Il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 dicembre 2022| n. 35979.

Il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro

Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro, che afferma essere stato indebitamente corrisposto all’istituto di credito nel corso dell’intera durata del rapporto – sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti non previsti in contratto – è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente, riferiti all’intera durata del rapporto, con la conseguenza che, qualora egli depositi solo alcuni di essi, da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, tale omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato.

Ordinanza|7 dicembre 2022| n. 35979. Il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro

Data udienza 13 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Conto corrente – Correntista – Azione in giudizio per la ripetizione di somme asseritamente indebitamente versate – Onere della prova degli avvenuti pagamenti mediante deposito degli estratti periodici riferiti alla durata del rapporto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Mauro – Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 6952/2018 proposto da:
(OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), in persona del socio dotato dei poteri di rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) per procura speciale estesa a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del suo procuratore speciale, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) per procura speciale estesa a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3406/2017 della Corte di appello di Milano, pubblicata il 20 luglio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2022 dal Consigliere VANNUCCI Marco.

 

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FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 7 maggio 2015 il Tribunale di Monza rigetto’ le domande proposte dalla (OMISSIS) S.G.M. s.r.l. (poi trasformatasi in (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS)) nei confronti della (OMISSIS) s.p.a.: per l’accertamento della nullita’, per mancanza di forma scritta, del contratto di conto corrente bancario n. (OMISSIS) (estinto il 22 luglio 2010) e del contratto di conto anticipi su fatture n. (OMISSIS) (estinto il 31 gennaio 2007); per l’accertamento della nullita’ delle clausole relative alla determinazione degli interessi e della loro capitalizzazione trimestrale, nonche’ alla commissione di massimo scoperto e della sua capitalizzazione trimestrale, per l’accertamento della nullita’ degli interessi praticati perche’ superiori al tasso soglia dell’usura ex lege presunta, per l’arbitrarieta’ del calcolo dei “giorni di valuta”, per l’addebito di spese forfetarie non determinate per contratto; per la conseguente condanna della banca a restituire il danaro indebitamente percetto a detti titoli per ciascun rapporto, nonche’ a risarcire il danno derivato da tali accadimenti.
2. Adita dalla parte soccombente, la Corte di appello di Milano confermo’ la decisione di rigetto di tali domande con sentenza pubblicata il 20 luglio 2017.
2.1 La motivazione di tale sentenza puo’ essere, per qui ancora interessa, cosi’ sintetizzata:
e’ onere di chi chiede la ripetizione di danaro indebitamente versato in esecuzione di rapporto di contro corrente bancario depositare in giudizio “l’intera sequenza di estratti conto relativi al proprio conto, affinche’ sia possibile individuare gli eventuali addebiti illegittimamente applicati dalla Banca”;
l’appellante non ha assolto a tale onere, avendo depositato solo gli estratti di conto corrente relativi al periodo compreso fra il 31 gennaio 2000 e il 22 luglio 2010 quanto al conto n. (OMISSIS) e al periodo compreso fra il 31 gennaio 2000 e il 31 gennaio 2007 quanto al conto n. (OMISSIS);
e’ vero che la societa’ ebbe a chiedere alla banca, nell’esercizio del diritto a lei attribuito dall’articolo 119, comma 4, del t.u. delle leggi in materia bancaria, gli estratti dei conti relativi al periodo intercorso fra la data di inizio di ciascun rapporto e la fine del quarto trimestre del 1999, ma e’ altrettanto vero che l’istanza si riferiva a documenti che la banca non aveva l’obbligo di conservare perche’ relativi a periodo anteriore al decennio antecedente la richiesta della societa’;

 

