Gli ordini professionali sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 4 maggio 2020, n. 2816.

La massima estrapolata:

Gli ordini professionali sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi – sia pure di carattere strumentale – giuridicamente riferibili all’intera categoria, con il limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi

Sentenza 4 maggio 2020, n. 2816

Data udienza 23 aprile 2020

Tag – parola chiave: Permesso di costruire – Per realizzazione opere di urbanizzazione primaria – Convenzione – Destinazione urbanistica – Ricorso – Rigetto – Insussistente violazione dell’art. 12, comma 3, D.P.R. n. 380/2001

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7122 del 2019, proposto dai signori Ma. Fa. e Ni. Ma., rappresentati e difesi dagli avvocati Ge. Gi. Si. e An. Ma. con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via (…);
contro
il Comune di Bergamo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Gr., Si. Ma. e Ga. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, via (…);
nei confronti
della società IM. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Bo. e Al. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via (…);
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
dell’Ordine Regionale dei Geologi della Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia, n. 513 del 2019;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo e di IM. El s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 – svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020 – il consigliere Silvia Martino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, i signori Ma. Fa. e Ni. Ma. impugnavano il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Bergamo in data 27.11.2017 alla società IM. s.r.l. per la realizzazione di n. 2 edifici residenziali, il permesso di costruire del 20.10.2017 relativo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, la deliberazione del Consiglio comunale di Bergamo n. 64 del 15.5.2017 di approvazione dello schema di convenzione preordinato al rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di edifici residenziali e opere di urbanizzazione primaria, nonché la relativa convenzione sottoscritta in data 26.5.2017.
Impugnavano, altresì, l’art. 9.2.3 del Piano delle Regole introdotto con la Variante n. 10 al PGT approvata nel 2017.
Al riguardo, esponevano di essere comproprietari di un edificio residenziale sito a Bergamo, in via (omissis).
A confine con detto edificio vi è un appezzamento di terreno inedificato di proprietà della società IM. s.r.l., a cui il vigente Piano di Governo del Territorio, così come modificato dalla Variante n. 10 al Piano delle Regole approvata nel 2017, assegna la destinazione urbanistica “(omissis) – Verde di valore ecologico”;
Prima della suddetta Variante n. 10 – adottata in data 4 luglio 2017 ed approvata definitivamente in data 11 dicembre 2017 -, l’area aveva destinazione residenziale ed era classificata nel Piano delle Regole come intervento di Nuova edificazione a volumetria definita (Ne), regolamentata nell’art. 10.1.9 delle NTA ed oggetto di specifica Scheda tecnica (omissis) allegata al PdR; stante la previsione relativa alla realizzazione al suo interno di opere di urbanizzazione, l’intervento era subordinato a permesso di costruire convenzionato.
In attuazione di tale previsione, la società aveva presentato, in data 21.10.2016, istanza di permesso di costruire per la realizzazione di n. 2 edifici residenziali nell’ambito urbanistico denominato (omissis), catastalmente identificato al foglio (omissis) mappali (omissis) e, in data 26.10.2016, istanza per la realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dalla scheda tecnica della (omissis;
La Conferenza di servizi aveva approvato, con prescrizioni, il progetto mentre il Consiglio Comunale, con deliberazione n. 64 del 15.5.2017, aveva approvato lo schema di convenzione preordinato al rilascio del permesso di costruire, convenzione sottoscritta il successivo 26.5.2017.
Successivamente, con deliberazione di Consiglio Comunale n. 90 del 4.7.2017, era stata adottata la ricordata Variante n. 10 che aveva modificato la destinazione urbanistica dell’area in questione da edificabile con destinazione residenziale a verde.
