Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|2 settembre 2022| n. 25934.

Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile, purché esso sia avvenuto nel rispetto del termine di cui all’art. 167 c.p.c., salvi i casi in cui sia ravvisabile uno specifico abuso dello strumento processuale, non potendosi ravvisare una consumazione del potere di difesa della parte convenuta sino al momento del maturarsi delle preclusioni di cui al citato art. 167 c.p.c.

Sentenza|2 settembre 2022| n. 25934. Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Data udienza 5 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Preliminare – termine per stipula definitivo non rispettato – Trasferimento ex art. 2392 c.c. – Spese di giudizio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. ROLFI Federico V. A. – rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3202/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4002/2020 depositata il 24/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2022 dal Consigliere FEDERICO ROLFI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale TRONCONE FULVIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, l’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale e la reiezione del primo;
udito per il ricorrente l’Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l’Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

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FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) convenne innanzi il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la (OMISSIS) SRL, riferendo di aver concluso con la convenuta in data 8 ottobre 2005 un contratto preliminare con cui la (OMISSIS) SRL si era impegnata a trasferire una unita’ immobiliare (con annesso box) ancora da realizzare in un erigendo fabbricato in (OMISSIS) dietro il corrispettivo di Euro 140.000,00, successivamente elevato ad una cifra indicata dalla stessa attrice in Euro 165.000,00 (ma quantificata nelle difese di (OMISSIS) SRL in Euro 150.000,00).
Lamento’ l’attrice che il termine per la stipula del definitivo, gia’ procrastinato al 30 giugno 2010, non era stato rispettato dalla convenuta, nonostante l’invio di una diffida, e per l’effetto chiese al tribunale la pronuncia di sentenza ex articolo 2392 c.c.
Rispetto ad una udienza di prima comparizione fissata al 22 settembre 2011, la (OMISSIS) SRL si costitui’ con una prima comparsa in data 3 maggio 2011 e poi con una nuova comparsa in data 15 luglio 2011, a ministero di nuovo difensore. In tale comparsa, la societa’ convenuta non solo chiese il rigetto delle avverse domande ma, in via riconvenzionale, domando’ anche l’annullamento del contratto preliminare, con condanna al risarcimento dei danni sia di (OMISSIS) sia di (OMISSIS), del quale chiese ed ottenne l’autorizzazione alla chiamata in causa.
Riferi’, infatti, la convenuta che (OMISSIS) era socia della stessa (OMISSIS) SRL e che di quest’ultima, sino al 17 maggio 2011, era amministratore unico il coniuge della stessa attrice (nonche’ socio anch’egli) (OMISSIS). Dedusse, quindi, che, dopo la sostituzione dell’A.U., erano state rilevare irregolarita’ nella gestione della compagine, e che il contratto in questione doveva essere annullato per conflitto di interessi, in quanto concluso con l’attrice dallo stesso (OMISSIS), ad un corrispettivo largamente inferiore al valore di mercato.

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Svolta attivita’ istruttoria -ed in particolare espletata C.T.U.- il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza in data 9 giugno 2017, accolse la domanda di (OMISSIS), rigettando, invece, la domanda riconvenzionale della (OMISSIS) SRL.
Argomento’ il tribunale che la verifica della sussistenza del conflitto di interessi non poteva essere ricondotta al solo rapporto di coniugio tra le parti, essendo necessario verificare che il vantaggio del terzo (cioe’ (OMISSIS)) venisse a corrispondere con il vantaggio del rappresentante (cioe’ (OMISSIS)) e fosse incompatibile con gli interessi del rappresentato (la (OMISSIS) SRL). Nella specie, osservo’ il Tribunale, la C.Testo Unico svolta in corso di giudizio aveva evidenziato uno scarto tra prezzo di vendita e valore di mercato dell’immobile, ma detto scarto doveva tenere in considerazione sia il fatto che l’immobile era ancora da costruire, sia il fatto che il corrispettivo era stato successivamente incrementato, in virtu’ di una decisione adottata dall’A.U. (OMISSIS) concordemente con i soci, come comprovato da una missiva del 9 aprile 2010 del socio (OMISSIS).
Disattesa la domanda riconvenzionale, il Tribunale concluse pertanto che la domanda di (OMISSIS) era meritevole di accoglimento.
2. Proposto appello dalla (OMISSIS) SRL, e costituitisi per resistere al gravame sia (OMISSIS) sia (OMISSIS), la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, in totale riforma della decisione di primo grado, dichiaro’ annullato per conflitto di interessi il preliminare in data 8 ottobre 2005 e respinse la domanda ex articolo 2932 c.c. di (OMISSIS), condannando altresi’ quest’ultima -assieme ad (OMISSIS)- in via generica al risarcimento dei danni, e compensando per meta’ le spese dei due gradi di giudizio, calcolate su un valore di lite di Euro 25.000,00.

