Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 luglio 2022| n. 21425.

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

Anche in caso di filiazione naturale vige il principio, nell’assoluto interesse superiore della prole della bigenitorialità e dell’affidamento condiviso. Ciò posto la mera sofferenza morale della madre convivente con i figli non legittima quest’ultima ad allontanare i minori unilateralmente dal loro ambiente di crescita ed al contempo, non è altresì sufficiente a motivare il provvedimento di affidamento esclusivo, la sola generica ed apodittica valutazione di idoneità del padre di prendersi cura dei figli. Infatti, per poter disporre un provvedimento di assegnazione esclusiva è necessaria una valutazione più approfondita sia in negativo del genitore ritenuto non idoneo, sia in positivo del genitore ritenuto idoneo.

Ordinanza|6 luglio 2022| n. 21425. Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

Data udienza 1 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Filiazione – Giudizi civili – Intervento obbligatorio del P.M. – Sufficienza con la comunicazione degli atti all’ufficio competente del P.M. ex art. 71 cpc – Affidamento condiviso – Regime ordinario – Esclusivo interesse morale e materiale della prole – Giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio – Deroga solo in caso di pregiudizio per il minore

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Antonio Francesco – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21602/2021 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali elettivamente domicilia presso lo studio del primo in (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso il decreto, n. cronol. 2345/2021, della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA depositato in data 19/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 01/07/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre per cassazione, affidandosi a cinque motivi, illustrati anche da memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c., avverso il decreto della Corte di appello di Venezia del 17/19 maggio 2021, reiettivo del reclamo da lei promosso contro il decreto del Tribunale di Treviso del 2 marzo 2021, che, adito da (OMISSIS) per l’affidamento, il collocamento, la regolamentazione delle visite, il mantenimento e l’iscrizione scolastica delle loro due figlie minorenni (OMISSIS) ed (OMISSIS) (nate, rispettivamente, il (OMISSIS) e (OMISSIS)), non aveva autorizzato il trasferimento della dimora di queste ultime a (OMISSIS), ne’ quello di istituto scolastico; aveva affidato le stesse in via esclusiva al padre, con collocazione prevalente presso il medesimo nell’abitazione di (OMISSIS); aveva assegnato al (OMISSIS) la casa gia’ adibita a residenza familiare disponendo per le visite, stabilendo il mantenimento diretto nei periodi di competenza e ponendo le spese straordinarie a suo carico nella misura del 25%.; aveva incaricato, infine, i Servizi Sociali di esercitare il monitoraggio sulle minori. Resiste, con controricorso, corredato pure da memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c., (OMISSIS).
1.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella Corte, dopo aver riportato le ragioni giustificative del provvedimento del tribunale, ha cosi’ opinato: “Trattasi di motivazione plausibile che resiste ai motivi di reclamo. Il mero rinvio, immotivato, agli atti del primo grado di giudizio, risulta inammissibile perche’ non tale da contrastare la decisione successivamente (agli atti stessi) resa.

