Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 febbraio 2023| n. 3647.

Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

L’esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo, che eserciti anche attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, postula la dimostrazione della sussistenza delle condizioni per ricondurre tale attività nell’ambito di quelle connesse, di cui all’art. 2135, comma 3, c.c. e, in particolare, che essa abbia come oggetto prevalente prodotti propri e non ceduti o coltivati da terzi; l’onere della prova di tali condizioni va posto a carico di chi le invochi, in ossequio all’art. 2697, comma 2, c.c.

Ordinanza|7 febbraio 2023| n. 3647. Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

Data udienza 13 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15263-2020 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS);
– intimato –
nonche’
(OMISSIS) S.R.L.;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 425/2020 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA, depositata il 18/2/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/1/2023 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

RILEVATO CHE

1.1. La Corte d’appello di Catania, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) avverso la sentenza con la quale, in data 22.23/7/2019, il tribunale di Ragusa aveva dichiarato il suo fallimento.
1.2. La corte, per quanto ancora rileva, ha premesso che:
– ai fini dell’esenzione dal fallimento di una impresa agricola, e’ irrilevante l’organizzazione della stessa in forma societaria, come pure le previsioni statutarie in ordine al suo oggetto sociale, poiche’, ai sensi del Decreto Legislativo n. 99 del 2004, articolo 1, anche le societa’ di capitali possono esercitare l’impresa agricola, sicche’, per essere dichiarate fallite, e’ sempre necessaria un’indagine volta ad accertare la natura commerciale dell’attivita’ in concreto svolta; – ha carattere commerciale o industriale ed e`, quindi, soggetta al fallimento, se esercitata sotto forma di impresa grande e media, quell’attivita’ che, oltre ad essere idonea a soddisfare esigenze connesse alla produzione agricola, ridonda a scopi commerciali o industriali e realizza utilita’ del tutto indipendenti dall’impresa agricola o, comunque, prevalenti rispetto ad essa; – solo un’indagine in concreto, pertanto, senza che la tipologia societaria ne costituisca fattore impeditivo in se´, permette l’invocata esenzione, potendosi, peraltro, trarre indizi rilevanti anche dall’oggetto sociale; – spetta, peraltro, al debitore, in ragione della prossimita’ della prova, la dimostrazione dei fatti o delle qualita’ esimenti, come lo status di imprenditore agricolo; – l’allegazione della natura agricola non integra un’eccezione in senso stretto, per cui al giudice competono pur sempre poteri istruttori officiosi, anche in grado d’appello; – in assenza di prova della causa esimente, soccombe il soggetto che, secondo i dati acquisiti nell’istruttoria prefallimentare, appaia rientrare nel novero degli imprenditori commerciali; – la societa’ consortile a (OMISSIS) risulta iscritta nel registro delle imprese come “impresa agricola” ed ha come oggetto sociale “l’esercizio delle attivita’ agricole di cui all’articolo 2135 c.c., riguardanti la produzione, la trasformazione ed il commercio di prodotti agricoli”.
1.3. La corte ha quindi esaminato le censure con le quali la reclamante aveva dedotto, per un verso, di svolgere “attivita’ di produzione, confezionamento e commercializzazione di prodotti agricoli (pomodori, peperoni e melanzane) provenienti dai terreni di sua proprieta’ e da quelli di proprieta’ di uno dei due consorziati, entrambi imprenditori agricoli”, e, per altro verso, che “la prova della qualita’ di imprenditore agricolo, quale attivita’ prevalente, (era) stata fornita con la relazione tecnica di parte, redatta da un commercialista all’uopo incaricato, prodotta con il reclamo, che dall’esame della contabilita’… ha dimostrato che l’attivita’ rientri nella sfera agricola anche in relazione ai prodotti acquistati da fornitori terzi in quanto piu’ del 75% dei prodotti commercializzati proviene dalla produzione propria e dei soci, anch’essi imprenditori agricoli” e le ha ritenute infondate.

