Il giudice tributario deve esplicitare perché la mancata esibizione documentale equivale a rifiuto

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 17 maggio 2019, n. 13336.

La massima estrapolata:

Il giudice tributario deve esplicitare perché la mancata esibizione documentale equivale a rifiuto. Se in tema di verifiche fiscali i libri, i registri, le scritture o i documenti, dei quali è rifiutata l’esibizione, non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, il giudice tributario deve, però, pronunciarsi sulla loro inutilizzabilità nel caso in cui l’Amministrazione abbia presunto il sostanziale rifiuto, che deve ritenersi integrato dall’indisponibilità della documentazione per colpa, caso fortuito o forza maggiore.

Ordinanza 17 maggio 2019, n. 13336

Data udienza 27 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29121/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 94/34/11, depositata il 31 ottobre 2011.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 novembre 2018 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

RILEVATO

che:
1. con sentenza n. 94/34/11 del 31/10/2011, la CTR della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 284/03/09 della CTP di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto da (OMISSIS), titolare della ditta TVP di (OMISSIS), avverso l’avviso di accertamento a fini IRPEF, IRAP e IVA relativo all’anno 2002;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’atto impugnato veniva emesso a seguito della mancata produzione, da parte del contribuente, della documentazione contabile obbligatoria richiesta dai verificatori in sede di accesso; b) l’Ufficio disconosceva, pertanto, i costi dedotti dal contribuente, procedendo alla corrispondente rettifica del reddito d’impresa; c) la CTP respingeva il ricorso del (OMISSIS); d) la sentenza della CTP era appellata dal contribuente;
1.2. su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) il processo verbale di accesso e richiesta di documenti era affetto da molteplici vizi formali e sostanziali (non era stato compilato presso la sede della societa’ ma presso l’abitazione del contribuente, non risultava attestare “ne’ la effettiva realta’ dei fatti, ne’ la provenienza del documento, ne’ l’avvenuta sua consegna al legittimo destinatario”, essendo intestato ad altra societa’) e non poteva costituire idoneo presupposto per la rideterminazione del reddito imponibile di cui all’avviso di accertamento; b) l’inadempimento del contribuente all’esibizione della documentazione richiesta non esimeva l’Ufficio “dall’effettuare un piu’ oculato ed approfondito controllo reddituale del contribuente”, atteso che il divieto di prendere in considerazione la documentazione contabile non esibita si giustificava solo se il contribuente si fosse intenzionalmente sottratto al suo obbligo; c) in ogni caso, l’esito del contraddittorio endoprocedimentale non condizionava la possibilita’, per il contribuente, di difendersi nel giudizio di merito, producendo la documentazione non esibita, che non poteva ritenersi tardiva soprattutto a fronte di un verbale d’accesso quanto meno irregolare; d) la documentazione contabile prodotta in giudizio consentiva una valutazione di legittimita’ delle detrazioni IVA e dei costi dedotti, ritenuti inerenti e congrui; e) quanto sopra comportava l’inapplicabilita’ delle sanzioni, che non andavano irrogate “quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”; f) allo stesso modo si era pronunciata la CTP di Milano con riferimento ad altri avvisi di accertamento scaturiti dal medesimo processo verbale di accesso;
2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi;
3. (OMISSIS) resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex articolo 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

