Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Sentenza 4 febbraio 2020, n. 2480.
La massima estrapolata:
Il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per i motivi che attengono alla mancata notificazione ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario.
Sentenza 4 febbraio 2020, n. 2480
Data udienza 18 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere
Dott. CATALDI Michele – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 20385/2012, proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), in Catania, presso lo studio associato ” (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)”, via (OMISSIS), come da mandato in margine al ricorso; domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Corte di Cassazione;
– Ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– Controricorrente –
Avverso la sentenza n. 305/34/2011 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, depositata il 13/06/2011 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 novembre 2019 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.
RITENUTO
che:
La Commissione Tributaria regionale della Sicilia (di seguito, per brevita’, CTR), con la sentenza in epigrafe, decidendo sull’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva accolto il ricorso del contribuente (OMISSIS), riformava totalmente la sentenza di primo grado, rigettando il ricorso del contribuente sulla seguente motivazione, che integralmente si riporta:
“La Commissione rileva che, il ricorso di primo grado nonostante il contrario assunto dell’agenzia dell’entrate, non e’ stato notificato la Serit Sicilia, secondo l’esame degli atti del fascicolo. Premesso che il ricorso e’ regolare quanto al difensore, la cui firma per autentica e’ sufficiente per l’obbligatoria difesa tecnica, si osserva che l’unico motivo di censura riguarda la tardivita’ della notifica della cartella. Poiche’ tra il Concessionario per la riscossione e l’Ente impositore non v’e’ litisconsorzio necessario, secondo le disposizioni sull’impugnabilita’ della cartella per vizi propri, ne discende che (OMISSIS) ha omesso di chiamare in causa il soggetto legittimato, in via principale, laddove l’Agenzia delle entrate aveva ed ha interesse ai sensi dell’articolo 100 c.p.c.. Essendo quindi ampiamente trascorso il termine per impugnare nei confronti del concessionario, il ricorso e’ infondato. E’ opportuno osservare che, per quanto detto, e’ inammissibile la citazione in appello dell’Agenzia delle entrate nei confronti del Concessionario, che non e’ stato parte in primo grado. Quest’ultima circostanza la ribadisce, ed emerge anche dall’intestazione della sentenza appellata che ignora il Concessionario. Le spese possono essere compensate. P.Q.M. Il Collegio, in totale riforma della sentenza n. 577 dell’8 luglio 2008, della commissione tributaria provinciale di Catania, rigetta il ricorso di (OMISSIS).”.
(OMISSIS) ricorre, con cinque motivi di ricorso, avverso tale sentenza.
L’Amministrazione finanziaria, resiste con controricorso.
(OMISSIS) in prossimita’ dell’udienza camerale ha depositato memoria ex articolo 380 – bis l c.p.c..
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso – rubricato: “violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – vizio di extra petizione dell’impugnata sentenza” – il ricorrente deduce che nonostante l’Amministrazione erariale avesse eccepito la propria carenza di legittimazione passiva al ricorso con conseguente richiesta di estromissione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 10, i giudici di secondo grado hanno ritenuto l’infondatezza del ricorso in quanto non proposto nei confronti del concessionario. Con il secondo, rubricato: “violazione dell’articolo 101 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nullita’ della sentenza per violazione del principio del contraddittorio”- deduce l’errore dei secondi giudici “che hanno deciso la controversia sollevando d’ufficio la questione dell’infondatezza del ricorso introduttivo perche’ non notificato al Concessionario della riscossione, senza che pero’ sia stato assegnato all’odierno ricorrente alcun termine per presentare memorie sulla questione compromettendone gravemente il diritto di difesa (in tal senso, da ultimo, si veda Corte di Cassazione n. 11928 del 13 luglio 2012).”.
Con il terzo motivo – rubricato: “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 10 e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 14, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3” – deduce che non sussiste alcun obbligo in capo al ricorrente di notificare il ricorso avverso la cartella di pagamento oltre che all’Agenzia dell’entrate anche al concessionario della riscossione. Richiama in proposito, varie pronunce della Corte di Cassazione, tra cui la sentenza n. 14934 del 2011 nonche’ il principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U. n. 16412 del 2007.
Con il quarto motivo – rubricato: “violazione dell’articolo 2909 c.c., degli articoli 324, 325 e 329 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Intervenuto giudicato interno su un punto decisivo della controversia”- deduce che nonostante i giudici di primo grado avevano accolto il ricorso per tardivita’ della notifica della cartella di pagamento e intervenuta decadenza dei sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, l’Agenzia delle entrate con il proprio atto di appello ha omesso di contestare tale statuizione di tardivita’, limitandosi a sostenere la propria estraneita’ alla controversia per difetto di legittimazione passiva, il che ha determinato il formarsi del giudicato interno sul vizio di nullita’ della cartella di pagamento per intervenuta decadenza. Il ricorrente richiama le sentenze della Corte di Cassazione n. 6754 del 2003 e n. 15657 del 2001.
