Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 23 ottobre 2019, n. 43414.
Massima estrapolata:
Al genitore del minore abusato spetta il risarcimento del danno morale, non apparendo ravvisabile in capo a quest’ultimo un difetto di vigilanza nei confronti del figlio ostativo al riconoscimento della pretesa risarcitoria
Sentenza 23 ottobre 2019, n. 43414
Data udienza 19 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18-07-2018 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Filippi Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi per il ricorrente gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno concluso per l’accoglimento del ricorso, riportandosi alla memoria in atti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 luglio 2018, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del 29 aprile 2014, con cui il G.U.P. presso il Tribunale di Crotone aveva condannato, con i doppi benefici di legge, (OMISSIS) alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’articolo 609 bis c.p., riconosciuta l’attenuante della minore gravita’, reato a lui contestato per avere, con violenza, costretto (OMISSIS) a subire atti sessuali, dapprima cingendole la vita da dietro e, dopo che la predetta era riuscita a divincolarsi, avvicinandosi a lei nuovamente, stringendole le mani sui seni; fatto commesso in (OMISSIS).
Con statuizione del Tribunale parimenti confermata nel giudizio di secondo grado, (OMISSIS) veniva altresi’ condannato al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidare in separata sede.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello calabrese, (OMISSIS), tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo, la difesa censura la valutazione di attendibilita’ della persona offesa e, di conseguenza, la formulazione del giudizio di colpevolezza del ricorrente in ordine al reato ascrittogli, osservando che la Corte di appello ha ritenuto credibile il racconto della (OMISSIS), nonostante le molteplici incongruenze ravvisabili del suo narrato e i contrasti con gli altri elementi probatori acquisiti, non essendo stato adeguatamente considerato che la minore, in tre occasioni, aveva individuato, con certezza, l’autore dei fatti contestati in (OMISSIS), collega di lavoro di (OMISSIS), che si trovava in compagnia di questi il 6 luglio 2017 sulla spiaggia, per poi cambiare versione sull’identita’ del presunto aggressore a distanza di una settimana dai fatti, dopo che il suo amico (OMISSIS) aveva riconosciuto, seppur con qualche dubbio, (OMISSIS) come l’autore della violenza.
Peraltro il teste (OMISSIS) non avrebbe potuto vedere che l’imputato afferro’ anche per i fianchi la sua amica, perche’ egli era tornato poco prima sulla spiaggia.
In ogni caso, aggiunge la difesa, alla luce delle incertezze emerse nella ricostruzione della vicenda, non poteva ritenersi sufficientemente provata ne’ la sussistenza del contatto fisico nelle zone erogene del corpo della minore, ne’ tantomeno la volontarieta’ di un simile contatto, avuto riguardo alla concitazione del momento e alle peculiari circostanze in cui si erano verificati i fatti di causa.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza dell’articolo 40 c.p., comma 2, articolo 192 c.p.p. e articoli 1226 e 1227 c.c., nonche’ la manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, in ordine al risarcimento del danno riconosciuto in favore delle costituite parti civili, osservando che alcuna somma poteva essere liquidata a loro vantaggio, posto che la madre della minore non aveva effettuato un’adeguata vigilanza sulla figlia, volta a impedire il verificarsi di ipotetici episodi illeciti a suo danno, risultando in ogni caso ostative al riconoscimento di una pretesa risarcitoria in suo favore la dedotta inattendibilita’ delle (OMISSIS) e le gia’ rimarcate lacune probatorie.
Con il terzo motivo, infine, il ricorrente censura l’inosservanza degli articoli 132, 133 e 62 bis c.p. e la manifesta illogicita’ della motivazione, sia in relazione alla determinazione della pena irrogata, sia rispetto all’omessa concessione delle attenuanti generiche, lamentando che la Corte di appello non aveva considerato ne’ la condotta precedente, contemporanea e susseguente al reato di (OMISSIS), soggetto incensurato, ne’ la circostanza che la vicenda era connotata da insanabili discordanze nelle dichiarazioni non riscontrate della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, occorre evidenziare che, a differenza di quanto dedotto nel ricorso, il giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascrittogli non presenta vizi di legittimita’ rilevabili in questa sede.
E invero le due conformi sentenze di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi per formare un corpus argomentativo unitario, hanno ricostruito i fatti in maniera chiara e puntuale, valorizzando in primo luogo le dichiarazioni della persona offesa, (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), la quale ha descritto compiutamente gli episodi verificatisi sulla spiaggia di (OMISSIS).
Intorno alle 13, la minore, all’epoca quindicenne, mentre si trovava in acqua con il suo amico (OMISSIS), con la madre rimasta in spiaggia, veniva avvicinata da un uomo, poi identificato in (OMISSIS) (classe (OMISSIS)), il quale si trovava a (OMISSIS) con altri due colleghi insegnanti, (OMISSIS) e (OMISSIS), essendo tutti e tre impegnati quali commissari esterni negli esami di maturita’. Tra i due ragazzini e (OMISSIS) nasceva quindi una conversazione, al termine della quale, dopo che (OMISSIS) si era allontanato per rientrare in spiaggia, il docente, che aveva espresso vari apprezzamenti fisici alla ragazzina, si proponeva di insegnarle a immergersi in acqua, prestandole una maschera da sub; nell’impartire la lezione, l’uomo tuttavia toccava fugacemente la (OMISSIS) in varie parti del corpo, comprese le zone erogene (in particolare il seno).
