Estinzione del reato: pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione penale

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 5 novembre 2018, n. 6243.

La massima estrapolata:

L’estinzione del reato non opera automaticamente per il mero decorso del tempo, essendo necessaria una pronuncia formale di estinzione del reato da parte del giudice dell’esecuzione penale, ritenendosi necessario che sia un Giudice Penale ad accertare che il soggetto non abbia commesso un reato della stessa indole nei cinque anni successivi alla sua commissione, e non ritenendosi possibile, alla stregua dei criteri d’imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che tale attività di accertamento sia delegata alla Pubblica Amministrazione che gestisce la procedura.

Sentenza 5 novembre 2018, n. 6243

Data udienza 11 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3553 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Da. Me., Or. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Or. Si. in Roma, via (…);
contro
Inail, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ro., Le. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ro. in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS- non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’esclusione da una procedura di finanziamento pubblico, unitamente agli atti presupposti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Inail;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2018 il Cons. Raffaello Sestini e uditi per le parti gli avvocati Orlando Sivieri e Andrea Rossi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – La società -OMISSIS- ha partecipato alla procedura, indetta dall’Inail con avviso del 2016, che tramite finanziamenti incentiva le imprese a promuovere le condizioni di salute e sicurezza dei propri lavoratori. In particolare, la società ricorrente ha proposto di comperare una nuova macchina per stampare le materie plastiche, meno rumorosa rispetto a quelle utilizzate, in modo tale da migliorare le condizioni dei lavoratori addetti a tale attività, ma è stata esclusa per carenza dei requisiti soggettivi.
La motivazione dell’esclusione risiede nell’aver riportato, il rappresentante legale della -OMISSIS-, una condanna penale per lesioni colpose gravi ex art 590, comma 2, c.p., fatto commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto la commissione di un reato di cui all’art. 590 c.p. risulta essere ostativa alla partecipazione alla procedura in esame secondo l’art. 6 dell’Avviso Inail del 2016.
2 – La società ricorrente ha quindi proposto ricorso al TAR, impugnando il provvedimento di esclusione dal finanziamento e deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; ha resistito al ricorso l’Inail, chiedendo il rigetto nel merito alle avverse pretese.
Il T.A.R. per la Regione Veneto, sez. Terza, ha deciso sul ricorso respingendolo, e contro tale sentenza la ricorrente ha proposto appello, formulando tre motivi di censura che riproducono le doglianze già dedotte in primo grado.
3 – Con il primo motivo, -OMISSIS-ha dedotto l’illegittimità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 6, comma secondo, del bando, per violazione di legge con riferimento all’art. 445 c.p.p. e per eccesso di potere per contraddittorietà .
In particolare, l’art. 6 del bando Inail del 2016 prevede, ai fini dell’ammissibilità alla procedura per ottenere un finanziamento, il requisito di non aver riportato “condanne con sentenza passata in giudicato per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, salvo che sia intervenuta riabilitazione ai sensi degli articolo 178 e seguenti del codice penale”.
Il sig. -OMISSIS-, rappresentante legale della -OMISSIS-, ha patteggiato la pena di un reato incluso fra quelli ritenuti ostativi per l’ammissione alla procedura ai sensi dell’art. 6 del bando e, secondo l’art 445c.p.p., la sentenza di patteggiamento ex 444 cpp è equiparata ad un sentenza penale di condanna.
4 – Ciò premesso, viene dedotto che il sig. -OMISSIS- non ha dichiarato di aver riportato una condanna penale quando ha deciso di partecipare al bando, poiché ha ritenuto che il reato in questione fosse estinto ipso iure. Tale estinzione automatica del reato, trascorsi 5 anni e non avendo commesso reati della stessa indole, è principio ritenuto valido dalla Suprema Corte penale (Cassazione Penale, sez. III, 21 settembre 2016 n. 19954, sez. VI, 29 gennaio 2016 n. 6673).
Tuttavia, secondo la giurisprudenza amministrativa prevalente – per tutte, Consiglio di Stato, sez. V, 23 marzo 2015 n. 1557- l’estinzione del reato non opera automaticamente per il mero decorso del tempo, essendo necessaria una pronuncia formale di estinzione del reato da parte del giudice dell’esecuzione penale, ritenendosi necessario che sia un Giudice Penale ad accertare che il soggetto non abbia commesso un reato della stessa indole nei cinque anni successivi alla sua commissione, e non ritenendosi possibile, alla stregua dei criteri d’imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che tale attività di accertamento sia delegata alla Pubblica Amministrazione che gestisce la procedura.
5 – Non si disconosce l’orientamento diverso espresso dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2704 del 7 maggio 2018, la quale asserisce che non si debba formalizzare l’estinzione del reato, che opererebbe automaticamente secondo i dettami della Suprema Corte penale.
Tale sentenza si riferisce tuttavia all’art. 38, comma 2, prima parte del d.lgs. n. 163/2006, per cui “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione. Ai fini del comma 1, lettera c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione”.