Con il quinto motivo – rubricato: “violazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4” – omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia – deduce l’omissione di qualsiasi pronuncia sulla nullita’ della cartella di pagamento che costituiva oggetto principale d’esclusivo della sentenza di prime cure.
I primi due motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte, sono infondati.
La Commissione regionale, anche se con motivazione che non brilla per chiarezza, ha inteso, in realta’, affermare la carenza di litisconsorzio necessario tra l’Agenzia delle entrate ed il concessionario alla riscossione trattandosi di vizi formali della cartella (tardivita’ della notificazione della cartella), in relazione ai quali l’Amministrazione erariale non era legittimata a proporre appello, ritenendo che, invece, tali vizi fossero ascrivibili esclusivamente all’operato dell’agente della riscossione. In tali termini, dunque, ha ritenuto che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’Agenzia fosse fondata.
A fronte di tale decisione, risulta inconferente, dunque, il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente assume il vizio di ultra petizione, vizio che non sussiste, avendo la Commissione di secondo grado, deciso la controversia rispettando il principio tra chiesto e pronunciato.
Egualmente risulta infondato il secondo motivo di gravame, atteso che, nessun termine doveva essere concesso a mente dell’articolo 101 c.p.c., avendo rettamente escluso nella specie la sussistenza del litisconsorzio necessario (v. motivazione della sentenza: poiche’ tra il Concessionario per la riscossione e l’Ente impositore non v’e’ litisconsorzio necessario, secondo le disposizioni sull’impugnabilita’ della cartella per vizi propri..). D’altro canto, la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che anche nel caso di litisconsorzio necessario processuale, la necessita’ di integrare il contraddittorio sussiste sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (articolo 331 c.p.c.), il che – per i motivi piu’ avanti esposti – non e’ nella specie (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 26433 del 08/11/2017, Rv. 646163-01).
Il terzo motivo di gravame e’ fondato e va accolto per quanto qui di seguito esposto.
E’ oramai consolidato l’orientamento, inaugurato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 16412 del 25/07/2007, Rv. 598269-01, richiamata anche dal ricorrente, secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidita’ degli atti impositivi presupposti, puo’ agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non gia’ al concessionario, il quale, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, ha l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, ai sensi del Decreto Legislativo n. 112 del 1999, ex articolo 39, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non e’ configurabile un litisconsorzio necessario (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 630633-01; Sez. 5, Sentenza n. 8370 del 24/04/2015, Rv. 635173-01; Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101-01; Sez. 5, Sentenza n. 8295 del 04/05/2018, non massimata).
Il concessionario, dunque, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 10, e’ parte quando oggetto della controversia e’ l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, nel caso cioe’ – di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora. In tale ipotesi l’atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale e’ direttamente ascrivibile il vizio dell’atto, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore (cfr. sez. 5, n. 5832 del 2011 richiamata anche da Sez. 5, Sentenza n. 22729 del 09/11/2016, Rv. 641884-01).
E’ stato soggiunto che la tardivita’ della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio, sicche’ la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario; nell’ipotesi in cui il concessionario fosse stato fatto destinatario dell’impugnazione, sarebbe stato onere di quest’ultimo chiamare in giudizio l’ente titolare del credito, laddove non volesse rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non e’ configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (ex plurimis, da Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 30/10/2007, Rv. 601121-01; Sez. 5, Sentenza n. 14032 del 27/06/2011, Rv. 617650-01) a Sez. 5 -, Ordinanza n. 10019 del 24/04/2018, Rv. 647963-01).
Alla luce di tali principi, considerato che, nel caso di specie, l’opposizione iniziale era stata dal contribuente proposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate (Ufficio di Acireale) e questa scelta, non era priva di una radice di natura sostanziale, dal momento che l’opposizione in questione era stata proposta per intervenuta decadenza dal potere impositivo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica nn. 602 del 1973, articolo 25 (trattandosi di somme dovute a seguito di liquidazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, per l’anno 1997, la notifica sarebbe dovuta avvenire nei termini previsti dalla norma in parola), ha errato il giudice di secondo grado nel disconoscere all’Agenzia delle entrate la legittimazione passiva, cosi’ disconoscendo la sentenza di primo grado, che era ad essa opponibile, in quanto aveva travolto la pretesa creditoria.
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del terzo, atteso che la riconosciuta sussistenza della legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate, assorbe assorbe le ulteriori questioni (se sussista o meno la dedotta tardivita’ della notifica della cartella e la nullita’ della cartella di pagamento) che dovranno essere oggetto di esame di parte del giudice di rinvio.
Ne segue, in definitiva, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione; quest’ultima, ormai acclarata la legittimazione ad impugnare dell’Agenzia delle entrate, valutera’ nel merito l’appello proposto, erroneamente dichiarato inammissibile. Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo, assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione la motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente procedimento.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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