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Il richiamo alla perizia di parte della Dott.ssa (OMISSIS), per fondare l’accoglimento del reclamo, non rileva. Da un lato, in quanto la perizia risulta atto unilaterale, mera allegazione della parte, chiaramente fondato su asserti dalla stessa riportati e quindi non dirimente; dall’altro, in quanto il riferimento allo stato di sofferenza morale e psicologica della (OMISSIS), oltre che non puntualmente riscontrato anche con indizi (come evidenziato dal Tribunale di Treviso) non avrebbe certo potuto determinare una scelta unilaterale e grave, come quella posta in essere ed attualmente perseguita, volta a determinare uno sradicamento delle minori dal consueto ambiente familiare (amicale) e scolastico. Ne’ rileva la preoccupazione inerente la gestione paterna sia in quanto la rete familiare del (OMISSIS) consente il superamento di eventuali problemi, sia in quanto non risulta affatto che il (OMISSIS) sia un padre inidoneo (per quanto sopra) sia soprattutto perche’ ragionando in tal modo si porrebbe il Collegio di fronte al fatto compiuto. Il problema del maggior attaccamento delle figlie alla madre, tutto da verificare, non giustifica affatto la grave ed unilaterale decisione assunta, senza che ne ricorressero precisi presupposti anche autorizzativi e non puo’ essere superata, per quanto detto al precedente paragrafo, dal rinvenimento di un lavoro o da una sistemazione abitativa della (OMISSIS) in (OMISSIS)”; ii) “La decisione unilaterale, ponendosi in conflitto con la regola di cui all’articolo 337-ter c.c. giustifica l’affidamento esclusivo denotando incapacita’ della madre di rendersi conto degli effetti della unilaterale decisione. Nemmeno rilevano le ulteriori allegazioni svolte all’udienza di discussione. Da un lato, in quanto la situazione di disagio delle minori, tutta da verificare, potrebbe anche inserirsi nel contesto creato dalla reclamante; dall’altro in quanto la scelta unilaterale risulta conforme alle stesse allegazioni – parimenti unilaterali – nella gestione del rapporto con le autorita’ scolastiche; dall’altro in quanto risulta indubitabile l’assenza scolastica anche per il periodo attuale (cosi’ la nota del Dirigente)”; iii) “La reclamante si e’ poi doluta del mancato ascolto della minore (OMISSIS) con asserti che non paiono giustificati. Infatti, dopo il condivisibile richiamo alla disciplina normativa e giurisprudenziale in materia la reclamante, non ha indicato quali sarebbero le questioni per le quali la minore avrebbe dovuto essere ascoltata tanto vero che nel corso del giudizio di primo grado non aveva chiesto l’audizione. Osserva sempre la Corte che (OMISSIS) e’ nata il (OMISSIS) e quindi al momento ha solo (OMISSIS) anni e 10 mesi circa sicche’ e’ del tutto verosimile ritenere che non sia capace di preciso discernimento; ne’ la causata assenza scolastica puo’ aver apportato un miglioramento nella maturazione personale. A fronte del grave comportamento posto in essere dalla (OMISSIS) ed a fronte, cionondimeno, di un calendario ampio di visita per la madre, non si vede ragione oggettiva per disporre l’ascolto a meno che la minore non debba essere sentita sulle cause dell’allontanamento della (OMISSIS) con il conseguente effetto deleterio del suo coinvolgimento nel contrasto genitoriale”.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Posta, preliminarmente, l’ammissibilita’ dell’odierno ricorso, da intendersi promosso ex articolo 111, comma 7, Cost., controvertendosi tra le parti in ordine alla modifica dell’affidamento delle loro figlie minorenni (cfr. Cass. n. 496 del 2022; Cass. n. 12018 del 2019; Cass. n. 28998 del 2018; Cass. n. 12954 del 2018; Cass. n. 18194 del 2015; Cass. n. 6132 del 2015; Cass. n. 7041 del 2013; Cass. n. 15341 del 2012), riveste carattere prioritario lo scrutinio del suo quinto motivo, recante “Nullita’ del procedimento e del decreto impugnato, per violazione e falsa applicazione degli articoli 70, 71, 72, 101, 331 e 350 c.p.c. anche in relazione all’articolo 111 Cost. per mancata partecipazione del P.M. che non risulta essere stato avvertito ex articolo 70 c.p.c.”. Si assume che, tanto in primo grado quanto in appello, “il procedimento si e’ svolto senza la partecipazione del Pubblico Ministero, nei confronti del quale non si e’ provveduto ne’ alla notificazione del ricorso introduttivo e del reclamo, ne’ alla comunicazione degli atti, in modo da consentirgli di intervenire in camera di consiglio o di rassegnare le proprie conclusioni per iscritto”. Pertanto, essendo l’intervento predetto prescritto a pena di nullita’, rilevabile anche d’ufficio ai sensi dell’articolo 70 c.p.c., la mancata effettuazione degli adempimenti necessari per portare la pendenza del giudizio a sua conoscenza si traduce in un vizio che, convertendosi in motivo di gravame, ai sensi dell’articolo 161 c.p.c., puo’ essere fatto valere attraverso l’impugnazione della sentenza.
1.1. Questa doglianza non merita accoglimento per la duplice dirimente considerazione che: i) il decreto della Corte di appello di Venezia, da’ atto espressamente dell’avvenuto intervento del Procuratore Generale della Repubblica presso quella corte (sia nella sua intestazione, dove si legge, dopo l’indicazione delle parti, “e con l’intervento del P.G.”; sia nel suo dispositivo laddove e’ scritto, “la Corte d’Appello di Venezia definitivamente decidendo nella causa proposta da (OMISSIS) contro (OMISSIS) e con l’intervento del P.G., cosi’ provvede…”). Deve ragionevolmente escludersi, dunque, la pretesa mancata effettuazione degli adempimenti necessari per portare la pendenza del giudizio a conoscenza del Pubblico Ministero, ricordandosi, peraltro, che l’obbligatorieta’ dell’intervento di quest’ultimo nelle cause in cui la sua partecipazione e’ imposta dalla legge, non richiede che un rappresentante di detto ufficio sia presente alle udienze istruttorie o prenda conclusioni in occasione della causa al collegio, ma postula soltanto che detto ufficio sia informato del processo per poter esercitare in esso i poteri attribuiti dall’ordinamento (cfr. Cass. n. 27402 del 2018; Cass. n. 14896 del 2017; Cass. n. 6136 del 2015; Cass. n. 11223 del 2014). In altri termini, “nei giudizi civili in cui e’ previsto l’intervento obbligatorio del P.M., il disposto della legge e’ osservato, a norma dell’articolo 71 c.p.c., con la comunicazione degli atti all’ufficio competente del P.M., per consentirgli d’intervenire in giudizio con un proprio rappresentante; nessun’altra comunicazione deve essere fatta a quell’ufficio, che, nell’esercizio delle facolta’ e dei poteri di cui all’articolo 72 c.p.c., puo’ intervenire alle udienze, dedurre prove, prendere conclusioni e proporre impugnazioni, senza, peraltro, che il mancato esercizio di tali poteri implichi la nullita’ delle udienze disertate dal PM o degli atti ai quali il medesimo non intervenne e delle sentenze pronunciate malgrado la mancanza di sue conclusioni”

