Il candidato, che impugna i risultati di una procedura concorsuale, ha l’onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 3 ottobre 2018, n. 5681.

La massima estrapolata:

Il candidato, che impugna i risultati di una procedura concorsuale, ha l’onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestare la graduatoria, non potendo egli far valere, quale defensor legitimitatis, un astratto interesse dell’ordinamento ad una corretta formulazione della graduatoria, se tale corretta formulazione non comporti per lui alcun apprezzabile risultato concreto.

Sentenza 3 ottobre 2018, n. 5681

Data udienza 19 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2458 del 2010, proposto da
Ma. Ro. Am., rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Me., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Chiara Rulli non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 02344/2009, resa tra le parti, concernente concorso per il conferimento di 163 posti di dirigente del ruolo del ministero delle finanze
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Me. e Fe., per l’avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’odierno appellante ha partecipato al concorso interno per il conferimento di 163 posti di dirigente bandito dal Ministero dell’economia e finanze in data 2.7.1997 e si è classificato in posizione non utile (256).
L’interessato ha impugnato gli atti della selezione con ricorso e successivi motivi aggiunti, lamentando da un lato l’omessa attribuzione di punteggio nei suoi confronti in relazione a titoli vari regolarmente allegati alla domanda di partecipazione; dall’altro la incongruità dei criteri valutativi adottati dalla Commissione in contrasto con quanto previsto dal bando.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha accolto in parte una delle censure e per il resto ha respinto gli atti di gravame, con la conseguenza che il ricorrente – pur avendo incrementato il proprio punteggio – non è comunque rientrato nel novero dei vincitori.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dal soccombente il quale ne ha chiesto per quanto di ragione l’integrale riforma, tornando a versare – in opportuna rimodulazione rispetto al decisum – le doglianze già infruttuosamente versate in prime cure.
Si è costituita in resistenza l’Amministrazione.
Le Parti hanno depositato memorie insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 19 luglio 2018 il ricorso è stato spedito in decisione.
L’appello non è fondato e va pertanto respinto, in quanto la giurisprudenza della Sezione, formatasi proprio in riferimento al concorso de quo, ha già stabilmente raggiunto conclusioni che ostano all’accoglimento delle tesi difensive dell’appellante.
Con il primo motivo l’appellante lamenta la omessa valutazione delle funzioni direttive di capo sezione da lui esplicate dal 1.1.1989 al 24.1.1990, come attestato in data 18.11.1192 dal competente direttore distrettuale con dichiarazione che deve ritenersi fidefaciente.
Il mezzo non è fondato.
Ai fini in controversia, infatti, non rileva se l’appellante abbia o meno svolto fattualmente le mansioni di capo sezione nel periodo indicato: rileva invece la circostanza – da ritenersi incontestata – che tali funzioni non furono svolte in esito a provvedimento formale di incarico da parte del competente organo.
L’assenza di tale specifico provvedimento comporta in radice l’impossibilità di valutare il titolo, ai sensi del bando il quale infatti richiedeva tassativamente ai concorrenti di allegare gli estremi dell’atto di conferimento.
In altri termini, è chiaro che gli incarichi valutabili – per espressa previsione della legge speciale – erano solo quelli conferiti espressamente, con irrilevanza di mansioni e funzioni svolte come suol dirsi in via di fatto. (cfr. ex multis IV Sez. n. 6591 del 2009).
Con il secondo motivo l’appellante lamenta la parziale valutazione del titolo relativo alla qualità di rappresentante dell’Amministrazione in seno alla commissione provinciale istituita presso la prefettura di Napoli per l’esame di domande di esonero da contributo diretto lavorativo (cd minimum tax).
Secondo l’appellante, dal momento che la commissione negli anni 1993 e 1994 ha tenuto 19 riunioni, egli avrebbe dovuto conseguire per 19 volte il punteggio previsto dal bando per l’incarico di “componente di commissione”.
Il mezzo appare francamente destituito di ogni fondamento, in primo luogo perché lo stesso concorrente aveva allegato alla domanda di partecipazione due attestazioni relative alla sua nomina di componente della commissione per gli anni in questione: egli quindi non poteva pretendere che la commissione valutasse partitamente le varie sedute della commissione stessa.
A prescindere da questo aspetto e dalla tardività della produzione (addirittura nel corso del giudizio di primo grado) delle relative specifiche attestazioni della prefettura, resta che la pretesa dell’appellante appare irragionevole in quanto dal punto di vista dei titoli rileva la qualità di componente designato della commissione e non il numero maggiore o minore delle sedute o riunioni dell’organo.
Diversamente ragionando, ad es. la designazione in una commissione di concorso (e cioè in un organo che normalmente tiene decine di riunioni) sarebbe stata di per sé sufficiente per assicurare il successo del designato, moltiplicando “infinitamente lo stesso titolo” in patente contrasto del resto col criterio fissato dalla commissione esaminatrice nella seduta n. 2 del 23.6.1998 come argutamente evidenziato dal TAR.
