Il comodatario e le spese di manutenzione straordinaria

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 agosto 2021| n. 23294.

Il comodatario e le spese di manutenzione straordinaria.

Il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante.

Ordinanza|23 agosto 2021| n. 23294. Il comodatario e le spese di manutenzione straordinaria

Data udienza 4 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Divisione – Comodato – Comodatario – Spese straordinarie non necessarie e urgenti – Diritto a essere rimborsato – Non sussiste – Ragioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14715-2016 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2723/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Il comodatario e le spese di manutenzione straordinaria

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente padre e sorella del defunto (OMISSIS), convenivano in giudizio (OMISSIS), coniuge del de cuius, chiedendo la divisione dell’asse ereditario relitto da (OMISSIS).
1.1. Nelle more del giudizio di primo grado, decedeva (OMISSIS), lasciando unica erede la figlia (OMISSIS), la quale si costituiva quale successore del padre.
1.2. Costituendosi in primo grado, parte convenuta dichiarava di non opporsi alla domanda di divisione del compendio ereditario, ma, deducendo che il marito fosse creditore del padre per lavori di ristrutturazione asseritamente effettuati su di un fabbricato artigianale di proprieta’ di quest’ultimo, spiegava domanda riconvenzionale al fine di sentire condannare parte attrice al pagamento, in suo favore, delle somme anticipate da (OMISSIS) per i lavori edili summenzionati, o, in subordine, per l’aumento di valore dell’immobile conseguente ai lavori di ristrutturazione.
1.3. Con sentenza n. 276/2012, il Tribunale di Bassano del Grappa provvedeva alla divisione giudiziale del compendio ereditario e rigettava la domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta sull’assunto che il credito oggetto di rivendicazione fosse causalmente ricollegato ad un contratto di comodato perfezionato tra le parti – (OMISSIS) e (OMISSIS) – avente ad oggetto il fondo ed il fabbricato, ivi esistente, oggetto di ristrutturazione.
1.4. Avverso tale sentenza interponeva gravame (OMISSIS), la quale contestava l’operazione ermeneutica compiuta dal giudice di prime cure, rilevando come, nel caso di specie, non ricorressero gli estremi di un contratto di comodato – con conseguente inclusione della somma nella massa ereditaria alla luce del tenore letterale della dichiarazione confessoria di (OMISSIS), il quale aveva espressamente riconosciuto di aver dato al figlio la disponibilita’ del fondo e non del fabbricato da quest’ultimo poi costruito.
1.5. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d’appello di Venezia rigettava il gravame proposto da parte appellante.
1.6. La Corte di merito accertava che il padre, (OMISSIS), ed il figlio, (OMISSIS), avessero concluso un accordo in forza del quale il primo aveva dato al secondo la disponibilita’ del fondo con l’intesa che quest’ultimo avrebbe costruito, ovvero ristrutturato, ampliandolo, il fabbricato artigianale ivi esistente a sue spese. La descrizione di siffatta operazione negoziale induceva, quindi, la Corte a ravvisare, nel caso in esame, gli estremi di un accordo a titolo gratuito, e, segnatamente, un contratto di comodato.
1.7. Secondo la Corte distrettuale, inoltre, ai fini della qualificazione del negozio in esame, non assumeva alcuna rilevanza il fatto che (OMISSIS) avesse ritenuto piu’ conveniente demolire il vecchio capannone per ricostruirne un altro, anche perche’ la sussistenza del consenso del padre alla decisione del figlio risultava provata dalla collaborazione prestata al rilascio della concessione edilizia, che era stata da lui stesso richiesta e rilasciata a sue mani. Alla luce dell’operazione negoziale cosi’ ricostruita, la Corte escludeva l’applicabilita’, nel caso di specie, della previsione di cui all’articolo 936 c.c., rivestendo l’autore dell’opera non gia’ la qualifica di terzo normativamente richiesta, bensi’ quella di comodatario che agisce in forza di specifico accordo contrattuale.
1.8. Infine, la Corte, richiamando il dettato di cui all’articolo 1808 c.c., escludeva il diritto del comodatario al rimborso delle spese di manutenzione straordinaria sostenute.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di due motivi.
2.1. Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
2.2. In prossimita’ dell’udienza, (OMISSIS) depositava memoria ex articolo 378 c.p.c.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1803 e 936 c.c. nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello ricondotto la vicenda in esame alla figura negoziale del contratto di comodato quando molteplici sarebbero gli indicatori fattuali chiaramente comprovanti il mancato perfezionamento di siffatta fattispecie contrattuale. In primo luogo, in violazione del carattere della realita’ che contraddistingue tale figura negoziale, mancherebbe, nel caso di specie, l’elemento della consegna della res; il contratto avrebbe, poi, ad oggetto, diversamente da quanto normativamente prescritto, una res futura – essendo stato il fabbricato eretto solo in seguito al perfezionamento del negozio giuridico -; infine, mancherebbe una specifica previsione atta a disciplinare la restituzione della res consegnata. Inoltre, la corte sarebbe, altresi’, incorsa nell’errore di confondere il consenso all’esecuzione delle opere con il consenso alla conclusione del contratto di comodato. Alla luce delle molteplici incongruenze summenzionate, la Corte avrebbe, quindi, errato nel qualificare la vicenda in esame come detenzione titolata in forza di contratto di comodato, trattandosi di detenzione tollerata che soggiace, in quanto tale, alla disciplina di cui all’articolo 936 c.c.
1.1. Il motivo e’ infondato.
1.2. Come noto, ai sensi dell’articolo 1803 c.c., il contratto di comodato e’ il contratto, essenzialmente gratuito, con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinche’ se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
1.3. La riconducibilita’ della vicenda in esame alla figura negoziale del contratto di comodato e’ stata ricavata dalla Corte distrettuale dal tenore letterale della dichiarazione resa in primo grado da (OMISSIS), il quale espressamente riconosceva di “aver dato al figlio la disponibilita’ del fondo con l’accordo che quest’ultimo avrebbe costruito – rectius, ristrutturato, ampliandolo – il fabbricato artigianale a sue spese”.
1.4. Risulta, quindi, corretta la ritenuta sussistenza degli elementi necessari alla configurazione di un negozio di comodato: la traditio della res; l’utilizzo specifico e determinato cui era destinato il bene e, infine, il carattere di essenziale gratuita’ del negozio perfezionato. L’indagine giudiziale e’ stata poi completata dalla Corte territoriale con riguardo all’ultimo dei profili necessari a ritenere perfezionata siffatta fattispecie contrattuale: l’esistenza della volonta’ del comodante di rimanere nella piena proprieta’ del bene temporaneamente detenuto dal comodatario. Ebbene, tale accertamento e’ stato dalla Corte condotto rilevando come l’attivita’ di ricostruzione del capannone – addotta da parte convenuta a sostegno della tesi del mancato perfezionamento di un contratto di comodato fosse stata non solo dal comodante specificamente avallata, ma anche da questi concretamente portata avanti mediante l’attivazione della procedura di rilascio, a suo nome, della concessione edilizia, con cio’ chiaramente comprovando la volonta’ di conservare la qualifica di proprietario sul bene oggetto di causa.

