimento ad atto nativo originale con firma digitale, mentre la notificazione alla controparte puo’ avere ad oggetto lo “stesso” atto nativo originale privo di firma digitale, poiche’ si tratterebbe, in realta’, di due atti nativi digitali diversi e non dello stesso unico atto sottoscritto con firma digitale.
Del resto, nel giudizio di cassazione (cui si riferisce il precedente appena richiamato), in cui, non essendo operante il sistema del p.c.t. (salva l’eccezione in precedenza indicata), non e’ possibile dare prova della notificazione in modalita’ telematica (come invece previsto dal comma 5 del citato articolo 19-bis), ove si accedesse all’interpretazione che ammette la notificazione di un ricorso in originale informatico privo di firma digitale verrebbe, addirittura, a mancare un originale sottoscritto, giacche’ a tanto non potrebbe sopperire l’attestazione di conformita’ della copia analogica del ricorso depositata in luogo dell’originale digitale; attestazione che postula, per l’appunto, che l’originale digitale sia stato, a sua volta, ritualmente sottoscritto.
Di qui, pertanto, la rilevanza del vizio di sottoscrizione digitale dell’atto nativo digitale notificato, che, come detto, e’ l’originale; vizio che potrebbe determinare la nullita’ dell’atto, se non fosse possibile aliunde ascriverne la paternita’ certa, in ragione del principio del raggiungimento dello scopo.
21. – Dunque, l’originale del ricorso nativo digitale – in quanto atto processuale – e’ unico e per essere valido, alla luce di quanto dispone la legge processuale (che e’ fonte condizionante, anche in via interpretativa, la portata stessa della disciplina recata dalle disposizioni regolamentari e tecniche sul p.c.t.), deve essere sottoscritto con firma (ovviamente) digitale; l’atto cosi’ formato e sottoscritto e’, quindi, l’atto che l’avvocato provvede a notificare, a mezzo p.e.c., all’indirizzo p.e.c., risultante da pubblici registri, della controparte.
La parte destinataria della notificazione sara’, quindi, in possesso proprio dell’originale del ricorso notificato, sottoscritto con firma digitale, sicche’ sara’ posta nella condizione di operare una verifica di conformita’ all’originale (in suo possesso) della copia analogica del ricorso che e’ stata gia’ depositata in cancelleria.
22. – Invero, e come del resto e’ gia’ emerso in precedenza, nel giudizio di cassazione – che vede ancora in fieri l’operativita’ a regime del sistema p.c.t. (salva l’eccezione di cui si e’ detto) -, stante l’impossibilita’ di procedere al deposito telematico del ricorso, la Corte non e’ affatto in grado di verificare, essa stessa, la conformita’ all’originale nativo digitale della copia analogica del ricorso depositata.
Di qui, pertanto, l’applicazione della L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter (e successive modificazioni), quali disposizioni che, proprio nell’ipotesi in cui non si possa depositare l’atto processuale originale telematico notificato, affidano alla parte l’onere di attestare la conformita’ all’originale della copia analogica depositata.
Si tratta di assunzione di responsabilita’ specifica e suscettibile di sanzioni extraprocessuali (L. n. 53 del 1994, articolo 6) e, tuttavia, costituisce pur sempre un affidamento al depositante di cio’ che, in ambito di verifica imposta dal combinato disposto dell’articolo 365 c.p.c. e articolo 369 c.p.c., comma 1, si afferma essere alla parte stessa sottratto e, dunque, indisponibile.
Del resto, come gia’ posto in risalto, nel quadro attuale della disciplina del giudizio di cassazione si e’ resa necessaria, proprio al fine di consentire il deposito di copia analogica di ricorso notificato come documento nativo digitale, quell’interpretazione evolutiva che e’ transitata attraverso l’applicazione, come regola (necessitata) per la verifica della procedibilita’ del ricorso nativo digitale, del citato articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, ossia di norme che, di certo, non sono state ispirate dalle esigenze proprie, e strutturali, del giudizio di cassazione, bensi’ da quelle concernenti il sistema del p.c.t. in essere presso gli uffici giudiziari di merito.
Ed e’ proprio in un siffatto contesto che la regola di verifica della procedibilita’ del ricorso nativo digitale cosi’ notificato – che non risponde al paradigma originario della disciplina del codice di rito deve, quindi, misurarsi con la radicalita’ della sanzione dell’improcedibilita’ recata dall’articolo 369 c.p.c., secondo quel test di ragionevolezza e proporzionalita’ che si impone nella configurazione di impedimenti all’accesso alla tutela giurisdizionale nella sua effettivita’.
