Il delitto di malversazione ai danni dello Stato

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|7 gennaio 2021| n. 331.

Il delitto di malversazione ai danni dello Stato può costituire il reato presupposto del delitto di autoriciclaggio, a condizione che sia stato commesso in data antecedente a quest’ultimo.

Sentenza|7 gennaio 2021| n. 331

Data udienza 12 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Reato fallimentare – Autoriciclaggio – Imprenditore finito in un’inchiesta per malversazione ai danni dello Stato per l’uso privato di contributi pubblici – Indagine per reati fallimentari in merito alla dichiarazione di insolvenza – Uso non consentito di alcune intercettazioni relative a reti non connesse – Reato presupposto dell’autoriciclaggio individuato nella appropriazione indebita o nel conseguimento di erogazioni pubbliche – Fatti storici – Ricorso – Accoglimento parziale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. MOROSINI E. M. – rel. Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/07/2020 del TRIBUNALE di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MOROSINI Elisabetta Maria;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ODELLO Lucia, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
uditi i difensori, avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Torino, adito ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di autoriciclaggio (capo 3 dell’incolpazione provvisoria), nonche’ a vari reati fallimentari collegati alla dichiarazione di insolvenza della (OMISSIS) s.p.a. (capi 5, 6, 7 e 8); ha confermato inoltre la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di riciclaggio (capo 4); mentre ha annullato l’ordinanza cautelare per altre ipotesi di bancarotta relative alla societa’ (OMISSIS) s.p.a. (capi 10, 11 e 12 per (OMISSIS) capo 12 per (OMISSIS)), non ritenendo configurabili i reati fallimentari in assenza di dichiarazione di fallimento.
1.1. La vicenda trae origine dagli accertamenti svolti nei confronti della (OMISSIS) S.p.a., in merito alla gestione e all’utilizzo del finanziamento pubblico dalla stessa ottenuto per la realizzazione del progetto di investimento industriale finalizzato alla riconversione del (OMISSIS), stabilimento gia’ sede di (OMISSIS) S.p.a..
La (OMISSIS) s.p.a., saldamente nelle mani di (OMISSIS) fin dalla sua costituzione avvenuta nel 2014, si era appropriata degli importi versati dallo Stato a titolo di anticipo (circa 21 milioni di Euro) senza mai neppure iniziare il progetto (che doveva essere realizzato entro la data del 31 dicembre 2016, poi prorogata al 30 giugno 2018), tanto che il finanziamento agevolato veniva revocato.
Le indagini condotte inizialmente dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese avevano fatto emergere il reato di malversazione ai danni dello Stato (di cui al capo 1 della incolpazione provvisoria non interessato dalla misura cautelare qui in discussione). Per tale titolo il giudice per le indagini preliminari di Termini Imerese aveva disposto l’applicazione di misure cautelari personali (arresti domiciliari e interdizione dalle cariche) e reali (sequestri preventivi impeditivi e di valore) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) (amministratore delegato di (OMISSIS), estraneo al presente procedimento incidentale).
1.2. Il Tribunale del Riesame di Palermo, rilevando l’incompetenza del Tribunale di Termini Imerese in favore di quello di Torino, aveva annullato le ordinanze cautelari personali, ritenendo assente il requisito dell’urgenza ex articolo 27 c.p.p.; mentre confermava in parte quelle reali, spogliandosi, comunque, del fascicolo.
1.3. Il 19 aprile 2019 la Procura di Torino riceveva gli atti trasmessi per competenza dalla Procura di Termini Imerese e adottava iniziative immediate volte a preservare la cautela reale rimasta in piedi.
Nel corso del procedimento, l’amministratore giudiziario di (OMISSIS), nominato dalla autorita’ giudiziaria in sede di sequestro, riscontrava una situazione di gravissima tensione finanziaria caratterizzata da una elevata esposizione debitoria scaduta e da carenti giacenze finanziarie; depositava richiesta di accedere alla procedura di amministrazione straordinaria con rinuncia alla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, in precedenza formulata (il 16 maggio 2019).
Il 18 ottobre 2019 con decreto ministeriale del Ministero dello Sviluppo Economico, la (OMISSIS) s.p.a. e’ stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex Decreto Legge n. 347 del 2003, per le imprese di rilevanti dimensioni.
In data 8 novembre 2019 il Tribunale di Torino ha deposita la dichiarazione dello stato di insolvenza di (OMISSIS).
1.4. Le indagini condotte dalla Procura di Torino hanno consentito di accertare le attivita’ di autoriciclaggio e riciclaggio dei profitti del reato di malversazione, compiute rispettivamente da (OMISSIS) (capo 3), da (OMISSIS), collaboratrice “storica” di (OMISSIS) e (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) (capo 4); nonche’ di individuare, tra gli altri, i reati fallimentari relativi a (OMISSIS), addebitati a (OMISSIS) e consistenti in: bancarotta fraudolenta patrimoniale perpetrata attraverso la distrazione del ramo di azienda e di somme di denaro di importo complessivo prossimo a 60 milioni di Euro (capo 5); bancarotta impropria da reato societario (capo 6); causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose consistite nel sistematico inadempimento degli obblighi fiscali relativi agli anni 2016, 2017, 2018, per un importo pari a oltre 55 milioni di Euro (capo 7); bancarotta fraudolenta documentale (capo 8).
2. Avverso l’ordinanza ricorrono gli indagati, tramite i rispettivi difensori.
3. (OMISSIS) articola sei motivi.
3.1. Con il primo eccepisce l’inutilizzabilita’ dei risultati delle intercettazioni telefoniche perche’ disposte in altro procedimento.
Le operazioni di captazione utilizzate a fini cautelari sono state disposte nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto i reati di cui agli articoli 319 e 321 c.p., iscritto presso la Procura di Termini Imerese il 7 marzo 2019 a seguito di una notizia criminis inoltrata dalla Guardia di Finanza di Palermo il 5 marzo 2019.
Secondo il ricorrente vengono in rilievo, dunque, intercettazioni afferenti ad ipotesi di corruzione mai iscritte ne’ contestate dalla Procura di Torino, collegate solo incidentalmente, e tuttalpiu’ in via probatoria, con il reato di malversazione di cui al capo A) della incolpazione provvisoria gia’ iscritto dalla Procura di Termini Imerese (non ricompreso pero’ nel novero dell’articolo 266 c.p.p.) e prive di connessione, rilevante ex articolo 12 c.p.p. (Sez. U n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020), con i reati oggetto della ordinanza cautelare.