Il permesso di costruire per le opere di urbanizzazione era stato rilasciato in data 20.10 2017, mentre quello relativo ai due edifici residenziali il successivo 27.11.2017;
La società IM. aveva potuto dare attuazione alla disciplina urbanistica previgente grazie ad una norma derogatoria -art. 9.2.3 delle NTA- introdotta dalla stessa Variante n. 10, secondo la quale “Per gli ambiti territoriali per i quali, alla data di adozione della variante al PGT o di suoi atti (PdR, PdS), è in corso e prossimo alla conclusione il procedimento di rilascio di un permesso di costruire convenzionato a seguito dell’avvenuta approvazione dello schema di convenzione oppure è in corso il procedimento di approvazione del piano attuativo, già adottato, il tutto in conformità allo strumento urbanistico generale al tempo vigente, viene applicata la disciplina urbanistica del suddetto strumento vigente a condizione che il permesso di costruire convenzionato sia rilasciato o che il piano attuativo convenzionato venga approvato entro la data di approvazione della variante. In mancanza del verificarsi di dette condizioni, gli ambiti territoriali, di cui alla presente disposizione, sono disciplinati secondo quanto previsto dalla variante approvata”.
A seguito di accesso documentale erano emerse carenze nella documentazione progettuale allegata alla pratica edilizia in questione, in particolare in relazione alla mancanza della relazione geologica e della relazione geotecnica.
2. Tanto precisato in punto di fatto, i ricorrenti, nello specifico, articolavano i seguenti motivi di ricorso:
I. Quanto all’art. 9.2.3 NTA del piano delle regole, violazione dell’art. 12 comma 3 DPR 380/01 e dell’art. 13 c. 12 L.R. 12/05. Eccesso di potere per intrinseca contraddittorietà, illogicità ed irragionevolezza e per contraddittorietà con la delibera di Giunta Comunale n. 0187-16 in data 26/5/016. Violazione dell’art. 117 c. 3 della costituzione;
II Quanto ai permessi di costruire:
1) violazione dell’art. 57 legge regionale lombarda n. 12/05 in relazione all’art. 9.2.2 dello studio geologico, idrogeologico e sismico a supporto del P.G.T. del Comune di Bergamo ed alla d.G.R. Lombardia 30/11/2011 n. Ix/2616. Violazione DM 11/3/2008, DM 14/1/2008 e circolare min. LL.P. n. 30483/1988. Violazione dell’art. 20 DPR 380/01 e dell’art. 6 legge 241/90. Eccesso di potere per difetto assoluto di attività istruttoria;
2) violazione dell’art. 23.4 NTA del piano delle regole e dell’allegato “interventi nuova edificazione a volumetria definita (nE) e relative schede tecniche”, parte a), comma 6;
3) eccesso di potere, sotto altro profilo, per difetto di attività istruttoria e di motivazione, nonché per contraddittorietà tra atti dell’Amministrazione, travisamento dei presupposti. Violazione delle prescrizioni di cui alla scheda del Piano delle Regole relativa alla (omissis). Violazione del dPCM 5/12/1997 per mancanza della relazione di valutazione dei requisiti acustici passivi.
3. Nella resistenza del Comune di Bergamo e della società controinteressata, il TAR, assorbite le eccezioni preliminari di inammissibilità e tardività, respingeva il ricorso, con compensazione delle spese.
4. La sentenza è stata appellata dagli originari ricorrenti, rimasti soccombenti, i quali hanno riproposto, in chiave critica, i motivi già respinti dal TAR.
Nello specifico, hanno dedotto:
A) Erroneità della sentenza gravata con riferimento all’impugnativa dell’art. 9.2.3 delle NTA del Piano delle Regole.
1. Illegittimità dell’art. 9.2.3. NTA del Piano delle Regole per violazione dell’art. 12, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2011 e dell’art. 12 della l.r. n. 12/2005 per eccesso di potere per intrinseca contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà con la delibera di Giunta comunale n. 0187-16 in data 26/5/2016 e per violazione dell’art. 117 comma 3 Cost.
I ricorrenti avevano censurato la palese illogicità ed irragionevolezza della norma tecnica in rubrica, nonché la sua contraddittorietà intrinseca poiché, da una parte, con un’articolata e puntuale motivazione, il pianificatore aveva eliminato l’edificabilità dell’area contraddistinta come (omissis) e, dall’altra, invece, l’aveva fatta salva, rendendola ultrattiva.
