I decreti di aggiornamento delle GAE sono correttamente qualificabili in termini di atti “collettivi”.

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 29 aprile 2019, n. 2765.

La massima estrapolata:

I decreti di aggiornamento delle GAE sono correttamente qualificabili in termini di atti “collettivi”.

Sentenza 29 aprile 2019, n. 2765

Data udienza 18 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5710 del 2017, proposto da
Ma. Ac. e altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Do., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Am. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);

sul ricorso numero di registro generale 6565 del 2017, proposto da
Ca. Pe., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Do., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Am. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 5710 del 2017:
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA (SEZIONE III BIS) n. 06674/2017, resa tra le parti.
quanto al ricorso n. 6565 del 2017:
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA (SEZIONE III BIS) n. 06674/2017, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2019 il Cons. Francesco Mele e uditi, per le parti, gli avvocati Do. Ma. e l’avvocato dello Stato Fa. To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 6674/2017 del 7-6-2017 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Bis rigettava il ricorso proposto dai signori in epigrafe indicati, inteso ad ottenere l’annullamento del d.m. 495 del 22-6-2016, nella parte in cui nuovamente precludeva l’inserimento nelle GAE ai docenti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002.
Col ricorso di primo grado era stata, altresì, proposta impugnazione: “del medesimo decreto ministeriale n. 495 del 2016 nella parte in cui richiama sia il decreto ministeriale n. 235 del 2014 annullato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1973/2015 del 16 aprile 2015 passata in giudicato sia il successivo DM n. 325 del 3 giugno 2015 anch’esso di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento intervenuto in violazione ed elusione del giudicato, nonché, ove occorrer possa, del DM 235 del 9 aprile 2014, avente ad oggetto integrazione ed aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per il biennio 2014/2017; del DM n. 325 del 3.6.2015, adottato dal MIUR avente ad oggetto le operazioni di aggiornamento delle graduatorie permanenti ad esaurimento 2014-2017 nella parte in cui non si prevede l’inclusione per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nelle scuole primarie, dei diplomati magistrali che abbiano conseguito un valido diploma presso la scuola magistrale o gli istituti magistrali entro l’anno 2001/2002”.
Il Tribunale Amministrativo fondava in primo luogo la reiezione del ricorso sulla circostanza che non vi era stata tempestiva impugnazione del D.M. n. 235 del 2014.
Evidenziava, inoltre, che: “…secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, co. 4, del D.L. 97/2004 (e ora dall’art. 1, comma 10 bis, della l. n. 21/2016 che ha prorogato la validità di tali GAE fino all’a.s. 2019/2020) le GAE hanno validità triennale e nel corso del triennio è consentito esclusivamente lo scioglimento delle riserve, secondo le modalità e i termini disciplinati con il D.M. n. 325/2015 per l’annualità 2015/2016 e con il D.M. n. 425/2016 per l’annualità 2016/2017 e che, quindi, nel corso del triennio non sono in nessun caso consentiti nuovi inserimenti, quale sarebbe quello dei ricorrenti che, pur ritenendo di possedere un titolo abilitante, al momento della chiusura delle GAE a seguito dell’articolo 1, comma 605, lett. c) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non hanno ritenuto di far valere la loro pretesa all’inserimento del D.M. 16.3.2007, ovvero l’ultimo che nel periodo transitorio consentiva nuovi inserimenti”.
Avverso la prefata sentenza di rigetto i docenti in epigrafe indicati hanno proposto separati appelli, iscritti ai nn. 5710/2017 e 6565/2017 R.G., deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Essi hanno dedotto: 1) Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il ricorso fosse irricevibile per mancata impugnativa del d.m. n. 235 del 2014, atteso che tale d.m. era stato annullato con efficacia erga omnes dalla pronunzia del Consiglio di Stato n. 1973 del 16 aprile 2015; 2) Erroneità della sentenza per non aver considerato che i decreti che fissano i criteri di inserimento e di aggiornamento delle graduatorie sono atti generali a contenuto oggettivamente regolamentare; 3)Erroneità della sentenza per non avere considerato che i giudicati di annullamento del d.m. n. 234/2014 e del d.m. n. 325/2015, su ricorsi promossi da altri soggetti cointeressati contro il MIUR, hanno efficacia erga omnes e, pertanto, gli attuali appellanti non avrebbero dovuto impugnarli; 4) Sufficienza dell’impugnazione del D.M. n. 495 del 22-6-2016, atteso che questo comporta l’integrale ripubblicazione delle graduatorie e, dunque, determina la reviviscenza dell’interesse ad agire; 5) Erroneità della sentenza per non avere considerato che il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 è titolo abilitante ed attribuisce un diritto acquisito all’inserimento in GAE in quanto i titolari sono già in possesso di abilitazione al momento della trasformazione delle graduatorie ad esaurimento; 6) Erroneità della sentenza per mancato esame della domanda risarcitoria.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio, deducendo l’infondatezza degli appelli e chiedendone il rigetto.
Le cause sono state discusse e trattenute per la decisione all’udienza del 18 aprile 2019.

