Gli immobili edificati nelle fasce di rispetto cimiteriali non sono condonabili

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 10 aprile 2020, n. 2370.

La massima estrapolata:

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 33, comma 1, lett. d) L. n. 47/1985, 39 L. n. 724/1994 e 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34, gli immobili edificati nelle fasce di rispetto cimiteriali non sono condonabili, in quanto localizzati in zone gravate da vincolo di inedificabilità assoluta; tali fasce di rispetto si estendono per duecento metri e sono suscettibili di deroga in fattispecie eccezionali, tipizzate dall’art. 388 cit. con esclusivo riferimento a procedimenti ad iniziativa pubblica e per la realizzazione di interessi imputabili alla collettività di riferimento, con conseguente esclusione di una possibilità di deroga a tutela di interessi meramente individuali.

Sentenza 10 aprile 2020, n. 2370

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Concessione edilizia in sanatoria – Diniego di rilascio – Vincolo cimiteriale – Vincolo di inedificabilità assoluta – Art. 33, comma 1, lett. d), L. n. 47/1985 – Art. 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34 – Art. 57, D.P.R. 285/1990

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2961 del 2014, proposto da
Ro. Za. Th., cui è subentrata in corso di giudizio Gi. Do. Za. Th. nella qualità di erede di Ro. Za. Th., rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Go., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Am. Ci. in Roma, via (…);
contro
Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. De Sa. e An. Mi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Le. in Roma, via (…);
nei confronti
Assessorato Urbanistica ed Edilizia Privata – Comune di Firenze, non costituito in giudizio;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. III, 17 settembre 2013, n. 01267, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;
Visto l’atto di riassunzione e dichiarazione di prosecuzione del giudizio di Gi. Do. Za. Th.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Pa. Go. e Ma. Ro. Ci. in sostituzione dell’avv. Mi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il Sig. Za. Th. Ro., proprietario di un complesso immobiliare in Firenze, via (omissis), composto da due edifici terra tetto, di cui uno di maggiore consistenza, collegati tra loro da un terrapieno pavimentato, decideva di realizzare, all’interno del terrapieno, un garage di circa 33 mq, ottenendo anche il parere favorevole della USL competente ai sensi dell’art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie del 1934.
Il proprietario, anziché realizzare il garage, scavando dal terrapieno sotto la terrazza una maggior parte di volume, ha, invece, realizzato una unità immobiliare di circa 81 mq.
Con istanza del 15 febbraio 1995, acquisita al protocollo comunale in data 27 febbraio 1995 al n. prot. 11831/95, pos. C/2358, il Sig. Za. ha, quindi, chiesto al Comune di Firenze il rilascio di concessione in sanatoria ai sensi della L. n. 47 del 1985 e della L. n. 724/94 per opere abusive realizzate in Via (omissis), piano (omissis), Catasto di Firenze N.C.E.U. censito nel foglio (omissis), particella (omissis), subalterno (omissis), categoria (omissis); a tale fine l’istante ha dichiarato, tra l’altro, che le opere oggetto di istanza di sanatoria consistevano nella realizzazione di un immobile per civile abitazione con superficie pari a mq 81, ultimato nell’anno 1993.
2. Con provvedimento n. 45987/96 del 14 ottobre 1996 il Comune di Firenze ha rigettato l’istanza di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, tenuto conto che l’area sulla quale sorgeva l’opera oggetto di condono risultava sottoposta a vincolo cimiteriale ai sensi dell’art. 338 T.U.LL.SS. approvato con r.d. n. 1265 del 27.7.1934, confermato dall’art. 57 d.P.R. n. 285/90, in quanto compresa entro 200 metri dal cimitero di (omissis).
Pertanto, posto che i cimiteri devono essere isolati mediante una zona di rispetto di almeno 200 metri, entro cui è vietato costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, il Comune ha ritenuto le opere insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 33 L. n. 47/1985, in quanto in contrasto con quanto disposto dall’art. 338, comma 1, T.U.LL.SS. approvato con r.d. n. 1265 del 27.7.1934.
