Gli abusi edilizi sono illeciti permanenti

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 4 marzo 2019, n. 1498.

La massima estrapolata:

Poiché gli abusi edilizi sono illeciti permanenti, il potere amministrativo di vigilanza e repressione, ossia l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della relativa sanzione, può intervenire anche decorso un rilevante lasso temporale dalla realizzazione dell’abuso, il quale è da considerare sempre attuale finché non venga rimosso o represso. Il trascorrere del tempo di per sé non legittima situazioni che, essendo ab origine contra ius, non possono fondare alcun affidamento incolpevole.

Sentenza 4 marzo 2019, n. 1498

Data udienza 7 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1808 del 2016, proposto da
Pi. El., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ma., domiciliato presso la Segreteria Consiglio Di Stato in Roma, piazza (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Er. Fu., con domicilio eletto presso lo studio Do. Fu. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 03874/2015, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive e ripristino
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Fu. Er..;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza Tar Campania n. 3874 del 22.07.2015 di reiezione del ricorso n. proposto dal sig. El. Pi. per l’annullamento del provvedimento di demolizione n. 21005 del 19 giugno 2014 emanato dal Dirigente del Comune di (omissis), gestione- tutela e sicurezza del territorio, urbanistica ed edilizia.
2. Nell’atto introduttivo l’appellante premette che:
– il sig. El. Pi., nella qualità di amministratore della Società El. Sp. S.r.l., dal 22.07.2010 conduce in locazione un immobile realizzato, in (omissis) alla Via (omissis);
– in data 11.10.2011, il sig. Pi. El. inviava al Comune di (omissis) una comunicazione di inizio di lavori di manutenzione ordinaria relativa all’immobile in oggetto;
– in data 19.02.2014 veniva effettuato un sopralluogo ad opera dei Vigili Urbani del comune di (omissis) i quali, rilevando l’abusività dei lavori intrapresi, trasmettevano regolare denuncia al Comune di (omissis);
– con disposizione dirigenziale n. 21005 del 19 giugno 2014, notificata in data 23 giugno, il Dirigente del Comune di (omissis), gestione- tutela e sicurezza del territorio, urbanistica ed edilizia, ordinava la demolizione del manufatto a carico del sig. El. Pi., disponendo in caso di inadempimento la demolizione a cura dell’ufficio con inizio dei lavori per il giorno 9 luglio 2014;
– con ricorso n. 5321/2014 in sig. El. Pi. impugnava il provvedimento di demolizione innanzi al Tar Campania chiedendone l’annullamento previa sospensiva;
– con ordinanza cautelare n. 1989/2014 veniva accolta la domanda di sospensione cautelare;
– con sentenza n. 3874 del 22.07.2015, il Tar Campania rigettava il ricorso e confermava il provvedimento dirigenziale.
3. Appella la sentenza il sig. El. Pi.. Resiste il comune di (omissis).
Alla pubblica udienza del 7 febbraio 2019 la causa, si richiesta delle parti, è stata trattenuta in decione.
4. Con il primo motivo di doglianza l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado laddove i giudici di prime cure non avrebbero correttamente esaminato la documentazione allegata ed hanno rigettato il ricorso sul presupposto dell’assenza di prova sull’esatta collocazione temporale della data di completamento del manufatto, nonostante avesse fornito un principio di prova in ordine al tempo di costruzione ed ultimazione dell’opera stessa.
5. Il motivo è infondato.
5.1. Per costante giurisprudenza, l’onere della prova dell’ultimazione delle opere da sanare entro i termini di cui all’art. 32, comma 25, del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326 ovvero di quelle per cui il condono non è richiesto, perché realizzate legittimamente senza titolo, ratione temporis, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (cfr., ex multis, Cons.Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703, Id., sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1440, Id., sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1391). In difetto di tali prove resta pertanto integro il potere dell’amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria.
5.2. Tale prova nel caso di specie non è stata assolta. Gli elementi di fatto proposti in sede procedimentale dalla parte istante la sanatoria sono del tutto insufficienti ai richiamati fini.
6. Con il secondo motivo l’appellante denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado laddove la stessa ha riconosciuto in capo al ricorrente l’ulteriore onere di provare la conformità del manufatto al regime vincolistico di cui al decreto ministeriale del 12 settembre 1957.
6.1. L’onere risulterebbe infatti eccessivamente gravoso imponendo al signor El., per il solo fatto di essere conduttore di un cespite a lui pervenuto a seguito di subentro in un contratto di locazione precedentemente stipulato dal Signor Al. Ne. con IACP di Napoli, l’esibizione di una documentazione risalente agli anni 60 del secolo scorso di cui questi non risulta certamente nella disponibilità .
