Il carattere solidaristico della previdenza forense

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 13 luglio 2020, n. 14883.

La massima estrapolata:

Il carattere solidaristico della previdenza forense come modellata dalla L. n. 576 del 1980, carattere evidenziato in più arresti della Corte costituzionale, non esaurisce del resto i suoi effetti durante il rapporto di iscrizione alla Cassa, mentre la cessazione del rapporto non fa venir meno retroattivamente il vincolo di solidarietà. La restituzione di un contributo pagato al solo fine di solidarietà ne snaturerebbe il contenuto e, impedendo l’attuazione del principio solidaristico costituzionalmente garantito, sarebbe pure contrario ai principi costituzionali, poiché il fine solidaristico che caratterizza la previdenza forense non viene meno per effetto della cancellazione dell’iscritto

Sentenza 13 luglio 2020, n. 14883

Data udienza 5 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Avvocati – Cancellazione dall’albo deliberata con effetti retroattivi – Diritto alla restituzione dei contributi integrativi e di maternità – Esclusione – Non concorrenza alla costituzione della posizione previdenziale – Versamento a titolo solidaristico per il perseguimento di fini costituzionalmente garantiti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 20996/2014 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 165/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/03/2014 R.G.N. 1497/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 165 del 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale relativa alla contribuzione per l’anno 2008, proposta dall’Avvocato (OMISSIS) e che, inoltre, aveva condannato la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense a restituire al professionista la somma di Euro 3503,20 pari all’ammontare dei contributi relativi al triennio 2005/2007, oltre interessi dal 24 settembre 2008 al saldo effettivo; il versamento dei medesimi contributi era divenuto indebito a seguito del provvedimento del 5 febbraio 2008 di cancellazione dalla Cassa per mancanza di continuita’ professionale, richiesto dal (OMISSIS) in ragione del fatto che aveva percepito un reddito non superiore alla soglia minima nel triennio 2005-2007.
2. La Corte territoriale ha motivato la decisione affermando che, pur non potendosi convenire con la tesi della Cassa sulla interpretazione della L. n. 78 del 2010, articolo 11, comma 2, in ordine alla tempestivita’ dell’iscrizione a ruolo del debito contributivo preteso, la censura proposta andava accolta in quanto la tardiva iscrizione aveva solo fatto perdere alla Cassa il potere di riscossione mediante ruolo, ma non il diritto ad ottenere in sede giudiziale il riconoscimento del proprio diritto, con la conseguenza che l’accoglimento della eccezione di tardivita’ Decreto Legislativo n. 46 del 1999, ex articolo 25, da parte del primo giudice non avrebbe potuto esimerlo dalla decisione nel merito della pretesa; inoltre, poiche’ il debito iscritto a ruolo era relativo all’annualita’ 2008 ed il professionista era stato cancellato sin dal 5 febbraio di quell’anno, la pretesa contributiva, essendo invocate le disposizioni che regolano le condizioni di accesso al sistema pensionistico degli avvocati, non risultava agganciata ad alcun fondamento giuridico e fattuale. Peraltro, non era stato spiegato come era stato calcolato il reddito base per determinare il contributo dovuto alla Cassa e che andava commisurato agli utili fatturati.
Quanto poi al diritto al rimborso della contribuzione versata nel periodo 2003-2008, la Corte ha osservato che ai sensi della L. n. 319 del 1975, articolo 3, come modificato dalla L. n. 576 del 1980, una volta esercitato il potere di revisione degli iscritti con riferimento alla continuita’ nell’esercizio della professione nel quinquennio, scattava l’obbligo per la Cassa di restituire i contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci “all’albo”. Inoltre, il diritto al rimborso andava riconosciuto, avendone fatto l’interessato specifica domanda, sia con riferimento alla contribuzione soggettiva che a quella integrativa, non potendosi cogliere differenze dal tenore testuale della disposizione citata.
3. Per la cassazione della sentenza la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, poi ulteriormente illustrato da memoria. L’avvocato (OMISSIS) e’ rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Cassa deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 319 del 1975, articolo 3, u.c., come modificato dalla L. n. 576 del 1980, articolo 22, u.c., nonche’ della L. n. 576 del 1980, articolo 21, comma 1 e della L. n. 576 del 1980, articolo 11, comma 1, ed in particolare, premesse considerazioni generali sul regime della contribuzione presso la Cassa forense, lamenta che la Corte abbia ritenuto ripetibile anche la quota di contributi integrativi e di maternita’.
