Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|14 novembre 2022| n. 33443.

Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica

Nel giudizio di cassazione, il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica, con attestazione di conformità all’originale digitale priva di sottoscrizione autografa, ma anch’essa firmata digitalmente dal difensore, non ne comporta l’improcedibilità ove sia stata depositata una successiva attestazione, recante firma autografa, della conformità, agli originali digitali, della relata di notificazione e delle ricevute di accettazione e consegna dei messaggi pec, emergendo in maniera inequivoca, dalla valutazione complessiva degli atti depositati, la volontà asseverativa del difensore.

Sentenza|14 novembre 2022| n. 33443. Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica

Data udienza 13 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Opposizione all’esecuzione – Abusivo frazionamento del credito – Contegno del creditore – Imputazione al debitore con un primo atto di precetto il pagamento delle spese legali liquidate in appello – Intimazione successiva di pagamento delle spese legali liquidate in primo grado – Richiesta di ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. GUIZZI GAIME Stefano – rel. Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9232-2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1904/2019 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 09/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/07/2022 dal consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1904/19, del 9 ottobre 2019, del Tribunale di Messina, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 1806/12, del 5 aprile 2012, del Giudice di pace di Messina – ha confermato il rigetto dell’opposizione all’atto di precetto notificatole il 9 febbraio 2010 da (OMISSIS).
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che la (OMISSIS), munita, nei suoi confronti, di un titolo esecutivo costituito da sentenza della Corte di Appello di Messina n. 447/08 (confermativa della sentenza n. 78/04 della Sezione distaccata di Milazzo del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto), dopo averle intimato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello – peraltro, da essa (OMISSIS) integralmente corrisposte – con successivo atto di precetto, quello notificatole il 9 febbraio 2010, intimava il pagamento delle spese legali liquidate, in primo grado, dal Tribunale barcellonese, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto.
Ritenendo integrata un’ipotesi di abusivo frazionamento del credito, la (OMISSIS) proponeva opposizione avverso tale secondo atto di precetto, rigettata, pero’, dall’adito Giudice di pace, con decisione confermata da quello di appello, che respingeva il gravame della gia’ opponente.
3. Avverso la pronuncia del Tribunale messinese ricorre per cassazione la (OMISSIS) sulla base – come detto – di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 474 c.p.c., nonche’ degli articoli 1175 e 1375 c.c., come “letti” dalla giurisprudenza di questa Corte in riferimento agli articoli 111 e 2 Cost.
Si ribadisce che la creditrice (OMISSIS), sebbene in possesso della sentenza resa dalla Corte messinese, costituente l’unico titolo della sua pretesa relativa alle spese legali di ambo i gradi di giudizio gia’ intercorso con la (OMISSIS), frazionava il relativo importo in due “tranche”, notificando due atti di precetto e richiedendo, per ciascuno di essi, spese ed onorari relativi alla redazione dei medesimi.
Avrebbe, dunque, errato la sentenza oggi impugnata nel non ravvisare in tale comportamento un’ipotesi di abusivo frazionamento del credito.
3.2. Con il secondo motivo e’ denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”.
Evidenzia la ricorrente che, pur all’esito della riformulazione disposta dal Decreto Legge N. 83 DEL 22 giugno 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L.n. 134 del 7 agosto 2012, – dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), permane la possibilita’ di ravvisare il vizio di motivazione della sentenza in caso di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”.
Tale sarebbe l’ipotesi sussistente nel caso che occupa, atteso che la sentenza impugnata – dopo aver chiarito che oggetto della proposta opposizione era la scelta della creditrice di richiedere il pagamento dell’unico credito per spese giudiziali, suddividendolo pero’ in due “tranche”, con due atti di precetto, ognuno portatore di spese, compensi e onorari – ha affermato, del tutto contraddittoriamente, che da tale comportamento della (OMISSIS) non e’ derivato alcun “onere aggiuntivo” per essa (OMISSIS).
3.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n.585 del 5 ottobre 1994, articolo 6.
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che competenze ed onorari richiesti per la predisposizione dell’atto di precetto dovessero rapportarsi non alle somme precettate, ma al valore della controversia definito dalla sentenza portata ad esecuzione. Nella specie, con l’opposto atto di precetto la creditrice ha intimato il pagamento di Euro 1.500,00 a titolo di spese legali, importo fissato nella sentenza del Tribunale barcellonese e confermata dalla Corte messinese, sicche’ in base ad esso andava determinato il valore della controversia.
4. E’ rimasta solo intimata la (OMISSIS),
5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha fatto pervenire conclusioni scritte, nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso redatto e notificato in modalità telematica