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il sollecitato ordine di esecuzione di tali documenti “non risulta praticabile qualora la parte abbia autonomamente la possibilita’ di ottenere la documentazione necessaria e non dimostri di avere a tal fine azionato infruttuosamente gli strumenti predisposti a tutela di detta possibilita’”;
in ragione della “mancata dimostrazione del fondamento del proprio diritto da parte dell’attrice e la consequenziale reiezione dell’azione di ripetizione ex articolo 2033 c.c., il primo giudice correttamente non e’ sceso nella considerazione della pretesa nullita’ degli addebiti contestati, posto che la domanda di accertamento di dette nullita’ non si configura come una domanda autonoma, bensi’ presuppone l’accoglimento dell’azione di ripetizione ex articolo 2033 c.c. esperita dalla parte correntista che agisce in ripetizione”.
3. La (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) (di seguito indicata come ” (OMISSIS)”) chiede la cassazione di tale sentenza con ricorso contenente sei motivi di impugnazione.
4. La (OMISSIS) s.p.a. (incorporante, per effetto di fusione, la (OMISSIS) s.p.a.; che, come tale prosegue tutti i rapporti, anche processuali, di cui era titolare la societa’ incorporata) resiste con controricorso.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nella parte contenente l’affermazione secondo cui essa non aveva provato la sussistenza della propria domanda di ripetizione di indebito oggettivo, trascura che la banca non aveva provato di averle comunicato gli estratti di conto corrente; avendo essa ricorrente affermato nella citazione che cio’ non era avvenuto e che la banca non aveva specificamente contestato tale affermazione: la sentenza sul punto e’ dunque caratterizzata da erronea applicazione degli articoli 1218 e 2697 c.c., dell’articolo 119 del t.u. delle leggi in materia bancaria e dell’articolo 115 c.p.c..
2. Il motivo, per come dedotto, e’ inammissibile in ragione della sua non autosufficienza, non avendo la ricorrente precisato (mediante riproduzione del contenuto di atti processuali) in quale atto e in quali termini la questione sia stata sollevata nel giudizio di merito, con particolare riferimento a quello di appello.
3. Con il secondo motivo (OMISSIS) deduce che la Corte di appello di Milano, nell’affermare la necessita’, ai fini della prova dei pagamenti indebiti, di depositare in giudizio “l’intera sequenza degli estratti conto relativi ai due conti correnti per cui agisce”, erroneamente applica gli articoli 1218 e 2697 c.c., l’articolo 119 t.u. delle leggi in materia bancaria e l’articolo 115 c.p.c., in quanto: sono acquisiti agli atti del giudizio gli estratti conto relativi al periodo intercorso fra il 31 gennaio 2000 fino alla data di estinzione di ciascun conto corrente; la conseguenza e’ che “il conteggio dei rapporti dare-avere andra’ formulato secondo il principio del c.d. “saldo zero”: andranno quindi azzerate le prime appostazioni negative su entrambi i rapporto”, in applicazione del principio di vicinanza della fonte della prova, dovendo la banca tenere per dieci anni le proprie scritture contabili (articolo 2220 c.c.), essendo contrario al canone di buona fede la manata produzione in giudizio delle scritture contabili da parte dell’istituto di credito che ha, inoltre, il dovere di protezione preprocessuale del correntista di cui e’ espressione il precetto recato dall’articolo 119 del t.u. delle leggi in materia bancaria
4. Con il terzo motivo la ricorrente sostiene che la sentenza di appello falsamente(applica gli articoli 1218 e 2697 c.c., l’articolo 119 t.u. delle leggi in materia bancaria e l’articolo 115 c.p.c., dal momento che: quando il correntista agisce in ripetizione di indebito oggettivo derivato da rapporto di conto corrente bancario conseguente ad affermazione di nullita’ ovvero inefficacia di specifici addebiti operati dalla banca, nella ricostruzione dei rapporti di dare e di avere fra le parti si deve considerare “il primo saldo annotato sugli estratti conti prodotti” in mancanza dell’intera sequenza degli estratti di conto corrente dall’inizio del rapporto fino alla sua cessazione; la conseguenza e’ che, “a tutto voler concedere”, essa ricorrente non avrebbe provato il diritto alla restituzione degli indebiti pagamenti eseguiti solo nel periodo precedente il primo estratto di conto corrente acquisito agli atti del processo.

 