DIRITTO

Rileva preliminarmente il Collegio che gli appelli iscritti ai nn. 5710/2017 e 6565/2017 R.G. devono essere riuniti, ai sensi dell’articolo 96 del c.p.a., trattandosi di impugnazioni proposte contro la stessa sentenza.
Ciò premesso, gli appelli non sono meritevoli di accoglimento alla luce dei principi sanciti dalle sentenze dell’Adunanza plenaria n. 11 del 2017 e n. 4 del 2019, alle quali il Collegio intende prestare piena adesione.
Non giova, invero, agli appellanti l’avvenuto annullamento del decreto ministeriale n. 235 del 2014, disposto dalla sentenza di questo Consiglio n. 1973 del 16-4-2015, nella parte in cui ha precluso ai docenti muniti di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, né l’annullamento del successivo d.m. n. 325/2015 operato dal TAR Lazio con sentenza n. 14403 del 21-12-2015.
Va, invero, evidenziato che la citata Adunanza plenaria n. 4 del 2019 ha chiarito che: “L’annullamento dei decreti ministeriali di aggiornamento delle GAE (in particolare del d.m. n. 235 del 2014), nella parte in cui non consentono ai diplomati magistrali l’inserimento in graduatoria, produce un effetto non propriamente caducante (stante l’assenza nel d.m. di alcuna previsione, suscettibile di essere caducata, diretta a disciplinare l’accesso in graduatoria da parte di chi non sia già inserito), ma, sostanzialmente, di accertamento della pretesa all’inserimento e, di conseguenza, determina un effetto additivo/conformativo: tale giudicato, a prescindere dalla natura giuridica dei decreti ministeriali, non si estende a soggetti diversi dagli originari ricorrenti”.
Ed, invero, l’Adunanza Plenaria ha chiarito che il d.m. n. 235/2014 disciplina i criteri di massima per la permanenza, l’aggiornamento e la conferma dell’inclusione di coloro che sono già iscritti nella graduatoria, essendo questi gli unici destinatari di esso.
Ne viene, pertanto, esclusa la natura normativa, difettando gli elementi essenziali della norma giuridica (astrattezza, generalità ed innovatività ), come pure il carattere di atto amministrativo generale, mancando l’indeterminabilità dei destinatari ex ante in quanto esso si rivolge ai destinatari già noti al momento dell’adozione, ovvero tutti coloro e solo coloro che sono già inseriti nelle GAE.
I decreti di aggiornamento delle GAE sono, quindi, correttamente qualificabili in termini di atti “collettivi”.
La richiamata sentenza ha, pertanto, affermato che: ” Ai diplomati magistrali che non abbiano presentato tempestivamente domanda per l’inserimento nelle GAE o che non abbiano tempestivamente impugnato l’atto con cui la loro domanda è stata respinta, è preclusa l’impugnazione dei decreti ministeriali che si limitano a prevedere i criteri per l’aggiornamento delle GAE, atteso che detti decreti di aggiornamento non producono alcun effetto lesivo nei loro confronti, né è possibile individuare in essi la fonte (o la rinnovazione) dell’effetto lesivo consistente nell’esclusione dalle graduatorie”.
Va, invero, osservato che già la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 11 del 2017 – nella considerazione che il d.m. 234 del 2014 non fosse l’atto attraverso il quale sono stati individuati e disciplinati i criteri ed individuati i requisiti per l’inserimento in graduatoria, bensì atto che si rivolge solo a coloro che già sono inseriti nella stessa non occupandosi in alcun modo della posizione di coloro che aspirano all’inserimento – aveva affermato che non è il citato d.m. n. 234 del 2014 che preclude l’inserimento dei diplomati magistrali nelle graduatorie ad esaurimento.