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(cfr. Cass. n. 40377 del 2021; Cass. n. 5289 del 1980); la (OMISSIS) sarebbe comunque priva della legittimazione a far valere un’eventuale nullita’ in tal senso, posto che, come gia’ chiarito da questa Corte, “nei procedimenti in cui sia previsto l’intervento obbligatorio del P.M., la nullita’ derivante dalla sua omessa partecipazione al giudizio si converte in motivo di gravame ai sensi degli articoli 158 e 161 c.p.c., che, tuttavia, puo’ essere fatto valere solo dalla parte pubblica (a cui compete anche il corrispondente e specifico motivo di revocazione ex articolo 397, n. 1, c.p.c.), dovendosi escludere che sussista una concorrente legittimazione delle altre parti” (cfr. Cass. n. 16361 del 2014; Cass. n. 11960 del 1993).
2. Il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso denunciano, rispettivamente:
I) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 155 c.c. e 315-bis c.c., 337-ter, quater, quinquies e octies c.c., 62 c.p.c. e 194 c.p.c., e 709-ter c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 nonche’ dell’articolo 2, 16 nonche’ 111 della Costituzione, in relazione all’affidamento esclusivo al padre ed all’assoluta mancanza del giudizio prognostico sull’incapacita’ della madre, basato unicamente sulla “unilateralita’” della decisione della sig.ra (OMISSIS) di trasferirsi a (OMISSIS) a casa dei propri genitori senza preventivi provvedimenti autorizzativi cessando una convivenza divenuta intollerabile a seguito delle prevaricazioni e vessazioni fisiche e psicologiche assistite dalle minori, pesantemente stigmatizzata dalla Corte di Appello con motivazione intrisa di pregiudizi e priva di riscontri oggettivi, in assenza di elementi probatori o di valutazioni sulla capacita’ genitoriale quali audizione di informatori o testi o espletamento di CTU”. Si assume che il decreto impugnato e’ fondato su un falso sillogismo che avrebbe portato la corte ad una decisione illogica oltre che in contrasto con la ratio legis e le disposizioni che disciplinano l’affido condiviso dei figli.