 

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1.5. Avendo, quindi, la Corte territoriale puntualmente indicato le fonti del proprio convincimento, si e’ in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, dal quale sono state tratte corrette conclusioni in linea di diritto, essendosi il giudice di seconde cure conformato al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “la disciplina dell’articolo 936 c.c. e’ applicabile esclusivamente quando le opere siano realizzate da un soggetto che non abbia con il proprietario del fondo nessun rapporto giuridico, di natura reale o personale, che gli conferisca la facolta’ di costruire sul suolo (Cass. civ., 05.08.2003; n. 11835; Cass. civ., 29.03.2001, n. 4623; Cass. civ., 29.01.1997, n. 895; Cass. civ., 27.07.2000, n. 9872).
1.6. Risultano, alla luce di quanto sopra osservato, infondate le argomentazioni difensive dedotte da parte ricorrente che sostanzialmente si risolvono nel prospettare inammissibilmente in questa sede una diversa valutazione dei fatti di causa ad essa piu’ favorevole. Difatti, da quanto sopra visto, se ne ricava, in primis, che vi sia stata la traditio della res – comprensiva del fondo e del fabbricato oggetto di ristrutturazione -, con conseguente perfezionamento dell’accordo negoziale; che oggetto del contratto di comodato era non gia’ una res futura, come addotto da parte ricorrente, bensi’ il fabbricato originariamente consegnato e poi ricostruito da (OMISSIS); infine, il carattere fuorviante della doglianza avente ad oggetto l’assenza di un termine per la restituzione della res risulta chiaramente confermata dalla previsione normativa di cui all’articolo 1809 c.c. che tipizza espressamente la facolta’, in capo al comodante, di esigere la restituzione immediata della cosa.
1.7. Va, infine, escluso che la relazione del bene sia avvenuto per mera tolleranza, secondo il principio di diritto affermato da questa Corte, con la sentenza n. 13393/2011, in una fattispecie sovrapponibile.
1.8. Infatti, pur essendo pacifico che (OMISSIS) avesse avuto la disponibilita’ del fondo con l’accordo che avrebbe costruito il fabbricato artigianale a sue spese, non risultava provato in modo certo ed inequivocabile che la materiale detenzione presentasse il carattere dellmanimus domini” e che tale “animus” fosse stato esteriorizzato e comunque reso noto al proprietario e che costui fosse rimasto inerte mentre, invece, la Corte di merito ha valorizzato la circostanza che il padre avesse chiesto la concessione edilizia a suo nome; conseguentemente, anche i lavori di manutenzione dell’immobile da parte di (OMISSIS) non potevano valere ai fini dell'”interversio possessionis”, essendo mancata la prova che i lavori svolti dal detentore integrassero fatti di opposizione del detentore contro i titolari del diritto dominicale e ad esclusiva iniziativa del detentore.
1.9. E’, quindi, evidente che il rapporto di fatto instaurato con l’immobile di proprieta’ del padre e’ riconducibile alla detenzione sicche’ non opera la presunzione di possesso di cui all’articolo 1141 c.c., invero non invocabile da parte di chi si trovi con la cosa in una relazione materiale che si svolge in nome del possessore e per sua volonta’ (Cass. 19-8-2002 n. 12232), allorche’ quindi il rapporto con la cosa consegue non ad un atto volontario di apprensione, ma ad un atto o ad un fatto del proprietario – possessore, poiche’ l’attivita’ del soggetto che dispone della cosa (configurabile come semplice detenzione o precario) non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario (Cass. 15-3-2005 n. 5551).