3.2. Con il secondo motivo deduce la inutilizzabilita’ dei contenuti delle intercettazioni telefoniche di cui il Pubblico ministero non ha depositato le tracce foniche.
Il difensore aveva richiesto che l’organo di accusa depositasse, presso il Tribunale del riesame, tutte le tracce foniche delle intercettazioni utilizzate ai fini cautelari nei confronti di (OMISSIS). Il pubblico ministero, tuttavia, ha prodotto un supporto informatico contenente solo quattro tracce foniche, omettendo di depositare quelle relative ai progressivi nn. 117, 701, 456, 230, 1384 e 209.
L’omesso deposito delle tracce foniche da’ luogo a una nullita’ a regime intermedio che comporta l’inutilizzabilita’, in sede di riesame, dei brogliacci delle intercettazioni come stabilito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 20300 del 22/04/2010.
Il Tribunale del riesame ha superato l’eccezione facendo leva sul ritardo con il quale il difensore avrebbe inoltrato la richiesta di deposito e sulla mancata formulazione di una richiesta di rinvio dell’udienza di riesame ex articolo 309 c.p.p., comma 9 bis.
Si tratta, secondo il ricorrente, di argomenti privi di presa, poiche’ il Pubblico ministero deve mettere a disposizione le tracce foniche sin alla celebrazione dell’interrogatorio di garanzia e, in ogni caso, in vista del riesame; inoltre grava sul Pubblico ministero l’onere di fornire congrua motivazione sulla impossibilita’ di adempiere tempestivamente alla istanza difensiva; nella specie e’ stato lo stesso Pubblico ministero ad aver riconosciuto, nel corso dell’udienza, che l’omesso deposito era frutto di errore del proprio ufficio.
Il Tribunale spende anche il tema della “prova di resistenza” laddove sostiene che i presupposti della misura cautelare risultano “aliunde, ritenendosi possibile motivare in merito senza neanche citare tali conversazioni”, tuttavia si arresta ad una mera enunciazione senza svilupparla, anzi, nel corso del provvedimento, addirittura si contraddice, facendo abbondante ricorso ai colloqui captati soprattutto nel motivare la sussistenza di esigenze cautelari di carattere eccezionale.
3.3. Con il terzo, il quarto e il quinto motivo deduce violazione di legge in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di autoriciclaggio di cui al capo 3) della incolpazione provvisoria.
Il delitto in rassegna si fonda su quello “presupposto” di malversazione ai danni dello Stato di cui al capo 1.
Tuttavia, come si evince anche dal tempus commissi delitti indicato dal Pubblico ministero, il delitto di malversazione si e’ consumato dopo quello di autoriciclaggio, che, dunque, non e’ configurabile.
In ogni caso ricorrerebbe l’ipotesi di cui all’articolo 648-ter c.p., comma 2, che, in ragione della pena edittale massima inferiore a cinque anni, non consente l’applicazione della custodia cautelare in carcere ex articolo 280 c.p.p..
Il Tribunale del riesame ipotizza la commissione di ulteriori reati presupposti quali quello di appropriazione indebita (che comunque non rimuoverebbe l’ostacolo della pena prevista dall’articolo 648-ter c.p., comma 2) e di truffa aggravata nel conseguimento di erogazioni pubbliche, ma in tal modo viola i limiti della propria cognizione, poiche’ non si limita ad operare una diversa qualificazione del fatto, ma individua fatti nuovi e diversi sui quali non si e’ potuto instaurare un contraddittorio con conseguente lesione dei diritti di difesa garantiti dall’articolo 111 Cost. e 6 CEDU come chiarito, in tema di ricettazione, dalla Corte di cassazione (Sez. 2, n. 7315 del 10/01/2019).
In via alternativa il Tribunale ipotizza di anticipare la consumazione del reato di malversazione alla data del 27 dicembre 2016, quando e’ stata eseguita la prima operazione bancaria di trasferimento di parte dei fondi pubblici ricevuti da (OMISSIS).
L’ipotesi, pero’, contrasta con la struttura del delitto di cui all’articolo 316-bis c.p., che deve essere ricondotto alla categoria dei reati omissivi propri a consumazione istantanea e che, pertanto, si consuma nel momento in cui scade il termine per la realizzazione dell’opera finanziata.
Il ricorrente richiama gli illeciti tributari puniti dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10-bis e 10-ter, anch’essi reati istantanei a struttura omissiva – il cui nucleo essenziale e’ costituito dalla mancata destinazione di somme in base all’impegno in precedenza assunto – i quali, come insegnano anche le Sezioni Unite Favellato (sentenza n. 37425 del 28/03/2013) si consumano alla data di scadenza del termine fissato per l’impiego dei fondi.
3.4. Con il sesto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza di condizioni di eccezionale rilevanza legittimanti l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del ricorrente, persona ultrasettantenne.
L’elemento differenziale di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 4, consiste nella intensita’ del pericolo che deve manifestarsi ai massimi livelli tanto da indurre a ritenere che, in assenza del rimedio carcerario, esso si concretizzera’ con certezza. Per tale ragione grava sul giudice un onere di motivazione specifica e rafforzata rispetto ai tradizionali canoni di adeguatezza, gradualita’ e stretta necessita’ della misura cautelare, dovendo egli dare conto anche delle specifiche ragioni che inducano a ritenere inadeguato il ricorso ad una misura meno afflittiva quale quella degli arresti domiciliari, non essendo sufficiente il richiamo alla gravita’ del fatto o alla personalita’ dell’autore.
A tal fine il ricorrente aveva indicato al Tribunale del riesame due luoghi distinti e diversi da quello della abitazione si’ da consentire l’esecuzione degli arresti domiciliari evitando contatti con i familiari e in particolare con il figlio coindagato e aveva rappresentato le seguenti circostanze: il proprio stato di incensuratezza; la cessazione dalla carica della (OMISSIS) da oltre quindici mesi; le sue dimissioni da tutte le cariche societarie residue; la sottoposizione a sequestro preventivo dei suoi beni e di quelli dei propri familiari.
Il Tribunale pero’ ha negato la richiesta, confermando la sussistenza di condizioni di eccezionale rilevanza con una motivazione che non soddisfa i requisiti sopra indicati.
Rammenta il ricorrente che, nell’ipotesi di accoglimento del terzo, del quarto o del quinto motivo, residuerebbero soltanto i reati fallimentari di cui ai capi 5, 6, 7 e 8, che, pero’, concernono episodi risalenti nel tempo come tali difficilmente rapportabili al requisito di attualita’ delle esigenze cautelari.
