Allevamenti di equini in mancanza della prescritta autorizzazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26615.

La massima estrapolata:

In relazione all’illecito amministrativo di gestione di allevamenti di equini in mancanza della prescritta autorizzazione, della violazione risponde l’imprenditore che, nella disciplina specifica, si identifica con il titolare dell’azienda e, quindi, nel caso in cui l’attività sia esercitata in forma societaria, con il legale rappresentante dell’ente, ferma restando – ai sensi dell’art. 6 l. n. 689 del 1981 – la responsabilità solidale della società. In ogni caso, di detta violazione non può mai essere ritenuto responsabile il dipendente o il collaboratore dell’impresa, trattandosi di illecito che, inerendo alle condizioni di svolgimento di una attività imprenditoriale, deve essere qualificato come “proprio” e che può essere commesso soltanto dal titolare dell’azienda . (In applicazione del principio enunciato, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato la responsabilità del responsabile tecnico dell’azienda al quale era stato conferito solo in via di fatto il potere di gestione degli impianti, senza che rivestisse anche la qualità di titolare dell’attività di impresa).

Ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26615

Data udienza 14 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2973-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI POGGIO RENATICO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 669/2014 del TRIBUNALE DI FERRARA, depositata il 04/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto l’accoglimento del secondo motivo, il rigetto del primo e l’assorbimento dei restanti motivi;
Lette le memorie depositate da parte ricorrente.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. (OMISSIS) ha proposto opposizione avverso le ordinanze ingiunzione emesse dal Comune di Poggio Renatico in data 22 dicembre 2010 con le quali gli era stata irrogata la sanzione amministrativa per le violazioni del Decreto Legislativo n. 158 del 2006, articolo 14, comma 1 e del Decreto Legislativo n. 119 del 1992, articolo 34 in relazione agli allevamenti di equini gestiti dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).
Nella resistenza del Comune di Poggio Renatico, ed intervenuta costituzione a mezzo difensore tecnico da parte del (OMISSIS) che aveva inizialmente proposto opposizione personalmente, il Giudice di Pace di Ferrara con la sentenza n. 115/2013 rigettava l’opposizione.
Il Tribunale di Ferrara, a seguito di appello del (OMISSIS), rigettava il gravame, confermando la decisione di prime cure. In motivazione rilevava che, se e’ pur vero che nei procedimenti di opposizione ad ordinanza ingiunzione e’ ben possibile che la parte possa inizialmente decidere di difendersi personalmente e possa poi nel corso del processo ricorrere alla difesa tecnica, e’ altrettanto vero che cio’ non consente di aggirare il regime delle preclusioni, non potendosi quindi depositare atti, come le memorie prodotte dal difensore dell’appellante, in assenza di autorizzazione del giudice.
In ordine al motivo di appello concernente la pretesa violazione della L. n. 689 del 1981, articolo 14 il Tribunale osservava che il termine di 90 giorni previsto dalla norma era stato rispettato, in quanto l’accertamento era avvenuto in data 8/6/2006, essendosi poi proceduto a redigere i verbali di accertamento in data 25/8/2006.
Gli stessi erano si’ stati notificati all’opponente in data 4/10/2006, ma bisognava tenere conto del fatto che in data 26/9/2006 erano state presentate delle osservazioni da parte dei trasgressori, il cui vaglio preventivo era necessario per il completamento dell’istruttoria e per l’accertamento della violazione.
In merito al diverso motivo di impugnazione concernente il difetto di legittimazione passiva del (OMISSIS), al quale le sanzioni erano state irrogate sul presupposto del possesso della qualifica di responsabile tecnico e detentore degli animali ospitati dalle scuderie, senza che pero’ rivestisse anche la qualita’ di titolare dell’attivita’ di impresa, secondo il Tribunale dai verbali di accertamento emergeva che l’opponente aveva costantemente interloquito con i verbalizzanti.
In ragione di tali dichiarazioni poteva reputarsi che lo stesso (OMISSIS) si era considerato responsabile del rispetto degli obblighi, il cui inadempimento era stato sanzionato, assumendo quindi la qualita’ di autore della violazione L. n. 689 del 1981, ex articolo 6 dovendosi ritenere che il fatto che le norme applicate individuino come responsabile il titolare dell’impresa, non esclude che la responsabilita’ amministrativa possa incombere anche su soggetti diversi che in concreto abbiano posto in essere la condotta violata o non abbiano tenuto il comportamento prescritto, pur essendo investiti formalmente o di fatto del potere di porre in essere le condotte imposte dalla normativa speciale.
