I lavori eseguiti su di un muro maestro

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 novembre 2021| n. 35851.

I lavori eseguiti su di un muro maestro (scavo di una nicchia, allargamento o apertura di un varco) posto all’interno di un singolo appartamento, al fine di conseguire una più comoda fruizione di tale unità immobiliare, qualora non pongano in pericolo la fondamentale funzione di assicurare la stabilità dell’edificio, non integrano un abuso della cosa comune, suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art. 1102, comma 1, c.c., a condizione che i lavori non compromettano la sicurezza o altre essenziali caratteristiche del muro posto a servizio dell’edificio.

Ordinanza|22 novembre 2021| n. 35851. I lavori eseguiti su di un muro maestro

Data udienza 17 giugno 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Comproprietà del muro portante – Ammissibilità delle modifiche al muro da parte di un comproprietario – Limiti – Stabilità e decoro architettonico del muro – Utilizzo non impedito del muro da parte degli altri comproprietari

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19567/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv.to (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 241/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 18/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/06/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

I lavori eseguiti su di un muro maestro

FATTI DI CAUSA

1. I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di comproprietari dell’appartamento posto al quarto piano int. (OMISSIS) dello stabile sito in (OMISSIS), convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Matera i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) e i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di proprietari degli appartamenti posti al piano quinto del medesimo stabile, esponendo che i convenuti, nell’eseguire dei lavori all’interno del loro appartamenti, in violazione dell’articolo 1002 c.c., avevano compromesso la stabilita’ dell’intero fabbricato e creato lesioni al loro appartamento.
1.1 Si costituivano i convenuti contestando nel merito la domanda attorea.
2. Il Tribunale di Matera riteneva che l’esecuzione dei lavori non avesse comportato alcuna violazione dell’articolo 1102 c.c., in quanto il muro interessato dagli stessi non aveva perso la funzione di muro portante. Tuttavia, poiche’ i lavori, pur legittimi, avevano procurato dei danni all’appartamento degli attori condannava i convenuti in solido tra loro, al pagamento a titolo di risarcimento danni della somma di Euro 7098,44, oltre a rivalutazione dall’ottobre 1991 secondo i dati Istat aumentati del 50 per cento.
3. I convenuti, con due distinti appelli, impugnavano la suddetta sentenza. Venivano proposti anche appelli incidentali da entrambe le controparti. La Corte d’Appello, riuniti i procedimenti, accoglieva l’impugnazione proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) e per l’effetto rigettava la domanda risarcitoria proposta nei loro confronti dagli attori in primo grado e condannava gli eredi succeduti nel giudizio alla restituzione della somma di Euro 10.446,61.
La Corte d’Appello rigettava, invece, l’appello di (OMISSIS) e (OMISSIS), condannandoli al pagamento della residua somma di Euro 991,93 a titolo di interessi e, infine, rigettava gli appelli incidentali proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS) in qualita’ di eredi di (OMISSIS).
In particolare, la Corte d’Appello riteneva di aderire alla consulenza tecnica d’ufficio redatta dall’ingegner (OMISSIS), dalla quale emergeva che i danni all’appartamento degli originari attori erano derivati esclusivamente dai lavori effettuati nell’appartamento dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS). Peraltro, la Corte d’Appello rigettava l’appello incidentale proposto dagli eredi (OMISSIS), con il quale questi avevano lamentato l’erronea decisione del Tribunale di escludere l’illegittimita’ dei lavori eseguiti da entrambi i convenuti e di rigettare la domanda di riduzione in pristino.
La Corte d’Appello, inoltre, accoglieva l’appello principale proposto da entrambi i convenuti relativamente alla parte in cui il giudice di primo grado aveva aumentato la somma risarcitoria indicata dal consulente tecnico.

 

I lavori eseguiti su di un muro maestro

4. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
5. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso cosi’ come (OMISSIS) e (OMISSIS).
6. I ricorrenti, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e i controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: in relazione all’articolo 112 c.p.c.: nullita’ della sentenza e del procedimento; violazione o falsa applicazione degli articoli 1102, 1117, 1120, 1122 e 2058 c.c..
Secondo i ricorrenti, entrambi i convenuti avevano posto in essere lavori di ristrutturazione degli immobili di loro proprieta’ oggetto di perizia. A parere dei ricorrenti i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) avevano posto in essere un’ablazione della porzione del muro portante comune che non poteva ritenersi legittima, in virtu’ del combinato disposto di cui agli articoli 1102, 1117, 1120 e 1122 c.c.. Il fatto che non si fossero manifestate o rilevate situazioni di pericolo per la staticita’ del fabbricato non significava che la sottrazione unilaterale del muro comune non comportasse una lesione del diritto di comproprieta’ spettante ad ogni condomino sulle parti comuni dell’edificio e, dunque, una modificazione della destinazione di tale bene comune. Peraltro, tale intervento aveva causato delle lesioni all’appartamento dei ricorrenti. La sentenza impugnata sarebbe dunque affetta da un evidente errore di qualificazione giuridica o di sussunzione del fatto controverso in relazione all’uso della parte comune con diritto al risarcimento in forma specifica.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: in relazione all’articolo 112 c.p.c., nullita’ della sentenza e del procedimento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., articolo 112 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c..
La censura attiene alla parte della sentenza in cui la Corte d’Appello ha aderito alla consulenza tecnica d’ufficio. Secondo il ricorrente cio’ si tradurrebbe in una motivazione apparente o incomprensibile. Il punto centrale riguarda la legittimita’ o meno dei lavori compiuti nei rispettivi appartamenti dei convenuti. La Corte d’Appello non avrebbe esaminato ne’ deciso lo specifico motivo di censura relativo all’uso abnorme della cosa comune.