In ogni caso censura la motivazione del provvedimento impugnato che si fonda su elementi privi di effettiva pregnanza:
– la “intensita’ del danno sociale” provocato dalle condotte del ricorrente, elemento di per se’ neutro rispetto alla valutazione del requisito in rassegna;
– la circostanza che l’indagato non ha “avvertito il monito derivante dagli arresti domiciliari e dalle misure cautelari reali gia’ applicate”, argomento che fa leva pero’ su una sorta di “deterrenza postuma” di una misura gia’ cessata;
– la certezza che l’indagato violerebbe le prescrizioni imposte con una misura diversa da quella carceraria, desunta dalle pregresse condotte illecite, quando, pero’, la mera perseveranza in attivita’ criminali non e’ sufficiente a giustificare l’applicazione della misura piu’ afflittiva.
Di contro non e’ stato apprezzato il fatto che (OMISSIS) non ha mai disobbedito-alle prescrizioni della misura degli arresti domiciliari che gli era stata applicata, nel marzo 2019, dal Tribunale di Termini Imerese.
Il Tribunale del Riesame non ha tenuto conto dei due luoghi alternativi a quello di residenza individuati ai fini della applicazione degli arresti domiciliari.
4. (OMISSIS) si affida a cinque motivi.
4.1. Con il primo eccepisce la inutilizzabilita’ dei risultati delle intercettazioni telefoniche per violazione dell’articolo 270 c.p.p., svolgendo argomenti analoghi a quelli coltivati da (OMISSIS).
4.2. Con il secondo e il terzo motivo denuncia violazione di legge in punto di ritenuta configurabilita’ del reato di riciclaggio di cui al capo 4 della incolpazione provvisoria.
L’impugnazione fa leva sulle medesime ragioni espresse nel ricorso di (OMISSIS) a proposito del reato di autoriciclaggio: momento consumativo del delitto di malversazione ai danni dello Stato da individuarsi nel 30 giugno 2018, data di scadenza del termine per la realizzazione del progetto finanziato; anteriorita’ della condotta di riciclaggio (avvenuta, secondo la stessa prospettazione accusatoria tra il 23 dicembre 2016 e il 6 marzo 2018) rispetto alla consumazione del delitto presupposto di malversazione; illegittimo mutamento del fatto laddove si ipotizza, come reato presupposto, quello di appropriazione indebita o di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
4.3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c).
Il Tribunale del riesame, nel confermare la misura custodiale ha valorizzato il fatto che (OMISSIS) non sia solo la segretaria amministrativa di (OMISSIS), ma sia, da lunga data, persona di fiducia di questi, tanto da mantenere cariche societarie, nonostante il raggiungimento dell’eta’ pensionabile e la sottoposizione del (OMISSIS) a misura custodiale nel marzo 2019; mentre ha trascurato che la condotta della ricorrente consta di un unico episodio di riciclaggio risalente al 27 giugno 2017, e dunque verificatosi tre anni prima della applicazione della misura cautelare.
Secondo gli arresti della giurisprudenza di legittimita’, l’articolo 274 c.p.p., lettera c), nel testo introdotto dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale; ne deriva che non e’ piu’ sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma e’ anche necessario prevedere che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti (Sez. 6, n. 24476 del 04/05/2016).
– L’ordinanza impugnata non fa corretta applicazione del criterio sopra delineato, fondando, piuttosto, il proprio giudizio di pericolosita’ sociale su dati privi di reale pregnanza: la gravita’ dei fatti che pero’ viene riferita alla gravita’ del reato contestato e dunque e’ irrilevante; il rapporto fiduciario con la famiglia (OMISSIS), dal quale pero’ non vengono tratti elementi di rilievo.
Mentre non tiene conto che l’indagata ha presentato le proprie dimissioni dalle cariche sociali e dal rapporto di lavoro con (OMISSIS), con distacco presso (OMISSIS) spa; ha rinunciato a tutti i poteri di rappresentanza della (OMISSIS) spa, a lei conferiti con procura del 23 giugno 2011.
4.4. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia analoghi vizi in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera a).
Il Tribunale del riesame, nel tentativo di rimediare alla evidente lacuna della ordinanza genetica, avrebbe valorizzato la disponibilita’ dell’indagata ad eseguire operazioni illegali quale amministratrice della societa’ (OMISSIS) s.r.l., che, pero’, e’ una situazione non suscettibile di connotarsi in termini di “concreto e attuale pericolo per l’acquisizione e la genuinita’ della prova”.
Inoltre non sarebbe stata fissata la data di scadenza della misura in relazione alle indagini da compiere, come richiesto, a pena di nullita’, dall’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera d).
5. (OMISSIS) formula quattro motivi.
5.1. I primi due propongono questioni analoghe a quelle coltivate da (OMISSIS) sui temi della inutilizzabilita’ dei risultati delle intercettazioni telefoniche e della configurabilita’ del delitto di riciclaggio di cui al capo 4).
5.2. Il terzo e il quarto motivo si appuntano sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari ex articolo 274 c.p.p., lettera a) e c), sviluppando i medesimi argomenti della coindagata.
Quanto alla propria specifica situazione, il ricorrente pone in evidenza: l’unicita’ dell’episodio di riciclaggio, peraltro risalente al 2 marzo 2017; la dismissione di tutte le cariche societarie un tempo rivestite compresa quella di amministratore della (OMISSIS) s.r.l. (ex (OMISSIS)); il sequestro dell’intero patrimonio familiare; la contraddittorieta’ della motivazione del riesame laddove da un lato menziona la superficialita’ dell’imputato per la giovane eta’ e mancanza di esperienza, dall’altro lato gli imputa la partecipazione a operazioni complesse.
6. Con successive memorie, i difensori di (OMISSIS) e (OMISSIS), a sostegno dei motivi gia’ svolti sui delitti di autoriciclaggio e riciclaggio, evidenziano che il Pubblico ministero ha notificato l’avviso ex articolo 415-bis c.p.p., nel quale (come puo’ evincersi dalla copia dell’atto allegata ai ricorsi) cristallizza i capi di incolpazione senza modifiche rispetto alla richiesta cautelare: mantiene nell’articolo 316-bis c.p., il reato presupposto di quelli di riciclaggio e conferma al 30 giugno 2018 la data di consumazione del delitto di malversazione “data di scadenza del termine per la realizzazione del programma di cui al contratto del 8 marzo 2016”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito indicati. La identita’ delle questioni ne consente una trattazione unitaria.