Si è, pertanto, ritenuto che: “Il dies a quo per proporre impugnazione andrebbe, semmai, individuato (anche a voler prescindere dalla preclusione comunque derivante dalla mancata tempestiva presentazione della domanda di inserimento) nella pubblicazione del d.m. 16 marzo 2007, con il quale, in attuazione dell’art. 1, comma 605, l. n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), veniva disposto il primo aggiornamento delle graduatorie permanenti, che la stessa legge finanziaria per il 2007 aveva “chiuso” con il dichiarato fine di portarle ad esaurimento. Il suddetto d.m. individuava, effettuando una ricognizione delle disposizioni legislative in materia, i requisiti di accesso alle graduatorie, senza contemplare il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002. E’ questo, pertanto, il momento nel quale la lesione della posizione dei ricorrenti è (in ipotesi) maturata, poiché il d.m. 16 marzo 2007 è l’ultimo provvedimento di integrazione ed aggiornamento delle GAE prima che esse fossero definitivamente chiuse, per espressa disposizione di legge, a nuovi accessi. Pertanto, non avendo i ricorrenti impugnato tale d.m. (né tantomeno presentato domanda di inserimento nei termini da esso previsti), devono ormai ritenersi decaduti”.
Le argomentazioni sopra esposte evidenziano, dunque, l’inammissibilità del ricorso di primo grado, non potendosi riconoscere efficacia erga omnes alle sentenze che hanno annullato il d.m. n. 234 del 2014 e il d.m. n. 325 del 2015 e non risultando comunque questi, unitamente al d.m. 495 del 22.6.2016, i provvedimenti lesivi della sfera giuridica dei diplomati magistrali ante a.s. 2001/2002 in ordine al loro mancato inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.
Risultano, pertanto, infondati, i primi tre motivi di appello proposti.
Va, inoltre, evidenziato che è infondata anche la pretesa di merito degli appellanti, prospettata con il quarto motivo di appello, relativa al valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002.
Invero, già con la sentenza n. 11 del 2017 (confermata dalla sentenza n. 4 del 2019), l’Adunanza plenaria ha statuito che: ” il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’articolo 1, comma 605, lett. c), l. 27 dicembre 2006, n. 296″.
In particolare, tale pronuncia sottolinea che: “diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, manca una norma che riconosca il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 come titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento…(il d.i. 10 marzo 1997) esprime con chiarezza quale è il valore legale del titolo di diploma magistrale conservato in via permanente: pure in un contesto ordinamentale che, con la concreta attivazione dei corsi di laurea in scienza della formazione, ormai prevede come requisito necessario il possesso della laurea, il diploma magistrale, se conseguito entro l’a.s. 2001/2002, rimane titolo di studio idoneo a consentire la partecipazione alle sessioni di abilitazione all’insegnamento o ai concorsi per titoli ed esame a posti di insegnamento, ma di per sé non consente l’immediato accesso ai ruoli. Il valore legale conservato in via permanente, quindi, si esaurisce nella possibilità di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi…Tale previsione è stata sostanzialmente riprodotta, con un rango superiore nella gerarchia delle fonti, dall’art. 15, comma 7, del d.P.R. 23 luglio 1998, n. 323, stante il quale: “I titoli conseguiti nell’esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell’istituto magistrale iniziati entro l’anno scolastico 1997/1998 conservano in via permanente l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare. Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare”. L’interpretazione da dare all’espressione (contenuta nel citato articolo 15, comma 7, d.P.R. n. 323 del 1998) “i titoli conseguiti nell’esame di Stato a conclusione dei corsi di studi dell’istituto magistrale iniziati nell’a.s. 1997/1998 conservano in via permanente l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare” deve avvenire, anche in questo caso, tenendo conto della specificazione contenuta nel periodo immediatamente successivo (contenuto nello stesso comma 7 dell’art. 15), nel senso che i diplomi magistrali conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002 conservano il proprio valore legale di titolo di studio e consentono (senza necessità di conseguire anche il diploma di laurea) di partecipare all’abilitazione all’insegnamento ex art. 9, comma 2, della legge n. 444/1968, nonché ai concorsi ordinari per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare…Ciò implica che il valore legale del diploma magistrale può essere riconosciuto solo nei limiti previsti dalla disciplina transitoria in esame, ossia in via “strumentale”, nel senso, come si è chiarito, di consentire a coloro che lo hanno conseguito entro l’a.s. 2001/2002 di partecipare alle sessioni di abilitazioni e ai concorsi pur se privi del diploma di laurea nel frattempo istituito”.