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Si giudica “contorto ed irragionevole” il ragionamento della corte territoriale secondo cui, muovendo dalla considerazione che la ricorrente “non aveva avuto alcuna difficolta’ a chiedere un affidamento condiviso (segno che il padre non era affatto l’uomo prevaricatore, violento e costrittivo che si era voluto dipingere)”: i) la (OMISSIS), come opinato pure dal giudice di primo grado, “avrebbe dovuto prima condividere e/o discutere la decisione di trasferirsi a (OMISSIS) e, successivamente, constatato il mancato consenso del (OMISSIS) al trasferimento, avrebbe dovuto preventivamente investire il Tribunale della decisione”; ii) “l’arbitrio con il quale la madre ha agito comprova un comportamento profondamente contrario ai doveri imposti dalla legge in punto di bigenitorialita’”. Conseguentemente, viene contestata la conclusione della medesima corte laddove ha affermato che il lamentato stato di sofferenza morale e psicologica della (OMISSIS) (a dire della prima “non puntualmente riscontrato anche con indizi, come evidenziato dal Tribunale di Treviso…”) “non avrebbe certo potuto determinare una scelta unilaterale e grave come quella posta in essere ed attualmente perseguita, volta a determinare uno sradicamento delle minori dal consueto ambiente familiare (amicale) e scolastico”. Cio’, peraltro, senza che nel giudizio si sia compiuto alcun atto istruttorio, attraverso l’ascolto di informatori o della minore (OMISSIS), e respingendosi la richiesta di una consulenza che avrebbe potuto indagare e accertare le rispettive capacita’ genitoriali e di accudimento, svalutando le considerazioni di una esperta psicologa, relegate a mere allegazioni di parte e che invece, com’e’ consentito, erano state fatte proprie dalla precedente difesa a sostegno del primo motivo di appello, ivi ingiustamente respinto;
II) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 155, 333 e 337-ter c.c., 112 e 61 c.p.c., 337-quater e 337-octies c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonche’ della Legge 54/2006 nonche’ omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento: a) alla negazione delle violenze fisiche e psicologiche e al comportamento violento e prevaricatore agito dal padre in presenza delle figlie minori in relazione alla tempistica della denuncia della ricorrente e alla sua richiesta di affido condiviso con collocamento presso la madre; b) al disposto affidamento esclusivo senza operare alcuna adeguata indagine tecnica preventiva al fine di valutare la responsabilita’ genitoriale e le migliori modalita’ di affidamento, collocamento e frequentazione delle minori”. Si contesta alla corte distrettuale: i) di avere negato le violenze ed il conseguente stato di sofferenza morale della reclamante ritenendo plausibile l’affermazione del tribunale secondo cui la richiesta di affido condiviso “era segno che il padre non era affatto l’uomo prevaricatore, violento e costrittivo che si era voluto dipingere”; ii) di avere ritenuto che la decisione unilaterale della reclamante di separarsi “giustifica l’affidamento esclusivo al padre denotando incapacita’ della madre di rendersi conto della unilaterale decisione”; iii) di aver disposto l’affidamento esclusivo delle minori al padre senza disporre un’approfondita indagine sull’idoneita’ genitoriale dei ricorrenti, oggetto del primo motivo di appello, nonostante il provvedimento temporaneo contenesse l’esplicito incarico ai servizi sociali di monitorare il nucleo familiare e senza che il
servizio avesse relazionato sulla situazione socio-ambientale paterna;
III) “Omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla mancata valutazione comparativa degli effetti sulla minore del trauma dell’allontanamento dalla casa familiare rispetto al beneficio atteso”. Si ascrive alla corte lagunare di avere completamente omesso di esaminare quali effetti traumatici potessero derivare dall’allontanamento delle minori (in eta’ scolare e, in particolare, per (OMISSIS) della tenera eta’ di appena (OMISSIS) anni), dalla madre, con la quale avevano fino ad allora sempre vissuto senza effettuare alcuna valutazione comparativa rispetto al beneficio atteso dal collocamento esclusivo presso il padre;
IV) “a) Violazione degli articoli 3, 6, 12, 16, 19 della Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo ratificata con L. n. 176 del 27 maggio 1999; b) Violazione degli articoli 3-6 della Convenzione Europea di Strasburgo sui diritti del fanciullo ratificata con L. n. 77 del 20.3.2003 nonche’ dell’articolo 337-octies c.c. sull’ascolto del minore; c) Violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali (CEDU); d) Violazione dell’articolo 4 della Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d’Europa I’ll maggio 2011, ratificata dallo Stato Italiano con L. 77/2013”. Si sostiene che: i) l’interesse preminente del minore richiede che soltanto cir (OMISSIS)nze eccezionali possano condurre ad una rottura del legame familiare, e in particolare con la madre laddove i bambini siano in tenera eta’, conformemente all’applicazione delle suddette disposizioni come effettuato dalla giurisprudenza di legittimita’; ii) si sarebbe dovuto procedere all’ascolto della minore (OMISSIS), certamente capace di discernimento, come dimostravano i suoi dialoghi con il padre, tenendo in debito conto l’opinione da lei espressa, nelle forme e nei modi consoni alla sua eta’; iii) il provvedimento impugnato e’ contrario all’articolo 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali (CEDU), il quale dispone, tra l’altro che: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”, nonche’ alla giurisprudenza della Corte EDU che, in varie occasioni, ha rilevato che godere della reciproca presenza, di quotidianita’ o, comunque, di continuita’ ed assiduita’ di relazione, costituisce per figli e genitori un diritto inviolabile. Lo stesso, inoltre, contrasta con i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul che ha condannato esplicitamente, ogni forma di violenza sulle donne e la violenza domestica.

