Il decreto di esproprio ha natura autoritativa

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 13 maggio 2019, n. 3098.

La massima estrapolata:

Il decreto di esproprio ha natura autoritativa anche se si deduca la violazione della normativa sulla scadenza temporale delle varie fasi del procedimento.

Sentenza 13 maggio 2019, n. 3098

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 8415 del 2018, proposto dalla s.p.a. Anas, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via (…);
contro
Il signor Lu. Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la s.r.l. Ma. Co., persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sede di Catanzaro, Sezione Seconda) n. 905/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Vista la propria ordinanza n. 5635 del 2018;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Gr. Sa., su delega dell’avvocato Sa. Gi., e l’avvocato dello Stato Pa. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellato è proprietario di un’area su cui l’Anas ha realizzato una parte della corsia di emergenza della autostrada Salerno-Reggio Calabria.
2. Con il ricorso di primo grado (n. 18 del 2011, proposto al TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro, di riassunzione di un precedente giudizio civile proposto innanzi al Tribunale di Lamezia Terme), l’appellato ha lamentato che è stata realizzata l’opera pubblica sul suo terreno, in assenza del decreto di esproprio.
3. Con la sentenza n. 905 del 2018, il TAR:
– ha qualificato la domanda risarcitoria dell’appellato come rinuncia abdicativa al diritto di proprietà, “con una implicita condizione risolutiva” consistente nel pagamento della somma da parte dell’Amministrazione;
– ha condannato l’ANAS al pagamento del risarcimento del danno, fissando i relativi criteri.
4. Con l’appello indicato in epigrafe, l’ANAS ha impugnato la sentenza del TAR, formulando un unico motivo e deducendo la sentenza impugnata sarebbe erronea, poiché :
– è stato emesso il decreto di esproprio n. 41117 del 27 settembre 2005;
– tale decreto ha riguardato proprio le particelle (omissis) del foglio (omissis) di proprietà dell’appellato, derivanti dal frazionamento della particella (omissis), avvenuto dopo l’emanazione dell’ordinanza della Prefettura di occupazione d’urgenza quinquennale del 7 ottobre 1997, seguita da un tempestivo decreto del 28 giugno 2002, di proroga sino al 27 settembre 2005.
5. Nella camera di consiglio del 22 novembre 2018, la Sezione ha accolto la domanda cautelare incidentale dell’ANAS e ha disposto istruttoria, per verificare con certezza se il decreto di esproprio del 27 settembre 2005 (depositato, che ha indicato beni dell’appellato) abbia riguardato anche le particelle in questione.
Con memoria deposita in data 27 marzo 2019, l’appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
Egli ha ricostruito le circostanze che hanno riguardato il giudizio n. 1053 del 2002, da lui proposto innanzi al Tribunale civile di Lamezia Terme con citazione di data 24 settembre 2002, ed ha sottolineato che: a) il consulente tecnico, nominato dal Tribunale civile, a suo tempo ha constatato che già era stata effettuata la irreversibile trasformazione del fondo; b) alla data del 27 settembre 2005 sarebbero già scaduti i termini per la conclusione del procedimento espropriativo.
8. Osserva la Sezione che:
– in esecuzione dell’ordine istruttorio, l’ANAS ha depositato la documentazione, dalla quale effettivamente risultano espropriate le particelle (omissis) del foglio (omissis), di proprietà dell’appellato, derivanti dal frazionamento della particella (omissis);
– nella memoria depositata dall’appellato, tale circostanza non è stata oggetto di contestazione.
9. Le tesi difensive dell’appellato, in sostanza, si basano su tali deduzioni:
a) alla data dell’emanazione del decreto di esproprio, vi sarebbe già stata la irreversibile destinazione del fondo ad opera pubblica;
b) il medesimo decreto di esproprio non rileverebbe, perché sarebbe stato emesso oltre i termini di scadenza previsti dagli atti precedenti.
10. Osserva la Sezione che è innanzitutto infondata la deduzione secondo cui il decreto di esproprio sarebbe inutiliter datum, perché emesso quando già era stata trasformata l’area, a seguito dell’occupazione d’urgenza.
Non vi è alcuna illegittimità quando l’Amministrazione realizza in tutto o in parte l’opera, su un’area oggetto di occupazione d’urgenza, prima che sia emesso il decreto di esproprio.
Le leggi di settore – non solo il testo unico di cui al d.P.R. n. 327 del 2001, ma anche la legislazione precedente, risalente alla legge n. 5188 del 1879 – sono sempre state ispirate al principio per cui è del tutto consentita la realizzazione dell’opera pubblica, prima che sia emesso il decreto di esproprio, su un’area che sia stata oggetto dell’occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio: l’istituto dell’occupazione d’urgenza è finalizzato proprio alla più rapida realizzazione dell’opera.
In altri termini, la Sezione ritiene erronea – e in contrasto con la legislazione ed i principi basilari in materia di esproprio – la tesi secondo cui sarebbe inutiliter datum il decreto di esproprio emesso dopo la realizzazione in tutto o in parte dell’opera pubblica: non si può sostenere che sia preclusa l’emanazione di tale decreto e che una condotta secundum ius sia qualificata al contrario come un illecito preclusivo dell’esercizio del potere.
11. Quanto alle deduzioni dell’appellato sulla ‘tardività ‘ del decreto di esproprio, esse sono inammissibili, perché col ricorso di primo nessuna censura è stata ritualmente proposta avverso tale decreto.
D’altra parte, il ricorso di primo grado è stato notificato nel 2011, dunque anche tardivamente.
Per la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (affermatasi quando ancora non vi era in materia di esproprio la giurisdizione amministrativa esclusiva, e che il Collegio condivide e fa propria in quanto vieppiù attuale nel vigore dell’art. 133 del c.p.a.), il decreto di esproprio ha natura autoritativa anche se si deduca la violazione della normativa sulla scadenza temporale delle varie fasi del procedimento (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 4 del 2003; sez. IV, 30 novembre 1992, n. 990).
Pertanto, non si può in questa sede considerare giuridicamente irrilevante il decreto di esproprio.
12. Pertanto, da un lato non sussiste il presupposto di fatto riscontrato dal TAR, dall’altro risultano inammissibili e infondate le deduzioni secondo cui il decreto di esproprio sarebbe irrilevante, sicché – in accoglimento dell’appello – va respinto il ricorso di primo grado n. 18 del 2011.
La condanna al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta accoglie l’appello n. 8415 del 2018 e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado n. 18 del 2011.
Condanna l’appellato al pagamento in favore dell’appellante di euro 5.000 (cinquemila) per le spese dei due gradi del giudizio, oltre accessori di legge, di cui duemila per il primo grado e tremila per il secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

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