Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 maggio 2021| n. 14598.
Il conduttore può liberamente godere e modificare le parti comuni
In tema di condominio negli edifici, il conduttore, cui è consentito trarre dalla cosa locata tutte le utilità inerenti al suo normale godimento, escluse solamente quelle espressamente vietate dal contratto o confliggenti con il diritto del locatore o di terzi, può altresì utilizzare le parti comuni dell’edificio condominiale, ove è sito l’immobile locatogli, con eguale contenuto ed eguali modalità del potere di utilizzazione spettante al proprietario. Pertanto, il conduttore può liberamente godere ed eventualmente modificare le parti comuni dell’edificio, purché in funzione del godimento o del miglior godimento dell’unità immobiliare oggetto primario della locazione (limite cosiddetto interno) e purché non risulti alterata la destinazione di dette parti, né pregiudicato il pari suo uso da parte degli altri condomini (limite cosiddetto esterno).
Ordinanza|26 maggio 2021| n. 14598. Il conduttore può liberamente godere e modificare le parti comuni
Data udienza 24 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio – Immobile – Canna fumaria – Rimozione – Canna fumaria apposta sull’esterno dell’edificio – Incidenza sul decoro dell’intero immobile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11468-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 5938/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
Il conduttore può liberamente godere e modificare le parti comuni
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 5938/2016 della Corte d’appello di Roma, depositata il 28 ottobre 2015.
L’intimato (OMISSIS), non ha svolto attivita’ difensive.
2. La Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame proposto in via principale da (OMISSIS) contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Roma l’11 settembre 2007. Il Tribunale accolse parzialmente le domande proposte dal (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e della (OMISSIS) S.p.A., rispettivamente conduttrice e proprietaria di locale commerciale compreso nell’edificio condominiale, e ordino’ alle convenute di rimuovere la canna fumaria installata dalla (OMISSIS) sulla facciata esterna del fabbricato, al fine di convogliare verso l’esterno i fumi generati dal forno esistente in detto locale. Per il Tribunale, stando altresi’ alle risultanze della espletata CTU, la canna fumaria alterava il decoro architettonico dello stabile, mentre i fumi che fuoriuscivano dalla stessa compromettevano la praticabilita’ del lastrico solare. La Corte d’appello ha poi ritenuto inammissibili i primi due motivi del gravame di (OMISSIS), giacche’ diretti soltanto a confutare difese avversarie neppure riprese dal Tribunale ed a far salvo il diritto di agire nei confronti della (OMISSIS) S.p.A. in separato giudizio. La sentenza di secondo grado ha altresi’ confermato, alla luce della relazione peritale e delle riproduzioni fotografiche allegate, la valutazione di incidenza della canna fumaria sul decoro architettonico dello stabile condominiale, ed ha definito inammissibile il richiamo per relationem alle diverse valutazioni fatte al riguardo dal consulente di parte. Negata la veridicita’ della conclusione secondo cui la rimozione della canna fumaria avrebbe comunque implicato la cessazione dell’attivita’ commerciale (potendo essere spostato l’impianto all’interno della chiostrina condominiale), la Corte di Roma ha considerato assorbite le censure contenute nel quarto motivo dell’appello principale circa le immissioni di fumo rilasciati dalla canna fumaria e la correlata impraticabilita’ del lastrico.
3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria.
4. Il ricorso di (OMISSIS) e’ stato notificato unicamente al (OMISSIS), e non anche alla (OMISSIS) S.p.A., parte dei pregressi gradi di merito e proprietaria dell’unita’ immobiliare condotta in locazione dalla (OMISSIS), in quanto tale destinataria dell’ordine di rimozione della canna fumaria. La ricorrente ha giustificato la mancata notificazione del ricorso alla locatrice la (OMISSIS) S.p.A,. deducendo che quest’ultima abbia trasferito la proprieta’ dell’immobile durante il giudizio.
Deve invece affermarsi che, nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, quale quella che si verifica per effetto della vendita del bene locato in corso del procedimento di rilascio promosso da un terzo e consistente in un’azione reale volta ad ottenere la riduzione in pristino dello stesso bene, permane in capo al dante causa non estromesso l’originaria posizione processuale, ex articolo 111 c.p.c., e quindi anche il diritto di impugnazione (arg. da Cass. Sez. 3, 15/11/1991, n. 12276). Dunque, con riferimento alla domanda proposta dal condominio, in base al disposto dell’articolo 1102 c.c., nei confronti sia del conduttore che del proprietario di una unita’ immobiliare, ed avente quale fine il ripristino dello “status quo ante” di una cosa comune illegittimamente alterata, il proprietario e’ tenuto a partecipare al relativo giudizio quale litisconsorte necessario, potendo derivare dalla condanna una modificazione del bene locato, senza che a tal fine rilevi la vendita dello stesso avvenuta nel corso del processo (arg. da Cass. Sez. 2, 18/02/2015, n. 3225).
