Garanzia per difformità e vizi nell’appalto una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente

Corte di Cassazione, civile,Sentenza|13 marzo 2023| n. 7267.

Garanzia per difformità e vizi nell’appalto una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente

In tema di garanzia per difformità e vizi nell’appalto, una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente, anche “per facta concludentia”, spetta a quest’ultimo, che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate e, qualora essi risultino provati, si presume la colpa dell’appaltatore, al quale spetta, in base alle regole generali sulla responsabilità del debitore, non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto.

Sentenza|13 marzo 2023| n. 7267. Garanzia per difformità e vizi nell’appalto una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente

Data udienza 24 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: APPALTO PRIVATO – DIFFORMITA’ E VIZI DELL’OPERA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1944/2018/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Falvo, con domicilio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1966/2016, pubblicata in data 30.11.2016;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24.1.2023 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Garanzia per difformità e vizi nell’appalto una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso in tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1966/2016.
(OMISSIS) non ha depositato atti difensivi.
La ricorrente aveva adito il tribunale di Rossano, esponendo di aver commissionato al (OMISSIS) i lavori di realizzazione di un locale destinato a bar, incaricandolo dell’acquisto e del montaggio di una serie di attrezzature. Le opere erano state ultimate in data (OMISSIS) ed era stata avviata anche l’attivita’ di bar, ma a distanza di appena un mese si erano manifestati plurimi difetti e difformita’, denunciati in data (OMISSIS).
Persistendo l’inadempimento dell’appaltatore, l’attrice aveva chiesto la riduzione del prezzo o la condanna all’eliminazione dei vizi, oltre al risarcimento del danno e all’attribuzione delle spese processuali.
Nella resistenza del convenuto, il Tribunale ha respinto la domanda.
(OMISSIS) ha proposto appello, chiedendo l’integrale riforma della decisione.
All’esito la Corte di Catanzaro, ritenuto perfezionato un contratto di appalto, ha rilevato che il convenuto aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi rendendo superflua la denuncia, ma ha evidenziato che l’attivita’ era stata ceduta e che non era possibile espletare una consulenza tecnica; inoltre, l’istruttoria non aveva consentito di accertare l’an debeatur, dato che le dichiarazioni testimoniali non permettevano di stabilire se i vizi della cosa fossero riconducibili all’erronea realizzazione delle opere o all’uso che ne aveva fatto il committente.
La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale, e’ stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza n. 24804/2019.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Garanzia per difformità e vizi nell’appalto una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli articoli 2697, 1667 115 c.p.c., sostenendo che, una volta accertata la sussistenza dei difetti, competeva all’appaltatore offrire la prova della loro dipendenza da una causa a lui non imputabile.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 1659, 1667 c.c., e articolo 115 c.p.c., sostenendo che il banco e retrobanco erano stati realizzati in truciolato e non in legno di frassino cosi’ come concordato dalle parti, e che, essendo stata denunciato non un vizio ma una difformita’, l’appaltatore ne doveva rispondere, non potendo tale difformita’ ricondursi in alcun modo alle modalita’ di utilizzo del bene da parte del committente.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli articoli 1226, 2697 e 2056 c.c., nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., lamentando che, benche’ l’azienda fosse stata alienata, era possibile espletare una c.t.u. cartolare sul contenuto del contratto, nel quale erano elencati gli interventi da eseguire, e liquidare equitativamente il danno, valorizzando gli elementi disponibili.
2. I primi due motivi meritano accoglimento.
La sentenza impugnata – a pag. 6 – ha dato conto della presa in consegna delle opere senza riserve da parte della ricorrente, ponendo anche in rilievo che, una volta eseguiti gli interventi ed allestito il locale, quest’ultima aveva avviato e proseguito l’attivita’ di bar per almeno un mese, senza lamentare alcun inconveniente.