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2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perche’ chiaramente connesse, si rivelano fondate nei limiti di cui appresso.
2.2. Giova premettere che risulta sostanzialmente pacifico che l’odierna ricorrente e (OMISSIS), conosciutisi nel 2007, dopo un periodo di frequentazione, intrapresero una convivenza more uxorio, individuando nell’abitazione di proprieta’ esclusiva del (OMISSIS), sita in (OMISSIS) ((OMISSIS)) alla (OMISSIS), la casa familiare. Dalla loro unione sono nate due figlie – (OMISSIS) ed (OMISSIS), entrambe nate a (OMISSIS), la prima il (OMISSIS) e la seconda (OMISSIS) – riconosciute da entrambi i genitori. Costituisce, altresi’, dato fattuale che la (OMISSIS), a far data dal 27 dicembre 2020, non ha abitato piu’ presso l’abitazione predetta, bensi’, unitamente alle due figlie, prima presso la casa dei genitori, ubicata a (OMISSIS) (a circa 70 km da (OMISSIS)), e poi, come specificato nella sua memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c., presso un appartamento locato in (OMISSIS), distante meno di sei km dalla casa familiare in (OMISSIS).
2.3. Come si e’ riferito descrivendo i “Fatti di causa”, il Tribunale di Treviso, adito dal (OMISSIS), ha affidato esclusivamente a quest’ultimo le due minori, con collocazione prevalente presso la sua abitazione, e la Corte di appello di Venezia ha respinto il reclamo, sul punto, della (OMISSIS), condividendo, sostanzialmente, l’assunto del primo giudice secondo cui il riferimento allo stato di sofferenza morale e psicologica dedotto dalla odierna ricorrente, oltre che non adeguatamente dimostrato, non avrebbe certo potuto determinare una scelta unilaterale e grave, come quella da lei posta in essere ed attualmente perseguita, volta a determinare uno sradicamento delle minori dal consueto ambiente familiare (amicale) e scolastico. Ad avviso di quella corte, peraltro, non risulta che il (OMISSIS) sia un padre inidoneo ed il problema del maggior attaccamento delle figlie alla madre, tutto da verificare, non giustifica affatto la grave ed unilaterale decisione assunta, senza che ne ricorressero precisi presupposti anche autorizzativi e non puo’ essere superata dal rinvenimento di un lavoro o da una sistemazione abitativa della (OMISSIS) presso (OMISSIS) (successivamente trasferita, come si e’ gia’ detto, a (OMISSIS)). In definitiva, secondo il giudice a quo, la condotta della (OMISSIS) “ponendosi in conflitto con la regola di cui all’articolo 337-ter c.c. giustifica l’affidamento esclusivo denotando incapacita’ della madre di rendersi conto degli effetti della unilaterale decisione”.
2.4. Tanto premesso, rileva il Collegio che, come ormai ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, l’affidamento condiviso e’ da ritenersi il regime ordinario, anche nel caso in cui i genitori abbiano cessato il rapporto di convivenza, ed il grave conflitto fra gli stessi non e’, di per se’ solo, idoneo ad escluderlo (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 1777 del 2012); la mera conflittualita’, infatti, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso, ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre puo’ assumere connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 5108 del 2012).

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2.4.1. Alteris verbis, in tema di affidamento questa Corte ripete da tempo, reiterando un insegnamento gia’ affermatosi in vigenza dell’articolo 155 c.c., che il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice a mente dell’articolo 337-ter c.c., e’ costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia piu’ idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalita’ del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacita’ del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalita’ con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacita’ di relazione affettiva, nonche’ mediante l’apprezzamento della personalita’ del genitore (cfr. Cass. n. 19323 del 2020; Cass., n. 14728 del 2016; Cass. n. 18817 del 2015; Cass. n. 14480 del 2006). In coerenza con questa premessa, la regola dell’affidamento condiviso si rivela percio’ la scelta tendenzialmente preferenziale (cfr. Cass. n. 6535 del 2019) onde garantire il diritto del minore “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”, tanto che, avendo in tal modo dimostrato il legislatore di ritenere che l’affidamento condiviso costituisca il regime ordinario della condizione filiale nella crisi della famiglia (cfr. Cass. n. 1777 del 2012), la sua derogabilita’, neppure consentita in caso di grave conflittualita’ tra i genitori (cfr. Cass. n. 5108 del 2012), risulta possibile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore” (cfr. Cass. n. 977 del 2017).

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2.4.2. In proposito, va pure ribadito che “In tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli puo’ derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovra’ essere sorretta da una motivazione non solo piu’ in positivo sulla idoneita’ del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneita’ educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore” (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 24526 del 2010).
2.5. Occorre verificare, dunque, se le ragioni poste a sostegno del decreto oggi impugnato abbiano fatto, o meno, buon governo dei suddetti principi, oltre che delle norme riguardanti il diritto alla bigenitorialita’ e la realizzazione del miglior interesse del minore: quest’ultimo costituente la ratio sottesa ad ogni statuizione sull’affidamento dei minori.
2.5.1. Al riguardo, questa Suprema Corte ha piu’ volte affermato che, nell’interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialita’, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9691 del 2022; Cass. n. 28723 del 2020; Cass. n. 9764 del 2019; Cass. n. 18817 del 2015; Cass. n. 11412 del 2014).
2.5.1.1. Tale orientamento trova riscontro nella giurisprudenza della Corte EDU, che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all’articolo 8 CEDU, pur riconoscendo all’autorita’ giudiziaria ampia liberta’ in materia di diritto di affidamento di un figlio di eta’ minore, ha precisato che e’ comunque necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero quelle apportate dalle autorita’ al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera eta’ ed uno dei genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte EDU, 23 marzo 2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D’Alconzo c/Italia; Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia; Corte EDU, 15 settembre 2016, Giorgioni c/Italia; Corte EDU, 23 giugno 2016, Strumia c/Italia; Corte EDU, 28 aprile 2016, Cincimino c. Italia).

