I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati in forma scritta

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 22 marzo 2019, n. 8244.

La massima estrapolata:

I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria. Tale principio esclude la possibilità di ritenere ammissibile il perfezionamento dell’accordo sulla base di una manifestazione di volontà implicita o di comportamenti concludenti o meramente attuativi. Il requisito di forma scritta è richiesto non soltanto per la conclusione del contratto, ma anche per le eventuali modificazioni successive, le quali devono rivestire, a pena di nullità, la medesima forma del contratto originario, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante l’adozione di contenuti e pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorché protrattisi nel tempo e rispondenti ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva o – comunque – mediante comportamenti concludenti, venendo altrimenti eluso il suddetto vincolo di forma

Ordinanza 22 marzo 2019, n. 8244

Data udienza 14 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5812/2015 R.G., proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
Comune di Sperlonga, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 131/2014, depositata in data 10.1.2014.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14.12.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Latina ha accolto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore della ricorrente per il pagamento di Euro 12.029,25, a titolo di saldo del corrispettivo per il servizio di raccolta dei rifiuti svolto in favore del Comune di Sperlonga, per il periodo compreso tra il 26 gennaio 1999 ed il 25.5.1999.
L’appello della (OMISSIS) s.r.l. e’ stato respinto dalla Corte distrettuale di Roma che, rilevato che il Comune aveva gia’ versato un importo calcolato sulla tariffa di Euro 88,00/kg di rifiuti conferiti, ha escluso che le parti avessero perfezionato per facta concludentia un accordo volto a fissare la tariffa di Euro 122,00/kg., ritenendo irrilevante che, nonostante le richieste avanzate dall’impresa, il Comune avesse continuato a conferire i rifiuti.
La cassazione della sentenza di appello e’ chiesta dalla (OMISSIS) s.r.l. sulla base di un unico motivo, illustrato con memoria.
Il Comune di Sperlonga ha depositato controricorso e memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso censura la violazione degli articoli 1327, 1362, 1366, 1375, 1660, 1661 c.c., Regio Decreto n. 2240 del 1923, articolo 17, Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 13 e della Legge Regionale Lazio n. 27 del 1998, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che, con la Delib. n. 200 del 1999, la Regione Lazio aveva rinnovato l’autorizzazione per l’utilizzo dell’invaso S5/1 ed autorizzato la creazione e l’utilizzo di un ulteriore bacino (S5/2), fissando in via provvisoria – e solo per quest’ultimo impianto – la tariffa di Euro 88/kg. per il 1999.
Di conseguenza detta tariffa non era applicabile per determinare il corrispettivo spettante alla ricorrente per le attivita’ di conferimento dei rifiuti presso l’invaso S5/1, svolte nel periodo compreso tra il gennaio 1999 ed il maggio 1999.
Si assume inoltre che, sempre con riferimento all’utilizzo dell’invaso S5/1, la tariffa originaria era stata modificata per factum principis (poiche’ l’adozione della suddetta Delibera regionale aveva cagionato un rilevante aumento dei costi del servizio) o comunque mediante comportamenti concludenti, consistiti, nello specifico, nella prosecuzione delle attivita’ di conferimento dei rifiuti dopo che la ricorrente aveva avanzato le richieste di aumento del corrispettivo, tanto piu’ che il Comune aveva sollevato con molto ritardo le proprie contestazioni.
2. Il motivo e’ infondato.
La Corte distrettuale ha precisato che il tema di lite verteva non sull’esistenza della concessione – contratto, ma di un valido accordo che, modificando l’originario rapporto, legittimasse l’impresa a pretendere il pagamento di un corrispettivo calcolato in base alla maggior tariffa di Euro 122/kg..
Ha escluso che un tale accordo modificativo si fosse perfezionato per facta concludentia, evidenziando che, essendo il Comune obbligato a conferire i rifiuti presso i siti in gestione della (OMISSIS) s.r.l. e non potendo quest’ultima respingere i conferimenti, l’esecuzione del rapporto non poteva valere come accettazione tacita della tariffazione richiesta dall’impresa.
Sostiene la ricorrente che l’originaria convenzione poteva essere modificata liberamente dalle parti anche riguardo alla tariffa applicabile e che il Comune, avendo continuato a conferire i rifiuti presso l’impianto S5/1, aveva accettato, mediante un comportamento concludente, la richiesta di maggiorazione del corrispettivo.
Deve in contrario osservarsi che, anche a voler ritenere che le parti potessero liberamente stabilire la tariffa applicabile, era comunque necessaria l’osservanza della forma scritta ad substantiam.
I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullita’, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attivita’ amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorita’ tutoria (cfr. Cass. 27910/2018; Cass. 19410/2016; Cass. 17646/2002; Cass. 13039/1999; Cass. 21477/2013; Cass. 1606/2007; Cass. 22537/2007).
Tale principio esclude la possibilita’ di ritenere ammissibile il perfezionamento dell’accordo sulla base di una manifestazione di volonta’ implicita o di comportamenti concludenti o meramente attuativi (cfr. Cass. 22994/2015; Cass., 12323/2005).
Il requisito di forma scritta e’ richiesto non soltanto per la conclusione del contratto, ma anche per le eventuali modificazioni successive, le quali devono rivestire, a pena di nullita’, la medesima forma del contratto originario, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante l’adozione di contenuti e pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorche’ protrattisi nel tempo e rispondenti ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva o – comunque – mediante comportamenti concludenti, venendo altrimenti eluso il suddetto vincolo di forma (cfr. Cass. 8539/2011; Cass. 8621/2006; Cass. 5448/1999).
Non era inoltre invocabile il Regio Decreto n. 2240 del 1923, articolo 17, poiche’, in disparte ogni altra questione, la norma non introduce alcuna deroga al requisito della forma scritta, ma si limita a consentire, a date condizioni, il perfezionamento dei contratti pubblici non mediante dichiarazioni formali contestuali, contenute in un documento unico, ma tramite lo scambio di corrispondenza a distanza, secondo gli usi commerciali (Cass. 6555/2014; Cass. 8000/2010; Cass. 7297/2009; Cass. 1752/2007), non essendo comunque sufficiente che dagli scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale (Cass. 5263/2015).
Del tutto irrilevante era che, quale conseguenza dell’adozione della Delib. Regionale n. 200 del 1999, fossero stati aggravati i costi di gestione degli impianti, occorrendo che l’amministrazione, prendendo atto della nuova situazione, acconsentisse, nelle forme dovute, alla modifica della convenzione e ne valutasse, alla stregua dell’interesse pubblico, l’effettiva incidenza nell’economia del rapporto gia’ in essere.
Il ricorso e’ quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si da’ atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente e’ tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1800,00 per compenso, oltre ad iva cnap e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Da’ atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente e’ tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

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