La Variante n. 10 ha inteso attuare il processo di revisione del Piano Territoriale Regionale ed, in particolare, la D.G.R. n. 6095 in data 29 dicembre 2016, recanti i criteri di riduzione del consumo di suolo ed aventi come obiettivo la diminuzione delle previsioni di nuovi insediamenti su suolo libero. La revisione del Piano delle Regole, orientata verso i suddetti obiettivi, ha modificato di conseguenza la destinazione urbanistica della aree sulla base delle caratteristiche del suolo e dei criteri previsti dalla Regione, con particolare riferimento al parametro dell’adiacenza del perimetro dell’ambito al tessuto urbanizzato.
Nel caso di specie, l’amministrazione ha accertato che il requisito dell’adiacenza non sussiste per l’area de qua (in quanto inferiore al 75%), come illustrato nella scheda della ex (omissis), e quindi, in coerenza con la destinazione delle aree limitrofe ed in considerazione dell’alta sensibilità paesistica del luogo, ha modificato la destinazione dell’area in “(omissis) – Verde di valore ecologico”.
Da qui, a dire dei ricorrenti, la radicale incompatibilità e la contraddittorietà dell’opposta previsione di una disciplina transitoria atta a consentire egualmente la trasformazione dell’area.
I ricorrenti avevano quindi dedotto la violazione dell’art. 12 comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché dell’art. 13, comma 12, della l. r. n. 12 del 2005.
Alla violazione dell’art. 12 comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, conseguirebbe anche quella dell’art. 117 comma 3 della Costituzione, atteso che, come chiarito dalla Corte Costituzionale (sentenza 29 maggio 2013, n. 102), le misure di salvaguardia costituiscono principio fondamentale dettato dalla legislazione statale in materia di governo del territorio e, conseguentemente, esso, non può essere derogato dalla legislazione regionale, né a maggiora ragione dall’ente locale.
Per questa ragioni i ricorrenti avevano chiesto l’annullamento e/o la disapplicazione dell’art. 9.2.3 delle NTA.
Gli appellanti hanno poi sottolineato la tempestività dell’impugnativa dell’art. 9.2.3 delle NTA in quanto tale previsione, ha acquisito idoneità lesiva solo con il rilascio dei permessi di costruire;
B) Erroneità della sentenza gravata con riferimento all’impugnativa dei permessi di costruire.
1. Violazione dell’art. 57 della l.r. lombarda n. 12/05 in relazione all’art. 9.2.2. dello studio geologico, idrogeologico e sismico a supporto del P.G.T. del Comune di Bergamo e alla D.G.T. Lombardia 30 novembre 2011 n. IX/2616; Violazione del D.M. 11 marzo 2008, del D.M. 14.1.2008 e Circolare Min. LL. PP. 30483 del 1988 – Violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2011, e dell’art. 6 della l. n. 241/90. Eccesso di potere per difetto assoluto di attività istruttoria.
L’interpretazione del TAR in ordine alle disposizioni in rubrica non sarebbe condivisibile poiché si pone in palese contrasto con quanto illustrato in ordine alla disciplina generale, regionale e comunale, della classe 3, cui appartiene la sottoclasse 3a, che chiaramente individua il momento della presentazione di ogni approfondimento e indagine, obbligatori per la classe di riferimento, “prima della progettazione degli interventi in quanto propedeutici alla pianificazione dell’intervento e alla progettazione stessa”, con la conseguenza necessaria che copia delle indagini effettuate dev’essere presentata “in sede di richiesta del permesso di costruire”.
La disciplina della sottoclasse 3a non può dunque considerarsi sostitutiva di tali prescrizioni e l’espressione “utilizzo delle aree” va intesa, a dire degli appellanti, in senso radicalmente opposto rispetto al significato che pretende di darle la sentenza: la norma precisa infatti che “L’utilizzo delle aree ricadenti in questa sottoclasse è subordinato alla realizzazione di approfondimenti geognostici necessari” con ciò condizionando dunque la stessa possibilità di utilizzare, cioè di trasformare l’area secondo le previsioni del PGT, all’effettuazione di siffatti approfondimenti, in quanto finalizzati alla verifica della “caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo, nonché della situazione idrogeologica locale”.