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Osservo’ la Corte territoriale partenopea che:
alla luce dei principi generali in materia, era applicabile anche alla fattispecie della rappresentanza organica il disposto di cui all’articolo 1394 c.c., non avendo la societa’ un consiglio di amministrazione, e non potendosi quindi applicare l’articolo 2391 c.c.;
la rilevanza del conflitto di interessi non poteva ritenersi subordinata al carattere vantaggioso dell’atto per il rappresentante, con la conseguenza che non era necessaria la prova di un concreto pregiudizio, il quale, semmai, costituiva elemento indiziario a favore dell’esistenza del conflitto medesimo;
nel concreto doveva ritenersi sussistente una situazione di cointeressenza tra (OMISSIS) ed (OMISSIS), perfettamente conoscibile da parte della medesima (OMISSIS), stante il rapporto di coniugio che la legava ad (OMISSIS);
dalla C.Testo Unico svolta nel giudizio di primo grado -le cui stime avevano anche tenuto conto del fatto che l’immobile non fosse ab origine realizzato ed abitabile- emergeva che, anche rispetto alla stima piu’ bassa del valore commerciale dell’immobile medesimo, il prezzo finale di vendita concordato con (OMISSIS) si presentava in ogni caso pari al 62,99% del valore di mercato;
emergeva, quindi, un pregiudizio non correlato ad alcun vantaggio per la (OMISSIS) SRL, tale da costituire elemento indiziario che deponeva nel senso della sussistenza del conflitto di interessi;

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il rapporto di coniugio tra (OMISSIS) ed (OMISSIS), nonche’ il citato divario tra prezzo e valore costituivano, conseguentemente, elementi idonei per affermare che (OMISSIS) aveva agito perseguendo non gli interessi della societa’ da esso rappresentata, ma quelli della moglie e, indirettamente, i propri;
la missiva del 9 aprile 2010 del socio (OMISSIS) non poteva essere intesa come approvazione dell’operato di (OMISSIS), in quanto nella suddetta raccomandata il socio aveva chiesto chiarimenti in ordine al fatto che dei soci di minoranza avessero chiesto di acquistare l’intero immobile sito al terzo piano, evidenziando tuttavia la necessita’ di trovare un’intesa sul prezzo di vendita dell’immobile stesso;
risultava che i soci erano stati tenuti all’oscuro del preliminare in data 8 ottobre 2005, e che il nuovo amministratore aveva appreso dell’esistenza del medesimo contratto solo al momento della revoca dello stesso (OMISSIS) dall’incarico di amministratore, e quando era gia’ stata notificata la citazione di (OMISSIS);
sussistevano, pertanto, non solo i presupposti per procedere all’annullamento del contratto, ma anche per condannare i due appellati in via generica al risarcimento dei danni, essendo a tal fine sufficiente la constatazione della potenzialita’ lesiva del comportamento illecito;
inammissibile era la domanda di (OMISSIS) di restituzione delle somme corrisposte alla (OMISSIS) SRL, essendo stata formulata per la prima volta in appello.
3. Con ricorso congiunto (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedono la cassazione della decisione della corte partenopea.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale la (OMISSIS) SRL.
4. In data 1 febbraio 2022 e’ stata formulata tempestiva istanza di trattazione orale da parte di (OMISSIS) SRL, la quale, in vista dell’udienza, ha altresi’ depositato memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso si articola formalmente in sette motivi, due dei quali, tuttavia, vengono in realta’ unicamente a prospettare alcune delle conseguenze che dovrebbero derivare dall’accoglimento del ricorso.
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 166, 167, 112, 101, 156 c.p.c., anche in relazione all’articolo 269 c.p.c., e all’articolo 2969 c.c.
Sostiene il ricorso che la (OMISSIS) SRL, con la prima comparsa di costituzione e risposta in data 3 maggio 2011, avrebbe consumato i propri poteri processuali, decadendo dalla facolta’ di proporre domande riconvenzionali e di chiamare in giudizio terzi. La domanda riconvenzionale e la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa di (OMISSIS) formulate con la successiva comparsa di costituzione e risposta dovrebbero, quindi, ritenersi inammissibili. Erroneamente, pertanto, la Corte partenopea avrebbe statuito sulle domande in questione, laddove essa avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’inammissibilita’ delle domande medesime nonche’ delle eccezioni non rilevabili d’ufficio.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la “nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 116, 132 c.p.c. e articolo 111 Cost.”.
Il ricorso lamenta il fatto che la decisione della Corte partenopea si sia discostata dalle valutazioni compiute dal giudice di prime cure, omettendo di considerare una serie di circostanze, e recependo unicamente le conclusioni della C.Testo Unico Cio’ comporterebbe, secondo il ricorso, “che la complessiva motivazione della Corte d’Appello risulta assolutamente inidonea ad assumere l’effettivo contenuto di una motivazione” con conseguente nullita’ della sentenza.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, questa volta in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ancora una volta la “nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 116, 132 c.p.c. e articolo 111 Cost.”.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e con riferimento agli articoli 115, 116 c.p.c. e articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., nonche’ articolo 132 c.p.c., n. 4, e articolo 111 Cost., la “violazione di legge, irragionevolezza e irrazionalita’ della decisione, nullita’ della sentenza: vizio di motivazione per superficiale esame delle risultanze probatorie”.

