Falso innocuo

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 28 giugno 2019, n. 28333.

La massima estrapolata:

In tema di falsità in atti ricorre il cosiddetto falso innocuo nei casi in cui l’infedele attestazione, se si tratti di falso ideologico, o l’alterazione, se si verta in ipotesi di falso materiale, siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino effetti sulla sua funzione documentale, non dovendo l’innocuità essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto. [Nella fattispecie, in cui è stato escluso il falso innocuo, il partecipante alla gara aveva l’onere di attestare la propria residenza mediante autocertificazione, cosicché la falsa attestazione era caduta proprio sul dato che attraverso l’autocertificazione il partecipante era tenuto ad attestare].

Sentenza 28 giugno 2019, n. 28333

Data udienza 16 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – rel. Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/03/2018 della Corte di Appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ROMANO Michele;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa PICARDI Antonietta, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza del 9 giugno 2015 del Tribunale di Bari che, all’esito del giudizio ordinario, per quanto di interesse in questa sede, ha condannato (OMISSIS) alla pena di un mese di reclusione per il delitto di cui all’articolo 483 c.p., consistito nell’avere attestato falsamente in atto pubblico, in seno ad un procedimento concorsuale pubblico di gara per l’appalto di lavori pubblici, che egli era residente ad un numero civico diverso da quello accertato presso l’Anagrafe del Comune di residenza di Cancello e Arnone.
2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, affidandosi a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’articolo 483 c.p. e agli articoli 192 e 530 c.p.p..
Nello specifico, egli evidenzia che la vicenda dalla quale si era originato il fatto a lui contestato era piu’ ampia, poiche’ inizialmente egli era stato imputato, assieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), di avere falsamente attestato il possesso dei requisiti di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 38, comma 1, lettera m-quater ed in particolare di avere dichiarato di non trovarsi in relazione di fatto con altre imprese concorrenti tale da comportare che le offerte potessero essere imputabili ad un unico centro decisionale.
Il Tribunale aveva assolto i coimputati, ritenendo insussistente il fatto loro ascritto, non essendo dimostrato che le imprese a loro riconducibili e quella di (OMISSIS) fossero tra loro collegate nel modo sopra descritto, ma aveva condannato (OMISSIS) per avere egli indicato nella domanda di partecipazione alla gara di appalto di risiedere ad un numero civico diverso da quello risultante all’anagrafe.
Il Tribunale aveva altresi’ ritenuto che la falsita’ fosse diretta ad occultare la coabitazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) e quindi la cointeressenza tra le imprese da essi gestite.
In realta’, mancava la prova del dolo del delitto di cui all’articolo 483 c.p..
Le circostanze emerse dall’istruttoria a vantaggio di (OMISSIS) erano state svilite e valutate in senso a lui sfavorevole mediante argomentazioni illogiche e contraddittorie e in violazione dei criteri di valutazione della prova fissati dalla legge.
Nonostante tra i documenti prodotti da (OMISSIS) per partecipare alla gara vi fosse anche la fotocopia della sua carta di identita’ che riportava la via ove egli era residente senza l’indicazione del numero civico, i giudici del merito avevano attribuito prevalenza al certificato anagrafico riportante detto numero.
In realta’ la presenza di due documenti con indicazioni diverse determinava una situazione di incertezza, che avrebbe dovuto indurre i giudici a ritenere verosimile un errore materiale all’atto della compilazione della domanda.
Inoltre la produzione, unitamente alla domanda di partecipazione alla gara, della carta di identita’ che non riportava l’indicazione del numero civico toglieva effetto alla indicazione del numero civico contenuta nella domanda stessa, privandola di ogni incidenza lesiva sul bene tutelato.
Del tutto contraddittoriamente, la Corte di appello aveva ritenuto che la mancata indicazione del numero civico nella carta di identita’ impedisse alla commissione di gara di venire a conoscenza dell’esatto numero civico di residenza del (OMISSIS) e quindi della circostanza che egli coabitava con suo padre (OMISSIS) e quindi aveva ritenuto la mancanza del numero civico sulla carta di identita’ un sintomo di maggiore scaltrezza dell’imputato, il cui comportamento appariva subdolo.
La Corte di appello, infatti, ometteva di considerare che il (OMISSIS), se effettivamente fosse stato scaltro, avrebbe potuto limitarsi ad indicare l’indirizzo di residenza come risultante dalla carta di identita’, privo dell’indicazione del numero civico.
Peraltro il rilascio della carta di identita’ priva di indicazione del numero civico, in quanto attuato da un pubblico ufficiale del Comune di Cancello e Arnone, non poteva essere imputato all’odierno ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per avere ritenuto sussistente la violazione dell’articolo 483 c.p. pur in presenza di un falso innocuo.
L’indicazione di un numero civico di residenza diverso da quello risultante all’anagrafe era del tutto irrilevante, poiche’ esso non era un elemento necessario della domanda di partecipazione alla gara, ne’ un presupposto di ammissione alla gara stessa; si trattava di un dato neutro che non poteva incidere sull’esito del procedimento.
Ne’ poteva dirsi che con l’indicazione di un falso numero civico il ricorrente intendesse occultare un rapporto di cointeressenza tra la sua impresa e quella del padre, poiche’ tale rapporto, come evidenziato dal Tribunale, neppure risultava dimostrato, ne’ poteva ritenersi provato per effetto della mera coabitazione tra i due titolari.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della omessa motivazione circa la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, sebbene il ricorrente sia incensurato e i fatti siano risalenti nel tempo e possano essere diversamente qualificati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.
2. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato ed in parte generico.