Il concreto comportamento tenuto dall’appellante induceva a ritenere che lo stesso fosse stato investito de facto del potere di gestione delle scuderie, rendendolo quindi responsabile della violazioni accertate.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di sei motivi.
Il Comune di Poggio Renatico non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, articolo 14 in quanto il giudice di appello non si sarebbe avveduto della fondatezza del motivo di gravame volto a ribadire la decadenza nella quale era incorsa l’amministrazione per avere notificato i verbali di accertamento solo in data 4/10/2006, a fronte di accertamenti eseguiti in data 8/6/2006 (e non oggetto di contestazione immediata, per l’assenza del (OMISSIS)).
Il motivo e’ infondato.
In relazione alla dedotta violazione della L. n. 689 del 1981, articolo 14 si rileva che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 18574/2014; Cass. n. 7681/2014) i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento, l’amministrazione procedente e’ tenuta a provvedere alla notifica della contestazione, devono ritenersi collegati all’esito del procedimento di accertamento, mentre la legittimita’ della durata di quest’ultimo va valutata in relazione al caso concreto e alla complessita’ delle indagini, e non anche alla data di commissione della violazione, dalla quale decorre il solo termine iniziale di prescrizione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 24.
Peraltro (cfr. Cass. n. 9311/2007), l’attivita’ di accertamento dell’illecito non coincide con il momento in cui viene acquisito il “fatto” nella sua materialita’, ma deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti e afferenti agli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione e, quindi, della fase finale di deliberazione, correlata alla complessita’ delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita si’ da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione, competendo al giudice di merito determinare il tempo ragionevolmente necessario all’Amministrazione per giungere a una simile, completa conoscenza, individuando il “dies a quo” di decorrenza del termine, tenendo conto della maggiore o minore difficolta’ del caso concreto e della necessita’ che tali indagini, pur nell’assenza di limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo essendo il relativo giudizio sindacabile, in sede di legittimita’, solo sotto il profilo del vizio di motivazione (conf. Cass. n. 26734/2012).
La sentenza di appello, avuto riguardo alla ormai non contestabile data di compimento della violazione (8/6/2006), ha nella sostanza ritenuto che la notifica del verbale di accertamento fosse avvenuta nel rispetto del termine di novanta giorni di cui al richiamato articolo 14, tenuto conto della necessita’ di assicurare la conclusione dell’attivita’ di accertamento dell’illecito, e cio’ valorizzando la necessita’ di dover sottoporre a vaglio preventivo le osservazioni presentate dagli altri trasgressori in data 26/9/2006.
Ancorche’ la sentenza abbia impropriamente fatto riferimento all’istituto dell’interruzione del termine de quo, la lettura della motivazione evidenzia come la ratio fondante la decisione sia rappresentata dalla necessita’, ai fini del completamento dell’attivita’ istruttoria e di accertamento, di dover adeguatamente vagliare le osservazioni mosse dagli altri trasgressori, ai quali il verbale di accertamento era stato gia’ notificato.
Trattasi di accertamento in fatto che non e’ sindacabile in sede di legittimita’, avendo parte ricorrente omesso altresi’ di denunciarne, sebbene nei ristretti limiti in cui oggi e’ consentito a seguito della novella dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la carenza motivazionale.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, in relazione al Decreto Legislativo n. 158 del 2006, articolo 14 e del Decreto Legislativo n. 119 del 1992, articolo 34 nonche’ degli articoli 2697, 2700, 2727 e 2729 c.c. e dell’articolo 14 preleggi.
Deduce il ricorrente che sin dalla proposizione dell’opposizione aveva dedotto di non essere il titolare delle aziende relativamente alle quali sono state accertate le violazioni, ma che cio’ malgrado era stato sanzionato sull’erroneo presupposto che rivestisse la qualita’ di direttore tecnico.