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Lamenta il ricorso che la Corte partenopea abbia valutato il materiale istruttorio senza rispettare il canone di prudente apprezzamento di cui all’articolo 116 c.c., pervenendo alla conclusione della sussistenza del conflitto di interessi sulla scorta di un’inadeguata applicazione dell’articolo 2729 c.c., assumendo come risolutiva la sola valutazione del C.T.U., omettendo di valutare una ulteriore serie di elementi e quindi basando la propria decisione su elementi indiziari privi della gravita’, della precisione e della concordanza.
1.5. Con il quinto motivo si deduce che l’accoglimento del ricorso deve comportare il rigetto della domanda di risarcimento dei danni formulata dalla (OMISSIS) SRL.
1.6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 278, 101, 112 c.p.c. e articolo 1218 c.c., nonche’ “difetto di allegazione”.
Il ricorso impugna la decisione di condanna generica al risarcimento dei danni, non essendo stati neppure indicati dalla controricorrente l’ambito e la tipologia di danno, ed avendo, pertanto, la Corte partenopea accolto una domanda non assistita da adeguata allegazione.
1.7. Con il settimo motivo si deduce che l’accoglimento del ricorso deve comportare la condanna della (OMISSIS) SRL alla rifusione delle spese dei tre gradi di giudizio.
2. Il ricorso incidentale si articola in due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. nonche’ dell’articolo 111 Cost.
Il ricorso incidentale, pur riconoscendo la discrezionalita’ del giudice del merito in ordine alla decisione di disporre la compensazione delle spese di lite, contesta che i profili richiamati dalla Corte territoriale fossero idonei ad integrare le gravi ed eccezionali ragioni richieste dall’articolo 92 c.p.c., opponendo sul punto sia la prevalente soccombenza dei ricorrenti, sia la infondatezza delle tesi da essi sostenute.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 10 e 14 c.p.c., per avere la Corte territoriale determinato il valore di lite sulla scorta della dichiarazione compiuta in appello ai fini della determinazione del contributo unificato.

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3. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione con cui la controricorrente deduce l’assenza di sottoscrizione autografa del difensore – L. n. 53 del 1994, ex articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, – dell’attestazione di conformita’ del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC.
L’eccezione, tuttavia, deve ritenersi superata dal fatto che i ricorrenti hanno proceduto alla notifica del ricorso anche in forma “cartacea” a mezzo di ufficiale giudiziario, in tal modo sanando ogni eventuale irregolarita’ della notifica a mezzo PEC.
4. Il primo motivo di ricorso e’ da ritenersi infondato.
Non ritiene questa Corte che possano condividersi le deduzioni della controricorrente circa la inammissibilita’ del motivo in virtu’ della mancata formulazione di uno specifico motivo di impugnazione nel giudizio d’appello, alla luce del principio, gia’ affermato da questa Corte, per cui una pronuncia di primo grado che, senza affermare espressamente l’ammissibilita’ di una domanda riconvenzionale, rigetti la stessa per ragioni di merito, non implica alcuna statuizione implicita sull’ammissibilita’ di tale domanda, destinata a passare in giudicato se non specificamente impugnata, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il giudice di secondo grado, investito dell’appello principale della parte rimasta soccombente sul merito, conserva -pur in assenza di appello incidentale, sul punto, della parte rimasta vittoriosa sul merito- il potere, e quindi il dovere, di rilevare d’ufficio l’inammissibilita’ di detta domanda e l’omissione di tale rilievo e’ censurabile in cassazione come error in procedendo (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 7941 del 20/04/2020 – Rv. 657592 – 02).
Nel caso in esame, avendo il giudice di prime cure valutato nel merito la domanda riconvenzionale della (OMISSIS) SRL, disattendendola, deve ritenersi che gli odierni ricorrenti non avessero, a fronte del gravame formulato dalla soccombente in primo grado, l’onere di proporre appello incidentale, da cio’ derivando l’ammissibilita’ della riproposizione della questione nella presente sede.
Ritiene, invece, questa Corte che il motivo sia infondato.
Premesso che la seconda comparsa di costituzione e risposta e’ stata -pacificamente- depositata dalla (OMISSIS) SRL nel rispetto del termine di venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione e che, pertanto, l’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale non puo’ essere direttamente ricollegata alla decadenza espressamente stabilita dall’articolo 167 c.p.c., comma 2, si pone, semmai, il problema di stabilire se, con il deposito della comparsa di costituzione e risposta, la parte convenuta consumi integralmente ed irreversibilmente le proprie facolta’ difensive, o se la stessa possa integrare o modificare le proprie difese con una ulteriore comparsa, comunque depositata nel rispetto del termine di cui all’articolo 167 c.p.c.