 

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1.4. Intanto, ha osservato la corte, proprio la relazione tecnica, cui era stata affidata in via quasi esclusiva la prova della natura agricola dell’attivita’ connessa di commercializzazione dei prodotti agricoli, non era idonea a supportare l’assunto difensivo secondo il quale “i prodotti non acquistati da fornitori terzi sarebbe pari al 75%”, trattandosi, in realta’, di un’indagine “riduttiva ed apodittica”: – il consulente tecnico di parte, a fronte di un’istanza di fallimento depositata il (OMISSIS), si era, infatti, limitato ad esaminare le dichiarazioni IVA per gli anni d’imposta 2009, 2010 e l’ultimo bilancio depositato al registro delle imprese del 2009, nonostante la societa’ non risultasse aver cessato l’attivita’, come emergeva dalla sua perdurante iscrizione al predetto registro; – il consulente, pur avendo concluso nel senso che “dei prodotti commercializzati soltanto il 25% provengono da soggetti terzi”, aveva, inoltre, dichiarato che “dall’esame delle fatture di vendita e’ impossibile riconoscere gli ortaggi prodotti da quelli acquistati” sul rilievo che la fatturazione degli stessi era avvenuta “senza operare alcuna distinzione tra le due categorie” e che la distinzione tra le due categorie, anche se fosse stata possibile, avrebbe richiesto l’esame di circa 20.000 fatture.
1.5. La valutazione espressa dal consulente di parte appariva, quindi, “sganciata dalla effettiva documentazione contabile della reclamante”, che, ha evidenziato la corte, neppure era stata prodotta agli atti, precludendole percio’ di poter eseguire una verifica di quanto affermato nell’atto di reclamo a mezzo di un consulente tecnico d’ufficio.
1.6. Ne’, ha aggiunto la corte, rilevava l’accertamento eseguito dall’Agenzia delle entrate in data (OMISSIS) (allo scopo di verificare la sussistenza dei presupposti per il richiesto rimborso IVA per l’anno 2009), il quale non forniva alcuna prova della prevalenza dell’attivita’ agricola, ma si limitava a precisare che, per cio’ che riguarda la commercializzazione, il consorzio trattava “sia i prodotti propri che dei consorziati nonche’ di fornitori terzi”.
1.7. La corte, pertanto, “considerata l’attivita’ di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli esercitata dalla reclamante, in astratto identificante un imprenditore commerciale” ed “in assenza di prova, incombente a suo carico, che l’attivita’ connessa derivi in via prevalente dall’esercizio dell’attivita’ agricola, con conseguente esonero dall’assoggettabilita’ alla procedura fallimentare”, ha ritenuto che la pronuncia di fallimento, in ragione della natura di imprenditore commerciale della reclamante, fosse legittima.
1.8. La (OMISSIS), con ricorso notificato il 22/5/2020, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata a mezzo pec il 18/2/2020.
1.9. Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) s.r.l..
1.10. Il Fallimento della (OMISSIS) e’ rimasto intimato.

 