Che:
1. con il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, motivazione illogica o insufficiente in ordine al fatto controverso della portata decettiva del verbale di accesso e di richiesta documenti, ritenuto ingiustificatamente inidoneo a supportare la pretesa impositiva dell’Erario e a trarre in inganno sulla persona cui e’ diretta la richiesta di esibizione dei documenti;
2. i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono complessivamente fondati;
2.1. la CTR afferma che il verbale di accesso e di richiesta di documenti e’ affetto da molteplici irregolarita’, ma si limita a specificare che: a) lo stesso sarebbe stato redatto presso l’abitazione dell’imprenditore e non presso la sede dell’impresa; b) quest’ultima sarebbe stata erroneamente indicata; c) l’atto non sarebbe stato consegnato al legittimo destinatario, da individuarsi nella (OMISSIS) s.p.a.;
2.1.1. tali irregolarita’ sarebbero idonee a trarre in inganno il contribuente sulla persona del verificato, nonche’ sull’anno d’imposta, essendo stato indicato l’anno 2004, sicche’ legittimamente questi non avrebbe ottemperato alla richiesta di esibizione;
2.2. tuttavia, la motivazione della CTR: 1) e’ del tutto generica e, dunque, insufficiente quando fa riferimento a molteplici irregolarita’ senza indicare specificamente quali esse siano; 2) e’ illogica quando, a fronte degli elementi emergenti dal verbale di accesso (chiaramente unitario, indicativo del nominativo del soggetto verificato, contenente una dettagliata richiesta di documenti e sottoscritto dal contribuente) valorizza, ai fini della decettivita’, o circostanze ininfluenti (l’effettuazione dell’accesso al di fuori della sede dell’impresa e presso l’abitazione del contribuente) ovvero elementi obiettivamente poco rilevanti ed indicativi di riconoscibili errori materiali (la mera annotazione, in alto sulla seconda pagina, del nominativo di altra impresa e del riferimento ad altro verbale);
3. con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32 e del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 52, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la documentazione non esibita a seguito dell’invito contenuto nel processo verbale di accesso puo’ essere prodotta in giudizio solo ove la mancata esibizione sia dovuta a causa non imputabile;
4. il motivo e’ fondato;
4.1. vertendosi in tema di verifica fiscale, la fattispecie e’ regolata unicamente dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 52, comma 5, (richiamato in tema di imposte dirette dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1972, articolo 33, comma 1), secondo il quale “i libri, registri, scritture e documenti di cui e’ rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”;
4.3. tale disposizione viene comunemente interpretata dalla S.C. nel senso che la sanzione della inutilizzabilita’ di produzioni tardive non consegue alla semplice mancata esibizione della documentazione richiesta dai verificatori da parte del contribuente, ma implica un sostanziale rifiuto all’esibizione, accertabile anche sulla base di elementi presuntivi; ne’ tale rifiuto e’ integrato dall’indisponibilita’ della documentazione per colpa, caso fortuito o forza maggiore (Cass. S.U. n. 45 del 25/02/2000; Cass. n. 24503 del 02/12/2015; Cass. n. 16960 del 11/08/2016; Cass. n. 5914 del 08/03/2017; Cass. n. 27885 del 31/10/2018);
4.4. nel caso di specie, la CTR, omettendo, come suo onere, qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti applicativi della disposizione sopra menzionata (e, dunque, alla configurabilita’ di un rifiuto imputabile al contribuente), ha erroneamente ritenuto che sussistesse in ogni caso un dovere dell’Ufficio di esaminare la documentazione tardivamente prodotta, con cio’ tradendo la finalita’ (anche) sanzionatoria del precetto, che deriva direttamente dal principio di leale collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria;
4.5. in altri termini, la CTR avrebbe dovuto chiarire per quali ragioni la mancata tempestiva esibizione della documentazione richiesta non integrasse i presupposti del rifiuto, sanzionato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 , articolo 52, comma 5, con la preclusione dell’utilizzazione, sia in sede amministrativa che processuale, della documentazione tardivamente prodotta;
5. con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 8, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32 ed il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 52, sono chiaramente determinati nella portata, sicche’ devono ritenersi applicabili le sanzioni;
6. il motivo, riguardando il profilo delle sanzioni, resta assorbito;
7. con il settimo motivo si contesta la violazione dell’articolo 324 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR non avrebbe potuto trarre argomenti dalla sentenza della CTP di Milano n. 185/24/10, non passata in giudicato;
8. il motivo e’ inammissibile, perche’ non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, e, comunque, infondato;
8.1. il riferimento alla menzionata sentenza della CTP assume, nella motivazione della CTR, il valore di mera argomentazione volta a suffragare la tesi accolta, senza che venga attribuito al precedente la valenza di giudicato esterno;
8.2. in ogni caso, indipendentemente dal passaggio in giudicato, ben puo’ il giudice tributario trarre elementi di convincimento da precedenti pronunce di altri giudici emesse in fattispecie similari, senza che vi sia la necessita’ del loro passaggio in giudicato;
9. in conclusione, il ricorso va accolto con riferimento ai primi cinque motivi, assorbito il sesto e rigettato il settimo; la sentenza della CTR va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto e rigettato il settimo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

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