3. Avverso il provvedimento di diniego il Sig. Za. ha proposto ricorso dinnanzi al Tar Toscana, deducendo: a) l’impossibilità di qualificare il vincolo cimiteriale opposto dall’Amministrazione comunale come di inedificabilità assoluta; b) la carenza di un’adeguata istruttoria, non avendo l’Amministrazione comunale tenuto conto della reale consistenza dell’abuso e del contesto in cui si inseriva, oltre che del parere espresso dalla U.S.L. del 1.12.1992, reso con riferimento ad un precedente intervento edilizio (realizzazione di un garage interrato) da eseguire nei medesimi luoghi di causa.
4. L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, al fine di resistere al ricorso.
5. Il Tar ha rigettato il ricorso, tenuto conto che l’immobile per cui è causa ricade in un’area sottoposta a vincolo cimiteriale ai sensi dell’art. 338 del T.U. 1265/1934, in quanto compresa nei 200 metri dal Cimitero di (omissis), e che al momento in cui era stato commesso l’abuso di cui trattasi la fascia di rispetto cimiteriale, come sopra delimitata, ed il conseguente vincolo di inedificabilità risultavano esistenti.
Alla strega di tale rilievo, il Tar ha, quindi, ritenuto che non potesse trovare applicazione l’art. 32 della legge n. 47/85, né occorresse il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, essendo il medesimo circoscritto ai casi di manufatto realizzato prima della costruzione del cimitero; nella specie, infatti, sarebbe venuta in rilievo una fascia di rispetto cimiteriale, da ritenere vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere persino su disposizioni contrarie dello strumento urbanistico, con conseguente insanabilità delle opere realizzate al suo interno ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47/1985 sia che si tratti di nuove edificazioni che di ampliamenti dell’esistente; né avrebbe potuto richiamarsi la deroga di cui all’art. 57, comma 4, DPR n. 285/1990, in quanto riguardante l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria dei privati; infine, non poteva neanche sostenersi che il manufatto in contestazione, stante la sua scarsa rilevanza urbanistica ed essendo completamente interrato, non rientrasse nell’ambito di operatività dell’art. 338, 1° comma, del R.D. n. 1265/1934 e dell’art. 57, 3° comma, del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, tenuto conto che, da un lato, il vincolo d’inedificabilità, in zona di rispetto cimiteriale, è assoluto e vale per qualsiasi manufatto edilizio e, dall’altro, il manufatto in questione avrebbe dovuto qualificarsi come costruzione edilizia vera e propria soggetta a obbligo di concessione edilizia.
6. Avverso la sentenza di primo grado il Sig. Za. ha proposto appello, affidato a due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo (rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985 e dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724. Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934. n. 1265 e dell’art. 57 del d.p.r. 10 settembre 1990. n. 285. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della violazione del giusto procedimento, del difetto dei presupposti, del travisamento dei fatti, della assoluta carenza di istruttoria e della contraddittorietà . Sviamento”) l’appellante ha censurato l’erroneità della sentenza di primo grado, per aver ritenuto il vincolo cimiteriale come vincolo di inedificabilità assoluta.
Con il secondo motivo (rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985 e dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724. Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934. n. 1265 e dell’art. 57 del d.p.r. 10 settembre 1990. n. 285. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità, del difetto dei presupposti, del travisamento dei fatti e della assoluta carenza di istruttoria”) l’appellante contesta l’erroneità della sentenza di primo grado, per non aver ritenuto necessario verificare se l’intervento edilizio realizzato fosse stato in contrasto con le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della sacralità del luogo e il mantenimento di un’area di possibile espansione, interessi pubblici da ritenere presupposto del vincolo di inedificabilità e non come una mera esplicazione dello stesso; sicché, ove tali interessi non fossero stati lesi (circostanza ritenuta realizzata nella specie), l’inviolabilità dell’area cimiteriale avrebbe dovuto venire meno, con conseguente condonabilità dell’opera realizzata.
7. L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, al fine di resistere al ricorso.
8. Nel corso del giudizio si è costituita, ai fini della prosecuzione del processo, la Sig.ra Gi. Do. Za. Th. nella qualità di erede di Ro. Za. Th., insistendo nelle conclusioni svolte nell’atto di appello.