Le conclusioni raggiunte dall’Adunanza plenaria nell’interpretazione del dato normativo risultano, infine, confortate, da argomenti di carattere sistematico e teleologico.
Sotto il profilo sistematico, viene evidenziato che, fin dalla loro originaria configurazione, le graduatorie permanenti (poi trasformate in graduatorie ad esaurimento) sono state riservate a docenti che vantassero un titolo abilitante ulteriore rispetto al titolo di studio: il superamento di un concorso per titoli ed esami oppure il superamento di una sessione riservata di esami per coloro che avessero prestato servizio per almeno 360 giorni a decorrere dall’a.s. 1994-1995; osservandosi, pure, che gli interventi normativi succedutisi nel tempo, pur ampliando la platea di soggetti legittimati ad iscriversi, hanno, comunque, sempre fatto riferimento a categorie di docenti muniti di un titolo abilitante ulteriore rispetto al titolo di studio.
In particolare, la clausola di riserva contenuta nell’art. 1, comma 605 l. 296/2006 deve intendersi riferita solo a quei titoli abilitanti che, secondo la normativa vigente, costituivano requisiti di accesso alle graduatorie, essendo volta a preservare le aspettative di coloro i quali avessero, confidando nel sistema pregresso, già affrontato un percorso di studi per munirsi del titolo necessario all’inserimento in GAE. Non a caso, infatti, la clausola di riserva si riferiva anche a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, frequentavano i corsi abilitanti che secondo la normativa previgente consentivano l’accesso alle graduatorie.
Sotto il profilo teleologico, infine, viene affermato che la necessità di un titolo abilitante ulteriore rispetto al mero possesso del titolo di studio trova giustificazione nella considerazione che l’inserimento in graduatoria è destinato a consentire per mero scorrimento lo stabile ingresso nel ruolo docente e tale ingresso, dunque, non può prescindere da una seria ricognizione dell’esperienza maturata o del percorso formativo seguito dopo il diploma.
L’infondatezza nel merito della pretesa rende, dunque, privo di pregio il quarto motivo di appello.
Non ravvisandosi illegittimità nei provvedimenti fatti oggetto di impugnativa, non è configurabile un illecito della pubblica amministrazione; con la conseguenza che non è infondata anche la domanda di risarcimento danni proposta dai ricorrenti.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, gli appelli devono essere respinti in quanto infondati, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, sia pure con le integrazioni motivazionali sopra svolte.
Per completezza, si segnala che sulla (sola) esecuzione delle sentenze in cui si faccia applicazione del principio di diritto di cui alla menzionata Adunanza plenaria n. 11 del 2017 – e nel solo caso in cui ne consegua la decadenza dei contratti – è intervenuto il d.l. 12 luglio 2018, n. 87, il quale, all’art. 4, comma 1, ha disposto che esse siano eseguite “entro 120 giorni decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento giurisdizionale al Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca”.
Il contrasto giurisprudenziale registratosi in materia giustifica l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così provvede:
– riunisce gli appelli iscritti ai nn. 5710/2017 e 6565/2017 R.G.;
-rigetta gli appelli.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere

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