Il convenuto è tenuto a prendere posizione in modo chiaro ed analitico

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 aprile 2022| n. 12433.

Il convenuto è tenuto a prendere posizione in modo chiaro ed analitico.

Il convenuto, ai sensi dell’articolo 167 cod. proc. civ., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’articolo 115 cod. proc. civ., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica (Nel caso di specie, in cui il giudice d’appello aveva confermato la pronuncia di prime cure che aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di compensi reclamati dal ricorrente a titolo di prestazioni professionali stragiudiziali, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del professionista, ha cassato con rinvio la decisione gravata in quanto l’opponente non aveva contestato nell’atto di opposizione né il conferimento dell’incarico né l’espletamento dello stesso, né, infine, la stessa quantificazione dei relativi compensi, essendosi limitato ad eccepire la parziarietà dell’obbligazione, in virtù della quale non avrebbe dovuto rispondere per una misura superiore ad un sesto dell’importo complessivo ingiunto, in considerazione del fatto che l’attività professionale svolta sarebbe stata eseguita non solo nel suo interesse ma anche di quello dei suoi fratelli). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 26 novembre 2020, n. 26908; Cassazione, sezione civile III, sentenza 6 ottobre 2015, n. 19896).

Ordinanza|19 aprile 2022| n. 12433. Il convenuto è tenuto a prendere posizione in modo chiaro ed analitico

