I principi della certezza del diritto della parità di trattamento e di trasparenza

Consiglio di Stato, adunanza plenaria, Ordinanza 28 ottobre 2019, n. 11.

La massima estrapolata:

I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.

Ordinanza 28 ottobre 2019, n. 11

Data udienza 16 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Adunanza Plenaria
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 19 di A.P. del 2018, proposto da
In. It. Au. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati La. Di. Gi., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio Gu. Mo./Qu. Studio Legale in Roma, via (…);
contro
Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. La., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
nei confronti
Ir. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Ma., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
sul ricorso numero di registro generale 20 di A.P. del 2018, proposto da
In. It. Au. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati La. Di. Gi., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio Gu. Mo./Qu. Studio Legale in Roma, via (…);
contro
Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. La., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
nei confronti
Ir. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Ma., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
per la riforma
quanto al ricorso n. 19 del 2018,
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. della Sicilia, Sezione III, n. 1552/2018;
quanto al ricorso n. 20 del 2018,
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. della Sicilia, Sezione III, n. 1553/2018
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Palermo e di Ir. It. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Tozzi e Ca. Ma.;
Considerato che, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2018, questa Adunanza plenaria si è pronunciata sulle questioni alla stessa rimesse, emanando l’ordinanza 24 gennaio 2019 n. 3 (nrg. AP 19 e 20 del 2018) pronunciata nelle cause riunite tra In. It. Au. S.p.A e Comune di Palermo (nrg. 9291 e 9292 del 2018), con cui è stata sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E. il seguente quesito interpretativo pregiudiziale:
“se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui agli articoli 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del Codice dei contratti pubblici italiano) in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. soccorso istruttorio, pur nelle ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione”.
Considerato che la Corte di giustizia, con nota del 28 marzo 2019, ha comunicato di aver disposto la sospensione del giudizio originato dalla citata ordinanza (causa C-111/19), stante la pendenza di una questione similare, iscritta come causa C-309/18 e sollevata con ordinanza 24 aprile 2018 n. 4562 del T.A.R. del Lazio, con cui era stata proposta la seguente questione interpretativa:
“Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016, secondo la quale l’omessa separata indicazione dei costi della manodopera nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di servizi pubblici determina, in ogni caso, l’esclusione della ditta offerente senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nella documentazione di gara e, ancora, a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti effettivamente i costi minimi della manodopera, in linea peraltro con una dichiarazione all’uopo resa dalla concorrente”.
Considerato che, con sentenza 2 maggio 2019, causa C-309/18 (notificata a questo Consiglio in data 30 maggio 2019), la CGUE ha deciso la questione sottopostale dal T.A.R. del Lazio, enunciando il seguente principio:
“I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.”
Considerato che, unitamente alla notifica, il Cancelliere della Corte ha fatto pervenire una istanza tesa ad accertare la permanenza dell’interesse di questa Adunanza plenaria alla decisione delle questioni pregiudiziali sottoposte, alla luce di quanto deciso con la sentenza contestualmente notificata;
Considerato che, al fine di rispondere all’istanza pervenuta, questa Adunanza plenaria è stata convocata per l’udienza del 16 ottobre 2019 e, in quel contesto, le parti hanno rappresentato come la sentenza 2 maggio 2019, causa C-309/18 avesse soddisfatto i dubbi interpretativi proposti;
Considerato che, sulla base del raffronto tra i contenuti della sentenza 2 maggio 2019, causa C-309/18 e l’ordinanza di rimessione di questa Adunanza plenaria appare evidente la piena sovrapponibilità tra quanto deciso in relazione al caso sottoposto dal T.A.R. del Lazio e la richiesta interpretazione propugnata da questo Giudice;
Considerato che, pertanto, non vi è più interesse di questa Adunanza plenaria ad ottenere una pronuncia pregiudiziale dalla Corte di giustizia dell’Unione europea sulla questione rimessa, trattandosi di questione divenuta non più rilevante per la decisione a seguito della sentenza 2 maggio 2019, causa C-309/18;
Considerata la possibilità che il giudice nazionale ritiri la domanda di pronuncia pregiudiziale, a norma dell’art. 100, comma 1, del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia (Reg. int. 25 settembre 2012), che prevede che “La Corte resta investita della domanda di pronuncia pregiudiziale fintantoché il giudice che ha adito la Corte non abbia ritirato la sua domanda. Il ritiro di una domanda può essere preso in considerazione sino alla notifica della data di pronuncia della sentenza agli interessati menzionati dall’articolo 23 dello statuto”;
Considerato che pertanto appare necessario comunicare al Cancelliere della Corte, ai sensi dell’art. 28 delle Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (2018/C 257/01), la sopravvenuta non rilevanza della pronuncia pregiudiziale sottoposta ai fini della decisione della causa in esame;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria),
1. dichiara di ritenere non più rilevante per la decisione della causa in oggetto la pronuncia pregiudiziale richiesta alla CGUE con l’ordinanza di rimessione n. 3 del 2019, iscritta quale causa C-111/19;
2. dispone la trasmissione di copia della presente ordinanza alla Cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea e la comunicazione alle parti, a cura della Segreteria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Sergio Santoro – Presidente
Franco Frattini – Presidente
Giuseppe Severini – Presidente
Rosanna De Nictolis – Presidente
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Giulio Veltri – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giuseppe Verde – Consigliere

 

 

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