2.1. Il Tribunale ha affermato che la falsa indicazione del numero civico ha “reso piu’ difficile individuare il rapporto di convivenza con il padre (OMISSIS), fonte di un collegamento tra le loro due societa’ e dunque di potenziale interferenza con la procedura di gara”.
La Corte di appello ha aggiunto che l’obiettivo della condotta era quello di impedire alla Commissione di gara di accorgersi che tra le due societa’ concorrenti vi fosse una cointeressenza tale da creare interferenza nella procedura di gara, atteso che il padre dell’odierno ricorrente era amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) era direttore tecnico della (OMISSIS), apparentemente amministrata da (OMISSIS). La Corte di appello ha aggiunto che la mancanza nella copia della carta di identita’, prodotta ai fini della partecipazione alla gara, dell’indicazione del numero civico esatto era anch’essa volta ad impedire collegamenti tra padre e figlio e rendeva ancor piu’ subdola l’indicazione nell’autocertificazione di un numero civico diverso da quello di effettiva residenza e tale “modifica era diretta ovviamente ad impedire che tramite la verifica della Commissione sulla residenza del padre emergesse il dato della convivenza e si accertasse l’esistenza di un unico centro di interessi nelle due societa’ concorrenti.”.
La Corte di appello, diversamente dal Tribunale, giunge, quindi, ad affermare che effettivamente tra le due societa’ esistevano rapporti di collegamento, tanto che la stessa aggiunge che si trattava di una “strategia ben precisa e non il frutto di un errore”, dovendo quest’ultimo escludersi essendo i tre imputati “persone esperte, che partecipavano ad importanti gare pubbliche e ben sapevano dell’importanza di un simile particolare nell’imponente appalto in questione e del rischio di esclusione in caso di disvelamento dello stretto rapporto tra gli operatori delle due societa’”.
In sostanza la Corte di appello afferma che la errata indicazione del numero civico nell’autocertificazione e la modificazione della copia della carta di identita’ non dell’originale, del quale non si fa menzione nella sentenza – allo scopo di impedire che da essa risultasse l’esatto numero civico erano componenti di un’unica condotta volta ad occultare alla Commissione la convivenza di padre e figlio, che avrebbe potuto allertare la Commissione e indurla a ritenere sussistente l’esistenza di un unico centro di interessi.
La motivazione della sentenza di secondo grado non risulta affatto illogica o contraddittoria, mentre il ricorrente, quando sostiene che non gli si puo’ imputare il rilascio di una carta di identita’ priva dell’indicazione del numero civico, mostra di non confrontarsi con le ragioni poste a base della sua decisione dalla Corte territoriale, che sostanzialmente, sia pure implicitamente, afferma che la mancanza nella fotocopia del numero civico, presente sull’originale, e’ opera dell’odierno ricorrente.
Ne’ puo’ sostenersi che sussistesse una situazione di incertezza in ordine al numero civico di residenza, poiche’ questo risultava dal certificato anagrafico acquisito dalla Commissione di gara e prodotto in giudizio; non puo’ darsi rilievo ad una mera fotocopia della carta di identita’ del (OMISSIS), la quale neppure riporta tale dato. Non si era in presenza di due documenti riportanti dati diversi, ma di un unico documento, il certificato anagrafico, riportante il dato mancante nella fotocopia della carta di identita’.
Per lo stesso motivo non puo’ sostenersi che la fotocopia della carta di identita’, priva dell’indicazione del numero civico, abbia tolto valore alla falsa indicazione contenuta nell’autocertificazione.
Nel resto il motivo e’ inammissibile poiche’ con esso si sollevano censure, formulate in modo generico, che attengono al fatto e che mirano ad una rivalutazione del materiale probatorio.
3. Il secondo motivo di ricorso e’ infondato.
Sulla base della ricostruzione del fatto operata dalla Corte di appello il falso non puo’ dirsi innocuo, proprio perche’ attraverso la falsa indicazione il (OMISSIS) intendeva occultare alla commissione il suo rapporto di convivenza con altro amministratore di societa’ partecipante alla gara, ossia suo padre, nella convinzione che tale indicazione avrebbe potuto impedire la partecipazione alla gara di appalto oltre che alla societa’ nella quale egli formalmente rivestiva la posizione di direttore tecnico, anche alla societa’ amministrata da suo padre. Si consideri che tale timore era peraltro fondato, atteso che nella sentenza del Tribunale si legge che dette societa’ sono state escluse dalla gara proprio per tale motivo e che il provvedimento e’ stato confermato dal TAR al quale ne era stato chiesto l’annullamento.
Peraltro, in tema di falsita’ in atti, ricorre il cosiddetto falso innocuo nei casi in cui l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel falso di falso materiale) siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino effetti sulla sua funzione documentale, non dovendo l’innocuita’ essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto (Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013 – dep. 2014, Ventriglia, Rv. 25894601).
Nel caso di specie, il partecipante alla gara aveva l’onere di attestare la propria residenza mediante autocertificazione, cosicche’ la falsa attestazione cade proprio sul dato che attraverso l’autocertificazione il partecipante era tenuto ad attestare.
4. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza, atteso che ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche’ anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole o all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’ essere sufficiente in tal senso (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 27126901; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 24916301).
Nel caso di specie la Corte di appello, richiamando il disposto dell’articolo 62-bis c.p., u.c., ha escluso la rilevanza dell’assenza di precedenti penali a carico dell’imputato e ha evidenziato la assenza di collaborazione da parte del prevenuto nonche’ l’elevato valore del contratto di appalto posto a concorso, dal quale ha desunto la particolare gravita’ del delitto per il quale e’ stata pronunciata condanna.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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