2. Le intercettazioni telefoniche.
2.1. L’eccezione sulla violazione dell’articolo 270 c.p.p. (primo motivo dei tre ricorsi) e’ fondata per le ragioni che si vanno a specificare.
2.1.1. Il Tribunale del riesame ha escluso l’operativita’ della sanzione processuale in esame, sul rilievo che le intercettazioni utilizzate ai fini cautelari non sono state eseguite “in altro procedimento”, ma sono relative al “medesimo procedimento”.
Al riguardo il Tribunale osserva:
– che le indagini sono iniziate a Termini Imerese e hanno riguardato il reato di cui all’articolo 316-bis c.p. a carico di (OMISSIS) (e Di Cursi Cosimo);
– che il 5 marzo 2019 sono state emesse le prime misure cautelari per detto reato;
– che successivamente sono state condotte indagini anche rispetto ad una ipotesi di corruzione dei soggetti che avevano operato nel procedimento di erogazione del finanziamento; per tali titoli di reato sono state disposte le intercettazioni telefoniche;
– che, con ordinanze del 28 marzo e del 5 aprile 2020, il Tribunale del riesame ha dichiarato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Termini Imerese in favore di quello di Torino.
Il nucleo della decisione assunta dal Tribunale del riesame si incentra sulla considerazione che: gli atti sono stati trasmessi alla Procura di Torino che ha proseguito le indagini “sulla malversazione emersa” ipotizzando i reati di riciclaggio e autoriciclaggio di cui ai capi 3 e 4 “chiaramente connessi alla malversazione che ne e’ il reato presupposto, e emergendo anche condotte di bancarotta, per lo piu’, per quanto riguarda (OMISSIS), strettamente correlate agli altri fatti” (pag. 57 del provvedimento impugnato).
Premesso che, ratione temporis, si ricade nella disciplina anteriore alla nuova formulazione dell’articolo 270 c.p.p. e che per i delitti qui in rilievo non e’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, la conclusione del Tribunale del riesame non merita adesione, poiche’ si discosta dagli insegnamenti delle Sezioni Unite Cavallo (n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020).
2.1.2. Il divieto di cui all’articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata “ab origine” disposta, sempreche’ rientrino nei limiti di ammissibilita’ previsti dall’articolo 266 c.p.p. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395).
Detto in altri termini: per “diversi procedimenti” ex articolo 270 c.p.p., devono intendersi “diversi reati” che non siano connessi ex articolo 12 c.p.p. a quelli per i quali l’intercettazione e’ stata autorizzata. Vale a dire: solo la connessione tra reati ex articolo 12 c.p.p., fonda la categoria di “stesso procedimento” idonea a paralizzare l’operativita’ dell’articolo 270 c.p.p..
La sentenza delle Sezioni Unite Cavallo muove da un inquadramento costituzionale dell’istituto: l’autorizzazione del giudice non si limita a legittimare il ricorso al mezzo di ricerca della prova, ma circoscrive l’utilizzazione dei suoi risultati ai fatti-reato che all’autorizzazione stessa risultino riconducibili: essa, infatti, deve dar conto dei “soggetti da sottoporre al controllo” e dei “fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede” (Corte Cost., sent. n. 366 del 1991); riferimento, quest’ultimo, che rende ragione della delimitazione dell’utilizzabilita’ probatoria dei risultati dell’intercettazione ai reati riconducibili all’autorizzazione giudiziale, delimitazione che, a sua volta, e’ condizione essenziale affinche’ l’intervento giudiziale abilitativo non si trasformi in una “autorizzazione in bianco”.
Fuori dai casi “eccezionali” di arresto obbligatorio in flagranza, “l’autorizzazione del giudice si connota per una piena portata abilitativa e, dunque, costituisce non solo il fondamento di legittimazione del ricorso all’intercettazione, ma anche il limite all’utilizzabilita’ probatoria dei relativi risultati ai soli reati riconducibili alla stessa autorizzazione” (cosi’ in motivazione Sez. U n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo).
Tracciato il quadro costituzionale, le Sezioni Unite Cavallo osservano che la disciplina codicistica e’ conforme alla portata attribuita dalla Costituzione all’autorizzazione giudiziale. L’articolo 270 c.p.p., comma 1, conferma che, di regola, l’utilizzo probatorio dei risultati delle intercettazioni e’ vietato per i reati non riconducibili all’autorizzazione del giudice.
La sentenza delle Sezioni Unite Cavallo si pone allora il compito di individuare il criterio in forza del quale stabilire quali reati siano “coperti” dalla autorizzazione.
La decisione esclude che possa assumere significato “la formale unita’ dei procedimenti”, giacche’ la iscrizione in un unico numero di registro generale “non puo’ fungere da schermo per l’utilizzabilita’ indiscriminata delle intercettazioni, facendo convivere tra loro procedimenti privi di collegamento reale”; rifugge, quindi, da una definizione della portata del divieto probatorio ex articolo 270 c.p.p., comma 1, correlata al “contenitore dell’attivita’ di indagine” e, quindi, affidata a fattori casuali, relativi alla “sede” procedimentale (unitaria o separata), dissonanti rispetto ai principi costituzionali in premessa delineati.
Per altro verso la pronuncia nega – in ragione del contrasto con la disciplina generale delle intercettazioni e della irrazionalita’ delle conseguenze -la percorribilita’ di una soluzione eccessivamente “rigida” che, sovrapponendo la nozione di “stesso procedimento” a quella di “stesso reato”, reputi che il divieto probatorio di cui all’articolo 270 c.p.p., possa operare anche al cospetto di un legame sostanziale tra il reato in relazione al quale l’intercettazione e’ stata autorizzata e il reato accertato grazie ai risultati della stessa.
Le Sezioni unite optano, invece, per una impostazione che valorizzi il dato “sostanziale”: il concetto di “stesso procedimento” puo’ attenere anche a reati diversi, purche’ legati tra loro da un vincolo sostanziale; vincolo che risulta espresso dal rapporto di connessione ex articolo 12 c.p.p., che altro non e’ se non il riflesso della connessione sostanziale dei reati.
Mentre non e’ cosi’ per i casi di collegamento investigativo di cui all’articolo 371 c.p.p. (ovviamente fuori dei casi di connessione) che rispondono solo a esigenze di carattere processuale.
Ergo, in assenza di connessione, ricorre il caso di “diverso procedimento” e dunque opera il divieto previsto dall’articolo 270 c.p.p., indipendentemente dalla sussistenza di altri indici (quali l’attinenza dei reati al medesimo fascicolo processuale).