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Sul punto parte ricorrente, a supporto della propria tesi, richiama i precedenti di questa di questa Corte Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 27616 del 30/10/2018 – Rv. 651077 – 01 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21472 del 30/11/2012 – Rv. 624164 – 01, i quali, tuttavia, a giudizio di questa Corte, non si attagliano al caso di specie. Va osservato, infatti, che entrambe le decisioni si riferiscono all’ipotesi in cui una parte sia assistita da piu’ difensori i quali depositino distinti atti difensivi, in tal modo duplicando l’attivita’ difensiva in modo da precludere all’altra parte del giudizio di individuare quale, tra i due, sia l’atto in relazione al quale essa deve prendere specifica posizione. Si tratta di una situazione ben diversa da quella in esame nella presente sede, in quanto risulta evidente che la seconda comparsa di costituzione e risposta ha modificato univocamente le precedenti difese, ponendo quindi gli odierni ricorrenti nella posizione di individuare univocamente e definitivamente l’ambito delle contestazioni che venivano mosse dalla convenuta.
L’assenza di pertinenza dei richiami dei ricorrenti discende, poi, da ulteriori considerazioni.
Il precedente di Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 27616 del 30/10/2018 – Rv. 651077 – 01, infatti, si riferisce all’ipotesi del deposito di un secondo controricorso ex articolo 370 c.p.c., e cioe’ ad una ipotesi di impugnazione in sede di legittimita’, in relazione alla quale appare del tutto condivisibile la considerazione -svolta nella decisione richiamata-che il deposito del controricorso determini la legittima convinzione del ricorrente in ordine al fatto che “l’avversario abbia compiutamente esercitato la propria difesa con il primo controricorso e che ad esso solo si debba contraddire con le memorie ex articolo 380 bis c.p.c.”.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21472 del 30/11/2012 – Rv. 624164 01 e’, invece, riferita all’ipotesi di deposito di una seconda comparsa conclusionale, valendo anche in questo caso la considerazione che la controparte “nutre la legittima aspettativa che la prima comparsa abbia esaurito le difese dell’avversario e che ad essa soltanto occorra rispondere con la memoria di replica”.
Esaminati i richiami giurisprudenziali operati dai ricorrenti, si deve in primo luogo evidenziare che questa Corte, in situazioni dissimili, sia pervenuta a diverse conclusioni, avendo ritenuto: 1) che l’articolo 380-bis.1 c.p.c. consente alle parti di depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio, sicche’ non puo’ intendersi preclusa alla medesima parte, nel rispetto dell’anzidetto termine, la presentazione di piu’ memorie, senza che il deposito di una prima memoria implichi la consumazione del potere di difesa scritta (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 18127 del 31/08/2020 – Rv. 658962 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4177 del 19/02/2008 – Rv. 601880 – 01); 2) che la regola dettata dall’articolo 348, comma 1, c.p.c., secondo cui la mancata costituzione dell’appellante nel termine di cui all’articolo 165 c.p.c., determina automaticamente l’improcedibilita’ dell’appello, non esclude che la parte costituitasi tardivamente possa proporre una seconda impugnazione, purche’ tempestiva, sempre che non sia gia’ intervenuta una declaratoria di improcedibilita’ od inammissibilita’, essendo invece incongrua una nuova notifica della originaria impugnazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2165 del 04/02/2016 – Rv. 639119 – 01, ma si vedano anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 8552 del 06/05/2020 – Rv. 657901 – 01 e Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4754 del 28/02/2018 – Rv. 647254 – 01); 3) che la modificazione della domanda ammessa ex articolo 183 c.p.c. puo’ riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi’ modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, percio’ solo, si determini la compromissione delle potenzialita’ difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 4031 del 16/02/2021 – Rv. 660594 – 01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015 – Rv. 635536 – 01).
Principi, questi, da cui e’ consentito estrapolare la conclusione per cui la “duplicazione” di un atto non comporta di per se’ sempre la inammissibilita’ dell’atto “duplicato”, dovendosi sempre verificare caso per caso se vi sia una compromissione delle facolta’ difensive della controparte e se vi sia una effettiva irreversibile consumazione del potere processuale della stessa.