 

I lavori eseguiti su di un muro maestro

2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono: infondato il primo e inammissibile il secondo.
Le due censure partono dal medesimo presupposto, ovvero che l’apertura di un varco o l’ablazione di una parte di un muro portante (c.d. maestro) di un edificio comporti sempre una violazione dell’articolo 1102 c.c., secondo cui ciascun condomino e’ libero di servirsi della cosa comune, traendone ogni possibile utilita’, purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne un uso paritetico secondo il loro diritto.
Rileva il Collegio che la tesi del ricorrente e’ infondata e che la decisione impugnata e’ conforme all’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale: In tema di condominio, il principio della comproprieta’ dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilita’ aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprieta’ esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro – ovvero la facolta’ di utilizzarlo in modo e misura analoghi – e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilita’ ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale (Sez. 2, Sent. n. 16097 del 2003).
Tale indirizzo interpretativo si e’ affermato soprattutto in relazione al muro perimetrale, ma alcuni precedenti hanno avuto ad oggetto anche i muri maestri.
I muri maestri o portanti, infatti, hanno la funzione di sostenere l’edificio, integrandone la struttura, al fine di garantirne la sicurezza e la stabilita’, sicche’, considerata tale funzione, non sono consentite opere che ne comportino un indebolimento, ponendo in pericolo la stabilita’ dell’intero edificio, mentre al contrario, devono ritenersi consentiti altri interventi che non pregiudichino o che non mettano in pericolo la sicurezza statica e l’agibilita’ del fabbricato.

 

I lavori eseguiti su di un muro maestro

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha fatto propria la consulenza tecnica d’ufficio che aveva accertato che i lavori effettuati avevano interessato i muri portanti in modo del tutto modesto e senza che cio’ avesse comportato alcuna variazione significativa nell’equilibrio statico globale dell’edificio.
In conclusione, le censure di violazione degli articoli 1102, 1117, 1120 e 1122 c.c., prospettate dal ricorrente sono infondate, cosi’ come quella di omessa pronuncia sulla domanda di riduzione in pristino, in applicazione del seguente principio di diritto: “I lavori eseguiti su di un muro maestro (scavo di una nicchia, allargamento o apertura di un varco) posto all’interno di un singolo appartamento al fine di conseguire una piu’ comoda fruizione di tale unita’ immobiliare qualora non pongano in pericolo la fondamentale funzione di assicurare la stabilita’ dell’edificio, non integrano un abuso della cosa comune, suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilita’ di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’articolo 1102 c.c., comma 1, a condizione, che i lavori non compromettano la sicurezza o altre essenziali caratteristiche del muro posto a servizio dell’edificio” (vedi anche Sez. 2, Sent. n. 4155 del 1994 Sez. 2, Sent. n. 10008 del 1991).
La censura di violazione dell’articolo 112 c.p.c., e’ inammissibile, sia perche’ argomentata sulla adesione da parte della Corte d’Appello alla consulenza tecnica d’ufficio, sia perche’ il ricorrente lamenta una insufficiente motivazione.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c..
Sarebbe erronea la statuizione con la quale la Corte territoriale ha disposto la compensazione parziale delle spese processuali nei rapporti tra (OMISSIS) – (OMISSIS) e (OMISSIS) – (OMISSIS) avuto riguardo al comportamento processuale tenuto da quest’ultimi che, in esecuzione della sentenza di primo grado, avevano pagato quanto dovuto. La parte soccombente era stata individuata in base al principio di causalita’ e nella specie sarebbe indubbio che nei rapporti interni tra i ricorrenti ed i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS), quest’ultimi debbano identificarsi come parte soccombente. Non potrebbe assumere rilevanza la circostanza del pagamento del dovuto all’esito e in esecuzione della sentenza di primo grado, ne’ l’esito incerto del giudizio, essendo occorse due consulenze per chiarire chi fossero gli autori dei danni subiti dagli attori ricorrenti.
3.1 I terzo motivo di ricorso e’ infondato.
Quanto alla violazione dell’articolo 91, e’ sufficiente richiamare il principio secondo il quale la soccombenza comporta solo che e’ vietato condannare alle spese la parte totalmente vittoriosa (Cass. n. 18128 del 31/08/2020 Rv. 658963 – 01). Nel caso in esame non vi e’ stata alcuna condanna del ricorrente alle spese, quindi, il ricorrente evoca la violazione di una norma estranea alla fattispecie.

 

I lavori eseguiti su di un muro maestro

Quanto alla violazione dell’articolo 92 c.p.c., deve darsi continuita’ al seguente principio di diritto: “la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente” (Sez. 2, Sent. n. 2149 del 2014).
La Corte d’Appello ha motivato la parziale compensazione delle spese oltre che per il comportamento processuale dei (OMISSIS) – (OMISSIS), che in esecuzione della sentenza di primo grado avevano pagato quanto dovuto, anche sul presupposto della reciproca soccombenza e dell’esito incerto del giudizio, essendo occorse due CTU per chiarire le responsabilita’. La decisione, pertanto, risulta immune dalle censure prospettate.
5. Il ricorso e’ rigettato.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida per ognuna delle due parti controricorrenti in Euro 3.300 piu’ 200 per esborsi;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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