Tali dichiarazioni non sono invece richieste, nel caso in esame, dal bando Inail del 2016. Pertanto, in disparte ogni considerazione circa l’interpretazione da dare alla norma riferita ai “reati dichiarati estinti”, tale circostanza differenzia le due fattispecie. Infatti, nel caso qui in esame non viene in rilievo il possibile affidamento generato da norme forse non univoche in chi rese la dichiarazione, e la questione riguarda, invece, l’affidamento di contratti pubblici o l’erogazione di finanziamenti pubblici a seguito del venir meno dei requisiti di moralità e onorabilità (espressamente richiesti dal bando) accertato in sede di controllo da parte dell’Amministrazione. Pertanto, a giudizio del Collegio occorre seguire, ai fini della decisione, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario secondo cui almeno ai fini amministrativi l’estinzione di un reato non opera ipso iure.
6 – Sembra infatti dover prevalere l’interesse pubblico sotteso ad una compiuta valutazione dei requisiti di onorabilità e moralità del soggetto, che nella fattispecie in esame ha riportato una condanna penale contraria alla ratio del finanziamento che voleva ottenere e che, a dispetto della previsione del bando che imponeva di dichiarare ogni reato per il quale non fosse intervenuta la riabilitazione (clausola 6.2 dell’Avviso Inail 2016), non ha dichiarato in sede di presentazione della domanda la condanna penale che aveva riportato, dovendosi pertanto applicare il principio di affidamento e buona fede in favore dell’Amministrazione. Per tali ragioni si deve ritenere infondato il primo motivo di gravame.
7 – Con il secondo motivo di appello -OMISSIS-censura la illegittimità della sentenza per eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, per illogicità e per irrazionalità delle conclusioni del giudice di prime cure, in quanto non si sarebbe avveduto che l’Amministrazione aveva deviato dai principi che devono caratterizzare la sua azione.
8 – Peraltro, il Collegio ritiene infondato il descritto motivo di gravame in quanto, nel caso di specie, l’operato della Pubblica Amministrazione risulta conforme ai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, nonché a quelli di imparzialità, uguaglianza e buon andamento, che devono caratterizzare l’azione amministrativa. Infatti, l’Amministrazione non aveva il compito di chiedere a -OMISSIS-di presentare una sentenza che formalizzasse la estinzione del reato, e in mancanza non solo della sentenza, ma a maggior ragione della stessa domanda volta ad ottenerla, non poteva concedere il finanziamento, secondo le sopradescritte espresse previsioni del bando, e neppure poteva sospendere il procedimento, dovendo tenere un comportamento corretto e giusto nei confronti delle altre imprese che avevano ritualmente fatto richiesta di ricevere un finanziamento per apportare benefici ai propri dipendenti.
Si può quindi affermare che l’amministrazione appellata ha legittimamente, ed anzi doverosamente, applicato le previsioni della legge e del proprio bando proprio nel rispetto della finalità della misura incentivante da essa gestita, ossia quella di promuovere tramite l’erogazione di un finanziamento “il miglioramento dei livelli di sicurezza e salute sul lavoro “(art. 1 bando Inail 2016),
9 – Con il terzo motivo di gravame, viene denunciata dalla ricorrente la illegittimità della clausola 6.2 del bando per illogicità manifesta e disparità di trattamento, nella parte in cui prevede la possibilità di ammettere alla procedura di selezione per ottenere l’incentivo erogato dall’Inail colui che ha ottenuto la riabilitazione ex art. 178 c.p ma non prevede l’ipotesi di estinzione del reato.
In particolare tale clausola, ammettendo la partecipazione alla selezione dei legali rappresentanti delle imprese che avevano ottenuto un procedimento di riabilitazione ex art 178 c.p. a seguito di una condanna penale, e non quella del legale rappresentante della ricorrente che aveva riportato una condanna penale per un reato ritenuto ostativo ma ormai estinto, avrebbe determinato una disparità di trattamento in danno di quest’ultimo.
10 – Ad avviso del Collegio, per valutare la censura in esame occorre richiamare l’art. 2 della Costituzione, che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni ove si svolge la sua personalità “. Infatti, tale disposto permette di ricavare il principio del libero arbitrio, secondo il quale ogni uomo, nella realizzazione dei propri diritti, è posto di fronte alla scelta di come attuarli assumendone la responsabilità .
La riabilitazione ex art. 178 c.p. è, dunque, un diritto del soggetto, il quale può liberamente decidere di sottoporsi o meno al procedimento che gli conceda, al culmine, i benefici di tale istituto, ma costituisce anche un onere laddove l’ordinamento subordini l’ottenimento di un beneficio all’intervenuta riabilitazione: il sig. -OMISSIS- aveva la facoltà di far valere il proprio diritto di ottenere la riabilitazione ex art 178 c.p., diritto che liberamente ed autonomamente non ha esercitato in tempo utile ai fini della partecipazione alla procedura in esame.
11 – Dalle pregresse considerazioni discende altresì che, nella fattispecie, l’appellante non ha subito alcuna disparità o discriminazione, avendo ricevuto l’esatto trattamento previsto per chi fosse incorso in una condanna penale ostativa senza che fosse stato pronunciato un provvedimento di riabilitazione, fattispecie, quest’ultima, diversa da quella in cui versava l’appellante, che quindi è stato trattato in modo diverso ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, secondo il quale cui i soggetti che versano in condizioni uguali devono essere trattati in maniera eguale, e quindi quelli che versano in condizioni diverse devono essere trattati in maniera diversa, dovendosi quindi escludere che la clausola 6.2 dell’Avviso Inail determini una disparità di trattamento.
12 – Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di giudizio sostenute dall’Amministrazione nel presente grado d’appello, liquidate in Euro 3.500 (tremilacinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante e il suo rappresentante legale.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Avv. Renato D’Isa