Sarebbe quindi palese l’illegittimità dei due permessi di costruire impugnati in quanto emessi dall’amministrazione senza la doverosa attività istruttoria sui fondamentali aspetti geologici ed idrogeologici dell’intervento in violazione delle citate previsioni regionali e comunali e senza nemmeno verificare le dichiarazioni del progettista nella relazione di asseverazione.
La sentenza avrebbe quindi ingiustificatamente omesso ogni considerazione sulle ragioni giuridiche e tecniche dedotte negli scritti difensivi dei ricorrenti al fine di evidenziare la rilevanza e la portata delle suddette omissioni, illustrate in particolare nella relazione tecnica geologica del 15 maggio 2018 a firma del geo dott. Lu. Co. (doc. n. 27, primo grado), nonché nel parere del Presidente dell’Ordine dei geologi della Lombardia in data 15 gennaio 2019 (prodotto il 18 gennaio 2019 come doc. 6).
Gli appellanti hanno poi richiamato i contenuti della memoria difensiva prodotta in primo grado il 28 gennaio 2019, con la quale avevano eccepito come la relazione geologica postuma (depositata dalla società il 20 luglio 2018), successiva al rilascio dei permessi di costruire ed alle comunicazioni di inizio lavori, non fosse idonea a sanare le rilevate illegittimità dei provvedimenti impugnati, non potendo la fattispecie essere assimilata alle illegittimità formali c.d. non invalidanti considerate dal 2° comma dell’art. 21-octies legge 241/90 (invocato dalla difesa comunale),
Gli appellanti hanno poi sottolineato che la relazione geologica postuma si riferisce solo agli edifici residenziali assentiti con il permesso del 27 novembre 2017, e non anche alle opere di urbanizzazione oggetto del permesso del 20 ottobre 2017.
Il contenuto della relazione postuma sarebbe comunque insufficiente, inidoneo, incompleto e contraddittorio rispetto al progetto approvato nonché contraddetto a sua volta dalla relazione tecnica (non geologica) delle opere di urbanizzazione (presentata con la denuncia cementi armati delle oo.uu.).
Quanto poi alla presentazione in data 3 dicembre 2018 della SCIA in variante non essenziale al progetto degli edifici residenziali, gli appellanti hanno ricordato come, nella memoria del 28 gennaio 2019, essi avessero evidenziato anche – impregiudicata ogni ulteriore iniziativa – l’intervenuta decadenza del permesso di costruire per il decorso dell’anno per l’inizio lavori e comunque ai sensi dell’art. 15, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001.
Essi avevano altresì rilevato, da un lato, l’incompletezza della documentazione della SCIA prodotta in giudizio, dall’altro l’impossibilità di dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.
In particolare, secondo gli appellanti, trattandosi di una variante non essenziale, l’annullamento del permesso di costruire avrebbe effetto caducante anche rispetto alla suddetta variante.
Inoltre, anche nell’ipotesi di invalidità derivata c.d. viziante, l’annullamento dell’atto principale avrebbe comunque l’effetto di obbligare l’amministrazione alla rimozione d’ufficio del titolo.
In tale ipotesi, per effetto della norma transitoria contenuta nell’art. 9.2.3 delle NTA, la controinteressata non potrebbe più conseguire nessun titolo edilizio per la trasformazione dell’area;
2) Violazione dell’art. 23.4 NTA del Piano delle Regole e dell’Allegato “Interventi di nuova edificazione a volumetria definita (Ne) e relative schede tecniche”, parte A), comma 6.
La disposizione in rubrica non riguarderebbe solo le autorimesse interrate della Città storica antica e moderna, ma recherebbe una norma generale applicabile anche al caso di specie.
Quanto poi alla disciplina prevista nell’Allegato del PdR “Interventi Nuova edificazione a volumetria definita (Ne) e relative schede tecniche” in relazione ai piani interrati (comma 6), la sentenza si porrebbe immotivatamente in contrasto con la formulazione letterale della norma urbanistica.