Di contro in caso di imputazioni connesse ex articolo 12 c.p.p., il procedimento relativo al reato per il quale l’intercettazione e’ stata autorizzata non puo’ considerarsi “diverso” rispetto a quello concernente il reato accertato tramite l’intercettazione.
Fermo, in ogni caso, il principio per cui l’utilizzabilita’ dei risultati di intercettazioni disposte nell’ambito di un “medesimo procedimento” presuppone che i reati diversi da quelli per i quali il mezzo di ricerca della prova e’ stato autorizzato rientrino nei limiti di ammissibilita’ delle intercettazioni stabiliti dall’articolo 266 c.p.p..
2.1.3. La decisione impugnata si ancora, invece, ad una concezione di “stesso procedimento” che valorizza il criterio formale: si tratta dello medesimo procedimento perche’ e’ quello trasmesso per competenza da Termini Imerese a Torino; mentre omette di considerare i reati per i quali l’intercettazione e’ stata concessa (articoli 319 e 321 c.p.), anzi richiama il reato di malversazione per il quale le intercettazioni non sono state autorizzate (ne’, d’altronde, avrebbero potuto esserlo, stante il difetto dei presupposti di cui all’articolo 266 c.p.).
In sostanza il Tribunale non ha verificato se, in base agli elementi in suo possesso, sussistesse una connessione ex articolo 12 c.p.p., tra i reati di corruzione per i quali le intercettazioni sono state autorizzate e quelli oggetto delle misure cautelari di cui si discute. Ne’, va aggiunto, sembra aver tenuto conto che, come stabilito dalle Sezioni Unite Cavallo, tutti i reati devono rientrare nei limiti di ammissibilita’ previsti dall’articolo 266 c.p.p., presupposto che difetta per il reato di autoriciclaggio collegato alla malversazione (capo 3).
Il nodo rimane irrisolto, e, nel caso di specie, puo’ essere sciolto soltanto dal giudice di merito, poiche’ occorrono accertamenti di fatto che esulano dalle competenze del giudice di legittimita’, essendo necessario un complessivo esame di tutti i dati emergenti dagli atti di indagine che si rivelassero necessari per completare la piattaforma cognitiva funzionale ad assumere una conclusione sul punto.
2.2. L’eccezione sull’omesso deposito del file audio – sollevata solo da (OMISSIS), con il secondo motivo di ricorso – e’, per un verso, generica e, per altro verso, manifestamente infondata.
Il ricorrente lamenta che il Pubblico ministero non avrebbe depositato presso il Tribunale del riesame tutti i file audio delle intercettazioni oggetto della richiesta cautelare.
Il fatto processuale e’ pacifico ed e’ stato ammesso dallo stesso Pubblico ministero in sede di udienza camerale ex articolo 309 c.p.p..
Cio’ tuttavia non da’ luogo ad alcuna invalidita’, poiche’, stando alla esposizione della doglianza, non viene in rilievo un impedimento all’accesso della difesa alle registrazioni, ma solo l’omesso deposito dei file audio presso il Tribunale del Riesame.
Dunque non si versa nella ipotesi decisa dalle Sezioni Unite Lasala (n. 20300 del 22/04/2010, Rv. 246907) sul tema del rifiuto o dell’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi dell’articolo 268 c.p.p., comma 4, l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare.
Torna applicabile, invece, il principio per cui l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei “file” audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non e’ sanzionato da nullita’ o inutilizzabilita’ – di qui la manifesta infondatezza della doglianza – dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del pubblico ministero, di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziaria, fatto salvo l’obbligo del Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformita’ specificamente indicate dalla parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi “file” audio (Sez. 6, n. 22570 del 11/04/2017, Cassese, Rv. 270036; conf. Sez. 1, n. 15895 del 09/01/2015, Riccio, Rv. 263107; Sez. 6, n. 37014 del 23/09/2010, Rv, 248747).
Nella specie il ricorrente non muove alcuna contestazione di difformita’, dunque il problema non sorge e, sotto questo aspetto, l’eccezione si rivela generica.
2.3. La necessita’ di rivedere, da parte del giudice di merito, lo scrutinio sulla violazione dell’articolo 270 c.p.p., – in base a parametri diversi da quelli utilizzati nella decisione impugnata (cfr. sopra paragrafo 2.1.) – pone l’ulteriore tema della cd. “prova di resistenza”.
Il Tribunale del riesame se ne occupa a proposito della eccezione sul deposito dei file audio sollevata da (OMISSIS) per affermare che:
– per costui, gli elementi acquisiti allunde sono sufficienti “ritenendosi possibile motivare in merito senza neanche citare tali conversazioni”;
– mentre i risultati delle intercettazioni “risultano maggiormente utili (e certamente pure non indispensabili) per gli altri due ricorrenti” (cfr. pag. 60 ordinanza impugnata).
Ciononostante il Tribunale si arresta ad una affermazione di principio, senza effettuare in concreto la prova di resistenza, quando, invece, la lettura dell’ordinanza rende palese il ricorso ai risultati delle intercettazioni telefoniche in relazione ad alcuni punti della decisione.
2.3.1. I gravi indizi di colpevolezza di (OMISSIS) sono ricostruiti in termini che prescindono dalle intercettazioni telefoniche; d’altra parte lo stesso indagato non aveva contestato, in sede di riesame, questo presupposto per i reati fallimentari (capi 5, 6, 7 e 8) e aveva attaccato il provvedimento sul delitto di autoriciclaggio (capo 3) solo per ragioni giuridiche afferenti alla configurabilita’ del reato (cfr. infra paragrafo 3).
La piattaforma indiziaria a carico di (OMISSIS), pur privata degli esiti delle intercettazioni, rimane solida e, come si ricava dai provvedimenti di merito, viene sorretta dalle seguenti fonti probatorie: verifiche condotte dai funzionari di Invitalia; accertamenti eseguiti della Guardia di Finanza e dal consulente del pubblico ministero; sommarie informazioni rese dal direttore dello stabilimento di Termini Imerese e dai dipendenti della (OMISSIS) spa presenti nell’unita’ produttiva di Termini Imerese; gli accertamenti bancari sui conti correnti di (OMISSIS) s.p.a. e di altre societa’ riconducibili all’indagato o ai suoi stretti familiari e collaboratori (in primis (OMISSIS) e (OMISSIS)); relazioni dell’amministratore giudiziario nominato nell’ambito dei sequestri; contenuto dell’agenda in uso a (OMISSIS) oggetto di sequestro da parte della Guardia di Finanza.