2. In primo luogo va rilevata la tempestivita’ e la ritualita’ della notifica del ricorso per cassazione. Il ricorso e’ stato inoltrato per la notifica a mezzo posta ai sensi della L. n. 53 del 1994, articolo 3, il primo settembre 2014 (entro il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 10 marzo 2014, previsto dall’articolo 327 c.p.c.) ed e’ stato notificato il 2 settembre 2014, a mani di familiare convivente dell’avvocato (OMISSIS). Risulta, inoltre, dal deposito effettuato dalla Cassa ricorrente in vista della udienza, che il ricorso (come indicato nella relata di notifica presente in calce al ricorso per cassazione) e’ stato ulteriormente notificato sempre in data 2 settembre ed a mani di familiare convivente, allo stesso avvocato (OMISSIS) presso l’avvocato (OMISSIS) che, tuttavia, non e’ indicato nella sentenza impugnata quale procuratore del primo. In entrambi gli avvisi di ritorno e’ presente la dichiarazione dell’ufficiale postale attestante l’invio di raccomandata al destinatario, contenente l’avviso dell’avvenuta notifica, in data 3 settembre 2014.
3. Il ricorso e’ fondato.
La questione prospettata ha per oggetto il tema della rimborsabilita’ dei contributi versati presso la Cassa Forense in ipotesi di inefficacia della iscrizione presso la medesima Cassa, oggetto della previsione della L. n. 319 del 1975, articolo 3, u.c., come modificato dalla L. n. 576 del 1980, articolo 22, che dispone “La giunta esecutiva della cassa,sulla scorta dei criteri fissati dal comitato dei delegati, puo’ provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuita’ dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianita’ di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine,detta continuita’ non risulti dimostrata. Sono rimborsabili a richiesta i contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci”.
4. In particolare, va verificata l’ampiezza di questi ultima espressione occorrendo valutare se sia dovuta o meno la restituzione al professionista dei contributi integrativi versati ai sensi della L. n. 576 del 1980, articolo 11, alla Cassa Forense, nell’ipotesi in cui, a causa della produzione di un reddito inferiore al minimo previsto, venga disposta la cancellazione, con effetti retroattivi, dalla Cassa.
Questa Corte di Cassazione ha gia’ avuto modo di esaminare la questione oggetto di giudizio (da ultimo Cass. n. 30571 del 22 novembre 2019 ed in precedenza Cass. n. 19255 del 2019; Cass. n. 4980 del 2018; Cass. n. 19981 del 2017; Cass. n. 12909 del 2011) ed a tale orientamento deve darsi continuita’.
9. Gia’ con precedente arresto n. 10458 del 1998 questa Corte aveva precisato, sia pure riguardo a fattispecie di restituzione dei contributi per il caso di mancata maturazione del diritto a pensione, che l’obbligo di rimborso concerne soltanto i contributi soggettivi, non anche i contributi integrativi, dovendosi dare rilievo alla mancata previsione del diritto alla restituzione di detti contributi, in coerenza con la funzione solidaristica degli stessi.
10. A tale arresto deve darsi continuita’ anche con riferimento alla presente fattispecie, in cui a seguito della Delibera di cancellazione vi e’ stato l’annullamento retroattivo del rapporto previdenziale.
11. Tale conclusione deriva in primo luogo dalla struttura e funzione del contributo integrativo, disciplinato dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, articolo 11. Si tratta di disposizione che prevede che l’obbligo del versamento incombe su tutti gli iscritti agli Albi di avvocato e di procuratore nonche’ sui praticanti procuratori iscritti alla Cassa, che devono applicare una maggiorazione percentuale (che e’ stata del 2% sino al 2012) su tutti i corrispettivi rientranti nel volume annuale d’affari ai fini dell’IVA e versarne alla Cassa l’ammontare, indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore, maggiorazione ripetibile nei confronti di quest’ultimo. E’ previsto un importo minimo risultante dall’applicazione della percentuale ad un volume d’affari pari a quindici volte il contributo minimo di cui all’articolo 10, comma 2, dovuto per l’anno stesso. La norma aggiunge che il contributo e’ dovuto anche dai pensionati che restano iscritti all’Albo dei procuratori o degli avvocati o all’Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, ma l’obbligo del contributo minimo e’ escluso dall’anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione. Il contributo integrativo non e’ soggetto all’IRPEF ne’ all’IVA e non concorre alla formazione del reddito professionale.