Essendo stata la proprietaria (OMISSIS) S.p.A. parte dei pregressi gradi di merito ed ancora altresi’ come tale individuata nella sentenza d’appello impugnata, il ricorso per cassazione doveva essere percio’ proposto anche nei suoi confronti, a norma dell’articolo 331 c.p.c., non potendosi procedersi all’estromissione della stessa nel giudizio di legittimita’ deducendo l’avvenuta alienazione dell’immobile. In ogni modo, nel caso in esame, la fissazione del termine ex articolo 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso principale appare “prima facie” inammissibile, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, percio’, attivita’ del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21670). Anche l’eventuale ricorso incidentale tardivo proposto dalla parte chiamata ad integrare il contraddittorio perderebbe ogni efficacia in conseguenza della dichiarazione di inammissibilita’ della impugnazione principale, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2.
5. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce violazione, errata interpretazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis. La ricorrente contesta la dichiarazione di inammissibilita’ pronunciata dalla Corte di Roma riguardo i primi due motivi di appello, sostenendo che gli stessi “non fossero stati formulati… quali specifici motivi di impugnazione ma come ragionamenti ed osservazioni esposti al fine di meglio illustrare il contesto in cui la controversia era sorta”. Si trattava, a dire della ricorrente, di “mera esposizione dei fatti di causa”, volta a dimostrare l’infondatezza degli scritti difensivi avversari ed a ricordare le gravi responsabilita’ incombenti altresi’ sulla proprietaria e locatrice (OMISSIS) S.p.A.
5.1. Questo primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
La Corte d’appello di Roma aveva ritenuto inammissibili i primi due motivi del gravame di (OMISSIS), giacche’ diretti soltanto a confutare difese avversarie ed a far salvo il diritto di agire nei confronti della (OMISSIS) S.p.A. in separato giudizio. Il primo motivo di ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’articolo 342 c.p.c., non espone che quei motivi di appello dichiarati inammissibili dalla Corte di Roma contenessero, al contrario, specifiche critiche rivolte contro la sentenza di primo grado, ma osserva che neppure si trattasse, in realta’, di autonomi motivi di appello, sicche’ la denunciata erronea statuizione di inammissibilita’ attribuita alla Corte d’appello non integra ragione di nullita’ della sentenza, risolvendosi nella allegazione di una irregolarita’ o di una inesatta motivazione, che non sono cause di soccombenza, rendendo percio’ inammissibile l’impugnazione sul punto.
6. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) lamenta la violazione, errata interpretazione e falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c. La ricorrente afferma che la sentenza di secondo grado, come anche la decisione del giudice di primo grado, non contiene una adeguata motivazione circa la conclusione che la canna fumaria, per cui e’ causa, alterasse il decoro architettonico del fabbricato, limitandosi alla pedissequa adesione alle valutazioni compiute dal nella relazione peritale. La censura aggiunge che il giudice d’appello abbia erroneamente applicato l’articolo 1102 c.c., reputando la canna fumaria lesiva del decoro architettonico sebbene, per quanto risulta dal materiale acquisto al processo, il fabbricato risultava gia’ alterato da precedenti interventi e dalle condizioni dello stesso determinate da incuria o vetusta’.
Il conduttore può liberamente godere e modificare le parti comuni
6.1. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile.
La sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame del motivo di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilita’ del ricorso ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1, (Cass. Sez. U., 21/03/2017 n. 7155).
Va premesso che il conduttore, cui e’ consentito trarre dalla cosa locata tutte le utilita’ inerenti al suo normale godimento, escluse solamente quelle espressamente vietate dal contratto o confliggenti con il diritto del locatore o di terzi, puo’ altresi’ utilizzare le parti comuni dell’edificio condominiale, ove e’ sito l’immobile locatogli, con eguale contenuto ed eguali modalita’ del potere di utilizzazione spettante al proprietario. Pertanto il conduttore puo’ liberamente godere ed eventualmente modificare le parti comuni dell’edificio, purche’ in funzione del godimento o del miglior godimento dell’unita’ immobiliare oggetto primario della locazione (limite cosiddetto interno) e purche’ non risulti alterata la destinazione di dette parti, ne’ pregiudicato il pari suo uso da parte degli altri condomini (limite cosiddetto esterno) (Cass. Sez. 3, 24/10/1986, n. 6229; Cass. Sez. 2, 03/05/1997, n. 3874).
La Corte d’appello di Roma, apprezzando in fatto le risultanze della CTU e le riproduzioni fotografiche, ha affermato che la canna fumaria, costituita da un tubo di diametro pari a 27 cm, che partiva dall’accesso del locale condotto in locazione da (OMISSIS) e prosegue per tutta la facciata principale dell’edificio sino a raggiungere il terrazzo di copertura, alterasse il decoro dell’edificio per la sua sagoma, per la sua forma, per il materiale che la compone e per la posizione che occupa sul prospetto.