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2.5.1.2. La Corte EDU, di norma, e condivisibilmente, invita le autorita’ nazionali ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i figli, affermando che “per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare” (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che “le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione” (K. E T. Finlandia n. 25702/94, CEDU 2001.
2.6. Cio’ posto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, la corte di appello, pur avendo riscontrato un’elevata conflittualita’ tra i genitori, tanto da concludere il provvedimento con un’ammonizione rivolta alla (OMISSIS) ex articolo 709-ter cod. proc. civ., si e’ sostanzialmente soffermata sulla valutazione del solo comportamento della odierna ricorrente, assumendo che il dedotto suo stato di sofferenza morale e psicologica (peraltro ritenuto non adeguatamente dimostrato) non avrebbe potuto giustificare una scelta unilaterale e grave, come quella da lei posta in essere ed attualmente perseguita, volta a determinare uno sradicamento delle minori dal consueto ambiente familiare (amicale) e scolastico.
2.6.1. Da cio’ quel giudice ha tratto, evidentemente, il proprio negativo convincimento circa l’inidoneita’ educativa ovvero la manifesta carenza della medesima ricorrente, senza tuttavia procedere ad una doverosa e concreta ponderazione, maggiormente in positivo (giusta i gia’ riportati principi di Cass. n. 6535 del 2019 e Cass. n. 24526 del 2010), sulla idoneita’ del controricorrente: sul punto, infatti, si e’ limitata ad affermare che “la rete familiare del (OMISSIS) consente il superamento di eventuali problemi” della gestione paterna e che “non risulta affatto che il (OMISSIS) sia un padre inidoneo”.
2.6.2. Tali assunti, rivelatori di una motivazione, in parte qua, del tutto apodittica e, come tale, meramente apparente, rappresentano il trionfo di una formula astratta, nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita delle due figlie minorenni della coppia, private ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, avevano sempre convissuto normalmente, coltivando serenamente i propri interessi di bambine.
2.6.3. Invero, la corte d’appello, come anche il tribunale (per quanto e’ descritto del relativo provvedimento nel decreto oggi impugnato), ha del tutto omesso di considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sull’assetto cognitivo delle minori di una brusca e duratura sottrazione delle stesse dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione delle corrispondenti consuetudini di vita.

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

2.6.4. Al riguardo, occorre ricordare che il diritto alla bigenitorialita’ disciplinato dalle norme codicistiche e’, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalita’ concrete che siano dirette a realizzare in primis il miglior interesse del minore: il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest’ultimo, e assume carattere recessivo se cio’ non sia garantito nella fattispecie concreta (cfr. in motivazione, Cass. n. 9691 del 2022).
2.6.4.1. Tale principio, come si e’ gia’ riferito, e’ stato gia’ espresso dalla giurisprudenza di legittimita’ laddove si e’ ritenuto che il regime legale dell’affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell’interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, e che tuttavia, nell’interesse di quest’ultimo, il giudice puo’ individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione piu’ confacente al suo benessere ed alla sua crescita armoniosa e serena (cfr. Cass., n. 19323 del 2020; Cass. n. 4790 del 2022).
2.6.5. Il principio del superiore interesse del minore, disciplinato dagli articoli 337-ter, c.c., ed 8 Cedu, e’ altresi’ un principio cardine della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con la L. n. 176 del 1991. Nello spirito di tale Convenzione, il superiore interesse del minore e’ declinato in tre distinte accezioni tra loro strettamente collegate.