La mancanza nella documentazione progettuale di qualsivoglia relazione volta a dimostrare la fattibilità idrogeologica del piano interrato destinato ad autorimesse si associa, aggravandola, all’omissione, già censurata, relativa alla violazione dell’obbligo di effettuare i prescritti approfondimenti geologici per verificare la fattibilità del complessivo intervento di trasformazione;
3) Eccesso di potere sotto altro profilo per difetto di motivazione nonché per contraddittorietà tra atti dell’amministrazione e travisamento dei presupposti – Violazione delle prescrizioni di cui alla scheda del Piano delle regole relativa alla (omissis) – Violazione del d.P.C.M. 5 dicembre 1997 per mancanza della relazione di valutazione dei requisiti acustici passivi.
Il permesso di costruire avrebbe approvato elaborati progettuali difformi dalle prescrizioni della conferenza con conseguente sua illegittimità .
Infine, gli appellanti hanno ribadito che nella documentazione progettuale era assente la relazione di valutazione dei requisiti acustici passivi degli edifici, finalizzata alla verifica del rispetto dei valori di cui al d.P.C.M. 5 dicembre 1997 (Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici), emesso in attuazione della legge 447/1995, art. 3, comma 1, lett. e).
Al riguardo, varrebbero le medesime considerazioni svolte per la relazione geologica postuma, atteso che anche la relazione acustica è stata depositata successivamente al rilascio del permesso di costruire e alla relativa impugnativa;
C) Sulle eccezioni avversaria di inammissibilità e tardività del ricorso dichiarate assorbite dalla sentenza.
I ricorrenti hanno poi riproposto le argomentazioni a confutazione delle eccezioni preliminari di inammissibilità e tardività del ricorso assorbite dalla sentenza, rivendicando, da un lato, la sussistenza dell’interesse e della legittimazione a ricorrere (in relazione alla diminuzione della qualità panoramica, paesaggistica ed ambientale della proprietà, nonché soprattutto al rischio idroegeologico e di allagamento), dall’altro la tempestività dell’iniziativa giurisdizionale, tenuto conto che dell’immediata presentazione dell’istanza di accesso non appena apparso in loco il cartello di cantiere in data 30 marzo 2018 (circostanza ex adverso non contestata).
5. In data, 27 agosto 2019 si è costituita in giudizio, per resistere, la società IM..
6. In data 5 settembre 2019 è intervenuto ad adiuvandum l’Ordine dei geologi della Lombardia, precisando che il proprio intervento avviene “limitatamente ai motivi inerenti l’obbligatoria presentazione delle indagini e della relativa relazione geologica, comprensive dell’analisi degli aspetti e risposte sismiche, aventi ad oggetto il sito interessato dall’intervento/opera, da acquisire in sede di richiesta di permesso di costruire in osservanza della normativa di livello nazionale e regionale, nonché delle prescrizioni regolamentari e tecniche che regolano la materia […]”.
7. Si è costituito, per resistere, anche il Comune di Bergamo, il quale, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum per difetto di legittimazione e ha riproposto, altresì, le eccezioni di rito assorbite dal TAR.
La civica amministrazione ha sottolineato come la SCIA successivamente presentata dalla società appellata preveda la realizzazione di un unico corpo di fabbrica e non di due, come nel progetto originario, e la riduzione da tre a due delle unità immobiliari realizzande.
E’ stato inoltre progettato uno slittamento verso valle dell’edificio originariamente collocato a monte, con la conseguente ulteriore minor incidenza della volumetria realizzanda rispetto all’edificio dei ricorrenti/appellanti.
Per quanto concerne il rischio di allagamento e/o di frane, il Comune ha fatto altresì presente che, nella SCIA in variante del 3 dicembre 2018, è prevista la realizzazione di vasche accumulo e di laminazione e per il recupero delle acque meteoriche.
Tali modifiche avrebbero determinato il venir meno dell’interesse a coltivare il gravame, ferma restando l’inammissibilità delle censure proposte avverso la suddetta SCIA solo con la memoria conclusionale depositata in primo grado dalla parte avversaria.
Infine, quanto alla pretesa decadenza dal permesso di costruire, il Comune ha fatto presente di avere depositato in giudizio la comunicazione di inizio lavori riferita alla data del 18 dicembre 2017.
