Forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 settembre 2022| n. 28137.

Forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale

È soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale non soltanto di un contratto definitivo avente ad oggetto il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari, per l’espressa previsione dell’articolo 1350 del codice civile, ma anche del relativo contratto preliminare, ai sensi dell’articolo 1351 del codice civile: anche il preliminare incide, infatti, su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, tramite l’assunzione di obbligazioni. È pertanto esclusa in radice la possibilità di riscontrare la sussistenza di un accordo di scioglimento alla stregua di presunti comportamenti concludenti o di presunzioni.

Ordinanza|27 settembre 2022| n. 28137.Forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale

Data udienza 21 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti – Preliminare – Azione di risoluzione per inadempimento – Azione di mutuo dissenso – Causa petendi e petitum – Differenza – Intervenuto accordo risolutivo – Presunzioni ex artt. 2727 e 2729 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21584/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso, con indicazione della pec;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso l’avv. (OMISSIS), dal quale sono rappresentati e difesi giusta procura in calce al ricorso, con indicazione della pec;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, n. 162/2017, pubblicata in data 2/2/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/4/2022 dal consigliere Dott. PATRIZIA PAPA

Forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ex articolo 702 bis c.p.c. del 19/3/2011, (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), esponendo che aveva stipulato con il convenuto, in data 1/9/93, un contratto preliminare di compravendita di un terreno sito in (OMISSIS), esteso circa 3050 mq, censito in NCT al fgl. 96, p.lle (OMISSIS), facente parte di un’area destinata alla realizzazione di opere di interesse pubblico e di urbanizzazione primaria, gestita dai proprietari a mezzo di un consorzio denominato “(OMISSIS)”. Il ricorrente rappresento’ che il terreno era stato ceduto con i diritti di partecipazione al consorzio (l’area era gia’ stata oggetto di provvedimenti amministrativi per la realizzazione delle opere di interesse pubblico) e che (OMISSIS) era in regime di comunione legale dei beni con sua moglie (OMISSIS), che il prezzo era stato convenuto in Lire 120.000.000 di cui Lire 20.000.000 gia’ versati alla stipula del preliminare e il residuo corrisposto tra maggio 1994 e maggio 1995; aggiunse che, con altro preliminare in data 21/10/93, (OMISSIS) e la moglie avevano promesso di vendere al terzo Cooperativa “Le tre province” una porzione pari a 2711 mq di questo terreno e con altro preliminare nella stessa giornata avevano quindi promesso di vendere ad altro terzo, l’impresa (OMISSIS), altra porzione pari a 60 mq di questo terreno e che, in forza della clausola n. 5 del preliminare da lui stipulato, egli era stato nominato procuratore speciale per provvedere alla vendita definitiva di questi due appezzamenti; i convenuti avevano tuttavia concluso in autonomia i due contratti definitivi, incassando il prezzo e non gli avevano consentito di esercitare i diritti relativi alla partecipazione al Consorzio; in conseguenza, egli aveva percio’ chiesto al Tribunale di Catanzaro di dichiarare la risoluzione del preliminare del 1/9/93 per inadempimento di (OMISSIS); costituendosi, quest’ultimo e sua moglie (OMISSIS) avevano negato di aver mai ricevuto il pagamento dell’intero prezzo e chiesto in riconvenzionale la sua condanna al pagamento del residuo prezzo, quantificandolo in Euro 22.474,14; con sentenza del 29/12/06 il Tribunale di Catanzaro aveva rigettato entrambe le domande compensando le spese, ritenendo che entrambe le parti non avessero dato seguito all’esecuzione del preliminare stipulato ed escludendo comunque ogni inadempimento; la sentenza era passata in giudicato.

