I rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 novembre 2020| n. 32173.

I rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione non possono essere qualificati quale sottoprodotto in assenza del requisito dell’origine del sottoprodotto. Fattispecie: sistemazione di un’area con materiali di risulta non classificati e di non riconosciuta provenienza.

Sentenza|16 novembre 2020| n. 32173

Data udienza 22 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Rifiuti – Rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione – Materiale misto granulare stabilizzato con legame naturale – Sottoprodotto – Assenza del requisito dell’origine del sottoprodotto – Artt. 184, 192, 256 d.lgs. n. 152/2006 – Fattispecie

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – rel. Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/07/2020 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCA SEMERARO;
sentite le conclusioni del PG Dott. DI NARDO MARILIA;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 09 luglio 2020 il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato il riesame proposto da (OMISSIS), quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., avverso il sequestro preventivo dell’area di proprieta’ della ricorrente, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno con decreto del 27 maggio 2020.
Il Tribunale del riesame ha confermato la sussistenza del fumus dei reati Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ex articolo 192 e articolo 256, comma 2.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli t192 e 256; si rileva che secondo l’imputazione provvisoria, il fatto contestato consisterebbe nell’aver “eseguito la sistemazione dell’area… con materiali di risulta non classificati e di non riconosciuta provenienza”.
In base ai documenti prodotti al Tribunale del riesame, parte del materiale rinvenuto sarebbe stato misto granulare stabilizzato con legame naturale che doveva servire per la sistemazione dell’area, come previsto nella CILA, ed aveva una sua giustificazione documentale. Tale materiale non sarebbe qualificabile quale rifiuto.
Vi sarebbero poi stati altri due cumuli di materiale: uno consistente nel rifiuto da costruzione e demolizione, la cui presenza era giustificata dalla necessita’ di effettuare un deposito temporaneo per il passaggio dei mezzi, che sarebbe poi stato rimosso; l’altro era preesistente all’acquisto dell’area e sarebbe stato smaltito a breve.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 192 e 256, articolo 184, comma 3, lettera b). Il Tribunale del riesame avrebbe confuso il materiale adoperato per la realizzazione del piazzale con gli altri due distinti cumuli.
Il primo cumulo, in base ai documenti prodotti dalla difesa, sarebbe qualificabile in terre e rocce da scavo, quindi quale sottoprodotto e non quale rifiuto.
Quanto al secondo cumulo, definito rifiuto non pericoloso da costruzione e demolizione, si rileva di aver prodotto al Tribunale del riesame il contratto di conferimento dei rifiuti stipulato dalla ditta appaltatrice dei lavori.
Quanto invece al cumulo di materiale preesistente all’acquisto dell’area, la societa’ aveva stipulato un contratto per il conferimento di tale materiale.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 192 e 256. La contestazione descriverebbe una condotta commissiva e non omissiva e che vi sarebbe una discrasia tra la condotta contestata e quella ritenuta sussistenza di mancata caratterizzazione e smaltimento dei materiali.
Quanto al cumulo di materiale preesistente all’acquisto dell’area, il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 192 e 256 puniscono l’abbandono ed il deposito incontrollato di rifiuti e non la loro omessa rimozione; non sussisterebbe un tale obbligo giuridico in capo al proprietario dell’area rispetto alle condotte di abbandono o di deposito effettuate da altri. Mancherebbe nel caso in esame la condotta tipica; lo stesso Tribunale del riesame avrebbe ritenuto accertato che il materiale fosse stato depositato in precedenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
1.1. Con il ricorso si contesta esplicitamente il travisamento del fatto, non deducibile con il ricorso per cassazione neanche sotto il profilo del vizio della motivazione, tale vizio per altro non e’ deducibile ex articolo 325 c.p.p..
1.2. Il primo motivo riproduce le considerazioni in fatto gia’ oggetto del riesame alle quali il Tribunale del riesame ha dato adeguata risposta, per altro confrontandosi esplicitamente con i documenti prodotti dalla difesa.
2. Quanto al secondo motivo, oltre a ripetersi deduzioni relative alla ricostruzione del fatto, il motivo non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata che ha analizzato i motivi di riesame, concernenti le differenze tra i tre cumuli, ed ha in diritto escluso la tesi difensiva confermando trattarsi di rifiuti.
In particolare, correttamente il Tribunale del riesame ha escluso che i rifiuti misti dell’attivita’ di costruzione e demolizione possano essere qualificati quale sottoprodotto in assenza del requisito dell’origine del sottoprodotto.
Ne’ assume rilevanza, ai fini della sussistenza del fumus, l’intenzione dell’indagato di procedere al successivo conferimento dei materiali.
3. Il terzo motivo e’ inammissibile per carenza di interesse.
3.1. Secondo il costante orientamento giurisprudenziale (Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Ruan, Rv. 271231 – 01; Sez. 3, sentenza n. 30008 del 08/04/2016, in motivazione) l’interesse concreto ed attuale alla proposizione del riesame reale sussiste quando l’impugnazione e’ volta ad ottenere la restituzione della cosa come effetto del dissequestro, quale risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale; tale mezzo di impugnazione e’ volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata.
3.2. L’interesse concreto ed attuale non sussiste quando invece l’impugnazione cautelare reale e’ volta ad ottenere una pronunzia favorevole in ordine all’insussistenza del fumus commissi delitti, o una decisione, puramente in diritto da cui non derivi la restituzione del bene; tale decisione, per altro, non determinerebbe alcun effetto giuridico vincolante nel giudizio di merito, stante l’autonomia del giudizio cautelare.
3.3. L’eventuale decisione favorevole su uno dei cumuli di rifiuti non modificherebbe il dispositivo del provvedimento impugnato perche’ da essa non deriverebbe la restituzione dell’area.
4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, si condanna altresi’ il ricorrente al pagamento della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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