 

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1.10.Ne’ puo’ giungersi a diverse conclusioni per la circostanza che la prolungata relazione di fatto avuta con la cosa proverebbe il possesso e non la detenzione, atteso che, al fine di stabilire se la relazione di fatto con il bene costituisca una situazione di possesso ovvero di semplice detenzione dovuta a mera tolleranza di chi potrebbe opporvisi, come tale inidonea, ai sensi dell’articolo 1144 c.c., a fondare la domanda di usucapione, la circostanza che l’attivita’ svolta sul bene abbia avuto durata non transitoria e sia stata di non modesta entita’, cui normalmente puo’ attribuirsi il valore di elemento presuntivo per escludere che vi sia stata tolleranza, e’ destinata a perdere efficacia nel caso in cui i rapporti siano caratterizzati da vincoli particolari, quali quelli di parentela, in forza di un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito (Cass. 27.04.2006, n. 9661; Cass. 20.02.2008, n. 4327).
1.11. Sotto tale profilo e’ opportuno osservare che il ricorrente incidentale non ha dedotto di aver posto in essere alcuna manifestazione esteriore dalla quale desumere di aver cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e di aver iniziato ad esercitarlo in nome proprio, manifestazione che deve essere rivolta specificatamente contro il possessore, in maniera tale che questi sia posto in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento, e quindi deve tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua (Cass. 29.01.2009, n. 2392).
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1592 e 1808 c.c. nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte territoriale ritenuto che non andassero riconosciute al comodatario le spese di ristrutturazione nonostante fosse stato necessario demolire il fabbricato esistente e costruire un nuovo capannone, con conseguente qualificazione delle opere cosi’ realizzate come miglioramenti/addizioni cui si applica in via analogica la normativa dettata in materia di locazione dagli articoli 1592 e 1593 c.c.
2.1. Il motivo e’ infondato.
2.2. La previsione normativa di cui all’articolo 1808 c.c. sancisce espressamente che “il comodatario ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti”. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto non integrato il requisito della necessita’ ed urgenza delle spese sostenute dal comodatario per avervi questi provveduto in esecuzione di un accordo negoziale che espressamente riconosceva in suo favore il diritto di godere e ristrutturare la res ricevuta, sopportandone i relativi costi.
2.3. Escluso, quindi, il carattere di necessita’ e urgenza delle spese sostenute dal comodatario, il giudice di seconde cure ha dato continuita’ al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa) puo’ liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non puo’, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante” (Cass. civ., 06.11.2002, n. 15543; Cass. civ., 24.07.2013, n. 17941).
2.4. Infine, sull’inapplicabilita’ al contratto di comodato della disciplina dettata in materia di locazione, preme richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, la quale, a piu’ riprese, ha affermato che “le spese sostenute dal comodatario per rendere abitabile l’immobile oggetto del contratto di comodato non devono essere a lui rimborsate dal comodante. La disciplina del comodato, infatti, e’ diversa da quella della locazione: l’articolo 1808 c.c. prevede che il rimborso delle spese sostenute e’ previsto solo in caso di spese straordinarie e urgenti per la conservazione della cosa” (Cass. civ., sez. I, 14.06,2018, n. 15699).
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
3.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
3.2. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 8000,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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