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5. Con il quinto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere omesso ogni statuizione sulle domande “di accertamento di nullita’ e/o illegittimita’ delle clausole contrattuali e delle condotte della Banca, ritenendo la questione integralmente assorbita dalla mancata produzione della sequenza integrale degli estratti conto corrente”, cosi’ malamente applicando gli articoli 99 e 112 c.p.c., in quanto: le domande di accertamento di nullita’ di clausole contrattuali e di illegittimita’ di addebiti proposte da essa ricorrente erano autonome rispetto a quella di ripetizione di indebito e dall’accertamento relativo alla fondatezza, o meno, delle prime deriva l’accoglimento ovvero il rigetto della domanda di condanna; la Corte di appello “ha invertito la “logica” delle domande dell’attore.
6. I tre motivi sono da trattare congiuntamente in quanto le questioni da ciascuno di esso implicate sono fra loro strettamente connesse.
La sentenza impugnata, come sopra riassunta:
a) afferma che la (OMISSIS) deposito’ in giudizio solo gli estratti di conto corrente relativi al periodo compreso fra il 31 gennaio 2000 e il 22 luglio 2010 quanto al conto n. (OMISSIS) (contratto di conto corrente ordinario) e al periodo compreso fra il 31 gennaio 2000 e il 31 gennaio 2007 quanto al conto n. (OMISSIS) (contratto di conto corrente da anticipazioni bancarie su fatture); omettendo dunque di depositare gli estratti relativi a ciascuno di tali conti correnti dall’inizio di ciascun rapporto fra la societa’ ricorrente e la banca controricorrente;
b) da tale accertamento (omissione di deposito di tutti gli estratti relativi a ciascun conto corrente dall’inizio di ciascun rapporto fino alla relativa cessazione) fa discendere il rigetto della domanda proposta da (OMISSIS) di condanna della (OMISSIS) (oggi, (OMISSIS)) alla ripetizione di danaro che la prima assume essere stato, nel corso di ciascun rapporto, indebitamente percetto dalla seconda in conseguenza della nullita’ di clausole relative alla misura degli interessi e al massimo scoperto di ciascun contratto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell’usura presunta, come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, di addebiti di danaro non previsti da tali contratti;
c) conferma la decisione del Tribunale di Monza di omissione della “considerazione della pretesa nullita’ degli addebiti contestati, posto che la domanda di accertamento di dette nullita’ non si configura come una domanda autonoma, bensi’ presuppone l’accoglimento dell’azione di ripetizione ex articolo 2033 c.c. esperita dalla parte correntista che agisce in ripetizione”.
Orbene, e’ vero che la giurisprudenza di legittimita’ ha avuto modo di affermare il principio secondo cui nel giudizio che vede contrapposti una banca e il suo cliente quanto a pregresso rapporto di conto corrente bancario la ripartizione fra le parti dell’onere della prova (articolo 2697 c.c.) impone, quando la banca vanta credito derivato dal saldo finale di segno negativo di tale rapporto, la rideterminazione di tale saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione, incompleta, in giudizio depositata dalla banca (in questo senso, cfr.: Cass. n. 21466 del 2013; Cass. n. 15148 del 2018).

 

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E’ pero’ altrettanto vero che tale principio e’, per l’appunto, affermato per il caso in cui e’ la banca a vantare un credito nei confronti del cliente pari al saldo di segno per lui negativo di pregresso rapporto di conto corrente bancario (il teste’ riassunto principio, peraltro, ha in tempi recenti subito una puntualizzazione da parte di Cass. n. 23852 del 2020 e di Cass. n. 22387 del 2021, secondo cui: nei rapporti bancari di conto corrente, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito ciascuna delle parti e’ onerata della prova delle operazioni da cui si origina il saldo, con la conseguenza che la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi e ove manchi la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potra’ aspirare al rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, nel contempo, quest’ultima non potra’ invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti).
Nel caso, invece, in cui e’ il cliente ad agire nei confronti della banca in ripetizione di indebito oggettivo di quel danaro dato alla banca dall’inizio del rapporto di conto corrente bancario fino alla sua cessazione sul presupposto di dedotte nullita’ di clausole del contratto di conto corrente relativa alla misura degli interessi e al massimo scoperto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell’usura presunta (come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996),, nonche’ di addebiti di danaro non previsti dal contratto, e’ il cliente che deve provare,1 innanzitutto mediante il deposito degli estratti di conto corrente, in applicazione dell’articolo 2697 c.c., la fondatezza dei fatti e delle domande di accertamento costituenti il presupposto dell’accoglimento della domanda di ripetizione di indebito oggettivo; con la conseguenza che in mancanza di taluni estratti di conto corrente egli perde semplicemente la possibilita’ di dimostrare il fondamento della domanda di restituzione di danaro da lui dato alla banca (per effetto di addebiti da questa operati) nel solo periodo di tempo compreso fra l’inizio del rapporto e quello cui si riferiscono gli estratti di conto corrente depositati; ben potendo il giudice accertare, di regola mediante consulenza tecnico d’ufficio, se vi siano addebiti alla banca non dovuti, secondo la prospettazione dell’attore, in quanto risultanti dagli estratti di conto da questi depositati.

