Il commercialista che non tiene correttamente la contabilità sociale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22855.

Il commercialista che non tiene correttamente la contabilità sociale risarcisce al cliente non solo le sanzioni ma anche le maggiori imposte pagate per la sua negligenza. Tali inadempimenti possono essere provati producendo in giudizio le sentenze delle Commissioni tributarie relative agli accertamenti fiscali subìti dalla società.

Ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22855

Data udienza 25 giugno 2020

Tag/parola chiave: Responsabilità professionale – Commercialisti – Accertamento fiscale della società – Sentenza della commissione tributaria – Inadempimento del commercialista – Prova – Sussiste

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 36306 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., (Pi.: (OMISSIS)), in persona dell’amministratore unico, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) S.p.A., (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore, anche a mezzo della mandataria e rappresentante (OMISSIS) S.p.A.;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 7991/2017, pubblicata in data 19 dicembre 2017;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 25 giugno 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) S.r.l. ha agito in giudizio nei confronti del commercialista (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni che assume di avere subito in conseguenza del negligente svolgimento della prestazione professionale da questi dovuta (avente ad oggetto la tenuta della contabilita’ sociale, nonche’ la redazione di bilanci e dichiarazioni dei redditi della societa’). Il convenuto ha chiamato in garanzia la propria compagnia di assicurazioni, (OMISSIS) S.p.A. (cui e’ oggi subentrata (OMISSIS) S.p.A.). La domanda della (OMISSIS) S.r.l. e’ stata rigettata dal Tribunale di Roma.
La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, l’ha invece parzialmente accolta, condannando il (OMISSIS) al pagamento dell’importo di Euro 22.994,50, oltre accessori, in favore della societa’ attrice, ed (OMISSIS) S.p.A. a tenerlo indenne di quanto pagato in dipendenza della decisione stessa. Ricorre la (OMISSIS) S.r.l., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso il (OMISSIS).
Non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede l’altra intimata.
La societa’ ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Sull’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione alla mancata liquidazione delle somme spese per maggiori imposte a seguito della mancata deducibilita’ di spese e preammortamenti e per sanzioni. In relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Il motivo e’ fondato.
La corte di appello ha ritenuto che le sentenze delle commissioni tributarie aventi ad oggetto l’accertamento fiscale operato nei confronti della societa’ ricorrente, regolarmente prodotte in giudizio da quest’ultima, costituissero sufficiente prova dell’inadempimento del commercialista controricorrente alla prestazione professionale dovuta, in quanto da esse emergevano “le carenze nella contabilita’ della societa’ appellante, che inducono a ritenere che la stessa non sia stata correttamente tenuta dal (OMISSIS), con conseguente sua responsabilita’ professionale”.
La questione della sussistenza della responsabilita’ professionale del (OMISSIS) non e’ peraltro piu’ in discussione nella presente sede, in cui si controverte esclusivamente dell’importo del risarcimento dallo stesso dovuto.
Alla societa’ committente e’ stato riconosciuto, a titolo di risarcimento del danno subito, esclusivamente l’importo delle sanzioni conseguenti all’accertamento fiscale, il cui ammontare viene nella sentenza impugnata indicato in Euro 22.994,50, non quello dovuto a titolo di tributi, in quanto quest’ultimo “sarebbe stato comunque a carico della societa’” (ne’ quello dovuto per interessi, in ordine ai quali peraltro non risultano avanzate specifiche censure nel ricorso).
La societa’ aveva peraltro specificamente dedotto nell’impugnare la decisione di primo grado con cui era stata integralmente rigettata la sua domanda – che la responsabilita’ del professionista convenuto, consistente nella non corretta tenuta della contabilita’ sociale, aveva determinato non solo le sanzioni, ma anche la necessita’ di pagare le maggiori imposte contestate. Cio’ in quanto il maggior importo richiesto a tale titolo dal fisco era dovuto proprio alla non corretta tenuta della suddetta contabilita’.
In particolare (come chiaramente precisato nei motivi di appello, adeguatamente e puntualmente richiamati nel ricorso) aveva dedotto, da una parte, che il (OMISSIS) non l’aveva informata della necessita’ di procurarsi e allegare documentazione piu’ dettagliata e specifica ai fini della deducibilita’ dei costi di propaganda e rappresentanza e, dall’altra parte, che la deducibilita’ degli ammortamenti anticipati era stata esclusa in sede tributaria solo per la mancata corretta redazione del quadro EC della dichiarazione dei redditi, redazione che rientrava tra gli obblighi professionali del commercialista stesso.
Aveva inoltre dedotto e documentato di avere pagato a titolo di sanzioni l’importo di Euro 62.213,00 (oltre Euro 2.897,69 per compensi di riscossione), non quello di Euro 22.994,50 (tale ultima somma, per quanto emerge dalle difese delle parti, sembra corrispondere in realta’ alla misura del 25% delle sanzioni originariamente richieste con l’avviso di accertamento, pari ad Euro 91.978,00, e cioe’ all’importo che poteva essere pagato immediatamente in misura ridotta, facolta’ di cui pero’ la societa’ pacificamente non si e’ avvalsa).