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Tornando, allora, al caso in esame, si deve rilevare, in primo luogo, che -a differenza degli atti relativi ad una impugnazione, per i quali si impone effettivamente che le relative facolta’ siano esercitate una tantum in modo da cristallizzare l’ambito del gravame e di fissarne il rapporto con la decisione oggetto dell’impugnazione- nel caso degli atti introduttivi del giudizio di primo grado non risulta operare un cosi’ marcato irrigidimento, come comprovato dal fatto che sia l’attore sia il convenuto ben potrebbero azionare separatamente nuove pretese, chiedendo poi la riunione dei giudizi, senza che, a questo punto, il principio di autonomia dei giudizi riuniti precluda l’esame delle distinte posizioni delle parti (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 5434 del 26/02/2021 – Rv. 660783 – 01), col solo limite della riproposizione di un giudizio identico finalizzato unicamente ad aggirare le decadenze processuali, con abuso dello strumento processuale (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 24529 del 05/10/2018 – Rv. 651137 – 02), ipotesi che peraltro non ricorre nel caso in cui -come quello in esame- le preclusioni non siano ancora scattate.
In secondo luogo, si osserva che il deposito di una seconda comparsa di costituzione e risposta non risulta ledere il diritto di difesa dell’attore, il quale ha un riferimento temporale specifico ancorato al termine di cui all’articolo 167 c.p.c., decorso il quale la parte attrice puo’ nutrire un pieno affidamento in ordine all’operativita’ delle preclusioni dalla norma medesima previste. Il diritto di reazione difensiva attoreo, del resto, trova piena facolta’ di esercizio sia in sede di udienza di prima comparizione (articolo 183 c.p.c., comma 5) sia -seppur piu’ limitato-nelle successive memorie (articolo 183 c.p.c., comma 6), da cio’ derivando che l’eventuale deposito di una seconda comparsa di costituzione e risposta in nulla compromette le facolta’ difensive e non arreca alcun vulnus all’affidamento della parte attrice.
Si deve, quindi escludere che possa essere dichiarata la inammissibilita’ del deposito -ad opera del medesimo difensore o del nuovo difensore eventualmente subentrato al primo- di una seconda comparsa di costituzione e risposta, purche’ il deposito medesimo sia avvenuto nel rispetto del termine di cui all’articolo 167 c.p.c. e salvi i casi in cui sia ravvisabile uno specifico abuso dello strumento processuale, non potendosi ravvisare una consumazione del potere di difesa della parte convenuta sino al momento del maturarsi della barriera preclusiva di cui all’articolo 167 c.p.c.
Alla luce di tali considerazioni, non puo’ ritenersi viziata la decisione della Corte d’appello partenopea nel momento in cui ha statuito nel merito della domanda riconvenzionale formulata con la seconda comparsa di costituzione e risposta della (OMISSIS) SRL, da cio’ derivando l’infondatezza del motivo di ricorso.
5. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente e risultano inammissibili.
Inammissibile e’, in primo luogo, la deduzione circa il difetto di motivazione della decisione impugnata che, secondo i ricorrenti si tradurrebbe nella violazione del disposto di cui all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4).