9. In vista dell’udienza di discussione dell’appello le parti hanno insistito nelle rispettive difese, depositando memorie e repliche.
10. All’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo l’appellante ha censurato l’erroneità della sentenza di primo grado, per aver ritenuto il vincolo cimiteriale come vincolo di inedificabilità assoluta.
Tale tesi sarebbe smentita:
– dall’art. 338 R.D. n. 1265/34, che vieterebbe soltanto la costruzione di “nuovi edifici”, mentre nella specie sarebbe stata eliminata soltanto la terra posta al di sotto e a lato delle strutture murarie preesistenti, senza determinare (come già ritenuto dall’USL nel parere del 1992 prodotto sub doc. 2 in primo grado) alcun ampliamento o aumento di volume, né modifica dell’assetto attuale dell’ambiente esterno;
– dalle recenti modifiche dell’art. 338, introdotte dalla legge 1 agosto 2002, n. 166, che ammetterebbero interventi di recupero o funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti all’interno della zona di rispetto, oltre che la riduzione della zona di rispetto cimiteriale attraverso delibera del Consiglio comunale.
Conseguentemente, in assenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, l’Amministrazione comunale non avrebbe dovuto applicare nella specie il disposto di cui all’art. 33 L. n. 47 del 1985 relativo alle opere non suscettibili di sanatoria, bensì avrebbe dovuto fare riferimento all’art. 32 della medesima legge, che subordina il rilascio delle concessioni in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso.
Per l’effetto, il Comune avrebbe dovuto valutare le peculiari caratteristiche di consistenza e collocazione dell’abuso all’interno di una struttura edificata preesistente, chiedendo il parere dell’autorità competente alla tutela del vincolo cimiteriale, tenuto conto, altresì, che la U.S.L. aveva già rilasciato il proprio parere favorevole con nota n. 1520792 del 1.12.1992 all’esecuzione di un intervento nel piano interrato del complesso immobiliare di proprietà del ricorrente.
1.1 Il motivo di appello risulta infondato, alla stregua della lettura combinata delle disposizioni applicabili in materia.
In particolare:
– ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. d) L. n. 47/1985 (rientrante tra le previsioni richiamate dall’art. 39 L. n. 724/1994) non risultano sanabili le opere contrastanti con vincoli comportanti la inedificabilità delle aree;
-ai sensi dell’art. 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34 nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 130 del 2001, “i cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. È vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”; ai commi successivi l’art. 338 prevedeva la possibilità di apportare deroghe sia al rispetto della distanza minima di duecento metri dai centri abitati, ai fini della costruzione e dell’ampliamento dei cimiteri; sia all’ampiezza della zona di rispetto di un cimitero, all’esito di un procedimento su motivata richiesta del Consiglio comunale e previo conforme parere dell’autorità sanitaria locale;
-ai sensi dell’art. 57 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, “1. I cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dall’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni. 2. Per i cimiteri di guerra valgono le norme stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1428, e successive modifiche. 3. È vietato costruire, entro la fascia di rispetto, nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti. 4. Nell’ampliamento dei cimiteri esistenti, l’ampiezza della fascia di rispetto non può essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti ed a 50 metri per gli altri comuni. 5. Il terreno dell’area cimiteriale deve essere sciolto sino alla profondità di metri 2,50 o capace di essere reso tale con facili opere di scasso, deve essere asciutto e dotato di un adatto grado di porosità e di capacità per l’acqua, per favorire il processo di mineralizzazione dei cadaveri. 6. Tali condizioni possono essere artificialmente realizzate con riporto di terreni estranei. 7. La falda deve trovarsi a conveniente distanza dal piano di campagna e avere altezza tale da essere in piena o comunque col più alto livello della zona di assorbimento capillare, almeno a distanza di metri 0,50 dal fondo della fossa per inumazione”; i commi 3 e 4 dell’articolo in esame sono stati successivamente abrogati dall’art. 28, comma 2, L. n. 166/2002.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 33, comma 1, lett. d) L. n. 47/1985, 39 L. n. 724/1994 e 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34, gli immobili edificati nelle fasce di rispetto cimiteriali non sono condonabili, in quanto localizzati in zone gravate da vincolo di inedificabilità assoluta; tali fasce di rispetto si estendono per duecento metri e sono suscettibili di deroga in fattispecie eccezionali, tipizzate dall’art. 388 cit. con esclusivo riferimento a procedimenti ad iniziativa pubblica e per la realizzazione di interessi imputabili alla collettività di riferimento, con conseguente esclusione di una possibilità di deroga a tutela di interessi meramente individuali.