Aggiunge che la documentazione versata in atti attestava che gli immobili ove erano ubicate le scuderie interessate dall’attivita’ di accertamento erano di proprieta’ di aziende agricole, esercitate in forma societaria, e precisamente della (OMISSIS) S.a.s,. per la scuderia di via (OMISSIS), e della (OMISSIS), per la scuderia di (OMISSIS).
Evidenzia che le norme sanzionatorie applicate individuano come soggetto responsabile il titolare dell’impresa e degli impianti, sicche’ risulta del tutto erroneo il ragionamento seguito dal giudice di appello che ha individuato il (OMISSIS) come responsabile sul presupposto, nemmeno adeguatamente dimostrato, della qualita’ di direttore tecnico.
Trattasi di un’evidente violazione della norma di cui all’articolo 6 della L. n. 689 del 1981, che non consente di estendere la responsabilita’ solidale al presunto direttore tecnico, nonche’ della noma di cui all’articolo 1 stessa legge che sancendo il principio di tassativita’ dell’illecito amministrativo, non permette di ampliare il novero dei soggetti responsabili, in assenza di una specifica disposizione normativa.
Il motivo e’ fondato.
Le norme sanzionatorie applicate nella fattispecie prevedono, quanto al Decreto Legislativo n. 158 del 2006, articolo 14 che “1. Il titolare dell’azienda di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), se non gia’ registrato presso il servizio veterinario dell’azienda unita’ sanitaria locale competente per territorio ai sensi delle normative vigenti, deve chiedere la registrazione presso il predetto servizio ” (l’articolo 1, comma 3, lettera a) richiamato, dispone poi che “si intende, inoltre per: a) azienda: qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati, o detenuti, anche transitoriamente).
Quanto invece al Decreto Legislativo n. 119 del 1992, articolo 34 che “1. Il titolare di impianti in cui vengono curati, allevati o custoditi professionalmente animali puo’ essere autorizzato dalla unita’ sanitaria locale a tenere adeguate scorte di medicinali veterinari, purche’ ne’ sia responsabile un medico veterinario che le custodisce in idonei locali chiusi, tenendo anche apposito registro di carico e scarico da conservarsi per almeno tre anni dalla data dell’ultima registrazione”.
La formulazione delle norme individua quindi ai fini dell’addebito della responsabilita’ un soggetto che ricopre una specifica qualita’, e precisamente quella di titolare dell’azienda ovvero degli impianti di cui alle norme in esame, dovendosi pertanto ritenere che il legislatore in tal caso abbia configurato degli illeciti amministrativi “propri”, nel senso, appunto, che non possano essere commessi altro che da un soggetto identificabile per le sue qualita’ personali, e, quindi, altro che dal titolare dell’azienda o degli impianti.
Reputa il Collegio di dover dare quindi continuita’ alla giurisprudenza di questa Corte che ha appunto affermato (cfr. Cass. n. 17288/2005) che, sebbene in una fattispecie di illecito amministrativo relativo all’apertura di un’agenzia di viaggi in mancanza della prescritta autorizzazione, poiche’ della violazione era chiamato a rispondere l’imprenditore che, nella disciplina delle agenzie di viaggi, si identifica con il titolare dell’agenzia stessa, e quindi, nel caso in cui l’attivita’ imprenditoriale sia esercitata in forma societaria, il legale rappresentante della societa’ (ferma, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 6 la responsabilita’ solidale della societa’), tuttavia di tale violazione non poteva mai essere ritenuto responsabile il dipendente o il collaboratore dell’agenzia, trattandosi di illecito che, inerendo alle condizioni di svolgimento di una attivita’ imprenditoriale, deve essere qualificato come “proprio”, nel senso, appunto, che non puo’ essere commesso altro che da un soggetto identificabile per le sue qualita’ personali, e, quindi, altro che dal titolare.
Osserva il Collegio che, dalla parte in fatto della sentenza impugnata emerge la consapevolezza in capo al giudice di appello della circostanza che la norma speciale applicata preveda come responsabile un soggetto qualificato (il titolare dell’impresa) nonche’ del fatto che il (OMISSIS) non fosse l’imprenditore ed il titolare dell’azienda interessata dall’accertamento, ma ha ritenuto di estendere al ricorrente la responsabilita’ sul presupposto che questi fosse stato investito de facto dei poteri di azione concernenti la gestione delle scuderie.