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Tanto esposto, (OMISSIS) chiese al Tribunale di Catanzaro di accertare e dichiarare la risoluzione per mutuo dissenso del contratto preliminare del 1/9/93, con condanna dei convenuti alla restituzione delle somme percepite a titolo di acconto, nella misura pari a Lire 20.000.000, oltre interessi dal pagamento o, in subordine, dalla notifica della citazione dinnanzi al Tribunale di Catanzaro, nel 2000.
Costituendosi, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) eccepirono il giudicato sul rigetto della domanda di risoluzione e, comunque, l’intervenuta prescrizione del diritto alla restituzione e chiesero, la condanna di (OMISSIS) ex articolo 96 c.p.c., per avere egli gia’ ricevuto Lire 22.000.000 in qualita’ di loro procuratore.
Con ordinanza del 24/10/2011, il Tribunale di Catanzaro accolse la domanda, condannando i convenuti al pagamento di Euro 10.329,13, oltre interessi dalla data di stipula e spese.
In accoglimento dell’appello dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 162/2017, pubblicata in data 2/2/2017, in riforma della sentenza appellata rigetto’ la domanda, compensando le spese del doppio grado.
Sostenne la Corte che la domanda di risoluzione per mutuo dissenso spiegata da (OMISSIS) non fosse preclusa dal giudicato formatosi sulla sentenza di rigetto delle contrapposte domande di risoluzione per inadempimento e di adempimento, perche’ la domanda di risoluzione per mutuo dissenso era diversa per petitum e causa petendi e motivo’ il rigetto per la mancanza di un atto uguale e contrario di manifestazione della comune volonta’ di risoluzione del preliminare, avente forma scritta ad substantiam.
Avverso questa sentenza ha spiegato ricorso per cassazione (OMISSIS), affidato a tre motivi, a cui (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve innanzitutto rilevarsi l’inammissibilita’ del controricorso per sua tardiva notificazione avvenuta soltanto in data 21/10/2017, oltre il doppio termine dell’articolo 370 c.p.c., atteso che il ricorso e’ stato notificato in data 4/9/2022.
2. Con il primo motivo, rubricato come omesso esame di punto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente ha sostenuto che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto di quanto accertato dal Tribunale di Catanzaro con la sentenza n. 2293 del 2006, passata in giudicato per rigettare sia la domanda principale di risoluzione per inadempimento che la domanda riconvenzionale di adempimento e, cioe’, il fatto che nessuna delle due parti abbia dato seguito al preliminare; il mutuo dissenso, pertanto, risulterebbe gia’ stabilito con la precedente sentenza.
Con il secondo motivo, rubricato “violazione di norme di legge ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento all’articolo 2909 c.c.”, il ricorrente ha rimarcato che la Corte non avrebbe adeguatamente interpretato il giudicato sostanziale, non valutando adeguatamente che nella sentenza passata in giudicato il Tribunale di Catanzaro aveva gia’ accertato definitivamente la volonta’ delle parti di non dare seguito al contratto; in conseguenza non era piu’ necessaria alcuna controscrittura.
Con il terzo motivo, rubricato “violazione di norme di legge ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento all’articolo 1350 c.c.”, il ricorrente ha sostenuto che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto la mancanza di forma dell’accordo diretto allo scioglimento del contratto, perche’ in realta’ il mutuo dissenso era ricavabile dall’inerzia reciproca gia’ accertata con efficacia di giudicato e non da un nuovo accordo; in tal senso, erroneamente era stato applicato alla fattispecie il principio di cui all’articolo 1350 c.c..
3. Tutti i tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuita’ argomentativa, sono infondati.
Nella sentenza impugnata, la Corte d’appello ha innanzitutto rilevato che, con la sentenza del 2006, e’ stato affermato il permanere della validita’ e dell’efficacia del contratto preliminare intercorso tra le parti, sancendolo come ancora suscettibile di esecuzione, ma non e’ stato affatto accertato il mutuo dissenso.
Ha, quindi, aggiunto che l’azione di risoluzione per inadempimento e quella per mutuo dissenso sono interamente differenti per causa petendi e petitum, atteso che la prima si fonda sulla crisi del sinallagma e implica una pronuncia con effetto retroattivo, mentre la seconda poggia su di un nuovo contratto di contenuto opposto a quello originario e, in conseguenza, conduce ad una pronuncia con effetto ex nunc: ha negato, pertanto, che il giudicato della pronuncia di rigetto delle contrapposte domande di risoluzione per inadempimento e di adempimento abbia implicato accertamento con efficacia di giudicato anche del mutuo dissenso.