Al riguardo, il Collegio intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale accolto da questo Consiglio con sentenza 26 agosto 2019, n. 5863, la cui motivazione deve intendersi richiamata anche ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.
In materia di vincolo cimiteriale deve, infatti, rilevarsi che:
– l’art. 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34 – nella formulazione ratione temporis applicabile nella specie, avuto riguardo alla data di presentazione dell’istanza di condono e di adozione del provvedimento di diniego impugnato in primo grado – prevedeva che “i cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. È vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”; detto comma poneva due precetti, il primo, prescrittivo di un limite legale di distanza di carattere generale per la realizzazione dei cimiteri, incidente come tale anche sui poteri pianificatori urbanistici comunali; il secondo, impositivo di un vincolo di inedificabilità e di immodificabilità assoluta conformativo dei diritti dominicali;
– in particolare, il vincolo cimiteriale prescritto dall’art. 338 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 determinava – e determina ancora oggi – un regime di inedificabilità ex lege, integrando una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con il perimetro dell’area cimiteriale;
– il vincolo, in ragione del suo carattere assoluto, non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
– il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
– avuto riguardo alla ratio sottesa alla norma in esame, la nozione di “centro abitato” richiamata dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34, deve intendersi in senso ampio e comprensivo di ogni ambito spaziale nel quale insistano edifici connotati da effettiva e permanente destinazione residenziale o con uso correlato alla residenza, posto che, altrimenti, si consentirebbe la generalizzata costruzione o ampliamento dei cimiteri anche a ridosso di edifici a uso abitativo, in violazione delle esigenze di tutela della pubblica igiene e salute sottese alla prescrizione di cui all’art. 338, comma 1, cit.;
– la deroga prevista dal quinto comma dell’art. 338 r.d. n. 1265/34 con riferimento all’ampiezza della fascia di rispetto cimiteriale era subordinata ad un apposito provvedimento prefettizio, da adottare a conclusione di un procedimento avviato ad iniziativa pubblica (richiesta del Consiglio comunale), a conferma della cogenza della fascia di rispetto cimiteriale, suscettibile di essere ridotta soltanto in via autoritativa e a tutela di interessi pubblici;
– la natura assoluta del vincolo di inedificabilità gravante sulle fasce di rispetto cimiteriale è stata confermata dall’art. 57 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 il quale, al comma 3, ha ribadito il divieto di “costruire, entro la fascia di rispetto, nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti”;
– la deroga recata dal comma 4 del medesimo art. 57 d.P.R. n. 285/1990 – secondo cui “Nell’ampliamento dei cimiteri esistenti, l’ampiezza della fascia di rispetto non può essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti ed a 50 metri per gli altri comuni” – tende a salvaguardare -nel rispetto di un predefinito procedimento autorizzatorio- l’interesse pubblico al reperimento di aree per le sepolture, da garantire mediante l’ampiamento dell’area cimiteriale; tale deroga, dunque, in quanto espressamente riferita al mero ampliamento dei cimiteri esistenti, non può essere intesa come costituiva in capo al privato di una facoltà di edificare in deroga alla fascia di rispetto di duecento metri prescritta dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34.
Alla stregua di tali considerazioni, la sentenza di primo grado risulta immune dagli errori denunciati dall’appellante.
1.2 In primo luogo, si osserva che il vincolo cimiteriale, diversamente da quanto ritenuto dall’appellante, si atteggia come vincolo assoluto.