 

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Tale principio e’ stato gia’ affermato nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui:
“nella prospettiva consegnata dall’articolo 2697 c.c., la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi. Essendo sia la banca che il correntista onerati della prova dei propri assunti, la mancata produzione degli estratti conto assume una colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non e’ influenzato dalle movimentazioni del periodo non documentato” (cosi’, in motivazione, Cass. n. 22387 del 2021, cit.);
il principio affermato in riferimento alla domanda di condanna proposta dalla banca dalle sopra citate Cass. n. 21466 del 2013 e n. 15148 del 2018 “non puo’ essere fatto valere in relazione alla diversa ipotesi in cui sia il correntista ad agire con azione di ripetizione d’indebito e sia pertanto gravato dell’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui riferisce la domanda d’indebito”; con la conseguenza che qualora il primo estratto di conto corrente acquisito al processo evidenzi un saldo negativo, non puo’ legittimamente affermarsi che “il calcolo dei rapporti di dare e avere tra correntista e banca decorrano dalla data della posta iniziale a debito annotata nel primo estratto conto disponibile, previo azzeramento di detto saldo negativo in quanto non provato, dovendo invece detto calcolo essere effettuato proprio partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato” (cosi’, in motivazione, Cass. n. 30822 del 2018);
quando il correntista agisce per la ripetizione dell’indebito nei confronti della banca e questa resiste alla pretesa “in linea di principio, l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote sul correntista, su cui grava l’onere della prova degli indebiti pagamenti, sicche’, in assenza di diverse evidenze, il conteggio del dare e avere deve essere effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente di cui si abbia evidenza” (cosi’, in motivazione, Cass. n. 11543 del 2019).
Tali affermazioni costituiscono esplicitazione del principio, affatto consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dalla banca dell’indebito e’ tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi: egli ha quindi l’onere di documentare l’andamento del rapporto con il deposito di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme di danaro non dovute (in questo senso, cfr.: Cass. n. 30822 del 2018, cit.; Cass. n. 24948 del 2017; Cass. n. 7501 del 2012; Cass. n. 3387 del 2001; Cass. n. 2334 del 1998; Cass. n. 7027 del 1997; Cass. n. 12897 del 1995).
La giurisprudenza di legittimita’ e’ infine costante nell’affermare il principio – sopra evidenziato – secondo cui nel caso di azione di ripetizione di indebito oggettivo derivante da pregresso rapporto di conto corrente bancario proposta nei confronti di una banca dal suo ex cliente, il mancato adempimento da parte dell’attore al’onere di dare prova, mediante deposito degli estratti periodici di conto, tanto dei pagamenti che dell’assenza di valida causa debendi in riferimento a un determinato periodo di durata del rapporto non comporta punto che per il periodo successivo in cui i pagamenti risultano invece documentati da tali estratti il primo dei quali evidenziante un saldo a debito del cliente in riferimento al periodo precedente di svolgimento del rapporto (non documentato) si debba partire da un saldo pari a zero (sul semplice rilievo dell’artificiosa amputazione, priva di base normativa, dell’andamento di rapporto nel tempo effettivamente svoltosi); dovendo invece il sollecitato accertamento del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto essere dal giudice di merito effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato dall’attore ovvero dall’adempimento della banca a ordine di esibizione a lei impartito dal giudice di merito (in questo senso cfr.: Cass. n. 11543 del 2019, cit.; Cass. n. 30822 del 2018, cit.; Cass. n. 28945 del 2017; n. 500 del 2017; in senso sostanzialmente conforme, in riferimento ad azione esercitata da banca che assume di essere creditrice nei confronti di proprio cliente, cfr. Cass. n. 9365 del 2018).
Alla luce di quanto sin qui evidenziato, puo’ quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dalla banca di danaro che afferma essere stato a costei indebitamente dato nel corso dell’intera durata del rapporto sul presupposto di dedotte nullita’ di clausole del contratto di conto corrente relative alla misura degli interessi e al massimo scoperto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell’usura presunta, per come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, nonche’ di addebiti di danaro non previsti dal contratto, e’ onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente riferiti all’intera durata del rapporto; con la conseguenza che qualora egli depositi solo alcuni di tali estratti periodici di conto corrente egli da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, l’omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto a partire dal primo saldo (nella specie, a debito) dal cliente documentalmente riscontrato”.