23. – Ne consegue che il punto di equilibrio puo’ spostarsi in avanti, tenendo conto (non solo dell’ipotesi considerata al § 14, ma anche) dello stesso comportamento concludente della parte destinataria della notificazione, che esprime una saldatura concettuale, in termini di affidamento nella verifica della condizione di procedibilita’, con la condotta asseverativa imposta al notificante (cio’ che, del resto, costituisce orizzonte traguardato anche da Cass., 20 agosto 2018, n. 20818 e da Cass., S.U., 11 settembre 2018, n. 22085).
E questo proprio perche’ il destinatario della notificazione e’ in possesso dell’originale del ricorso in formato digitale e, quindi, e’ in grado di valutarne appieno la conformita’ alla copia analogica informe (ossia priva di attestazione L. n. 53 del 1994, ex articolo 9) che sia stata tempestivamente depositata (nei venti giorni prescritti dall’articolo 369 c.p.c.) dal ricorrente, attestando l’esito di una siffatta verifica tramite il mancato disconoscimento di detta conformita’.
Cio’, peraltro, senza determinare, come gia’ rammentato in forza del richiamo a Cass., S.U., n. 10648/2017, “ritardi apprezzabili” nell’attivazione della sequenza procedimentale ed essendo coinvolta, per l’appunto, la “stessa parte interessata a far constare la violazione processuale”.
24. – In tal senso, quindi, trova peculiare valorizzazione l’articolo 23, comma 2, del c.a.d., quale norma che, pur non essendo richiamata dalla L. n. 53 del 1994, articolo 9, comma 1-bis e 1-ter, e’ suscettibile di essere applicata (secondo quanto messo in luce al § 15) in ragione del disposto di cui all’articolo 2, comma 6, del c.a.d. (cfr. anche Cass., 2 marzo 2018, n. 4932, sebbene la pronuncia postuli solo in astratto la praticabilita’ di tale soluzione), in quanto opera – gia’ ora, nel contesto della disciplina del giudizio di legittimita’ non ancora inserito nel sistema del p.c.t. – da norma di chiusura sul duplice presupposto (anzitutto materiale, prima ancora che giuridico) della impossibilita’ per la Corte di effettuare la verifica diretta sull’originale nativo digitale e della possibilita’, invece, della parte destinataria dell’atto processuale nativo digitale, debitamente sottoscritto con firma digitale, di poterne operare, o meno, il disconoscimento rispetto alla copia analogica che non sia stata autenticata dal difensore autore dell’atto notificato, in quanto in possesso proprio del suo originale.
25. – Peraltro, in armonia con quanto gia’ complessivamente evidenziato, l’articolo 23, comma 2, c.a.d. potra’ ben trovare applicazione ai fini della prova della tempestivita’ della notificazione, in riferimento al mancato disconoscimento ad opera del controricorrente dei messaggi di p.e.c. e della relata di notifica depositati in copia analogica non autenticata dalla parte ricorrente, cosi’ come, del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, in piu’ di un’occasione, in riferimento alla produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’articolo 149 c.p.c., in applicazione dell’articolo 2719 c.c. (Cass., 27 luglio 2012, n. 13439; Cass., 8 settembre 2017, n. 21003).
26. – Ovviamente, al di la’ di quelle sopra evidenziate (§§ 14 e 23), possono darsi ulteriori eventualita’ nella vicenda processuale che attiene alla procedibilita’ del ricorso, con l’avvertenza che, ove necessario, occorrera’ fare applicazione calibrata del principio (piu’ volte ricordato) di sterilizzazione della sanzione dell’improcedibilita’ in assenza di “ritardi apprezzabili” nell’attivazione della sequenza procedimentale enunciato da Cass., S.U., n. 10648/2017, attingendo, quanto alla scansione temporale di definizione di detta sequenza, alle indicazioni provenienti da Cass., S.U., 14 gennaio 2008, n. 627 (concernente fattispecie in tema di notificazione a mezzo posta).
Tanto e’ dato ritenere, anzitutto, in ragione del contesto normativo e materiale, piu’ volte rammentato, nel quale si cala, a tutt’oggi, il ricorso per cassazione notificato come documento informatico nativo digitale e come tale non depositabile nella cancelleria della Corte di Cassazione, per non essere ancora attivato, presso la Cassazione stessa, il sistema del p.c.t..
Contesto, dunque, affatto peculiare e tuttavia intermedio, perche’ destinato ad essere superato con l’immissione nel circuito del predetto sistema anche del giudizio di legittimita’, come prefigurato dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-bis, comma 6, – convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 -, inserito dalla L. n. 228 del 2012.
In questo attuale e particolare ambito occorre, quindi, dare specifico rilievo, nell’ottica sopra delineata, al presupposto, indefettibile, della iniziale tempestivita’ (nei venti giorni stabiliti dall’articolo 369 c.p.c.) del deposito del ricorso seppure in copia informe, che come in precedenza evidenziato – ha comunque consentito alla giurisprudenza di questa Corte (per tutte le gia’ citate Cass., S.U., n. 323/1976 e Cass. n. 17534/2008) di dichiarare, una volta acquisita certezza circa la conformita’ della copia all’originale, procedibile l’impugnazione nonostante l’acquisizione dell’originale oltre il termine anzidetto.