Come precisato da questo Consiglio, “il vincolo stabilito a tutela dei cimiteri dall’art. 338, è un vincolo assoluto e inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblici rilevanti e sensibili e, come tale, prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute negli strumenti urbanistici, mentre le ipotesi tassative di deroga, previste dai successivi commi IV e V, per tal loro natura sono di stretta interpretazione e vanno intese come preordinate a fini d’interesse collettivi, in particolare all’esigenza di ampliare il cimitero stesso o per opere pubbliche e, quindi, non sono utilizzabili per la costruzione di edifici da parte di privati, né consentono un giudizio di concreta compatibilità delle opere da sanare col vincolo stesso (che, essendo d’inedificabilità assoluta, non consente sanatoria)” (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 aprile 2019, n. 2622).
Ne discende, dunque, l’infondatezza del primo motivo di appello nella parte in cui contesta la natura assoluta del vincolo cimiteriale in parola.
Né a diversa conclusione potrebbe giungersi facendo riferimento alle recenti modifiche dell’art. 338, introdotte dalla legge 1° agosto 2002, n. 166, che ammetterebbero interventi di recupero o funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti all’interno della zona di rispetto, oltre che la riduzione della zona di rispetto cimiteriale attraverso delibera del Consiglio comunale.
Difatti, la disciplina normativa invocata dall’appellante, introdotta dalla L. n. 166 del 2002, non risulta applicabile nella specie, essendo sopravvenuta tanto alla presentazione dell’istanza di condono, quanto all’adozione del provvedimento di diniego. In ogni caso, si osserva, da un lato, che l’appellante ha realizzato una nuova costruzione avente destinazione residenziale, non riconducibile alle fattispecie di cui all’art. 338, ultimo comma, nella formulazione attualmente vigente (circostanza, peraltro, neanche specificatamente dedotta, né a fortiori provata dalla parte processuale).
Parimenti, non possono trarsi argomenti a sostegno dell’appello sulla base della disciplina dettata dall’art. 338, comma 5, r.d. n. 1265/34, tenuto conto che la deroga alle fasce di rispetto cimiteriali è ammissibile soltanto all’esito di un procedimento ad iniziativa pubblica e per la tutela di interessi pubblici, non potendo essere invocata al fine di legittimare la realizzazione di opere private a soddisfazione di un interesse individuale (così Consiglio di Stato, sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7329, secondo cui “la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma; e questo art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile, sia per ragioni di ordine igienico-sanitario sia per la sacralità dei luoghi di sepoltura (v. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656)”).
Infine, il vincolo cimiteriale non avrebbe potuto ritenersi derogato neanche ai sensi del comma 4 dell’art. 338 r.d. n. 1265/34 (cfr. anche art. 57, comma 4, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 nella formulazione antecedente alla sua abrogazione avvenuta con l’art. 28, comma 2, L. n. 166/2002), tenuto conto che tale previsione concerne soltanto la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento dell’area cimiteriale esistente; non potendo, quindi, certo intendersi come legittimante l’edificazione privata in deroga alla fascia di rispetto di 200 metri prescritta dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34.
Ne deriva che l’Amministrazione comunale, nell’adozione del provvedimento impugnato in primo grado, ha correttamente applicato l’art. 33, comma 1, lett. d) L. n. 47/1985 (rientrante tra le previsioni richiamate dall’art. 39 L. n. 724/1994), facendosi questione di opere contrastanti con un vincolo comportante la inedificabilità delle aree, come tale non suscettibili di sanatoria.
1.3 In secondo luogo, si rileva l’infondatezza del motivo di appello anche nella parte in cui intende valorizzare le peculiarità dell’abuso in parola ai fini della sua sanatoria, facendo riferimento alle sue particolari caratteristiche di consistenza e collocazione all’interno di una struttura edificata preesistente.
Al riguardo, si osserva che l’assolutezza del vincolo opera, infatti, con riferimento ad ogni singolo fabbricato e per ogni tipo di costruzione trattandosi di un divieto di edificazione posto a tutela della natura e della salubrità dei luoghi; sicché non può ammettersi alcuna distinzione in ragione delle concrete peculiarità dei manufatti, riguardando anche gli eventuali manufatti (in ipotesi) pertinenziali (Consiglio di Stato, sez. II, 4 luglio 2019, n. 4586).