Con il terzo motivo l’appellante deduce – se ben si comprende – che in base ai criteri stilati dalla commissione nella seduta n. 7 era stato stabilito di erogare 3 punti per la partecipazione a corsi di revisore contabile tenuti presso l’Ispettorato compartimentale II.DD (codice D 269) e 2 punti per gli altri corsi simili tenuti in altra sede (codice D62).
Egli pertanto, avendo frequentato un corso tenutosi appunto presso l’Ispettorato, aveva diritto a punti 3, in luogo dei 2 punti assegnati.
Il mezzo non può essere favorevolmente scrutinato poiché – secondo quanto risulta da una corretta interpretazione degli atti – in realtà la commissione aveva stabilito di assegnare punti 3 ai corsi di formazione (codice D62) e punti 2 ai corsi di perfezionamento (codice D 62).
Ne deriva che l’appellante, avendo seguito un corso di perfezionamento avente durata inferiore a mesi 2, non poteva aspirare al conseguimento del maggiore punteggio.
Sostiene l’appellante che altro concorrente (il quale partecipò al medesimo corso) ha invece ricevuto il punteggio maggiore: il rilievo, come evidenziato dal TAR. non è concludente.
Un’eventuale illegittimità nella valutazione di altri candidati non può essere fatta valere infatti, quale termine di paragone, da altro candidato che aspiri a giovarsi della medesima condotta illegittima; tale modo di procedere, infatti, condurrebbe l’Amministrazione, invece che ad una correzione del proprio eventuale agire illegittimo mediante gli strumenti di autotutela (ove esperibili), a perpetuare e ripetere atti illegittimi anche con riguardo ad altri candidati.
Con il quarto motivo l’appellante deduce che illegittimamente la commissione – in sede di predeterminazione dei criteri – ha incluso tra gli incarichi e servizi speciali di cui alla c.t.g. A le attività di accesso, ispezione e soprattutto quelle di verifica fiscale, che invece rientrano tra i compiti ordinari dei dipendenti cd. direttivi.
Il rilievo è infondato.
La Sezione ha infatti da tempo chiarito che nei concorsi pubblici la commissione esaminatrice è, di norma, titolare di un’ampia discrezionalità in ordine alla catalogazione dei singoli tipi di titoli valutabili nell’ambito delle categorie generali predeterminate dal bando; all’attribuzione della rilevanza e dell’importanza dei titoli stessi; all’individuazione dei criteri per l’attribuzione ai candidati dei punteggi spettanti per i titoli da essi vantati nell’ambito del punteggio massimo stabilito dal bando, all’evidente fine di rendere concreti, attuali e utilizzabili gli stessi criteri del bando; l’esercizio di tale discrezionalità sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impinguendo nel merito dell’azione amministrativa, salvo che il suo uso non sia caratterizzato da macroscopici vizi di eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta iniquità, e palese arbitrarietà . (cfr. ex multis IV Sez. n. 2754 del 2016, relativa al concorso in questione).
Tali profili di macroscopica illogicità non ricorrono nella fattispecie poiché le specifiche attività di cui si discute – oltre ad avere indubitabile rilevanza esterna – sono connotate notoriamente da un elevato grado di difficoltà ed è quindi ragionevole ipotizzare che le stesse siano affidate con particolare discernimento ai dipendenti più affidabili e preparati.
Con l’ultimo motivo l’appellante torna a dedurre che la Commissione ha in realtà illegittimamente consentito ad alcuni candidati poi risultati vincitori di integrare la documentazione allegata alla domanda di partecipazione e chiede pertanto o l’annullamento dell’intera graduatoria o la sottrazione ai controinteressati dei punti indebitamente attribuiti.
Il mezzo va respinto.
Per quanto riguarda la graduatoria, anche ad ammettere che la commissione sia incorsa nelle disparità denunciate dall’appellante il che è peraltro fermamente contesto dall’Amministrazione, non si comprende perché la stessa dovrebbe essere annullata in toto e non invece rettificata secondo correttezza.
Quanto al resto, il TAR ha dichiarato l’inammissibilità delle censure per difetto di interesse concreto ed attuale, sull’assunto che – anche in caso di sottrazione ai controinteressati di punti contestati – il ricorrente non poteva collocarsi tra i vincitori.
Tale statuizione è solo genericamente contestata dall’appellante, il quale si limita in buona sostanza
a riaffermare il suo interesse morale, con la conseguenza che la decisione del TAR va confermata.
Come chiarito da costante giurisprudenza infatti il candidato, che impugna i risultati di una procedura concorsuale, ha l’onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestare la graduatoria, non potendo egli far valere, quale defensor legitimitatis, un astratto interesse dell’ordinamento ad una corretta formulazione della graduatoria, se tale corretta formulazione non comporti per lui alcun apprezzabile risultato concreto. (fra le recenti III Sez. n. 2569 del 2018).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto con integrale conferma della sentenza gravata.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Ambrosio Mario Rosario al pagamento in favore dell’Amministrazione di euro 2000,00 (duemila) oltre spese generali IVA e CPA per spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Carlo Schilardi – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere

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