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Giova rammentare che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, con la conseguenza che e’ denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 -Rv. 629830 – 01 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
L’esame della decisione impugnata evidenzia, invece, che le doglianze dei ricorrenti non concernono in alcun modo -e palesemente-la deduzione del vizio di motivazione come delimitato da questa Corte ma si sostanziano in una inammissibile critica del merito della decisione stessa, di fatto sollecitando un nuovo -ed anch’esso inammissibile-sindacato del merito della decisione stessa.
Inammissibile, in relazione al dedotto vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5), e’ la censura relativa all’aver la Corte partenopea recepito le conclusioni della C.Testo Unico svolta in prime cure.
In merito a tale censura va in primo luogo rilevato che l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua vigente formulazione, consente di censurare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, non potendosi tuttavia inquadrare nell’ambito di nozione la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice, in quanto la consulenza medesima costituisce mero elemento istruttorio da cui e’ possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 8584 del 16/03/2022 – Rv. 664367 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12387 del 24/06/2020 – Rv. 658062 – 01), mentre le critiche che sono rivolte alla consulenza si traducono nell’esposizione di mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 8584 del 16/03/2022 – Rv. 664367 – 01). E’, semmai, l’immotivato omesso esame delle risultanze della CTU a poter integrare un vizio della sentenza rilevante ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18956 del 05/07/2021 – Rv. 662242 – 01; Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 18598 del 07/09/2020 – Rv. 659088 – 01).
Operata tale premessa, questa Corte intende conformarsi al principio per cui quando il giudice di merito ha aderito alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione ha tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, l’obbligo della motivazione e’ soddisfatto con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, senza che il giudice debba necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perche’ incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio gia’ valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 5) (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 8584 del 16/03/2022 – Rv. 664367 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1815 del 02/02/2015 – Rv. 634182 – 01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 282 del 09/01/2009 – Rv. 606211 – 01).
Da tale principio deriva, allora, che sarebbe stato onere dei ricorrenti dedurre l’omessa valutazione delle eventuali osservazioni dei consulenti di parte, non da parte dell’organo giudicante, bensi’ da parte dello stesso C.T.U., in quanto e’ in tale seconda ipotesi che il richiamo alle conclusioni di quest’ultimo da parte dell’organo giudicante si sarebbe potuto rivelare carente sul piano dell’analisi delle argomentazioni difensive e, di riflesso, sul pieno adempimento dell’obbligo motivazionale (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021 – Rv. 661839 – 01).
Va, del resto, rammentato ulteriormente che non e’ carente di motivazione la sentenza che recepisce per relationem le conclusioni ed i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito, ancorche’ si limiti a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini esperite e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 22056 del 13/10/2020 – Rv. 659275 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4352 del 14/02/2019 – Rv. 653010 – 01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11482 del 03/06/2016 – Rv. 639844 – 01).
Inammissibili, ancora, risultano le deduzioni concernenti la mancata valutazione di alcune circostanze di fatto, nel momento in cui esse si traducono in un inammissibile sindacato della valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, ponendosi in conflitto con il principio enunciato da questa Corte, per cui, nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, risultando conseguentemente – insindacabile la valutazione in base alla quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019 – Rv. 655229 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004 – Rv. 569765 – 01).

Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Inammissibili, poi, sono le dedotte violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c.
Questa Corte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20867 del 30/09/2020 – Rv. 659037 – 02) ha, infatti, chiarito che:
– per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c.;
– la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa- secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione.

Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Il motivo di ricorso, in realta’, non deduce alcuno di detti specifici profili, limitandosi a lamentare la difformita’ delle valutazioni operate dalla Corte territoriale rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado, traducendosi tali doglianze -come gia’ evidenziato- in una mera critica alle valutazioni, esposte nella sentenza impugnata, in ordine alla rilevanza e decisivita’ delle circostanze poste alla base della decisione.
Inammissibili, infine, risultano i richiami ad una serie di altre previsioni normative i quali risultano carenti di specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020 – Rv. 658610 – 01; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016 – Rv. 642805 – 02).
6. Inammissibile e’ anche il quarto motivo.
Richiamate -in ordine alle dedotte violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. ed alla prospettata assenza di motivazione- le considerazioni in relazione ai precedenti motivi di ricorso, si deve osservare -in relazione alle lagnanze con cui si deduce la “irragionevolezza e irrazionalita’ della decisione” nonche’ il “vizio di motivazione per superficiale esame delle risultanze probatorie”- che, in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullita’ della sentenza- di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, mentre al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022 – Rv. 664120 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018 -Rv. 650880 – 01; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 -Rv. 645828 – 01).

Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile

Esclusa la possibilita’ di ravvisare nella decisione impugnata un vizio di motivazione apparente o perplessa, il ricorso risulta inammissibile anche in relazione al profilo dell’omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo”. Detta ipotesi, infatti, deve intendersi riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019 – Rv. 655413 – 01; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018 – Rv. 651305 – 01), mentre il motivo di ricorso, in realta’, viene a sollecitare -ancora una volta- un inammissibile sindacato della valutazione del materiale istruttorio da parte della Corte d’Appello, ed in particolare della selezione delle circostanze rilevanti ai fini della decisione (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019 – Rv. 655229 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004 – Rv. 569765 – 01).
Parzialmente inammissibili e parzialmente infondate, infine, sono le deduzioni del ricorso relative ad una non corretta applicazione del regime delle presunzioni.
Va rammentato, al riguardo, che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), puo’ prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo puo’ basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravita’ o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022 – Rv. 664316 – 01).

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Conseguentemente, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non puo’ limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicita’ e contraddittorieta’ del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020 – Rv. 657231 – 01).
Il ricorso, in realta’, non deduce effettivamente alcuna contraddittorieta’ del ragionamento della Corte partenopea ne’ attribuisce a quest’ultima l’affermazione che il ragionamento presuntivo puo’ basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ma si traduce semplicemente nella prospettazione di una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito.
Il motivo, poi, appare comunque infondato, in quanto -richiamato il principio per cui non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessita’ causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalita’, visto che la deduzione logica e’ una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021 – Rv. 662103 – 01)- la decisione della Corte territoriale ha evidenziato due elementi -il prezzo di vendita di bene massicciamente inferiore al valore di mercato (secondo la valutazione della C.Testo Unico non oggetto di concreti rilievi) ed il rapporto di coniugio tra le due parti del contratto preliminare- ampiamente idonei a fondare il ragionamento presuntivo, avendo questa Corte affermato gia’ in passato che la comunanza d’interessi fra rappresentante ed il terzo e la convivenza tra loro, specialmente quando questa sia determinata da rapporti di parentela o di coniugio, sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere secondo lo id quod plerumque accidit ed in concorso con altri elementi, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilita’ di tale situazione da parte del terzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6755 del 05/05/2003 – Rv. 562593 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 813 del 25/01/1992 – Rv. 475436 – 01; cfr. anche Cass. Sez. L, Sentenza n. 15981 del 18/07/2007 – Rv. 598389 – 01).

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Osservato che nel caso in esame l’elemento ulteriore e’ costituito dal divario fra il valore di mercato del bene ed il prezzo fissato nel preliminare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7698 del 21/08/1996 – Rv. 499290 – 01), ben puo’ affermarsi che, ai fini dell’annullabilita’ del contratto stipulato dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, il giudice di merito possa argomentare sia l’esistenza del conflitto sia la sua conoscenza o conoscibilita’ da parte del terzo da elementi indiziari, quali il divario fra il valore di mercato del bene venduto dal rappresentante e il prezzo pagato dall’acquirente e la comunanza di interessi fra rappresentante e terzo, fondata sui rapporti di coniugio, principio di cui la decisione della Corte partenopea ha fatto buon governo.
7. Il sesto motivo di ricorso e’, invece, infondato.
Come osservato dal Pubblico Ministero nelle proprie conclusioni, infatti, opera il principio per cui la sentenza di condanna generica postula, quale presupposto necessario e sufficiente a legittimarne l’adozione, solo l’accertamento di un fatto ritenuto, alla stregua di un giudizio di probabilita’, potenzialmente produttivo di danni, mentre il riscontro dell’esistenza, in concreto, di questi ultimi, benche’ gia’ ivi possibile, puo’ anche essere differito alla fase della loro effettiva liquidazione, fermo restando che il giudicato formatosi su tale decisione non investe la sussistenza dei danni stessi ed il loro rapporto di causalita’ con il fatto illecito, ne’ preclude la successiva dichiarazione di infondatezza della pretesa risarcitoria, ove si verifichi che i pregiudizi lamentati non si siano prodotti o non siano riconducibili al comportamento del responsabile (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 20444 del 11/10/2016 – Rv. 641848 – 01).

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La Corte d’Appello di Napoli nella propria decisione ha -con motivazione sintetica ma non perplessa ne’ apparente- dato applicazione al principio enunciato da questa Corte, valutando la potenzialita’ dannosa della vicenda al suo esame, in relazione alla quale -essendo quantum e financo an della pretesa risarcitoria rimessi ad un successivo, specifico, accertamento- la parte che aveva formulato la domanda risarcitoria generica non poteva ritenersi tenuta ad individuare specifici mezzi di prova.
8. Il mancato accoglimento dei motivi di ricorso sinora esaminati determina l’assorbimento del quinto e settimo motivo di ricorso i quali, come evidenziato in precedenza, non contenevano specifici motivi di doglianza in relazione alla decisione della Corte partenopea, ma si limitavano ad enunciare quelle che sarebbero state le conseguenze di una decisione di accoglimento degli altri motivi di ricorso.
9. Infondato deve ritenersi anche il primo motivo del ricorso incidentale.
Va rammentato che in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimita’ sulla pronuncia di compensazione e’ diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticita’” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, “non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21400 del 26/07/2021 – Rv. 662213 – 01).