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Su questa premessa, la stessa Corte ha escluso quindi, la possibilita’ di una pronuncia di risoluzione per mutuo dissenso perche’ tra le parti non e’ sopravvenuto, dopo la sentenza del 2006, un accordo nuovo concluso in forma scritta: la forma scritta era nella fattispecie essenziale in quanto prescritta ad substantiam per la conclusione della compravendita immobiliare da risolvere; ha ritenuto questa questione deducibile anche in appello in quanto rilevabile d’ufficio perche’ involgente la nullita’ del titolo posto a fondamento di una domanda.
La Corte di Catanzaro ha pure escluso che per provare l’intervenuto accordo risolutivo fosse consentito il ricorso alle presunzioni ex articoli 2727 e 2729 c.c., come invece aveva ritenuto il Tribunale di Catanzaro nella sentenza impugnata, perche’ quando per un accordo sia richiesto, come nella fattispecie, la forma scritta ad substantiam il ricorso alle presunzioni e’ consentito soltanto in ipotesi di provati smarrimento o distruzione incolpevoli del documento; questi fatti, nella specie, non erano stati, invece, neppure allegati.
Cosi’ ricostruita la motivazione della sentenza qui impugnata, le tre censure non colgono la ratio decidendi che e’ conforme ai principi di diritto in materia di risoluzione per mutuo consenso ormai consolidati nell’interpretazione di questa Corte.
Innanzitutto la Corte territoriale non ha affatto omesso di valutare gli accertamenti contenuti nella sentenza passata in giudicato n. 2293/2006: al contrario, ha ritenuto che questa pronuncia, rigettando la domanda di risoluzione per inadempimento proposta da (OMISSIS) e la contrapposta domanda di adempimento dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), “non ha intaccato l’efficacia del preliminare, si’ che le parti ben avrebbero potuto darvi spontanea esecuzione ovvero determinarsi alla sua risoluzione”.
Il ricorrente non ha efficacemente censurato questa interpretazione che, per sua natura, e’ riservata al giudice di merito in quanto accertamento di fatto e avrebbe potuto essere riesaminata da questa Corte soltanto nei limiti del sindacato di legittimita’, quando fossero stati cioe’ specificamente dedotti la violazione e falsa applicazione della norma dell’articolo 2909 c.c., e dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata o i vizi attinenti alla motivazione: il ricorrente non ha invece articolato un’adeguata critica, limitandosi a lamentare in generale l’omesso esame di fatto decisivo ed invocando indagini sul contenuto sostanziale della pronuncia invece certamente precluse in questa sede (Sez. 1, Ordinanza n. 17175 del 14/08/2020; Sez. U, Sentenza n. 277 del 1999).
Cio’ precisato, la nuova domanda di risoluzione era improponibile se diretta a realizzare una situazione giuridica opposta a quella della sussistenza del rapporto al 2006 come gia’ accertata dal precedente giudicato, secondo l’interpretazione della Corte d’appello e avrebbe potuto trovare accoglimento soltanto se il mutuo consenso alla risoluzione fosse risultato da fatti successivi alla sentenza stessa e, in particolare, da un accordo in forma scritta.
Il mutuo dissenso, infatti, realizzando per concorde volonta’ delle parti la ritrattazione bilaterale del negozio, da’ vita a un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario; il relativo accordo, in conseguenza, deve rivestire la stessa forma stabilita per la conclusione del contratto da risolvere (Sez. 2, Sentenza n. 17503 del 30/08/2005; Sez. U, Sentenza n. 8878 del 28/08/1990).

Forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale

In particolare, e’ soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam la risoluzione consensuale non soltanto di un contratto definitivo avente ad oggetto il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari, per l’espressa previsione dell’articolo 1350 c.c., ma anche del relativo contratto preliminare, ai sensi dell’articolo 1351 c.c.: anche il preliminare incide, infatti, su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, tramite l’assunzione di obbligazioni. E’ pertanto esclusa in radice la possibilita’ di riscontrare la sussistenza di un accordo di scioglimento alla stregua di presunti comportamenti concludenti o di presunzioni, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata (Sez. 2, Ordinanza n. 35931 del 22/11/2021).
Nessun accordo valido successivo al 2006 e’ stato invece riscontrato dal Giudice d’appello.
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Non vi e’ statuizione di spese in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), attesa l’inammissibilita’ del controricorso. Si applica alla presente impugnazione, proposta dopo il 30.1.2013, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, (introdotto dalla legge di stabilita’ 228/12), che obbliga la parte, che proponga un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per l’impugnazione, a carico della ricorrente e in osservanza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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