12. L’obbligo del versamento del contributo integrativo e’ dunque strettamente inerente alla prestazione professionale resa in virtu’ dell’iscrizione all’Albo professionale, tanto che il professionista puo’ ripeterlo nei confronti del cliente (v. Cass. n. 5376 del 2019).
13. La L. n. 319 del 1975, articolo 2, agli ultimi due commi, prevede la possibilita’ di esonerare l’nuovi iscritti alla Cassa, o altri soggetti investititi di funzioni istituzionali, dalla prova del requisito della continuita’, ma non revoca in dubbio che l’attivita’ professionale sia stata legittimamente esercitata in virtu’ dell’iscrizione all’Albo.
14. Ne discende che il contributo integrativo di cui all’articolo 11, non viene “indebitamente percepito” dalla Cassa nel periodo di iscrizione, ma viene da questa legittimamente riscosso, in forza delle disposizioni di legge vigenti e in relazione all’esercizio dell’attivita’ professionale consentito dall’iscrizione all’Albo, sicche’ non trova applicazione l’articolo 2033 c.c., che regola in via generale la ripetizione dell’indebito.
15. La soluzione e’ confortata dalla stessa L. n. 576, articolo 22, che prevede espressamente al comma 1, per coloro che cessano dall’iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione, solamente “il diritto di ottenere il rimborso dei contributi di cui all’articolo 10, nonche’ degli eventuali contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente legislazione”, ma non dei contributi integrativi di cui all’articolo 11.
16. Il fatto, poi, che non possa essere oggetto di ripetizione neppure la quota relativa al volume minimo di affari presunto, nel caso in cui esso sia superiore alle prestazioni effettivamente effettuate, deriva dalla finalita’ specifica dei contributi integrativi, esclusivamente diretti al finanziamento della previdenza di categoria ed espressione di un dovere di solidarieta’ nell’ambito della categoria professionale (cosi’ Cass. n. 10458 del 1998).
17. Una conferma, sia pure indiretta, di tale interpretazione e’ possibile desumere dalla disposizione di cui all’articolo 22 della legge che, al comma 4, prevede il versamento della misura minima dei contributi integrativi anche da parte di quei soggetti (membri del Parlamento, dei consigli regionali, della Corte Costituzionale, del Consiglio Superiore della Magistratura e presidenti delle province e sindaci dei comuni capoluoghi di provincia) che pure sono esonerati dal requisito della continuita’ dell’esercizio professionale durante il periodo di carica.
18. Il carattere solidaristico della previdenza forense come modellata dalla L. n. 576 del 1980, carattere evidenziato in piu’ arresti della Corte Costituzionale (Corte Cost. nn. 132 e 133 del 1984), non esaurisce del resto i suoi effetti durante il rapporto di iscrizione alla Cassa, mentre la cessazione del rapporto non fa venir meno retroattivamente il vincolo di solidarieta’.
19. La restituzione di un contributo pagato al solo fine di solidarieta’ ne snaturerebbe il contenuto e, impedendo l’attuazione del principio solidaristico costituzionalmente garantito (articolo 2 Cost.), sarebbe pure contrario ai principi costituzionali, poiche’ il fine solidaristico che caratterizza la previdenza forense non viene meno per effetto della cancellazione dell’iscritto.
Quanto sin qui detto in ordine alla funzione del contributo integrativo di cui alla L. n. 576 del 1980, articolo 11, vale anche con riferimento all’obbligo di versare il contributo di maternita’ ai sensi del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 83. Infatti, sia il contributo integrativo che quello previsto dall’articolo 7 del regolamento dei contributi della Cassa Forense (cioe’ la contribuzione integrativa e di maternita’) si concretizzano in obbligazioni contributive funzionali alla realizzazione di scopi solidaristici in senso ampio, destinati cioe’ non a costituire la posizione contributiva dell’iscritto, dalla quale deriva il trattamento previdenziale per chi ne avra’ titolo, ma a consentire alla Cassa professionale di perseguire i compiti che la legge le ha attribuito.
20. Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che dovra’ procedere a nuova valutazione dell’obbligazione restitutoria della Cassa attenendosi al principio sopra individuato.
21. Al giudice designato competera’ anche la regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione cui demanda anche la regolazione della spese del giudizio di legittimita’.

 

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