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Ancor piu’ recentemente, questa Corte ha affermato che l’articolo 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorche’ concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimita’, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche l’oggettiva opinabilita’ delle questioni affrontate o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite e’ stata introdotta o e’ stata posta in essere l’attivita’ che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7992 del 11/03/2022 (Rv. 664429 – 01).
Sempre con particolare riferimento alle “gravi ed eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione applicabile “ratione temporis”, introdotta dalla L. n. 69 del 2009, questa Corte ha poi chiarito che tali ragioni non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimita’ (Cass. Sez. 6 L, Ordinanza n. 9977 del 09/04/2019 – Rv. 653625 – 01).

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Nel caso in esame la Corte d’Appello di Napoli ha assunto in ordine alla compensazione delle spese una decisione sorretta da motivazione che, seppure sintetica, non puo’ ritenersi illogica, tautologica, inesistente o meramente apparente, in quanto ha tenuto conto sia della peculiarita’ della vicenda processuale sia delle “oscillazioni giurisprudenziali” in tema di annullabilita’ ex articolo 1394 c.c. e quindi di fattori idonei a sorreggere la compensazione delle spese di lite, peraltro disposta nella misura della sola meta’ delle spese dei due gradi di giudizio.
10. Fondato e’, invece, il secondo motivo di ricorso incidentale.
Reiterati, infatti, sono i precedenti con cui questa Corte ha chiarito che il valore della causa dichiarato ai fini del contributo unificato ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega, quindi, alcun effetto vincolante in ordine alla determinazione del thema decidendum (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3290 del 12/02/2018 – Rv. 647509 – 01; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 9195 del 10/04/2017 – Rv. 643738 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18732 del 22/09/2015 – Rv. 636834 – 01).
Da tali principi si e’ invece discostata la Corte d’appello partenopea nel momento in cui essa ha ritenuto di individuare quale valore di causa quello indicato dalla societa’ appellante nell’atto di appello, recependo acriticamente una indicazione la cui non correttezza, peraltro, emergeva agevolmente dagli atti di causa, vertendosi in tema di annullamento di un contratto il cui valore risultava pacificamente superiore ad Euro 52.000,00, con conseguente applicazione dello scaglione previsto per le controversie di valore tra Euro 52.000,00 ed Euro 260.000,00.
11. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata limitatamente ai capi concernenti la liquidazione delle spese dei due gradi di merito a carico, separatamente, dei due odierni ricorrenti.

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Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, e’ possibile provvedere direttamente alla decisione di merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2.
Premesso che la decisione della Corte d’appello di Napoli non e’ stata oggetto di specifica impugnazione ne’ in relazione alla individuazione del valore medio dei compensi individuati dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, ne’ in relazione alla riduzione del 70% applicata ai compensi per la fase istruttoria e di trattazione in appello, i compensi possono essere pertanto determinati -nel loro valore integrale- nella misura di Euro 13.430,00 per quanto riguarda il giudizio di primo grado ed in Euro 10.751,00 per il giudizio di appello.
Applicando la riduzione del 50% determinata dalla compensazione parziale disposta dalla Corte d’Appello di Napoli, gli importi posti a carico dei due ricorrenti per i due gradi di merito del giudizio possono essere, quindi, definitivamente fissati nella misura di Euro 6.715,00 per quanto riguarda il giudizio di primo grado ed in Euro 5.375,00 per il giudizio di appello.
12. Il rigetto del ricorso principale, accompagnato dall’accoglimento parziale del ricorso incidentale, comporta la condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della societa’ controricorrente -nonche’ ricorrente incidentale- delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate direttamente in dispositivo.
12. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale;
accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale, che nel resto rigetta; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ridetermina in Euro 6715,00 oltre accessori di legge – quanto al giudizio di primo grado – ed in Euro 5.375,00 oltre accessori di legge -quanto al giudizio di appello- la liquidazione dei compensi in favore della (OMISSIS) SRL ed a carico – separatamente – di (OMISSIS) e (OMISSIS) per i giudizi di primo e secondo grado celebrati innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ed alla Corte d’appello di Napoli;
condanna i ricorrenti in solido a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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