E’ conforme all’interpretazione consolidata di questa Corte l’affermazione secondo cui l’utilizzazione con impianti destinati a servizio esclusivo di un’unita’ immobiliare di proprieta’ individuale di parti comuni dell’edificio condominiale (nella specie: installazione di una canna fumaria a servizio di attivita’ commerciale) esige il rispetto delle regole dettate dall’articolo 1102 c.c. Al fine di conclamare la legittimita’ dell’uso particolare del bene comune, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., spetta al giudice di verificare altresi’ se l’opera arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale, trattandosi di limite legale compreso nel principio generale dettato da tale norma e che percio’ deve guidare l’indagine giudiziale sulla verifica delle condizioni di liceita’ del mutamento di uso. Anche alle modificazioni apportate dal singolo condomino, ex articolo 1102 c.c., si applica invero, per identita’ di “ratio”, il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato previsto in materia di innovazioni dall’articolo 1120 cit. codice (Cass. Sez. 2, 13/11/2020, n. 25790; Cass. Sez. 2, 29/01/2020, n. 2002; Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712; Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350; Cass. Sez. 2, 22/08/2012, n. 14607; Cass. Sez. 2, 22/08/2003, n. 12343; Cass. Sez. 2, 29/03/1994, n. 3084; Cass. Sez. 2, 14/01/1977, n. 179).
In particolare, l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune che, seppur conforme alla destinazione della stessa, ciascun condomino puo’ apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilita’ ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno quest’ultimo – che si verifica non gia’ quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. Neppure puo’ attribuirsi alcuna influenza, ai fini della tutela prevista dall’articolo 1102 c.c., al grado di visibilita’ delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’edificio, ovvero alla presenza di altre pregresse modifiche non autorizzate (Cass. Sez. 2, 16/01/2007, n. 851). Ai fini della tutela del decoro architettonico dell’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, ne’ rileva che tale fisionomia sia stata gia’ gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull’immobile (Cass. Sez. 2, 13/11/2020, n. 25790; Cass. Sez. 2, 19/06/2009, n. 14455; Cass. Sez. 2, 14/12/2005, n. 27551; Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398). Neppure e’ decisiva la diminuzione di valore economico correlata alla modifica, in quanto, ove, come nella specie, sia accertata una alterazione della fisionomia architettonica dell’edificio condominiale, per effetto della realizzazione di una canna fumaria apposta sulla facciata, il pregiudizio economico risulta conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico, che, costituendo una qualita’ del fabbricato, e’ tutelata – in quanto di per se’ meritevole di salvaguardia – dalle norme che ne vietano l’alterazione (cosi’ Cass. Sez. 2, 31/03/2006, n. 7625; Cass. Sez. 2, 24/03/2004, n. 5899; Cass. Sez. 2, 15/04/2002, n. 5417).
La relativa valutazione spetta al giudice di merito (e risulta compiuta alla pagina 5 della sentenza impugnata, avendo riguardo a dimensioni, consistenza e tipologia del manufatto), rimanendo insindacabile in sede di legittimita’, se non nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350; Cass. Sez. 2, 23/02/2012, n. 2741; Cass. Sez. 2, 11/05/2011, n. 10350; Cass. Sez. 2, 10/05/2004, n. 8852; Cass. Sez. 2, 16/05/2000, n. 6341; Cass. Sez. 2, 05/10/1976, n. 3256).
Il secondo motivo del ricorso intende indurre questa Corte ad una rivalutazione delle emergenze istruttorie, e non ad un controllo di legittimita’, sollecitando una nuova indagine di fatto rivolta a stabilire se in concreto ricorra il denunciato pregiudizio all’aspetto dell’edificio, e proponendo apprezzamenti difformi da quelli operati nella sentenza impugnata. Quanto, in particolare, all’adesione prestata dalla Corte di Roma alle conclusioni peritali, spetta comunque al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruita’ dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono. Tale valutazione non puo’ essere sindacata in sede di legittimita’ invocando dalla Corte di cassazione un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in maniera da pervenire ad una nuova validazione e legittimazione dei risultati dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio, ovvero richiamando le contestazioni mosse dal consulente di parte, le quali costituiscono pur sempre semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico.
7. Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, l’errata interpretazione e la falsa applicazione dell’articolo 844 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’altezza dello sbocco della canna fumaria ed alle conseguenze che deriverebbero in termini di variazione di destinazione d’uso di un bene comune. La ricorrente assume che il giudice di secondo grado abbia errato nel dichiarare assorbito il quarto motivo di appello, inerente alla immissione dei fumi da parte della canna fumaria ed alla destinazione d’uso del lastrico solare.
7.1. Anche questo motivo di ricorso e’ inammissibile, difettando l’interesse della ricorrente ad impugnare la statuizione di assorbimento del quarto motivo di appello.
La decisione di primo grado aveva ritenuto la canna fumaria illegittima sia sotto il profilo della lesione del decoro architettonico sia per la immissione di fumi sul lastrico solare; si trattava, dunque, di sentenza fondata su due distinte ragioni, ciascuna di per se’ idonea a sorreggerla, con la conseguenza che il rigetto delle censure proposte contro la prima di tali ragioni importa l’assorbimento delle doglianze relative all’altra, il cui esame diviene irrilevante, in quanto l’eventuale accoglimento del quarto motivo di appello avrebbe comunque lasciato valido l’ordine di rimuovere la canna fumaria.
8. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile, non dovendosi provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato (OMISSIS), non ha svolto attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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