6.2. L’imposizione risulterebbe inoltre superflua poiché l’immobile è stato realizzato nell’ambito del più vasto progetto di costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare, eseguito con titolo idoneo dall’istituto case popolari sul territorio del Comune di (omissis).
7. Il motivo non è fondato.
7.1. La realizzazione dell’opera nell’ambito di un progetto di costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare non prova di per sé la legittimità paesaggistica della stessa.
7.2. L’interesse pubblico, di rango costituzionale, alla preservazione del paesaggio impone una prova diretta della conformità del cespite anche quando questa possa risultare gravosa.
7.3. L’onere di provare tale condizione incombe sul privato che detiene la disponibilità dell’immobile indipendentemente dalla sua affettiva responsabilità nella commissione dell’abuso.
7.4. Nel caso di specie tale prova risulta carente essendosi limitato l’appellante a contestare la che gravasse su di lui il relativo onere.
8. Nel terzo motivo di appello si lamenta la carenza di motivazione del provvedimento impugnato laddove lo stesso si limita a dichiarare il carattere abusivo dell’opera senza tener conto del legittimo affidamento circa la regolarità urbanistica e paesaggistica dell’immobile ingenerato nel sig. El. a seguito dello svolgimento da quaranta anni nell’ambito dello stesso di attività di somministrazione al pubblico (bar) e di vendita al dettaglio di articoli sportivi.
9. Il motivo non è fondato.
9.1. Poiché gli abusi edilizi sono illeciti permanenti, il potere amministrativo di vigilanza e repressione, ossia l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della relativa sanzione, può intervenire anche decorso un rilevante lasso temporale dalla realizzazione dell’abuso, il quale è da considerare sempre attuale finché non venga rimosso o represso. Il trascorrere del tempo di per sé non legittima situazioni che, essendo ab origine contra ius, non possono fondare alcun affidamento incolpevole.
9.2. Tale assunto risulta dirimente nel chiarire i termini del contrasto giurisprudenziale sorto in tema di necessaria motivazione dell’ordinanza di demolizione di abuso edilizio, definito dal Consiglio di Stato attraverso due Adunanze Plenarie, del 17 ottobre 2017. Seppure le due pronunce siano strettamente connesse in ordine al possibile riconoscimento di un onere motivazionale che grava sull’amministrazione, si riferiscono a due fattispecie diverse: da un lato, l’emanazione di un atto di annullamento di una concessione edilizia in sanatoria, intervenuto a considerevole distanza di tempo dal provvedimento originario; dall’altro, la comminazione di una sanzione demolitoria per un abuso edilizio realizzato oltre trent’anni prima.
9.3. Nel primo caso la discrezionalità insita al potere di autotutela rende essenziale la valutazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’atto di ritiro da contemperare con gli interessi dei privati coinvolti dal provvedimento sfavorevole. Di tale valutazione l’Amministrazione potrà definitivamente dare conto all’interno della motivazione del provvedimento. Per questo il Consiglio di Stato, nell’ambito della Plenaria 8/2017 ha precisato che: “nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole”.
9.4. Le premesse mutano tuttavia quando non viene in rilievo l’annullamento di un titolo edilizio, adottato a distanza di anni dal rilascio del titolo medesimo, ma si esamina una situazione di totale assenza di titolo edilizio e conseguente, seppure tardiva, ingiunzione di demolizione disposta dalla PA.
9.5. Il discrimen fra i due casi è evidente soprattutto se si considera la posizione soggettiva del privato. Nel primo caso, la presenza di un originario atto amministrativo favorevole, radica una posizione di legittimo affidamento; nel secondo caso, al contrario, non può ipotizzarsi alcun legittimo affidamento in capo al privato, il quale non è mai stato destinatario di un provvedimento favorevole, avendo egli edificato sine titulo.
L’intervento edilizio è sin dall’origine illegittimo e, per tale motivo, inidoneo a “ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata”.
9.6. La mancanza di affidamento incolpevole esclude che il mero decorso del tempo possa pregiudicare l’esercizio (doveroso) del potere amministrativo di adottare il provvedimento di demolizione, al fine di ripristinare l’assetto urbanistico ed edilizio preesistente. Conformemente la l’Adunanza Plenaria 9/2017 ha affermato che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso”.
10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
11. Le spese del grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il sig. Pi. El. al pagamento delle spese del grado di giudizio in favore del comune di (omissis) che si liquidano in complessivi 3000,00 (tremila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore

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