Il giudice di merito ricorre con abbondanza alle intercettazioni quando delinea il quadro delle esigenze cautelari, ritenute eccezionali. Dunque, rispetto a questo presupposto, divengono decisivi gli esiti dell’esame sulla utilizzabilita’ delle intercettazioni e sulla prova di resistenza.
2.3.2. Per (OMISSIS) e (OMISSIS), i risultati delle intercettazioni sono utilizzati ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza sul capo 4:
– tali esiti sono definiti “significativi” dalla stessa ordinanza impugnata per quanto concerne la posizione di (OMISSIS) (cfr. conversazioni trascritte a pagg. 78-80 ordinanza impugnata);
– quanto alla (OMISSIS), le conversazioni intercettate sono considerate “indicative” della centralita’ della posizione della stessa nella gestione delle finanze dei (OMISSIS) (pag. 81).
Lo stesso va detto circa l’apprezzamento delle esigenze cautelari (pagg. 9298).
Quindi, detti ricorrenti, va demandato al Tribunale del Riesame il compito di sostenere la “prova di resistenza” su entrambi i requisiti previsti dall’articolo 273 e 274 c.p.p., nel caso in cui il giudice di rinvio non rivenisse una connessione ex articolo 12 c.p.p., capace di sorreggere l’utilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche secondo quanto chiarito sopra al paragrafo 2.1.
3. Il reato di riciclaggio (capo 4).
Per (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ decisivo l’esito illustrato al paragrafo 2.3.2. perche’, come detto, le intercettazioni sono state utilizzate nei loro confronti ai fini della indagine sul reato di riciclaggio (capo 4) sicche’ la soluzione della questione sulla utilizzabilita’ ex articolo 270 c.p.p., demandata al giudice di merito cui spetta il compito di enucleare una eventuale connessione ex articolo 12 c.p.p., con i reati interessati dal decreto di intercettazione – si riverbera sui “gravi indizi di colpevolezza” del reato in rassegna e sulla cd. prova resistenza.
Cio’ premesso, il quesito giuridico posto sul reato di riciclaggio e’ identico a quello coltivato da (OMISSIS) sul reato di autoriciclaggio e dunque trovera’ risposta nel paragrafo che segue.
4. Il reato di autoriciclaggio (capo 3).
In relazione alla posizione di (OMISSIS), le circostanze fattuali e la loro consistenza indiziaria non vengono poste in discussione (in questa sede), ne’ poggiano sui risultati delle intercettazioni telefoniche, dunque sono sganciate dalla risoluzione delle problematiche evidenziate sopra al paragrafo 2.1.
E’ infondata la questione sulla configurabilita’, nella specie, del delitto di autoriciclaggio in rapporto al reato di malversazione.
Sono fondate, invece, le censure afferenti al divieto di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di autoriciclaggio di cui all’articolo 648-ter c.p., comma 2 e al divieto di modifica del fatto-storico contestato.
4.1. Il capo di incolpazione provvisorio e’ cosi’ strutturato:
– (OMISSIS), dominus di (OMISSIS) spa, e’ concorrente nel reato di malversazione ai danni dello Stato di cui al capo 1) che ha fruttato un profitto illecito di oltre 16 milioni di Euro;
– (OMISSIS) ha impiegato la maggior parte di questo profitto illecito (almeno 14 milioni di Euro) in attivita’ economiche, imprenditoriali, finanziarie e speculative del circuito economico legale attraverso trasferimenti tra conti correnti e istituti finanziari (capo 3).
La scansione cronologica della vicenda e’ ricostruita come segue:
– in data 8 marzo 2016 la (OMISSIS) spa stipula con (OMISSIS) s.p.a. un “Contratto di finanziamento agevolato ai sensi del decreto 9.12.2014 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, il Ministero per la Semplificazione Normativa ed il Ministero del Turismo e successive modificazioni e/o integrazioni”; in virtu’ di esso, a fronte dell’erogazione del finanziamento di 67.075.269,00 Euro, la (OMISSIS) spa avrebbe dovuto realizzare entro il 31 dicembre 2016 (termine successivamente prorogato fino al 30 giugno 2018) il “Programma” finalizzato alla riconversione e alla riqualificazione del (OMISSIS) attraverso la realizzazione di una nuova unita’ produttiva, destinata alla produzione di manufatti di componentistica diversificata per il settore automotive, da ubicarsi negli opifici ex (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS);
– tra il 2 dicembre 2016 e il 13 dicembre 2016 (OMISSIS) spa riceve sul proprio conto corrente – acceso presso l’istituto di credito ” (OMISSIS) s.p.a.”, filiale di Torino – la somma di 21.322.580,70 Euro, di cui 1.200.000,00 Euro come contributo in c/impianti e 20.1.22.580,7a. Euro quale finanziamento agevolato, costituenti rispettivamente anticipazione del 30% del contributo in c/impianti e del finanziamento agevolato concesso;
– una larga parte delle somme ricevute (oltre 16 milioni di Euro) viene distratta dagli scopi cui doveva essere destinata, convogliata su altri conti e poi “occultata” attraverso: le operazioni indicate al capo 3 della incolpazione provvisoria (riguardanti oltre 14 milioni di Euro), poste in essere tra il 23 dicembre 2016 e il 6 marzo 2018; le operazioni di cui al capo 4 compiute tra il 2 marzo 2017 e il 27 giugno 2017;
– la (OMISSIS) e’ del tutto inadempiente agli obblighi contrattuali; alla scadenza del 13 giugno 2017 non presenta il primo SAL; il 6 luglio 2017 rendiconta una spesa complessiva di soli 3.108.689,13 Euro; il 26 gennaio 2018 riceve da (OMISSIS) S.p.a. comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca del finanziamento agevolato, ai sensi della L. n. 241 del 1990, articoli 7 e 8.
4.2. Il ricorrente sostiene che il reato di malversazione ai danni dello Stato e’ reato omissivo istantaneo che si consuma al momento in cui scade il termine contrattuale per la realizzazione delle opere finanziate; che nella specie, come indicato anche nel capo 1 di incolpazione, il tempus commissi delitti va individuato nel 30 giugno 2018, data prevista in contratto per l’esecuzione del progetto di riconversione; che tale delitto non puo’ costituire il reato presupposto della fattispecie di autoriciclaggio di cui al capo 3, perche’ quest’ultima si e’ consumata in data anteriore, tra il 23 dicembre 2016 e il 6 marzo 2018.