Del pari, il tempestivo deposito della sola copia analogica del ricorso notificato come documento informatico nativo digitale consente di configurare, la’ dove se ne presenti l’eventualita’, una fattispecie a formazione progressiva, che viene ad esaurirsi in un lasso temporale da reputarsi proporzionato e ragionevole.
L’eventualita’ e’ riferita ai casi di seguito indicati.
26.1. – Anzitutto, nell’ipotesi in cui il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale depositi tardivamente il controricorso e, comunque, non disconosca la conformita’ all’originale della copia analogica informe del ricorso (tempestivamente depositata), trovera’ applicazione lo stesso principio che regola il caso del controricorrente tempestivamente costituitosi e che non abbia operato il disconoscimento ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del c.a.d..
26.2. – Nell’ipotesi in cui il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale rimanga, invece, solo intimato, il ricorrente potra’ depositare, in base all’articolo 372 c.p.c. (e senza necessita’ di notificazione ai sensi del secondo comma dello stesso articolo 372), l’asseverazione di conformita’ all’originale (L. n. 53 del 1994, ex articolo 9) della copia analogica informe del ricorso (tempestivamente depositata) sino all’udienza di discussione (articolo 379 c.p.c.) o all’adunanza in camera di consiglio (articolo 380 bis c.p.c., articolo 380 bis c.p.c., comma 1 e articolo 380 ter c.p.c.). In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile.
26.3. – Ove il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale depositi il controricorso e disconosca la conformita’ all’originale della copia analogica informe del ricorso (tempestivamente depositata), sara’ onere del ricorrente, nei termini anzidetti (sino all’udienza pubblica o all’adunanza di camera di consiglio), depositare l’asseverazione di legge di conformita’ della copia analogica all’originale notificato. In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile.
26.4. – Nel caso in cui vi siano piu’ destinatari della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale e non tutti depositino controricorso, in assenza di disconoscimento ex articolo 23, comma 2, c.a.d., il ricorrente – posto che detto comportamento concludente ex lege impegna solo la parte che lo pone in essere – sara’ onerato di depositare (ove abbia gia’ tempestivamente depositato la copia analogica informe del ricorso), nei termini sopra precisati (sino all’udienza pubblica o all’adunanza di camera di consiglio), l’asseverazione di cui alla L. n. 53 del 1994, articolo 9. In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile.
27. – Vanno, quindi, enunciati, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., i seguenti principi di diritto:
“Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, senza attestazione di conformita’ del difensore L. n. 53 del 1994, ex articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilita’ ai sensi dell’articolo 369 c.p.c. sia nel caso in cui il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica di detto ricorso autenticata dal proprio difensore, sia in quello in cui, ai sensi del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23, comma 2, non ne abbia disconosciuto la conformita’ all’originale notificatogli.
Anche ai fini della tempestivita’ della notificazione del ricorso in originale telematico sara’ onere del controricorrente disconoscere la conformita’ agli originali dei messaggi di p.e.c. e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata dal ricorrente.
Ove, poi, il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato, il ricorrente potra’ depositare, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c. (e senza necessita’ di notificazione ai sensi del secondo comma della medesima disposizione), l’asseverazione di conformita’ all’originale (ex articolo 9 della legge n. 53 del 1994) della copia analogica depositata sino all’udienza di discussione (articolo 379 c.p.c.) o all’adunanza in camera di consiglio (articolo 380 bis c.p.c., articolo 380 bis c.p.c., comma 1 e articolo 380 ter c.p.c.). In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile.
Nel caso in cui il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale depositi il controricorso e disconosca la conformita’ all’originale della copia analogica informe del ricorso depositata, sara’ onere del ricorrente, nei termini anzidetti (sino all’udienza pubblica o all’adunanza di camera di consiglio), depositare l’asseverazione di legge circa la conformita’ della copia analogica, tempestivamente depositata, all’originale notificato. In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile.
Nell’ipotesi in cui vi siano piu’ destinatari della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale e non tutti depositino controricorso, il ricorrente – posto che il comportamento concludente ex articolo 23, comma 2, c.a.d. impegna solo la parte che lo pone in essere – sara’ onerato di depositare, nei termini sopra precisati, l’asseverazione di cui alla L. n. 53 del 1994, articolo 9. In difetto, il ricorso sara’ dichiarato improcedibile”.

P.Q.M.

dichiara estinto per rinuncia il processo introdotto con il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa interamente le spese del giudizio di legittimita’ tra tutte le parti.
enuncia, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., i principi di diritto di cui al § 27 della motivazione.
lo 1 bis.

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