Anche nel precedente del 2005 sopra citato, il giudice di appello aveva affermato la responsabilita’ dell’allora ricorrente, sottolineando, analogamente a quanto avvenuto nel caso invece oggi in esame, che questi per le sue incombenze operative era stato l’unico referente dei vigili urbani accertatori nei locali usati dall’agenzia per esercitare senza la prescritta autorizzazione, sicche’, pur essendosi presentato come collaboratore, indipendentemente dalla qualifica attribuitagli dal titolare dell’Agenzia, di cui evidentemente faceva le veci, doveva essere considerato come l’effettivo trasgressore destinatario dell’ordinanza ingiunzione.
Reputa la Corte di dover ribadire che trattasi di ragionamento connotato da erroneita’, in presenza di norme sanzionatorie che configurano l’illecito come “proprio”, presupponendo in capo al trasgressore una specifica qualita’, che avuto riguardo alle norme in esame, e’ quella di titolare dell’azienda o degli impianti.
Nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla stessa sentenza impugnata, la titolarita’ delle scuderie cui si riferiscono le sanzioni amministrativi opposte, era in capo alle sopra richiamate societa’, essendosi espressamente evidenziato che al (OMISSIS) era stato conferito solo in via di fatto il potere di gestione degli impianti, la cui titolarita’ formale era sempre in capo alle imprese agricole, come peraltro confermato anche dal fatto che le ordinanze opposte sono state emesse, oltre che nei confronti del (OMISSIS), anche nei confronti delle persone fisiche ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) che ricoprivano la qualita’ di legali rappresentanti delle societa’ titolari degli impianti di allevamento.
Nella specie, appare dunque evidente il vizio della sentenza impugnata che, in presenza di una contestazione elevata per un illecito amministrativo “proprio”, e pur dando atto della insussistenza della qualita’ formale di titolare dell’impianto e dell’azienda in capo al (OMISSIS), ha tuttavia ritenuto il medesimo soggetto responsabile dell’illecito nella diversa qualita’ di trasgressore materiale, pur essendo egli, secondo l’accertamento in fatto del giudice di merito, un collaboratore del titolare incaricato di porre in essere od assicurare il rispetto delle prescrizioni violate.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso, comporta la cassazione della sentenza impugnata.
Poiche’, peraltro, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, avendo lo stesso Tribunale di Ferrara dato atto della insussistenza della qualita’ di titolare delle societa’ proprietarie delle scuderie in capo al ricorrente, la causa puo’ essere decisa nel merito, con l’accoglimento della opposizione proposta da (OMISSIS) nei confronti del Comune di Poggio Renatico avverso le ordinanze ingiunzione nn. 13023 e 13028 del 22 dicembre 2010, che devono essere conseguentemente annullate.
4. Il terzo motivo di ricorso con il quale si contesta la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con la conseguente nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’erronea valutazione delle risultanze istruttorie, il quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione degli articoli 113 e 132 c.p.c. e articolo 111 Cost., comma 6 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, quanto alla assoluta inadeguatezza della motivazione della sentenza d’appello, il quinto motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’omessa disamina di alcuni fatti decisivi per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia in ordine alla valutazione circa l’intervenuta decadenza sia in ordine alla sussistenza della responsabilita’ dell’opponente per le violazioni contestate, ed il sesto motivo di ricorso che denuncia la violazione dell’articolo 183 c.p.c., commi 5 e 6, articolo 281 quinquies, 311 e 321 c.p.c. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto precluse perche’ tardive le deduzioni difensive sviluppate con la memoria difensiva del 6 ottobre 2011 e con la memoria conclusionale, attesa l’assenza di un sistema di preclusioni nel processo dinanzi al giudice di pace, restano assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
5. Attesa la complessita’ delle questioni in diritto esaminate e l’assenza di precedenti specifici, ritiene la Corte che sussistano i presupposti per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, accoglie l’opposizione proposta da (OMISSIS), e conseguentemente annulla le ordinanze ingiunzione nn. 13023 e 13028 emesse dal Comune di Poggio Renatico in data 22 dicembre 2010; Compensa le spese dell’intero giudizio.

Avv. Renato D’Isa