L’ultima affermazione e’ condivisibile in astratto, mentre la seconda non merita adesione e la prima si articola con diversita’ di accenti.
4.2.1. Il testo dell’articolo 648-ter c.p. e’ chiaro nell’incriminare la condotta dell’autore di un delitto non colposo che impiega in attivita’ economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilita’ “provenienti da/la commissione di tale delitto”.
L’autoriciclaggio (ma il discorso vale anche per i reati di cui agli articoli 648 e 648-bis c.p.) presuppone, dunque, la commissione di un altro reato, che per questo viene definito “delitto presupposto”.
Il delitto presupposto deve essere effettivamente avvenuto e qualificabile oggettivamente in termini di illecito, non essendo punibile una “ricettazione putativa”.
Ne discende che il delitto presupposto, come osserva il ricorrente, deve cronologicamente precedere il momento consumativo del reato di autoriciclaggio (cosi’ in motivazione Sez. 2, n. 23052 del 23/04/2015, Bagnoli).
4.2.2. Nel caso in esame, il capo di incolpazione indica il reato presupposto in quello di malversazione ai danni dello Stato.
Sorge quindi la necessita’ di fissare le coordinate del delitto punito dall’articolo 316-bis c.p..
L’interesse protetto dalla norma di cui all’articolo 316 bis c.p. e’ individuabile nella corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica e attiene, piu’ che alla pubblica amministrazione, all’economia pubblica.
Presupposto del reato e’ l’avere l’agente, soggetto estraneo alla Pubblica Amministrazione, ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico un contributo, una sovvenzione o un finanziamento destinati a una determinata finalita’ pubblica.
La condotta consiste nel distrarre, anche in parte, la somma percepita dalla predetta finalita’, violando in una qualsiasi maniera il vincolo di destinazione del contributo, sovvenzione o finanziamento (cosi’ in motivazione Sez. 6, n. 23778 del 13/12/2011, dep. 2012, Saia Agnesi e, in termini identici, Sez. 2, n. 14125 del 18/03/2015, Cerasa).
La norma incriminatrice e’ volta a tutelare non il momento percettivo della prestazione pubblica, come accade nel reato di cui all’articolo 640 bis c.p., ma quello della fase esecutiva della erogazione (cfr. infra paragrafo 4.2.3., Sez. U n. 20664 del 23/02/2017, Stalla).
Si verifica certamente una distrazione del contributo pubblico dalla finalita’ prevista anche in ipotesi di scostamento in itinere dal progetto finanziato, si’ da frustrare lo scopo di pubblico interesse per il quale il sovvenzionamento fu concesso (cosi’ in motivazione Sez. 6, n. 23778 del 13/12/2011, dep. 2012, Saia Agnesi).
Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel ritenere che il reato si perfezioni nel momento in cui l’agente impieghi ad altra finalita’ le somme ricevute dalle Stato con vincolo di destinazione (Sez. 6, n. 12653 del 09/02/2016, Sidoti, Rv. 267205; Sez. 6, n. 40830 del 03/06/2010, Marani, Rv. 248787; Sez. 6, n. 40375 del 08/11/2002, Cataldi, Rv. 222987).
La condotta puo’ consistere in una mera omissione (in questo caso si parla di “malversazione pura” cfr. Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, Stalla), nel senso che il finanziamento viene ricevuto e “tenuto fermo” senza realizzare l’opera pubblica, oppure in una omissione “accompagnata” da un comportamento distrattivo.
Rammentando le possibili ipotesi configurabili nella prassi, il reato potra’ perfezionarsi nel momento in cui le somme erogate vengano impiegate in tutto o in parte a profitto proprio o altrui, ovvero non vengano utilizzate per la realizzazione dell’opera o, ancora, vengano destinate ad una finalita’ di pubblico interesse diversa da quella sottostante al finanziamento o alla sovvenzione. Nel caso in cui l’erogazione del contributo avvenga in piu’ fasi, il reato si realizza gia’ con la prima omissione ma si consuma soltanto con l’ultima mancata destinazione del rateo alla finalita’ di interesse pubblico.
In tale ultima ipotesi soccorre la distinzione concettuale tra perfezionamento e consumazione del reato. La perfezione indica il momento in cui il reato e’ venuto ad esistenza, mentre la consumazione si realizza quando il reato perfetto ha raggiunto la sua massima gravita’ concreta e, dunque, viene a cessare, chiudendo l’iter criminis.
4.2.3. La conclusione non riceve smentita dalla decisione delle Sezioni Unite Stalla (n. 20664 del 23/02/2017) che si sono occupate del rapporto tra i reati di previsti dall’articolo 640-bis e dall’articolo 316-bis c.p..
Le Sezioni Unite, in applicazione del principio di specialita’ di cui all’articolo 15 c.p., hanno affermato che il reato di malversazione ai danni dello Stato concorre con quello di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in ragione dell’autonomia delle due fattispecie (Rv 269667).
In un passaggio della motivazione (paragrafo 7.6) le Sezioni Unite Stalla evidenziano che “i due reati si consumano fisiologicamente in tempi diversi momento percettivo ed attivita’ esecutiva, di natura omissiva istantanea – della condotta finanziata” rilevando che nel caso sottoposto al loro esame “la condotta qualificata ai sensi dell’articolo 316-bis c.p. si e’ distanziata di parecchi anni rispetto alla percezione delle provvidenze”.
Questa affermazione, pero’, non smentisce affatto quanto sopra sostenuto al paragrafo 4.2.2., poiche’, si ribadisce, e’ chiaro che l’articolo 640-bis c.p. ha riguardo al momento percettivo della prestazione pubblica, mentre l’articolo 316-bis c.p., concerne la fase esecutiva della erogazione, tuttavia l’omessa destinazione puo’ essere “pura” oppure puo’ correlarsi alla “distrazione” delle somme a fini diversi da quelli impressi dallo Stato con vincolo di destinazione, dato che chi impiega ad altri scopi il finanziamento ricevuto allo stesso tempo “omette” di destinarlo al progetto finanziato.
Non a caso le Sezioni Unite Stalla, in un paragrafo precedente (7.4), pongono in rilievo la molteplicita’ delle situazioni concrete in cui i due reati (640-bis e 316-bis c.p.) possono realizzarsi e in conclusione del paragrafo 7.6. ribadiscono che la fattispecie di cui all’articolo 316-bis c.p. “si realizza ove gli importi riscossi vengano sottratti alle finalita’ a cui erano destinati”.