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

2.6.5.1. Anzitutto, esso esprime un diritto sostanziale, cioe’ il diritto del minorenne a che il proprio superiore interesse sia valutato e considerato preminente quando si prendono in considerazione interessi diversi, al fine di raggiungere una decisione sulla problematica in questione, e la garanzia che tale diritto sara’ attuato ogni qualvolta sia necessaria una decisione riguardante un minorenne, un gruppo di minorenni identificati o non identificati, o minorenni in generale. Inoltre, il miglior interesse del minore configura un principio giuridico interpretativo fondamentale: se una disposizione di legge e’ aperta a piu’ di un’interpretazione, si dovrebbe scegliere l’interpretazione che corrisponde nel modo piu’ efficace al superiore interesse del minore. Cio’ implica anche una regola procedurale; ogni qualvolta sia necessario adottare una decisione che interessera’ un minorenne specifico, un gruppo di minorenni identificati o di minorenni in generale, il processo decisionale dovra’ includere una valutazione del possibile impatto (positivo o negativo) della decisione sul minorenne o sui minorenni in questione.
2.6.5.2. Tale complessa e stratificata caratterizzazione del diritto del minore impone, dunque, nell’applicazione delle singole norme, un’interpretazione che valorizzi in ogni caso il miglior interesse del minore, con prevalenza su altri diritti la cui attuazione possa, seppur parzialmente ed indirettamente, comprimerlo; l’interprete e’ chiamato, pertanto, ad una delicata interpretazione ermeneutica di bilanciamento la cui specialita’ consiste nel predicare in ogni caso la preminenza del diritto del minore e la recessivita’ dei diritti che con esso possano collidere.
2.6.6. Nel caso concreto, il provvedimento impugnato denota una visione parziale del migliore interesse del minore, perche’ non affronta in alcun modo la questione della sottrazione improvvisa delle due bambine (di quasi 11 anni, ormai, la prima; di circa 5 la seconda) alla madre che, finora, ha significativamente contribuito alla loro crescita, accudendole costantemente. In proposito, le statuizioni del decreto impugnato sono connotate da un’evidente contradictio in terminis, nelle parti in cui, da un lato, tendono ad escludere preoccupazioni riguardanti la gestione paterna in quanto la rete familiare del (OMISSIS) (la cui idoneita’ genitoriale, peraltro, come si e’ gia’ detto, e’ solo apoditticamente affermata) consentirebbe il superamento di eventuali problemi, e dall’altro omettono di affrontare compiutamente (“il problema del maggior attaccamento alla madre, tutto da verificare, non giustifica affatto la grave ed unilaterale decisione assunta, senza che ne ricorressero precisi presupposti anche autorizzativi e non puo’ essere superata (…J, dal rinvenimento di un lavoro o da una sistemazione abitativa della (OMISSIS) in (OMISSIS)”), la questione, pur sollevata nel reclamo, dei potenziali traumi che le stesse minori potrebbero patire a seguito di un brusco e duraturo distacco dalla madre, fatto che potrebbe ingenerare in queste ultime esiti dannosi imprevedibili sotto il profilo psico-cognitivo.
2.6.7. In relazione a quest’ultimo aspetto, ma altrettanto potrebbe dirsi quanto alle valutazioni affatto genericamente espresse dalla corte territoriale relativamente alla idoneita’/inidoneita’ genitoriale di ciascuna delle odierne parti in causa, ben poteva essere disposta dal giudice di merito una consulenza tecnica d’ufficio, che la (OMISSIS) lamenta come mancata nella valutazione del preminente interesse delle minori nel provvedimento impugnato e, comunque, necessaria per stabilire la migliore soluzione per le stesse, fermo il conflitto in essere tra i genitori.

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

2.6.7.1. E’ sicuramente vero che, in linea generale, il giudizio su necessita’ ed utilita’ del ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimita’ (cfr. Cass. n. 326 del 2020). Tuttavia, occorre osservare che la Corte EDU ha ritenuto piu’ volte detta consulenza come uno strumento essenziale per accertare il prioritario interesse del minore (alla vicinanza della figura materna, oppure per monitorare il disagio provato dai minori a contatto con la figura materna e stabilire se sia superabile o meno, con il necessario supporto psicologico) e cio’ si rivela coerente con le esigenze di certezza che devono connotare gli accertamenti giudiziali in tema di un siffatto interesse, sancito anche a livello Europeo (cfr. Corte EDU, 12/08/2020, E.C. c. Italia; conf., Corte EDU, 10/09/2019, Strand Lobben e altri c. Norvegia; Corte EDU, 21 gennaio 2014, Zhou c/Italia; conf. Corte EDU, 13 ottobre 2015, S. H. c/Italia). In materia, questa Corte ha affermato – sebbene in tema di dichiarazione dello stato di adottabilita’ di un minore – che ove sia fatta richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della personalita’ e capacita’ educativa dei genitori, o di uno di essi, nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali, il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, alle risultanze di perizie e consulenze (cfr. Cass. n. 6138 del 2015, Cass. n. 12013 del 2019 e Cass., 26/06/2019, n. 17165 del 2019, tutte richiamate, in motivazione, dalla piu’ recente Cass. n. 4746 del 2022).
2.6.7.2. In altri termini, le norme ed i principi giurisprudenziali tutti in precedenza richiamati mostrano chiaramente che la valutazione del preminente interesse del minore deve avvenire – come si e’ gia’ detto – non in relazione alla posizione soggettiva dei genitori (o, almeno, non solo in relazione ad essa), bensi’ con riguardo a quella oggettiva del minore, che deve poter essere realizzata in tempi ragionevoli e con un sufficiente grado di certezza, ricordandosi, altresi’, che lo Stato deve fornire sostegno ai genitori nell’esercizio delle responsabilita’ genitoriali e ristabilire o migliorare la capacita’ della famiglia di prendersi cura del minorenne, a meno che sia necessario operare diversamente per proteggerlo.
2.6.7.3. In definitiva, per dimostrare che sia stato rispettato il diritto del minore alla valutazione ed alla considerazione preminente del suo superiore interesse, la decisione a lui relativa deve indicarne esplicitamente gli elementi ritenuti rilevanti per la corrispondente valutazione ed il modo in cui sono stati ponderati per determinarlo, altresi’ spiegandosi compiutamente perche’ detto superiore interesse non sia abbastanza forte da prevalere su altre considerazioni (cfr., in motivazione, Cass. n. 13393 del 2022, sebbene resa in fattispecie di adozione).

