Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 settembre 2021| n. 25005.
In tema di espropriazione parziale per pubblica utilità, l’indennità prevista dall’art. 33 d.P.R. n. 327 del 2001 si applica esclusivamente ai fondi frazionati, poiché la diminuzione di valore è indennizzabile solo nel caso in cui sussista un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno, non anche quando il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprietà o a vincoli che non colpiscono in modo specifico e differenziato la porzione residua, risolvendosi in obblighi o limitazioni di carattere generale che gravano, indipendentemente dall’intervento ablatorio, su tutti i beni che si trovano in una certa posizione di vicinanza rispetto all’opera pubblica realizzata o da realizzare. (Nella specie, la S.C. ha respinto il motivo di ricorso con il quale era stata censurata la liquidazione dell’indennità senza considerare il pregiudizio subito dalle particelle non frazionate ma rimaste isolate dal restante compendio degli espropriati).
Ordinanza|15 settembre 2021| n. 25005. Espropriazione parziale per pubblica utilità
Data udienza 9 marzo 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Espropriazione per pubblica a utilità – Realizzazione di una strada variante – Determinazione dell’indennità di esproprio ai soli fondi frazionati – Formulazione di censure di mero fatto – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18072-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
PROVINCIA DI SIENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1224/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.
Espropriazione parziale per pubblica utilità
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza in esergo con cui la Corte d’Appello di Firenze, adita dai medesimi a seguito dell’espropriazione da parte della Provincia di Siena di aree adibite a vigneto di loro proprieta’ site in agro di San Gimignano da destinarsi alla realizzazione di una strada di variante, ha proceduto a determinare le indennita’ spettanti agli ablati sulla scorta delle risultanze della CTU e ne reclamano la cassazione sulla base di cinque motivi di ricorso, illustrati pure con memoria, ai quali resiste con controricorso e memoria l’intimata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo di ricorso, inteso a denunciare la nullita’ dell’impugnata sentenza per non aver la Corte d’Appello provveduto a rinnovare la CTU disposta ai fini della determinazione delle indennita’ nella specie dovute e per averne condiviso le risultanze, e’ infondato. Fermo che nella specie il decidente ha ritenuto “che la ridetetininazione dell’indennita’ effettuata dal c.t.u. appare immune da vizi logici ed essendo conforme al criterio normativo applicabile a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 181/2011, deve essere recepita e applicata al caso concreto”, va qui ribadito il principio che il rinnovo della CTU rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicche’ non e’ censurabile in sede di legittimita’ il provvedimento di rigetto che il decidente investito della relativa istanza di parte pronunci (Cass., Sez. III, 29/09/2017, n. 22799), tanto piu’, se come visto qui, “quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie gia’ acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluita’ dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessita’, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perche’ incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione” (Cass., Sez. II, 20/08/2019 n. 21525).
3. Il secondo motivo di ricorso, inteso a denunciare la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 40, perche’ le indennita’ reclamate sarebbero state liquidate facendo applicazione dei V.A.M. malgrado la conclamata incostituzionalita’ di detto criterio, e’ infondato.
Espropriazione parziale per pubblica utilità
La Corte d’Appello, recependo le risultanze della CTU, ha invero motivato la liquidazione delle indennita’ dovute per le aree oggetto di esproprio in piana applicazione del criterio costituito dal valore di mercato, osservando quanto ai terreni adibiti alla coltivazione di vigneti D.O.C. che il valore dei medesimi era stato determinato in base ai valori risultanti dalla negoziazione di terreni simili evidenzianti rispetto ai V.A.M. una lievitazione in ragione del 60% e, quanto ai terreni adibiti alla coltivazione dell’uvaggio D.O.C.G. ((OMISSIS)), che il valore stimato dalla Provincia e fatto proprio dal CTU, era stato giudicato “sostanzialmente corretto” da (OMISSIS), non rinvenendosi, peraltro, discordi elementi di giudizio per accogliere il diverso valore indicato il Ctp.
Ne discende percio’ che la stima operata nella specie dal giudice territoriale rispecchia il criterio asseritamente violato e che l’occasionale richiamo operato dalla relazione di CTU ai V.A.M. e’ stato utilizzato, ove possibile, solo quale parametro di riferimento onde determinare nel concorso di altri indici l’effettivo valore di mercato dei beni ablati.
4. Il terzo motivo di ricorso, inteso a denunciare la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33, perche’ l’indennita’ per l’espropriazione parziale era stata liquidata ritenendo legittimo il criterio di stima “per sommatoria” impiegato dal CTU e senza considerare il pregiudizio cagionato alle particelle non frazionate sebbene rimaste isolate dal compendio, e’ infondato.
Quanto alla prima obiezione, va invero ribadito il precetto che, poiche’ la speciale indennita’ prevista in caso di esproprio parziale e’ volta a garantire che l’indennita’ di espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo e, quindi, anche il deprezzamento subito dalle parti residue del bene espropriato, “tale risultato puo’ essere conseguito detraendo dal valore venale che l’intero cespite aveva prima dell’esproprio il valore successivamente attribuibile alla parte residua (non espropriata), oppure accertando e calcolando detta diminuzione di valore, anziche’ attraverso tale comparazione diretta, mediante il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle spese e degli oneri che, incidendo sulla parte residua, ne riducono il valore” (Cass., Sez. I, 18/11/2011, n. 24304), onde non va soggetto a censura il criterio a cui si e’ attenuto la CTU.
Quanto alla seconda obiezione, occorre ricordare, a tacitazione delle riserve che essa si mostra in grado di sorreggere rispetto all’impugnata decisione che rettamente ha circoscritto l’indennita’ ai soli fondi frazionati, che “la diminuzione di valore subita dalla parte residua del fondo e’ indennizzabile solo quando sussista un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno, non anche allorche’ il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprieta’ o a vincoli che non colpiscono in modo specifico e differenziato la porzione residua del fondo, risolvendosi in obblighi o limitazioni di carattere generale che gravano, indipendentemente dall’intervento ablatorio, su tutti i beni che si trovino in una certa posizione di vicinanza rispetto all’opera pubblica realizzata o da realizzare” (Cass., Sez. I, 7/12/2011, n. 26357), risultando per conseguenza esclusi i fondi che non sono oggetto di ablazione.
Espropriazione parziale per pubblica utilità
5. Il quarto motivo di ricorso, inteso a denunciare l’omesso esame di un fatto decisivo sotto il profilo delle circostanze idonee a legittimare l’estensione della pretesa anche ai fondi non frazionati, oltre che inammissibile, non costituendo esso un fatto decisivo in senso cassatorio secondo la lettura nomofilattica dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, resta assorbito dall’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
6. Il quinto motivo di ricorso, inteso a denunciare il vizio di motivazione omessa in relazione alla triplicazione dell’indennita’ dovuta a mente dell’articolo 45 anche quando la cessione volontaria non possa aver luogo per l’irrisorieta’ della somma offerta in via bonaria, e’ infondato, quantunque si debba correggere a mente dell’articolo 384 c.p.c., comma 4, la motivazione adottata dal decidente di merito – nel senso che la triplicazione e’ dovuta solo in caso di perfezionamento della cessione – dovendo considerarsi il beneficio in parola implicitamente abrogato per incompatibilita’ con il nuovo assetto normativo derivante dalla sentenza della Corte costituzionale del 10 giugno 2011, n. 181 (Cass., Sez. I, 7/09/2020, n. 18578).
7. In conclusione il ricorso va rigettato.
8. Spese alla soccombenza e doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 5100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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