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso va accolto, nei termini di seguito precisati.
6.1. In via preliminare deve rilevarsi che il ricorso – recante firma digitale del legale che lo ha predisposto – e’ stato notificato alla (OMISSIS) (rimasta, come detto, intimata) nelle forme telematiche.
Cio’ premesso, deve altresi’ rilevarsi che esso reca un’attestazione, anch’essa firmata digitalmente, della conformita’ della copia analogica depositata all’originale digitale notificato, ed una successiva attestazione – questa, invece, recante firma autografa del difensore – della conformita’, agli originali digitali, della relata di notificazione e delle ricevute dei messaggi “pec” di accettazione e consegna.
Orbene, la prima di tali circostanze, ovvero il difetto di sottoscrizione autografa dell’attestazione di conformita’ relativa al ricorso, potrebbe indurre a dubitare della procedibilita’ dello stesso, alla stregua del principio secondo cui “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformita’ del difensore ex articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della L. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilita’ ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformita’ della copia informale all’originale notificatogli ex del Decreto Legislativo n. 82 del 2005 articolo 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (cosi’ come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformita’ all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilita’ sara’ onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformita’ all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio. (Principio enunciato ai sensi dell’articolo 363, comma 3, c.p.c.)” (Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22438, in particolare con la massima Rv. 650462-01).
Il dubbio, tuttavia, deve essere superato – secondo questo collegio – in ragione della successiva asseverazione (recante, invece, firma autografa del difensore), e cio’ sebbene essa concerna la relata di notificazione e i messaggi “pec”, dovendo ritenersi la stessa espressiva di quella “volonta’ asseverativa “composita””, alla quale questa Corte ha gia’ dato rilievo, ancorche’ con riferimento al caso dell’asseverazione della conformita’ all’originale digitale della copia analogica della sentenza notificata in via telematica (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 18 marzo 2021, 7610, Rv. 660928-01).
6.2. Tanto chiarito, il ricorso va accolto, giacche’ i motivi primo e secondo – suscettibili di trattazione congiunta, data la loro connessione – sono fondati.
6.2.1. Nel procedere al loro scrutinio occorre muovere dalla constatazione che, in “materia di titolo esecutivo di formazione giudiziale, specificamente nei rapporti tra sentenza di primo grado e sentenza d’appello, la giurisprudenza di questa Corte attribuisce alla sentenza d’appello, salvo i casi di inammissibilita’, improponibilita’ ed improcedibilita’ dell’appello (e, quindi, quelli in cui l’appello sia definito in rito e non sia esaminato nel merito con la realizzazione dell’effetto devolutivo di gravame sul merito), l’efficacia di sostituire quella di primo grado, tanto nel caso di riforma che in quello di conferma di essa” (cosi’, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 novembre 2018, n. 29021, Rv. 651659-01).
“L’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta” – si legge ancora nel teste’ citato arresto di questa Corte – “che, ove l’esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovra’ intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l’esecuzione sia gia’ stata promossa in virtu’ del primo titolo esecutivo, la stessa proseguira’ sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione” (cosi’, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. n. 29021 del 2018, cit.).
Ne consegue, quindi, che,”ai fini della corretta introduzione della esecuzione promossa quando gia’ sia stata pubblicata la sentenza di appello, il titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validita’ di quest’ultimo e’ costituito in ogni caso dalla sentenza di appello e non dalla sentenza di primo grado, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado”, giacche’, in questo caso, “l’esigenza di chiarezza del contenuto delle obbligazioni a carico della parte soccombente e’ comunque soddisfatta in quanto contenuto primario del precetto a pena di nullita’ e’ l’indicazione del contenuto dell’obbligo risultante dal titolo” (cfr., ancora una volta in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. n. 29021 del 2018, cit.).