 

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Il secondo motivo di ricorso e’ dunque da rigettare, mentre il terzo e’ da accogliere nel senso teste’ precisato.
E’ infine fondato anche il quinto motivo, essendo in effetti in diritto illogica l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’accertamento giudiziale della (da (OMISSIS)) dedotta mancanza di causa degli addebiti sui due conti correnti (per oneri finanziari: non previsti dai contratti; derivati da clausole nulle di tali contratti; da applicazione di interessi passivi in misura superiore a quella del tasso di soglia dell’usura presunta) avrebbe quale presupposto la fondatezza della domanda di ripetizione dell’indebito oggettivo; essendo invece vero il contrario, dal momento che il vantato diritto dell’attore a ripetere dalla banca il danaro a lei dato in esecuzione dei due rapporti di conto corrente e’ in tesi predicabile (secondo la prospettazione di (OMISSIS) chiaramente desumibile dal contenuto della sentenza impugnata) quale conseguenza dell’accertamento giudiziale delle, asserite, illegittimita’, di fonte contrattuale ovvero legale, degli addebiti dalla banca eseguiti sugli stessi conti.
7. Con il quarto motivo la sentenza impugnata e’ censurata, per erronea applicazione dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 210 c.p.c., per avere disatteso l’istanza di esibizione proposta nei confronti della controricorrente sul rilievo secondo cui l’ordine di esibizione non e’ “praticabile qualora la parte abbia autonomamente la possibilita’ di ottenere la documentazione necessaria e non dimostri di avere a tal fine azionato infruttuosamente gli strumenti predisposti a tutela di detta possibilita’”, in quanto essa ricorrente ebbe, con missiva del 25 febbraio 2013, a chiedere alla banca, senza ottenere risposta, l’invio degli estratti di conto corrente, delle liquidazioni trimestrali e degli scalari dalla data di inizio dei rapporti di conto corrente fino al quarto trimestre 1999 compreso.
La censura e’ infondata, in quanto: nei rapporti fra banca e cliente il diritto di questi di ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, comma 4, del t.u. delle leggi in materia bancaria, puo’ essere esercitato in sede giudiziale mediante istanza volta a provocare l’ordine di esibizione di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che tali documenti siano stati precedentemente richiesti alla banca e questa non abbia ottemperato senza giustificazione (in questo senso, cfr. Cass. n. 24641 del 2021); nel caso di specie, la sentenza impugnata chiarisce che la (OMISSIS) ebbe legittimamente (il motivo della mancata consegna era dunque giustificato) a disattendere la richiesta di acquisizione di documenti a essa indirizzata dalla societa’ ricorrente sul rilievo che tale richiesta “aveva ad oggetto una documentazione bancaria anteriore al decennio, documentazione che le banche non hanno l’obbligo di conservare” e tale affermazione non e’ dalla ricorrente specificamente censurata.
8. Infine, con il sesto motivo la ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nella parte in cui “non ha accertato in capo alla Banca le citate nullita’ e violazioni nei rapporti bancari dedotti”, si caratterizza per violazione ovvero falsa applicazione degli articoli 1283, 1325, 1418, 1421, 1422 e 1423 c.c., della L. n. 108 del 1996, dell’articolo 644 c.p. e dell’articolo 1815 c.p.c., comma 2″.
9. Il motivo, per come formulato, e’ inammissibile in quanto le domande il cui esame sarebbe stato omesso sono in questa sede solo genericamente indicate.
10. In conclusione, la sentenza impugnata, in accoglimento, nei sensi precisati nel precedente § 6, del terzo e del quinto motivo, deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, dovra’ pronunciarsi sull’appello della societa’ ricorrente attenendosi al seguente principio di diritto: “nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dalla banca di danaro che afferma essere stato a costei indebitamente dato nel corso dell’intera durata del rapporto sul presupposto di dedotte nullita’ di clausole del contratto di conto corrente relative alla misura degli interessi e al massimo scoperto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell’usura presunta, per come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, nonche’ di addebiti di danaro non previsti dal contratto, e’ onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente riferiti all’intera durata del rapporto; con la conseguenza che qualora egli depositi solo alcuni di tali estratti periodici di conto corrente egli da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, l’omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto a partire dal primo saldo a debito (come nella specie) dal cliente documentalmente riscontrato”.
Al giudice di rinvio e’ rimessa la decisione relativa alle spese da ciascuna delle parti rispettivamente anticipate nel presente giudizio di cassazione.

 

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P.Q.M.

accoglie il terzo e il quinto motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione; dichiara inammissibili il primo e il sesto motivo; rigetta il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui rimette la decisione relativa alla ripartizione fra le parti delle spese processuali da costoro rispettivamente anticipate nel giudizio di cassazione.

 

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