8. In data 9 settembre 2019, la società IM. ha depositato una memoria, significando, in particolare:
– che la norma tecnica norma transitoria è stata legittimamente posta a tutela di posizioni giuridiche differenziate e connotate dall’esistenza di procedimenti abilitativi già avviati ed prossimi alla conclusione;
– che con il secondo motivo del ricorso di primo grado, gli appellanti si erano limitati a sostenere che le relazioni omesse avrebbero dovuto precedere il rilascio dei titoli abilitativi.
Come rilevato in sentenza, risultavano invece tardive ed irricevibili le censure introdotte successivamente al ricorso mediante semplice memoria.
La società ha peraltro evidenziato che la SCIA in variante non essenziale al permesso di costruire ha previsto un’edificazione in conformità alle indicazioni ricavate dalle relazioni tecniche depositate oltre ad una soluzione ulteriormente migliorativa;
– che non sarebbe stato dedotto né provato che sussista un effettivo pericolo per la stabilità dei terreni;
Anche la società appellata ha infine eccepito il difetto di legittimazione dell’Ordine dei geologi della Lombardia, intervenuto ad adiuvandum.
9. All’udienza pubblica del 23 aprile 2020, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020.
10. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum dell’Ordine dei Geologi della Lombardia, in quanto non risulta individuabile l’interesse che, sia pure in via riflessa, sarebbe stato leso dei permessi di costruire impugnati.
Come noto, nel processo amministrativo la legittimazione attiva della associazioni rappresentative di interessi collettivi obbedisce a regole stringenti, essendo necessario che:
a) la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta (o riflessa, nel caso di intervento) del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati;
b) l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), in quanto ciò implicherebbe automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio;
c) resta infine preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi, occorrendo un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso.
Nello specifico, in ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi – sia pure di carattere strumentale – giuridicamente riferibili all’intera categoria, con il limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi (Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 2013, n. 4854; cfr. anche Cons. Stato, Adunanza plenaria, 3 giugno 2011, n. 10).
Nel caso di specie – per quanto concerne l’allegato interesse concernente l’obbligatoria presentazione, nelle pratiche edilizie del Comune di Bergamo, della relazione geologica, anteriormente al rilascio del permesso di costruire – è agevole rilevare che esso non attiene specificamente alla tutela delle prerogative professionali dei geologi della Lombardia ma, più in generale, alla tutela del territorio.
L’interesse perseguito non è cioè distinguibile da quello alla legalità dell’azione amministrativa, risultando quindi inidoneo a radicare la legittimazione dell’Ordine professionale ad intervenire in giudizio.
11. Il primo ordine di censure concerne la norma transitoria contenuta nell’art. 9.2.3 del Piano delle Regole, secondo cui “Per gli ambiti territoriali per i quali, alla data di adozione della variante del PGT o di suoi atti (PdR, PdS), è in corso e prossimo alla conclusione il procedimento di rilascio di un permesso di costruire convenzionato a seguito dell’avvenuta approvazione dello schema di convenzione oppure è in corso il procedimento di approvazione del piano attuativo, già adottato, il tutto in conformità allo strumento urbanistico generale al tempo vigente, viene applicata la disciplina urbanistica del suddetto strumento vigente a condizione che il permesso di costruire convenzionato sia rilasciato o che il piano attuativo convenzionato venga approvato entro la data di approvazione della variante. In mancanza del verificarsi di dette condizioni, gli ambiti territoriali di cui alla presente disposizione sono disciplinati secondo quanto previsto dalla variante approvata”.
Al riguardo, risulta convincente la tesi del TAR secondo cui l’art. 9.2.3 costituisce parte integrante del PGT, per cui non può sussistere alcuna violazione dell’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, né dell’omologa previsione dell’art. 12, comma 12, della legge regionale n. 12/2005.
11.1 A quanto argomentato dal primo giudice può aggiungersi che la surriportata disposizione transitoria si limita a modulare nel tempo l’entrata in vigore delle previsioni urbanistiche recate dalla Variante n. 10, facendo leva sulla discrezionalità spettante in materia all’ente locale.
Poiché il presupposto che rende obbligatoria l’applicazione delle misura salvaguardia è il contrasto del progetto con il piano adottato – e poiché quest’ultimo rientra nella competenza dell’ente locale di gestione del territorio – nulla impedisce al Comune, nell’esercizio di tale competenza, di individuare il limite entro il quale il nuovo assetto tollera deroghe, quantomeno in via transitoria.