Tale vincolo risulta, quindi, ostativo alle opere realizzate dall’appellante.
Nella specie, in particolare, si fa questione di una nuova unità abitativa destinata a residenza, di superficie considerevole, pari a 81 mq, riconducibile ad un intervento di nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e.1), D.P.R. n. 380/01, a nulla rilevando la circostanza per cui detta unità sia stata realizzata all’interno di un terra pieno e non sia, in ipotesi, idonea a modificare l’assetto attuale dell’ambiente esterno, dovendosi intendere come nuova costruzione l’intervento volto alla costruzione di manufatti edilizi non solo fuori terra, ma anche interrati.
Questo Consiglio ha precisato, infatti, che, perfino per le opere non aventi destinazione residenziale, interrate e soggette ad una disciplina derogatoria settoriale (parcheggi interrati) l’assolutezza del vincolo cimiteriale risulta ostativa all’intervento edilizio: “trattandosi di un vincolo assoluto, non può essere utile fare riferimento al carattere derogatorio di cui all’art. 9 della L. n. 122/89, in quanto, anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all’uso abitativo e, comunque, posta nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui al cit. art. 338” (Consiglio di Stato, sez. V, 14 settembre 2010, n. 6671).
Ne deriva che, sebbene l’opera per cui è controversia sia stata eseguita all’interno di una struttura edificata preesistente, ricavata dall’eliminazione, all’interno di un terrapieno/terrazza, cinto da mura, di parte del terreno, la stessa si è comunque tradotta nella realizzazione di un manufatto, peraltro con destinazione residenziale, precluso dalla natura assoluta del vincolo cimiteriale gravante sulla zona di esecuzione.
1.4 Alla stregua delle considerazioni svolte, il primo motivo di appello risulta infondato, tenuto conto che il Comune appellato ha correttamente ritenuto applicabile nella specie l’art. 388, comma 1, r.d. n. 1265/34, facendosi questione di vincolo assoluto, operante per qualsivoglia manufatto edilizio realizzato entro la fascia di rispetto di duecento metri, nella specie violata.
Pertanto, tenuto conto che il vincolo cimiteriale opera per qualsiasi manufatto edilizio, considerato, peraltro, che nella specie, come correttamente rilevato dal Tar (secondo cui il manufatto in questione è da qualificare come costruzione edilizia vera e propria soggetta a obbligo di concessione edilizia), l’appellante ha realizzato una nuova costruzione, l’Amministrazione intimata ha correttamente ritenuto l’opera non suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 33 L. n. 47 del 1985, in quanto realizzata entro la fascia di risetto cimiteriale, pervenendo legittimamente al rigetto della relativa istanza di condono.
2. Con il secondo motivo di appello viene contestata l’erroneità della sentenza di primo grado, per non avere ritenuto necessaria una specifica motivazione circa la lesione dell’interesse pubblico sotteso all’imposizione del vincolo cimiteriale.
Secondo la prospettazione dell’appellante, l’Amministrazione avrebbe dovuto verificare se l’intervento edilizio realizzato fosse stato in contrasto con le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della sacralità del luogo e il mantenimento di un’area di possibile espansione, interessi pubblici da ritenere presupposto del vincolo di inedificabilità e non come una mera esplicazione dello stesso.
Per l’effetto, il Comune avrebbe dovuto motivare adeguatamente l’eventuale violazione degli interessi sottesi al vincolo cimiteriale suscettibile di derivare dall’opera concretamente realizzata; all’esito, tenuto conto che l’intervento eseguito non implicava alcuna alterazione dello stato dei luoghi o alcuna modifica dell’ambiente esterno, come rilevato anche dall’USL 10/E nel parere dell’1.12.1992 – facendosi questione di opera all’interno di una struttura edificata preesistente, ricavata dall’eliminazione, all’interno di un terrapieno/terrazza, cinto da mura, di parte del terreno ivi riportato senza alcuna alterazione dello stato dei luoghi o modificazione dell’ambiente esterno, a circa 150 metri dal perimetro del cimitero, dal quale il complesso immobiliare è separato da un notevole dislivello – l’Amministrazione avrebbe dovuto accogliere l’istanza di condono.
