Il danno non patrimoniale alla professionalità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2472.

Il danno non patrimoniale alla professionalità, quale pregiudizio derivante da una grave violazione dei diritti del lavoratore, rientra nell’alveo del danno emergente e non del lucro cessante, conseguentemente, la relativa indennità risarcitoria non costituisce reddito soggetto a tassazione.

Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2472

Data udienza 23 luglio 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Impiego pubblico privatizzato – Rai – Liquidazione del danno non patrimoniale alla professionalità – Natura di danno emegente – Esclusione della tassazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Pierluigi – Consigliere

Dott. LORITO Matilde – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16564-2016 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8031/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/01/2016 R.G.N. 835/2014;
il P.G. ha depositato conclusioni scritte;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:
1. Con ricorso depositato presso il Tribunale di Roma (OMISSIS), premesso che con sentenza del medesimo ufficio la (OMISSIS) spa, datrice di lavoro, era stata condannata a pagarle, a titolo di risarcimento del danno alla professionalita’, una somma pari al 50% della retribuzione mensile per il periodo dal maggio 2006 al gennaio 2009, oltre accessori, e che la societa’ aveva adempiuto al dictum giudiziale solo in parte, chiedeva la condanna al pagamento della corrispondente somma di Euro 30.958,17.
2. Nel contraddittorio delle parti, l’adito Tribunale accoglieva la domanda ritenendo che la liquidazione dell’importo determinato in sede giudiziaria doveva avvenire al lordo delle spettanze creditorie del lavoratore.
3. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 8031 del 2015, per quello che interessa in questa sede, confermava la pronuncia di primo grado rilevando che la non definitivita’ della decisione sull’an non determinava la sospensione, ne’ necessaria ne’ facoltativa, del giudizio al suo esame e che la natura del credito (a titolo di danno non patrimoniale alla professionalita’) ovvero comunque la sua natura risarcitoria (quale danno emergente) non determinava che gli importi dovuti fossero qualificabili come reddito ai sensi del TUIR Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1986, articolo 49, comma 1.
4. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione la (OMISSIS) spa affidato a due motivi, cui ha resistito (OMISSIS) con controricorso, illustrato con memoria.
5. Il PG rassegnava conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO

CHE:
1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma 2 e articolo 49, comma 1 TUIR (Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), in relazione all’articolo 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale che il danno liquidato, avvenuto espressamente a titolo di “danno non patrimoniale alla professionalita’”, non avesse carattere retributivo a fronte, invece, del disposto di cui all’articolo 51 TUIR e articolo 6, comma 2 TUIR secondo cui tutte le indennita’ conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli da invalidita’ permanente o da morte, costituiscono redditi da lavoro dipendente, salva la possibilita’ del lavoratore di dimostrare che l’indennita’ si riferisca a voci di risarcimento puro; prova che, nel caso in esame, il lavoratore non aveva fornito.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 48, comma 1 e articolo 6, comma 2 TUIR (Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per non avere considerato la Corte di merito che il danno da dequalificazione professionale era da ricondurre nell’alveo del “lucro cessante” e, in quanto tale, soggetto a tassazione, e non in quello del “danno emergente”, per cui la somma liquidata era fiscalmente rilevante ex articolo 6, comma 2 TUIR perche’ riconducibile al ristoro del mancato conseguimento di redditi ovvero perche’ ne costituiva sostituzione o surrogazione nella misura in cui era configurabile nella medesima categoria del reddito perduto o sostituito.
4. I due motivi, che interferiscono tra loro e quindi possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
5. Il dato intangibile processuale, da cui partire, e’ quello relativo alla circostanza che la somma di cui e’ processo attiene ad una liquidazione di “danno non patrimoniale alla professionalita’” (sentenza del Tribunale di Roma n. 5519 del 2011).
6. La giurisprudenza di legittimita’ ha ritenuto possibile tale tipologia di danno specificando che, in tema di dequalificazione professionale, e’ risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all’inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o di svilirne i compiti (Cass. n. 24585 del 2019).
7. Ne consegue che tale tipologia del pregiudizio, come riconosciuto, determina la sua appartenenza alla fattispecie del danno emergente, e non di lucro cessante ravvisabile nelle ipotesi di perdita derivante dalla mancata percezione di redditi di cui siano maturati tutti i presupposti, per cui non e’ considerata reddito soggetto a tassazione (Cass. n. 2549 del 2011; Cass. n. 29579 del 2011; Cass. n. 5108 del 2019).
8. La Corte di merito ha correttamente applicato i suddetti principi per cui le asserite violazioni di legge, formulate nei motivi del ricorso, non sussistono.
9. Per completezza deve osservarsi che non risulta essere stata specificamente impugnata l’altra ratio decidendi, su cui e’ fondata la impugnata decisione, svolta in relazione anche ad una eventuale consistenza patrimoniale della indennita’ liquidata, in quanto avente natura di “perdita di chance” e non di “lucro cessante”, per cui non sarebbero assoggettati gli importi ne’ a ritenuta fiscale ne’ a quella previdenziale L. n. 218 del 1952, ex articolo 19, comma 2.
10. Cio’ connoterebbe anche di profili di inammissibilita’ le censure mosse con i motivi, perche’ sarebbe rilevabile una carenza di interesse in quanto l’accoglimento delle suddette doglianze non potrebbe determinare in nessun caso la cassazione della gravata pronuncia (Cass. n. 22753 del 2011).
11. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
12. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo.
13. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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