Né risulta violato il principio della gerarchia delle fonti.
Se è vero infatti che il principio ricavabile dalla legge statale (l’art. 12 del d.P.R. n. 380 del 2001) è quella della “sospensione” di ogni determinazione sulla domanda di permesso di costruire, ciò avviene tuttavia solo “In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati”.
Il principio è dunque destinato ad operare rispetto al singolo procedimento edilizio ma non è in grado di condizionare, a monte, la discrezionalità insita nella competenza dell’ente locale a programmare, anche nel tempo, l’assetto urbanistico del proprio territorio.
A ciò si aggiunga che la valenza di principio fondamentale attribuita alla Corte Costituzionale all’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2011, riguarda esclusivamente la durata delle misure di salvaguardia e la loro “ragionevole temporaneità ” ai fini del rilascio dei permessi di costruire (cfr. il par. 4.3, della parte in diritto della sentenza n. 102 del 2013, invocata dagli appellanti).
Trattandosi infatti di una norma “procedimentale”, posta a tutela degli assetti urbanistici in itinere oltre che a garanzia della determinatezza dei tempi per l’esercizio dello ius aedificandi, la richiamata disposizione non ha alcuna incidenza sui tempi e sui contenuti della potestà pianificatoria comunale.
12. Il secondo ordine di rilievi svolto dai ricorrenti riguarda i permessi di costruire ed, in particolare, l’interpretazione data dal primo giudice agli articoli 9.2. e 9.2.2 della Relazione Studio Geologico e Idrogeologico del PGT, secondo cui, per la sottoclasse di intervento 3.a, sarebbe sufficiente che la relazione geologica di supporto venga presentata prima dell’inizio dei lavori e non già necessariamente prima del rilascio del permesso di costruire (i ricorrenti, al contrario, avevano fatto rilevare che, secondo la D.G.R. del 30 novembre 2011, le indagini prescritte per le classi di fattibilità 2, 3, e 4, devono essere realizzate prima della progettazione degli interventi edificatori in quanto propedeutiche alla pianificazione degli stessi e alla progettazione; correlativamente copia delle indagini effettuate e della relazione geologica di supporto deve essere consegnata, tra l’altro, in sede di richiesta di permesso di costruire).
Al riguardo, occorre tuttavia preliminarmente evidenziare che l’impugnativa del permesso di costruire relativo alle opere residenziali, a parere del Collegio, è divenuta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
E’ infatti accaduto che la società appellata, successivamente al rilascio dell’originario permesso di costruire, abbia presentato non solo la prescritta Relazione geologica, ma anche una SCIA in “variante”, la quale, secondo quanto riferito dalle parti resistenti, e non contestato dagli appellanti, ha comportato la riduzione da due ad uno degli edifici in progetto, nonché la loro traslazione.
Il titolo impugnato è stato quindi modificato mediante l’autorizzazione di un progetto parzialmente diverso da quello originario e caratterizzato dalla modifica riduttiva dei parametri edificatori.
Ne consegue che, per contestare la legittimità del titolo edilizio nella sua attuale conformazione – nonché gli esiti delle indagini svolte e il contenuto della Relazione geologica – gli odierni appellanti avrebbero dovuto interporre in primo grado motivi aggiunti o, quantomeno, contestare con i pertinenti rimedi giurisdizionali gli effetti della SCIA, secondo il meccanismo disciplinato dall’art. 19, comma 6 – ter, della l. n. 241/90.
Non risulta poi applicabile alla fattispecie, l’orientamento secondo cui la variante non essenziale, in quanto si innesta su un preesistente titolo edilizio, resta caducata dall’annullamento del provvedimento originario.
La SCIA ha infatti inciso proprio sul profilo che era stato oggetto di censura, ovvero la mancata, preliminare acquisizione della relazione geologica richiesta a supporto del progetto edilizio.
Sicché, per ottenere l’elisione di tale effetto sanante, occorreva, come detto, articolare una specifica impugnativa.