La sussistenza dei vizi e delle difformita’ era stata – inoltre – riconosciuta dall’appaltatore che si era offerto di eliminarli.
Il giudice distrettuale ha respinto la domanda di riduzione del prezzo e risarcimento del danno per l’impossibilita’ di stabilire se detti vizi dipendessero da fatto del resistente o dal modo in cui il committente aveva utilizzato le opere.
Come e’ evidenziato nelle memorie illustrative, nell’appalto e’ effettivamente previsto un temperamento alla regola generale in tema di prova dell’inadempimento cristallizzata da Cass. s.u. 13533/2001 (secondo cui il creditore puo’ limitarsi ad allegare l’inadempimento, essendo la prova della corretta esecuzione della prestazione a carico del debitore; il medesimo principio e’ applicabile, a parti invertite, ove invece sia il debitore ad eccepire l’inadempimento della controparte).
L’accettazione dell’opera, anche per facta concludentia, influisce – difatti – sul riparto dell’onere della prova dei difetti, nel senso che essa compete al committente che abbia accettato le opere senza riserve, mentre grava sull’appaltatore in caso contrario.
Solo finche’ non vi sia stata accettazione, espressa o tacita, al committente che faccia valere la garanzia e’ sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando sulla controparte, quale debitore della prestazione, l’onere di provare di avere regolarmente eseguito l’opera.
Va anche ricordato che l’articolo 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell’opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell’accettazione da parte del committente e, in particolare, al comma 4, prevede come presupposto dell’accettazione (da qualificare come tacita) la consegna dell’opera al committente (alla quale e’ parificabile l’immissione nel possesso) e come fatto concludente la “ricezione senza riserve” da parte di quest’ultimo anche se “non si sia proceduto alla verifica”.
L’atto di “consegna” va tuttavia distinto dall'”accettazione”: la prima costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'”accettazione” esige che il committente esprima (anche per “facta concludentia”) il gradimento dell’opera, con una manifestazione negoziale che comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilita’ per i vizi e le difformita’ dell’opera occulti o non conoscibili con l’ordinaria diligenza, e il conseguente diritto al pagamento del prezzo (Cass. 5131/2007).
Poste tali premesse, e’ pero’ decisivo considerare che – a prescindere dall’accettazione – ove sia stata comunque raggiunta la prova dell’esistenza dei vizi, la colpa dell’appaltatore si presume, sicche’ spetta a quest’ultimo in base alle regole generali sulla responsabilita’ del debitore (articolo 1218 c.c.), non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (cfr., in tal senso, esplicitamente, Cass. 19146/2013, pag. 15-16).
In conclusione, accertata – nel caso concreto – l’esistenza dei difetti delle opere, la prova liberatoria competeva all’appaltatore, non potendo richiedersi al committente di dimostrare che essi non erano dipesi dall’uso del bene, non avendo piu’ alcun rilievo l’accettazione – espressa o tacita – da parte della committente.
La carenza di prova – in positivo- della imputabilita’ dei vizi ad un fattore esterno alla sfera dell’appaltatore non lo esonerava da responsabilita’, tanto piu’ che non era stato possibile stabilire che tali difetti erano imputabili alla condotta del committente.
2.1. Anche il secondo motivo e’ fondato.
Era stata chiaramente denunciata dalla resistente una difformita’ dei materiali di cui dovevano esser composti il banco e il retrobanco, la cui sussistenza non poteva ricondursi – gia’ sul piano logico – al modo in cui erano state impiegate le attrezzature da parte del committente.
L’appaltatore aveva assunto l’obbligo di realizzare (o procurare) arredi in legno e non in materiale diverso da quello concordato e, non avendolo fatto, era tenuto a rispondere dell’inadempimento. Tale difformita’, una volta accertata, non era in alcun modo imputabile alla committente, ne’ era altrimenti giustificabile.
In conclusione, sono accolti i primi due motivi di ricorso, con assorbimento del terzo.
La sentenza e’ cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.

 

 

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