Infine, il provvedimento impugnato in primo grado -secondo quanto contestato in appello – sarebbe illegittimo anche perché adottato senza tenere conto che l’art. 62, comma IV, delle N.T.A. del p.r.g. adottato dal Comune di Firenze con delibera del C.C. 12 luglio 1993 aveva ridotto a m. 100 l’estensione dell’area soggetta a vincolo di rispetto cimiteriale (originariamente estesa per m. 200).
Anche il secondo motivo di impugnazione risulta infondato.
2.1 L’assolutezza del vincolo cimiteriale esime l’Amministrazione procedente da una motivazione specifica circa l’idoneità dell’opera realizzata ad incidere sugli interessi pubblici sottesi all’art. 388, comma 1, r.d. n. 1265/34, essendo a tale fine sufficiente la constatazione dell’avvenuta realizzazione di un manufatto entro alla fascia di rispetto di 200 metri dalla sede cimiteriale, in violazione del vincolo comportante inedificabilità assoluta.
Come precisato da questo Consiglio, “l’esistenza del vincolo cimiteriale nell’area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l’inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. n. 47 del 1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo” (Consiglio di Stato, sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4692).
Pertanto, l’Amministrazione, nel rigettare l’istanza di condono, non era tenuta a motivare in ordine alle concrete caratteristiche del manufatto realizzato e alla sua idoneità a pregiudicare gli interessi pubblici sottesi all’imposizione del vincolo cimiteriale, essendo sufficiente il rilievo, contenuto nel provvedimento impugnato, circa l’avvenuta realizzazione dell’intervento edilizio in zona sottoposta fascia di rispetto cimiteriale e, quindi, in zona gravata da vincolo comportante inedificabilità assoluta.
Per le stesse ragioni, non sarebbe stato necessario prendere in esame neanche il precedente parere reso dall’USL, peraltro reso con riferimento ad intervento (garage di 33 mq) differente da quello in concreto realizzato (unità abitativa di 81 mq).
2.2 Parimenti infondata risulta l’ultima argomentazione riguardante l’art. 62, comma IV, delle N.T.A. del p.r.g. adottato dal Comune di Firenze con delibera del C.C. 12 luglio 1993, mediante cui era stata ridotta a m. 100 l’estensione dell’area soggetta a vincolo di rispetto cimiteriale (originariamente estesa per m. 200).
Al riguardo, la doglianza non risulta meritevole di accoglimento, non traducendosi in una critica argomentata alla sentenza di primo grado; in ogni caso, come osservato nello statuire sul primo motivo di appello, il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
Peraltro, la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale non è idonea a legittimare interventi privati a soddisfazione di un interesse individuale, essendo prevista dall’art. 388 r.d. n. 1265/34 all’esito di procedimenti ad iniziativa pubblica e per la realizzazione di interessi imputabili alla collettività di riferimento.
Come precisato da questo Consiglio, “la riduzione della fascia di rispetto – a seconda dei casi – a 100 ovvero a 50 metri su richiesta del Consiglio Comunale per “gravi e giustificati motivi” poteva a sua volta avvenire soltanto per esigenze di interesse pubblico, come del resto accade a tutt’oggi nell’attuale vigenza della corrispondente disciplina novellata dello stesso art. 338, quinto comma (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656 e Sez. VI, 17 marzo 2014, n. 131) e sempre ad esclusiva iniziativa del pubblico potere a ciò competente, e non già ad iniziativa del privato (cfr. ibidem).
In questo caso, quindi, la mera previsione da parte del legislatore di una possibile azione amministrativa finalizzata alla riduzione dell’estensione della fascia di rispetto non identificava, e non identifica, un mutamento della natura intrinsecamente e indefettibilmente assoluta del vincolo, ma consentiva e consente ai pubblici poteri di disporre, nel contesto delle proprie funzioni di pianificazione del territorio e mediante il procedimento speciale inderogabilmente al riguardo contemplato, la localizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse e di standard e, in genere, la realizzazione di opere edilizie e l’insediamento di attività reputate compatibili, sotto il profilo sia igienico-sanitario, sia del mantenimento della sacralità del luogo, con la perdurante insistenza del vincolo.