12.1 Analoghe considerazioni vanno svolte in ordine alla pretesa violazione del comma 6 dell’Allegato del PdR “Interventi di Nuova edificazione a volumetria definita (Ne) e relative schede tecniche”.
Per quanto occorrer possa, va peraltro osservato che tale disposizione, ai fini dell'”ammissibilità ” della “realizzazione” di piani interrati, non stabilisce espressamente che la documentazione “comprovante la compatibilità con la situazione idrogeologica del terreno interessato”, debba essere necessariamente presentata prima del rilascio del permesso di costruire.
12.2 E’ infine irrilevante la circostanza che la relazione geologica propedeutica alla SCIA in variante, non abbia ad oggetto anche le opere di urbanizzazione.
L’esame del ricorso di primo grado evidenzia infatti che il motivo relativo alla mancanza della relazione geologica era stato articolato con specifico riferimento al permesso relativo agli edifici in progetto (cfr., in particolare le pagg. 23 e ss.) e con richiamo alla relazione tecnico – geologica dell’ing. Corna (in allegato 27), la quale concerne, appunto, le sole opere residenziali.
13. Per quanto occorrer possa, si osserva che le ulteriori censure dedotte avverso il permesso di costruire originario, erano anche infondate.
13.1 Relativamente alla pretesa violazione dell’art. 23.4 delle NTA in materia di autorimesse interrate, gli appellanti non hanno fornito argomentazioni idonee a spiegare perché siffatta disposizione dovrebbe trovare applicazione, in contrasto con il suo tenore letterale, anche al di fuori dei casi espressamente disciplinati.
Il primo comma di tale articolo specifica infatti chiaramente che esso riguarda l’ambito “della Città storica antica e moderna, in assenza di specifica normativa derivante dai Piani Particolareggiati […]”, laddove, come precisato dal TAR “in tale ambito non rientra il lotto sul quale la controinteressata intende edificare in base ai titoli edilizi impugnati”
14. L’ultimo ordine di rilievi riguarda il permesso relativo alle opere di urbanizzazione.
Al riguardo, gli appellanti hanno ribadito che vi sarebbe contrasto tra il progetto approvato e le risultanze della Conferenza di Servizi del 22 febbraio 2017.
Tuttavia, essi non hanno potuto efficacemente confutare quanto rilevato dal TAR circa il fatto che “nel permesso di costruire n. U0337535 prot. gen. del 20.10.2017, relativo alle opere di urbanizzazione, è espressamente previsto che “Il presente provvedimento è assoggettato a tutte le prescrizioni ed agli obblighi di cui alla convenzione urbanistica sottoscritta in forma pubblica in data 26/05/2017 con atto del Notaio dott. Em. Pi., alle prescrizioni contenute nel parere della conferenza dei servizi del 22/02/2017, alle prescrizioni particolari e generali riportate in calce al presente provvedimento nonché delle norme antinfortunistiche in materia, assumendosi il titolare del permesso di costruire ogni responsabilità in merito”, con la conseguenza che “in sede di esecuzione dei lavori dovranno essere rispettate tutte le indicazioni prescritte (non solo ma anche) dalla conferenza dei servizi del 22.2.2017, salvo i casi in qui sia dimostrata l’inattuabilità di talune prescrizioni, inattuabilità che dovrà essere attentamente verificata ed accertata dall’Amministrazione”.
In sostanza, il progetto approvato è quello derivante dalla necessaria integrazione tra gli elaborati presentati dalla società IM. e le prescrizioni dettate dalla Conferenza di Servizi.
14.1 Per quanto attiene alla relazione relativa ai c.d. requisiti acustici passivi, va infine rilevato che nell’invocato D.P.C.M 5 dicembre 1997 (recante “Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici”), emesso in attuazione dell’art. 3, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 447 del 1995, non vi è alcuna prescrizione in ordine alla necessità che la dimostrazione del rispetto dei valori limite ivi stabiliti, debba essere necessariamente fornita prima del rilascio del permesso di costruire.
15. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata, sia pure con le integrazioni evidenziate.
La complessità della vicenda, induce però a compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 7122 del 2019, di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020 svoltasi da remoto in videoconferenza ex art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
Roberto Proietti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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