I fatti appena indicati, certamente decisivi ai fini dell’esito del giudizio in relazione all’importo dovuto a titolo di risarcimento dal (OMISSIS), e altrettanto certamente oggetto di discussione tra le parti (come emerge dagli atti), non risultano in alcun modo presi in esame dalla corte di appello, la quale si e’ limitata ad affermare, in modo del tutto generico, che poteva riconoscersi alla societa’, a titolo di risarcimento, esclusivamente l’importo relativo alle sanzioni, indicando tale importo in Euro 22.994,50 (sebbene sia pacifico che la somma di fatto pagata a tale titolo fosse quella notevolmente superiore sopra indicata), sull’assunto che i tributi sarebbero stati in ogni caso a suo carico.
La decisione va pertanto cassata, in accoglimento delle censure di cui al motivo di ricorso in esame.
La corte di appello, in sede di rinvio, dovra’ provvedere a valutare nuovamente la fattispecie, sotto il profilo della determinazione del danno subito dalla societa’ per l’inadempimento del (OMISSIS) alle sue obbligazioni professionali, prendendo in esame le indicate circostanze di fatto.
Dovra’ quindi essere nuovamente valutato il nesso di causalita’ giuridica tra l’inadempimento del (OMISSIS) ai suoi obblighi professionali e gli importi in concreto pagati dalla societa’ committente in seguito all’accertamento fiscale per cui e’ causa, al fine di accertare, in particolare, se sia o meno imputabile al professionista, quale inesatto adempimento della prestazione professionale dovuta, la mancata indicazione alla societa’ dei caratteri che doveva avere la documentazione da allegare alle dichiarazioni fiscali ai fini della deducibilita’ dei costi di pubblicita’, propaganda e rappresentanza, nonche’ se gli sia altresi’ imputabile la mancata corretta redazione del quadro EC della dichiarazione dei redditi, che ha determinato l’impossibilita’ di dedurre gli ammortamenti anticipati.
Dovra’, del pari, essere nuovamente valutata anche la questione relativa all’importo delle sanzioni pagate dalla societa’ e in concreto addebitabili al (OMISSIS) a titolo risarcitorio, tenuto conto dell’effettivo esborso effettuato a tale titolo dalla societa’ e della eventuale possibilita’ ed esigibilita’ di un pagamento in misura ridotta (e cio’ eventualmente anche ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 2, naturalmente sulla base delle sole allegazioni ed eccezioni regolarmente e tempestivamente proposte in proposito dalle parti).
2. Con il secondo motivo si denunzia “Sulla violazione dell’articolo 167 c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 115 c.p.c. in relazione alla mancata liquidazione delle somme spese per la mancata riconsegna della contabilita’ in formato elettronico con i dati occorrenti per la produzione degli elenchi clienti e fornitori, per somme non contestate dal convenuto. In relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”.
Con il terzo motivo si denunzia “Sull’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione alla fattura dello (OMISSIS) per Euro 838,40. In relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso – entrambi relativi ai costi che la societa’ ricorrente assume di aver sostenuto per operare nuovamente la digitalizzazione dei propri dati contabili, non riconsegnati in formato elettronico dal (OMISSIS) – sono connessi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati.
2.1 Va in primo luogo disattesa la dedotta violazione del principio di non contestazione, con riguardo ai pretesi maggiori costi sostenuti dalla societa’ per le prestazioni che sarebbero state richieste ai propri dipendenti per la nuova digitalizzazione dei dati contabili.
In proposito deve in primo luogo ravvisarsi un profilo di inammissibilita’ della censura, in quanto il richiamo al contenuto della comparsa di costituzione del (OMISSIS) in primo grado, nel ricorso limitato a poche righe della stessa, non appare sufficientemente specifico, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e non consente pertanto a questa Corte di valutare compiutamente il merito delle critiche mosse alla decisione (non essendo possibile verificare l’esatta portata delle complessive contestazioni del convenuto, in relazione alle allegazioni dell’attrice).
Per quanto emerge dagli atti, comunque, e’ da ritenere che il convenuto aveva contestato il fondamento della domanda, non solo con riguardo al proprio inadempimento professionale ma anche con riguardo alla prova dei pretesi danni derivanti dalla mancata consegna della documentazione contabile in formato digitale. E’ quindi da escludere che si potesse ritenere operante il principio di non contestazione con riguardo agli importi che la societa’ aveva allegato di avere dovuto sborsare a tal fine.
Avendo radicalmente contestato, oltre che il proprio inadempimento, anche la sussistenza di idonea prova degli esborsi effettuati dalla societa’, che secondo quest’ultima integravano il conseguente danno, il convenuto non aveva certo l’onere di contestare specificamente anche il quantum degli importi che la societa’ attrice aveva allegato di aver pagato per la digitalizzazione della documentazione riconsegnata solo in formato cartaceo.
Correttamente, quindi la corte di appello ha ritenuto gravare sull’attrice l’ordinario onere probatorio relativo al quantum dei danni allegati, onere non correttamente adempiuto secondo l’insindacabile valutazione delle prove dalla stessa corte operata in proposito.
2.2 Va altresi’ esclusa la sussistenza del dedotto omesso esame di un fatto decisivo e controverso, con riguardo alla fattura emessa da altro professionista per le sue prestazioni, in relazione alla medesima voce di danno.
Il documento prodotto e’ stato infatti preso espressamente in considerazione dalla corte di appello, ma la prova documentale dell’esborso finalizzato all’elisione del danno e’ stata valutata come insufficiente.
Non si tratta quindi di omesso esame di un fatto decisivo e controverso, ma di insindacabile valutazione di un documento probatorio operata dai giudici del merito.
3. E’ accolto il primo motivo del ricorso, rigettati gli altri.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il primo motivo del ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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