6.2.2. I rilievi che precedono, pertanto, consentono di ritenere che, sebbene l’odierna ricorrente non appia riprodotto – nel presente atto di impugnazione – il contenuto della sentenza d’appello, posta dalla (OMISSIS) a fondamento del suo (primo) atto di precetto, tale circostanza non comporti le conseguenze di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), non potendo sussistere dubbi sulla portata del credito azionato in via esecutiva dalla stessa, anche in relazione alle spese del primo grado di giudizio. Difatti, come sopra rilevato, anche nel caso di pronuncia d’appello confermativa di quella resa in prime cure “l’esigenza di chiarezza del contenuto delle obbligazioni a carico della parte soccombente e’ comunque soddisfatta in quanto contenuto primario del precetto a pena di nullita’ e’ l’indicazione del contenuto dell’obbligo risultante dal titolo”.
6.2.3. Tanto premesso, i primi due motivi del presente ricorso meritano accoglimento, visto che – come gia’ affermato da questa Corte – “ben puo’ estendersi anche al processo esecutivo il principio del divieto di frazionamento de(credito originariamente unitario in piu’ parti, ove tanto comporti un’indebita maggiorazione dell’aggravio per il debitore, in quanto non giustificata da particolari esigenze di effettiva tutela del credito”, risultando “evidente l’identita’ di ratio in ordine all’applicazione, pure in ambito processuale e nel contesto dei canoni costituzionalizzati del giusto processo, del principio di buona fede, allo stato gia’ affermato per il processo di cognizione” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 9 aprile 2013, n. 8576, Rv. 625875-01).
Su tali basi si e’ ritenuto, dunque, che la “notifica di ulteriore precetto fondato sullo stesso titolo esecutivo deve, pertanto, ritenersi espressione di una condotta concretante abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, la quale, nel caso considerato, bene avrebbe potuto tutelare il suo interesse sostanziale con la notifica di un solo atto di precetto per tutte le voci di credito ritenute dovute” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 15 marzo 2013, n. 6664, Rv. 625608).
Fondata e’, pertanto, la doglianza proposta dall’odierna ricorrente, nel lamentare che – sebbene la sentenza, resa all’esito della fase di appello del giudizio che l’aveva vista contrapposta alla Filorino, fosse confermativa di quella pronunciata in prime cure la creditrice, dopo aver richiesto precetto quanto alle spese del secondo grado di giudizio, con nuovo atto ex articolo 480 c.p.c., le intimava (ad onta, tra l’altro, dell’avvenuta corresponsione di quanto richiesto) il pagamento delle spese di lite relative al primo grado di giudizio.
Si tratta, infatti, di condotta che integra abusivo frazionamento del credito e, con esso, degli strumenti processuali.
Manifestamente illogica e’, inoltre, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata che, pur riconoscendo l’avvenuta duplicazione degli atti di precetto, esclude che alcun “onere aggiuntivo” abbia sopportato la debitrice esecutata (OMISSIS).
7. I motivi primo e secondo di ricorso vanno, quindi accolti, con assorbimento del terzo; e la sentenza va cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Messina, in persona di diverso giudice, per la decisione nel merito (oltre che sulle spese di lite), alla stregua del seguente principio di diritto:
“integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale – dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure – intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto”.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il terzo; e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Messina, in persona di diverso giudice, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese di lite.

 

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