Filiazione naturale ed il principio della bigenitorialità

2.7. Fermo quanto precede, va osservato che, nella specie, la corte distrettuale ha posto al centro della sua conclusione circa l’attuale, inidoneita’ o manifesta carenza della (OMISSIS) all’affido (condiviso) delle figlie la sola, gia’ descritta condotta di quest’ultima che, sebbene innegabile, non esclude, tuttavia, la necessita’ di una concreta verifica riguardante la sua reale giustificazione e la doverosa ed effettiva ponderazione, maggiormente in positivo, sulla idoneita’ del (OMISSIS), nonche’, soprattutto, le conseguenze di un provvedimento di affidamento esclusivo (al loro padre) sulla vita delle due figlie minorenni della coppia, private ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale avevano sempre convissuto coltivando serenamente i propri interessi di bambine.
2.7.1. Nemmeno risulta, poi (nulla rinvenendosi, in proposito, nel provvedimento impugnato), che i Servizi Sociali, gia’ specificamente officiati dal tribunale, abbiano effettivamente monitorato la condizione delle suddette minori ed una simile inerzia non puo’ non essere rimarcata nell’ottica di non aver consentito di ottenere ulteriori dati da utilizzarsi per formulare anche un giudizio attuale sull’idoneita’ genitoriale di ciascuna delle odierne parti in causa: circostanze, tutte, che, invece, nella decisiva prospettiva della realizzazione del primario interesse delle bambine, non hanno trovato salde giustificazioni in accertamenti peculiari, da effettuarsi, doverosamente, anche tramite una specifica consulenza tecnica di ufficio.

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2.7.2. Ad avviso del Collegio, quindi, la corte territoriale ha errato nell’argomentare l’insussistenza dei presupposti della possibilita’ di affidamento condiviso per la sola inadeguatezza della (OMISSIS), omettendo una doverosa, effettiva verifica dell’adeguatezza del (OMISSIS) e delle conseguenze, sulle loro figlie minorenni, del loro brusco distacco dalla madre con cui finora hanno convissuto, sicche’ e’ mancato un effettivo e completo (e non soltanto parziale) concreto accertamento – da effettuarsi anche tramite specifiche indagini peritali – diretto a ricercare la possibilita’ della prosecuzione di un affidamento condiviso delle suddette minori. Ne’ puo’ essere sottaciuto, come evidenzia anche parte della dottrina, che ogni decisione che si ponga il problema se privilegiare l’interesse del minore in prospettiva futura, al prezzo di produrgli una sofferenza immediata, deve compiere un difficilissimo bilanciamento: la scelta della prospettiva futura puo’ essere ragionevolmente privilegiata solo se e’ altamente probabile che dia esito positivo nel lungo periodo e al tempo stesso dalla scelta opposta deriverebbe un danno elevato; e, per di piu’, e’ necessario che la sofferenza nel breve periodo appaia superabile senza lasciare strascichi troppo traumatici.
3. In definitiva, il ricorso di (OMISSIS) deve essere accolto, nei sensi fin qui esposti, limitatamente ai suoi primi quattro motivi, respingendosene il quinto. Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato in relazione ai motivi accolti, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.
4. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalita’ e degli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso di (OMISSIS), nei sensi di cui in motivazione, limitatamente ai suoi primi quattro motivi, respingendone il quinto. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.
Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalita’ e degli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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