4.2.4. Suggestivo, ma non utilmente perseguibile, e’ il paragone, proposto dal ricorrente, tra la struttura della fattispecie di cui all’articolo 316-bis c.p. e quella dei reati omissivi tributari di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10-bis e 10-ter.
L’articolo 10-bis citato punisce chiunque non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila Euro per ciascun periodo d’imposta; l’articolo 10-ter punisce chi non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a Euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.
E’ noto che i reati tributari in rassegna, di natura istantanea e unisussistente, vengono ad esistenza quando il versamento e’ omesso allo scadere del termine “lungo” fissato dalla legge (Sez. U, n. 37425 del 28/03/2013, Favellato, in tema di Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-bis e Corte Costituzionale ordinanza n. 25 del 2012 sull’articolo 10-ter); “fino alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno precedente, il comportamento omissivo del contribuente non e’ penalmente rilevante, e la condotta criminosa si realizza e consuma solo nell’istante in cui, alla detta scadenza, si registri un’omissione del versamento che (indipendentemente dalle modalita’ del suo formarsi) superi la soglia minima prevista” (cosi’ in motivazione Sez. U. n. 37425 del 28/03/2013, Favellato).
In questi casi, pero’, il termine e’ un elemento strutturale della fattispecie tipica, mentre l’articolo 316-bis c.p., non contempla, neppure implicitamente alcun termine, ma punisce la mancata destinazione alla finalita’ pubblica per le quali il finanziamento e’ stato concesso.
4.2.5. Nella specie, date le specifiche caratteristiche del caso concreto, il reato di malversazione deve ritenersi perfezionato nel momento in cui l’imputato, ottenuto il finanziamento agevolato, ha distolto il denaro pubblico dal suo scopo, trasferendolo su altri conti correnti riferibili a soggetti o a diversi compartimenti operativi della societa’; tutte le successive operazioni compiute sulle somme distratte, volte all’occultamento delle stesse, si pongono in successione temporale rispetto alla distrazione e configurano gli estremi del reato di autoriciclaggio.
La diversa destinazione ha segnato inequivocabilmente il perfezionamento del reato contestato, rendendo definitiva la distrazione dei fondi pubblici a finalita’ differenti da quelle per le quali il finanziamento era stato concesso (cfr. Sez. 6, n. 40830 del 03/06/2010, Marani, che, anticipando alla data cosi’ individuata quella di consumazione del reato, ha dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato di malversazione oggetto del suo scrutinio).
Mentre, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, non ha rilievo il termine contrattuale del 30 giugno 2018, stabilito per la realizzazione del programma.
E cio’ non solo ai fini della data di perfezionamento del reato di malversazione, ma anche in termini contrattualistici, dato che l’inadempimento di (OMISSIS) era gia’ manifesto al 13 giugno 2017, quando la societa’ non ha presentato il primo SAL alla scadenza prevista; e si e’ consacrato il 26 gennaio 2018 quando (OMISSIS) spa ha notificato a (OMISSIS) l’avvio del procedimento di revoca del finanziamento agevolato; a quest’ultima data era gia’ incontrovertibile che il progetto finanziato non sarebbe piu’ stato realizzato e dunque si e’ cristallizzata, in via definitiva, l’inadempienza.
Ne’ il tempus commissi delitti indicato dal pubblico ministero nell’editto accusatorio puo’ vincolare il giudice nelle sue valutazioni.
4.3. Va rimarcato, concordando con il ricorrente, che si verte nella fattispecie di cui all’articolo 648-ter c.p., comma 2, che prevede una pena detentiva massima di quattro anni di reclusione e dunque, in ogni caso, la misura della custodia cautelare in carcere non sarebbe applicabile, perche’ il titolo di reato non rientra nei parametri edittali di cui all’articolo 280 c.p.p., comma 2.
4.4. E’ fondata, inoltre, la censura che il ricorrente muove all’ulteriore argomento speso dal Tribunale del Riesame laddove ipotizza, come “delitto presupposto” dell’autoriciclaggio quello di appropriazione indebita oppure di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
In sede di riesame, il tribunale puo’ confermare il provvedimento cautelare anche sulla base di una diversa qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale e’ stato ravvisato il “fumus commissi delitti”, ma non puo’ porre a fondamento della propria decisione un fatto diverso (Sez. 2, n. 7315 del 10/01/2019, Silvani, Rv. 276093, che ha censurato l’ordinanza del tribunale del riesame che, nel confermare il decreto di sequestro probatorio per il reato di riciclaggio, riteneva, quale reato presupposto, l’esistenza di una associazione a delinquere, anziche’ il reato di contrabbando contestato dal pubblico ministero).
Nella specie non si verte in una diversa qualificazione giuridica del fatto, ma si interviene sul fatto storico da cui muove la contestazione di autoriciclaggio, o valutando una non meglio specificata condotta di appropriazione indebita oppure ipotizzando una condotta dell’imputato antecedente a quella di malversazione spostando la visuale dal momento esecutivo a quello percettivo (cfr. sopra paragrafo 4.2.3.) con l’effetto di sostituire non un reato con un altro, ma un fatto storico, che integra la fattispecie, con un diverso fatto storico.
Del resto il suggerimento del Tribunale non e’ stato recepito dal Pubblico ministero, il quale, come fa notare il ricorrente, non ha ritenuto di modificare il capo di incolpazione nell’avviso di conclusioni indagini ex articolo 415-bis c.p.p., lasciando inalterato il reato presupposto di quelli di riciclaggio e autoriciclaggio, e senza aggiungere la contestazione del reato di cui all’articolo 640-bis c.p., (pur in presenza di un capo 2 che attiene al reato di falso di cui all’articolo 483 c.p. e dunque sembra alludere a modalita’ fraudolente impiegate nella fase del conseguimento del finanziamento).
5. I residui motivi sulle esigenze cautelari restano assorbiti, ferma la necessita’ preliminare di individuare gli elementi suscettibili di valutazione a questi fini in relazione alla risoluzione del quesito sull’articolo 270 c.p.p. e sulla prova di resistenza (cfr. sopra paragrafo 2) e ribadito che l’ipotesi dell’articolo 648-ter.1. c.p. comma 2 (capo 3) non tollera, quoad poenam, la misura della custodia cautelare in carcere (cfr. sopra paragrafo 4.3.).
6. Discende l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
La cancelleria curera’ gli adempimenti ex articolo 94 disp. att. c.p.p., con riferimento a (OMISSIS).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torino.
Manda la cancelleria per le comunicazioni ex articolo 94 disp. att. c.p.p., con riferimento a (OMISSIS).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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