Ma – giova ribadire – tutto ciò poteva e può a tutt’oggi avvenire solo ed esclusivamente per iniziativa dei pubblici poteri e nelle forme tassativamente contemplate ad oggi nell’attuale testo del comma in esame, e all’epoca dei fatti di causa nel suo testo pro tempore vigente.
Se così è, deve allora concludersi che all’epoca dei fatti di causa eventuali istanze di accertamento di conformità à sensi dell’allora vigente art. 13 della l. 28 febbraio 1985, n. 47,, ovvero di condono edilizio richiesto à sensi dell’art. 31 e ss. della medesima l. 47 del 1985, o dell’art. 39 della l. 23 dicembre 1994, n. 724 non potevano comunque consentire da parte del privato che avesse proposto le relative istanze anche l’attivazione dei sopradescritti procedimenti di riduzione del vincolo, non trovando al riguardo spazio interessi di singoli rispetto alle esigenze generali.
Anche per queste ipotesi, quindi, vale il principio secondo il quale la riduzione del vincolo cimiteriale deve sempre e comunque rispondere ad interessi della collettività, non potendo per contro sovvenire a posizioni uti singuli” (Consiglio di Stato, sez. II, 26 agosto 2019, n. 5863).
Parimenti, come osservato, non potrebbe argomentarsi a fondamento del motivo di appello neanche sulla base del comma 4 dell’art. 338 r.d. n. 1265/34, tenuto conto che tale previsione concerne soltanto la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento dell’area cimiteriale esistente; non potendo, quindi, certo intendersi come legittimante l’edificazione privata in deroga alla fascia di rispetto di 200 metri prescritta dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34.
Ne deriva che il riferimento valorizzato dall’appellante al PRG del Comune di Firenze, che avrebbe ridotto a m. 100 l’estensione dell’area soggetta a vincolo di rispetto cimiteriale, non è invocabile per consentire la realizzazione di manufatti a tutela di interessi individuali, operando soltanto per esigenze generali non ascrivibili ai singoli.
In ogni caso, si osserva che il doc. prodotto dall’appellante in primo grado (4 del deposito del 26.10.2012), nel disciplinare le aree cimiteriali prevede che le relative fasce di rispetto sono regolate dalla normativa vigente e non possono avere comunque larghezza inferiore a m 100; il che evidenzia come il PRG non determinasse una fascia di rispetto inferiore a quella prescritta dall’art. 388 comma 1, r.d. n. 1265/34 – che comunque si imporrebbe sulla differente previsione dello strumento urbanistico generale (Consiglio di Stato, sez. II, 28 giugno 2019, n. 5863, secondo cui il vincolo cimiteriale “si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti”) – bensì rinviasse alla disciplina generale vigente in materia -e, quindi, alla fascia di 200 metri dalla sede cimiteriale ex art. 388, comma 1, r.d. n. 1265/34- limitandosi a prevedere un limite minimo comunque non derogabile, pari a 100 metri.
Pertanto, anche tale formulazione del PRG, richiamando la normativa vigente e prevedendo un limite minimo comunque non derogabile anche nelle ipotesi in cui la normativa vigente lo avesse consentito, non può essere inteso come legittimante l’edificazione di manufatti privati, per interessi dei singoli, ad una distanza inferiore a quella di 200 metri dalla sede cimiteriale, prescritta dall’art. 388, comma 1, r.d. n. 1265/34.
2.3 In conclusione, anche il secondo motivo di appello deve essere rigettato, facendosi questione di opera realizzata nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale, in violazione di un vincolo comportante l’inedificabilità assoluta, ostativo ai sensi dell’art. 33 L. n. 47 del 1985 all’accoglimento dell’istanza di condono presentata dall’appellante.
3. La particolarità del caso giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali del grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Compensa interamente tra le parti le spese processuali del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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