Data udienza 18 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Professioni – Avvocati – Compensi – Prestazione del terzo diverso dal contraente – Ammissibilità – Poteri del giudice – Convenuto – Articolo 167 cod. proc. civ. – Principio di non contestazione – Modifica dell’articolo 115 cod. proc. civ. – Effetti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13458/2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 243/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/3/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/11/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI LA BATTAGLIA.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Messina lo aveva condannato al pagamento, in favore dell’avv. (OMISSIS), della somma di Euro 6.896,40 (oltre Euro 596,14 per interessi e spese della procedura), a titolo di saldo dei compensi maturati per le prestazioni professionali stragiudiziali svolte, consistite nella predisposizione di un piano di risanamento della posizione debitoria di due societa’ (la (OMISSIS) s.n.c. e la (OMISSIS) s.r.l.) di cui il resistente era (insieme ad altri familiari) socio e fideiussore. Sosteneva di non aver mai conferito personalmente il mandato all’avv. (OMISSIS), la cui attivita’ era stata, peraltro, svolta nell’interesse delle suddette societa’ (oltre che di tutti i fratelli (OMISSIS)).
Nella resistenza del convenuto opposto, il Tribunale di Messina, con la sentenza n. 2135 del 2009, accoglieva l’opposizione, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo e condannando il (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.
Quest’ultimo proponeva, quindi, appello avverso tale pronuncia, al quale il (OMISSIS) resisteva.
La Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 243 del 2017, rigetto’ l’appello e condanno’ l’appellante al pagamento delle spese processuali. I giudici di secondo grado si uniformarono al ragionamento del Tribunale, che, dopo aver premesso che la parcella corredata del parere del Consiglio dell’ordine di appartenenza non ha valore probatorio nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva evidenziato come, da una missiva prodotta dall’opponente, indirizzata dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) alla (OMISSIS), si evincesse che l’opera dei primi era stata svolta nell’esclusivo interesse delle due societa’ sopra menzionate. Nello stesso senso deponevano le risultanze delle prove testimoniali raccolte. Non poteva, dunque, ritenersi assolto l’onere probatorio gravante sull’opposto, sicche’ correttamente il giudice di prime cure aveva accolto l’opposizione. La Corte d’Appello rigetto’, poi, gli ulteriori motivi con cui l’appellante censurava la propria condanna al pagamento delle spese processuali, nonche’ l’omessa condanna dell’opponente al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c..
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di due motivi. (OMISSIS) non si e’ costituito. Il ricorrente ha depositato memoria.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1292, 1293, 1294, 1299 e 2697 c.c.; articoli 112, 115 e 116 c.p.c.; l’omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., n. 5 (segnatamente delle dichiarazioni testimoniali rese dall’avv. (OMISSIS) circa l’effettivo svolgimento della prestazione professionale da parte dell’avv. (OMISSIS)); il difetto di motivazione. Sotto tale Ultimo profilo, sostiene il ricorrente che la motivazione sarebbe soltanto apparente, in quanto il giudice si sarebbe “limitato ad un richiamo generico alla sentenza del precedente grado di giudizio, senza far minimamente comprendere quali fossero le ragioni di tale convincimento” (cosi’ nella memoria depositata il 4.11.2021 dal ricorrente).
La doglianza non e’ fondata. E’ noto, infatti, che “la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014). Si e’ pure affermato che “la sentenza di appello che si rifaccia alla motivazione della statuizione impugnata non e’ nulla, qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, atteso che il giudice del gravame puo’ aderire a quella motivazione senza necessita’, ove la condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri” (Cass., n. 10937/2016). E ancora: “in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’articolo 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, ne’ alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito” (Cass., n. 3819/2020). Nel caso di specie, la sentenza impugnata non si limita, invero, a un generico richiamo della motivazione della pronuncia di primo grado, ma ne ripercorre adesivamente il ragionamento, con specifico riferimento ai mezzi di prova acquisiti (si vedano, in particolare, le pagg. 7 e 8 della sentenza della Corte d’Appello di Messina).
Il motivo e’ infondato anche dall’angolo visuale dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’omesso esame della testimonianza dell’avv. (OMISSIS), la quale e’ – invero – espressamente esaminata nella motivazione tra le fonti di convincimento su cui la decisione e’ fondata. Vale, pertanto, l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, “in tema di ricorso per cassazione, esula dal vizio di legittimita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 5, qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si e’ formato, ex articolo 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilita’ delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimita’” (Cass., n. 15276/2021).
Il primo motivo di ricorso e’, invece, fondato, dal punto di vista della violazione dell’articolo 115 c.p.c.. La censura del ricorrente si basa sulla circostanza che il (OMISSIS) non avesse mai contestato ne’ l’avvenuto conferimento, in suo favore, dell’incarico professionale, ne’ l’effettivo espletamento dello stesso, limitandosi a sostenere che, promanando detto incarico (anche) dalla societa’ e dagli altri soci (e fideiussori), su di lui non potesse gravare piu’ di un sesto del complessivo credito dell’avvocato. L’esecuzione della prestazione era risultata provata, del resto, dai documenti prodotti e dalle testimonianze raccolte. La Corte d’Appello da’ atto dell’avvenuta produzione della lettera a firma degli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), indirizzata alla (OMISSIS), ma, dalla premessa che “venne trasmessa nell’interesse delle societa’ (OMISSIS) snc e (OMISSIS) srl dei (OMISSIS)”, trae la conclusione che la stessa non comprovi l’avvenuto conferimento dell’incarico professionale da (OMISSIS) nei confronti dell’avv. (OMISSIS). Si legge, al riguardo, nella sentenza impugnata, che “in nessun passaggio (di quella lettera, n.d.r.) si fa riferimento alla posizione dell’opponente o al fatto che l’Avv. (OMISSIS) spendesse il suo nome nell’interesse esclusivo dell’opponente (OMISSIS)”.
L’argomento non e’ persuasivo, siccome fondato sull’erroneo presupposto della indefettibile coincidenza tra soggetto che conferisce l’incarico di prestazione d’opera intellettuale all’avvocato e soggetto nel cui interesse la prestazione assunta dal professionista viene svolta. I due profili devono, invece, essere tenuti distinti, ben potendo essere eseguita la prestazione in favore di un terzo, diverso dal contraente, secondo lo schema di cui agli articoli 1411 c.c. e segg. (si veda, con specifico riferimento dell’incarico professionale all’avvocato, Cass., n. 7926/2004 e n. 4489/2010). La circostanza che la missiva destinata alla (OMISSIS) facesse riferimento alla posizione debitoria delle societa’ dei (OMISSIS) non consente, dunque, di escludere che fosse stato proprio il resistente (socio e fideiussore delle stesse) a conferire l’incarico professionale all’avvocato odierno ricorrente. Tanto piu’ che la stessa sentenza impugnata, con riguardo alla testimonianza svolta in primo grado da (OMISSIS) (amministratore della (OMISSIS) s.n.c.), da’ conto che egli aveva “riferito che il cugino (OMISSIS) diede incarico agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) di assistere le due societa’”. La cura degli interessi delle societa’ e’, dunque, pienamente compatibile con la circostanza che ad investire dell’incarico l’avv. (OMISSIS) fosse stato l’odierno intimato; circostanza, quest’ultima, in nessun modo contestata dal (OMISSIS) nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (esaminabile dalla Corte di legittimita’ quale giudice del “fatto processuale”, trattandosi di error in procedendo: Cass., n. 2771/2017), ne’ sotto il profilo del conferimento dell’incarico, ne’ sotto quello dell’effettivo espletamento dello stesso, ne’, infine, dal punto di vista della quantificazione dei relativi compensi, essendosi limitato l’opponente ad eccepire la parziarieta’ dell’obbligazione, in virtu’ della quale non gli si sarebbe potuto far gravare piu’ di 1/6 dell’importo complessivo della stessa, proprio in considerazione del fatto (come si e’ detto, irrilevante ai fini in discorso) che l’attivita’ professionale dell’avv. (OMISSIS) sarebbe stata eseguita nell’interesse di tutti i fratelli (OMISSIS) (e non solo dell’opponente (OMISSIS)). Piena operativita’ deve riconoscersi, pertanto, al principio per cui “il convenuto, ai sensi dell’articolo 167 c.p.c., e’ tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’articolo 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessita’ di prova, ove “la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica (..)” (Cass., n. 26908/2020; in senso conforme, Cass., n. 19896/2015).
3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte d’Appello rigettato in toto la domanda dell’avv. (OMISSIS), nonostante il debitore si fosse limitato a chiedere che la condanna nei suoi confronti fosse contenuta nella frazione di un sesto del debito complessivo. La sentenza impugnata dovra’ essere, pertanto, cassata con rinvio al giudice a quo, per le statuizioni di merito conseguenti alla corretta applicazione del principio di non contestazione.

P.Q.M.

Accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del procedimento di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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