Comprese le intenzioni del suo interlocutore, la minore usciva quindi dall’acqua raggiungendo il suo coetaneo e informando la madre dell’accaduto.
Orbene, il racconto della persona offesa e’ stato ritenuto attendibile dai giudici di merito, sia perche’ spontaneo e lineare, sia perche’ privo di intenti calunniosi o di forme di gratuita enfatizzazione, sia ancora perche’ confermato, quantomeno nella ricostruzione delle fasi iniziali dell’approccio, dal suo amico (OMISSIS).
In ogni caso, le lievi discrasie tra le dichiarazioni di (OMISSIS) e quelle della (OMISSIS) sono state ragionevolmente ritenute non significative, sia perche’ relative ad aspetti marginali della vicenda, sia perche’ giustificate dalla concitazione dei fatti, fermo restando che proprio l’esistenza di talune piccoli imprecisioni ha costituito l’indiretta conferma di una mancata preordinazione in danno dell’imputato.
La circostanza poi che, inizialmente, la (OMISSIS) abbia fatto confusione nella identificazione dell’imputato, scambiandolo per uno dei suoi colleghi, e’ stata ritenuta poco significativa dai giudici di merito, in ragione del fatto che era stato lo stesso imputato ad ammettere di essersi avvicinato alla ragazzina offrendole la maschera da sub, mentre i suoi due colleghi erano in quel momento lontani.
Sia il G.U.P. che la Corte di appello hanno inoltre escluso che la persona offesa possa aver equivocato il significato dei gesti del prof. (OMISSIS), non solo perche’ gli stessi sono stati preceduti da vari apprezzamenti fisici, ma soprattutto perche’ i toccamenti, seppur fugaci, sono stati comunque reiterati e invadenti, al punto da spingere la ragazzina a uscire dall’acqua per porre fine a quella situazione.
In definitiva, il giudizio sull’attendibilita’ della persona offesa, in quanto sorretto da argomentazioni razionali e in ogni caso saldamente ancorate alle fonti dimostrative acquisite, resiste alle obiezioni difensive, che invero si articolano nella sostanziale riproposizione di una lettura alternativa del materiale probatorio, non consentita in questa sede, anche perche’ fondata su una disamina frammentaria di singoli passaggi fattuali dell’intera vicenda.
2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle statuizioni civilistiche, e’ infondato, avendo i giudici di merito evidenziato, con motivazione non illogica, che la condotta illecita dell’imputato ha avuto ripercussioni negative sia per (OMISSIS), destinataria diretta delle avances di (OMISSIS), sia per sua madre (OMISSIS), sebbene in quest’ultimo caso in via mediata, non apparendo ravvisabile in capo a quest’ultima un difetto di vigilanza della figlia ostativo al riconoscimento della pretesa risarcitoria, non potendosi certo esigere che la madre, dalla spiaggia, esercitasse un controllo ravvicinato sulla figlia all’epoca quindicenne, anche quando costei era intenta a fare il bagno a mare.
Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.
3. Alla medesima conclusioni deve pervenirsi rispetto al terzo motivo.
Al riguardo occorre richiamare il costante orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269), secondo cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione.
E’ stato in tal senso precisato (cfr. ex multis Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899) che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.
Orbene, in applicazione di tale premessa interpretativa, deve escludersi il vizio motivazionale evocato dalla difesa, avendo i giudici di merito rimarcato, in senso ostativo al riconoscimento delle attenuanti generiche, la reiterazione degli atti invasivi della altrui liberta’ sessuale e la giovane eta’ della vittima, aspetti questi a fronte dei quali la condizione di incensurato di (OMISSIS) e’ rimasta ragionevolmente sulla sfondo, in assenza di altri elementi meritevoli di positiva considerazione. Non puo’ sottacersi, comunque, che in favore dell’imputato e’ stata riconosciuta l’attenuante della minore gravita’, peraltro applicata quasi nella misura massima consentita, e che il G.U.P. ha concesso al ricorrente sia la sospensione condizionale della pena che il beneficio della non menzione, per cui, avuto riguardo alla pena finale irrogata (anni 1 e mesi 2), non puo’ affermarsi che il trattamento sanzionatorio sia stato ispirato da criteri di particolare rigore.
4. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Infine, ai sensi dell’articolo 154 ter disp. att. c.p.p., si dispone che copia del presente dispositivo sia comunicata all’Amministrazione di appartenenza dell’imputato, ovvero il M.I.U.R..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Visto l’articolo 154 ter disp. att. c.p.p., dispone che copia del presente dispositivo sia comunicata all’Amministrazione di appartenenza dell’imputato, M.I.U.R..
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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