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CONSIDERATO CHE

2. Il ricorso e’ tempestivo. La sentenza impugnata, infatti, risulta notificata, in forma integrale, in data 18/2/2020 mentre il ricorso, a fronte della sospensione del termine tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020 (prevista dal Decreto Legge n. 18 del 2020, articoli 83, comma 2, conv. con l. n. 27 del 2020, e 36, comma 1, del Decreto Legge n. 23 del 2020, conv. con l. n. 40 del 2020), e’ stato ritualmente notificato in data 22/5/2020, e, quindi, nel termine di trenta giorni previsto dall’articolo 18, comma 14, l.fall.. La notifica del testo integrale della sentenza di rigetto del reclamo avverso la pronuncia dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell’articolo 18, comma 13, l.fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata, ai sensi del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 4, conv., con modif, dalla l. n. 221 del 2012, e’, infatti, idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione ai sensi dell’articolo 18, comma 14, l.fall. (Cass. n. 23443 del 2019; Cass. n. 2315 del 2017; Cass. n. 10525 del 2016; di recente, Cass. n. 6278 del 2022, in motiv.).
3. Con il primo motivo, la societa’ ricorrente, lamentando la violazione degli articoli 1 l.fall., 115, 116 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c. e la conseguente nullita’ della sentenza e del procedimento, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che non potesse ritenersi dimostrata la sua natura d’imprenditore agricolo, sul rilievo della mancanza di una prova adeguata che la sua attivita’ di commercializzazione aveva ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del proprio fondo.
3.1. Cosi’ facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello, senza indicare le ragioni della sua decisione, non ha considerato: – innanzitutto, che, come chiarito nella relazione tecnica di parte, l’esame delle scritture contabili era stato limitato agli anni 2009/2010 trattandosi dell'”ultimo periodo in cui (essa) aveva operato, atteso che dall’esame delle scritture contabili per gli anni dal 2016 al 2019 non risultava alcun movimento”; – in secondo luogo, che, come emergeva dalle conclusioni esposte dal consulente tecnico di parte, i ricavi relativi alla vendita di prodotti propri costituivano mediamente circa il 75% del totale dei ricavi, per cui complementarmente i ricavi relativi alla vendita di prodotti di terzi costituivano il 25% del totale dei ricavi; – inoltre, che il consulente tecnico di parte, sebbene avesse affermato che l’esame delle fatture di vendita non aveva consentito di distinguere i ricavi relativi agli ortaggi prodotti rispetto a quelli acquistati, era nondimeno giunto in via induttiva, attraverso la relazione di un agronomo, “alla ripartizione dei volumi di vendita relativi alla produzione ed ai volumi di vendita scaturenti dagli acquisti di prodotti da fornitori terzi”; – infine, che l’Agenzia delle entrate aveva accertato come effettivamente la sua attivita’ consistesse nella coltivazione di ortaggi e frutta su terreni di sua proprieta’ e nella commercializzazione sia di prodotti propri che di prodotti dei consorziati, nonche’ di fornitori terzi.

 

Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

3.2. La sentenza impugnata, ha concluso (OMISSIS), li’ dove ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova in merito alla sua qualifica di imprenditore agricolo ha, quindi, reso una decisione che, in quanto fondata solo ed esclusivamente sul parziale ed errato richiamo delle relazione tecnica, scaturisce, in realta’, attraverso una motivazione soltanto apparente, dall’omesso esame ovvero dal travisamento di detta relazione e dei relativi allegati, del verbale di accertamento, delle scritture contabili dal 2016 al 2019 nonche’ dei documenti (OMISSIS), (OMISSIS), i quali, attestando la proprieta’ di notevoli estensioni di terreni coltivati, dimostrano la capacita’ produttiva dell’azienda agricola e, quindi, la prevalenza dell’attivita’ agricola rispetto alla connessa attivita’ di commercializzazione.
3.3. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha escluso che essa avesse dimostrato che l’attivita’ di commercializzazione esercitata avesse ad oggetto in misura superiore al 75% i prodotti ottenuti dalla coltivazione del proprio fondo.
3.4. La corte d’appello avrebbe travisato la relazione tecnica prodotta col reclamo e i documenti ad essa allegati (come il fascicolo relativo al bilancio 2009, le fatture di vendita per gli anni 2009-2010 e le fatture di acquisto nonche’ “stralcio modello dichiarazione IVA anni 2009 e 2010 – libro giornale, schede contabili, libro inventari e libro beni ammortizzabili dal 2016 al 2019”) e avrebbe fondato la decisione su circostanze contraddette dal contenuto della stessa, che, dopo aver considerato la documentazione contabile relativa all’ultimo periodo in cui (OMISSIS) aveva operato, e cioe’ gli anni 2009/2010, e dopo aver dato atto che “dall’esame delle fatture di vendita e della contabilita’ si e’ riscontrata l’impossibilita’ di riconoscere gli ortaggi prodotti da quelli acquistati poiche’ la fatturazione degli stessi e’ avvenuta senza operare alcuna distinzione tra le due categorie”, aveva nondimeno proceduto, superando tale difficolta’ attraverso la relazione di un agronomo, alla “ricostruzione induttiva”, in relazione all’estensione dei fondi coltivati e dei prezzi medi praticati (cosi’ come rilevati dalle fatture emesse), delle vendite degli ortaggi prodotti in azienda rispetto a quelli acquistati da terzi, dimostrando che, in effetti, “i ricavi relativi alla vendita di prodotti propri costituiscono… mediamente circa il 75% del totale dei ricavi per cui complementarmente i ricavi relativi alla vendita di prodotti di terzi costituiscono il 25% del totale dei ricavi”, e che la societa’ reclamante esercitava, pertanto, l’attivita’ agricola “anche per i prodotti non propri acquistati da fornitori terzi”.
4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
4.2. La corte d’appello ha ritenuto che, a fronte dell'”attivita’ di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli esercitata dalla reclamante” ed “in assenza di prova, incombente a suo carico, che l’attivita’ connessa derivi in via prevalente dall’esercizio dell’attivita’ agricola, con conseguente esonero dall’assoggettabilita’ alla procedura fallimentare”, la sentenza di fallimento pronunciata fosse legittima.
4.3. La corte, tuttavia, cio’ affermando sul mero rilievo che il consulente tecnico di parte, pur avendo concluso nel senso che “dei prodotti commercializzati soltanto il 25% provengono da soggetti terzi”, non aveva, in realta’, esaminato le relative fatture di vendita in quanto redatte “senza operare alcuna distinzione” tra “gli ortaggi prodotti da quelli acquistati” dai terzi, ha mostrato di trascurare le effettive risultanze della consulenza tecnica stragiudiziale depositata dalla reclamante, che pure aveva inteso prendere in considerazione ai fini della decisione (come le era senz’altro consentito, nonostante si trattasse di una mera allegazione difensiva, a condizione pero’ di fornire adeguata motivazione della sua valutazione: cfr. Cass. n. 26550 del 2011), la quale, per come incontestatamente emerge dagli ampi stralci riprodotti in ricorso, aveva attestato che “i ricavi relativi alla vendita di prodotti propri costituiscono… mediamente circa il 75% del totale dei ricavi per cui complementarmente i ricavi relativi alla vendita di prodotti di terzi costituiscono il 25% del totale dei ricavi” non gia’ in via apodittica, ma sulla scorta della documentazione (estensione dei terreni in proprieta’; scritture contabili che dimostravano che l’attivita’ era cessata da tempo a dispetto della mancata cancellazione di (OMISSIS). dal R.I.; relazione di un agronomo) che vi era allegata, della quale il giudice ha totalmente omesso di tener conto.

 

Esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo

4.4. Ora, se e’ vero che l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare, non e’ mai sindacabile nel giudizio di legittimita’, l’errore di percezione, invece, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa, come nel caso in esame, uno o piu’ fatti controversi tra le parti e decisivi ai fini della soluzione della controversia, e’ utilmente censurabile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 115 del medesimo codice.
4.5. In effetti, “se e` vero che la denuncia di travisamento del fatto – che costituisce motivo di revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c. e non di ricorso per cassazione – e` incompatibile con il giudizio di legittimita’ perche’ implica la valutazione di un complesso di circostanze che comportano il rischio di una rivalutazione del fatto non consentita al giudice di legittimita’, e` altresi’ vero (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 2006) che diversa da quest’ultima emergenza e` l’ipotesi del travisamento della prova, che implica non una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza, e` contraddetta da uno specifico atto processuale” (Cass. n. 10749 del 2015; Cass. n. 1163 del 2020), sempre che il denunciato travisamento riguardi, com’e’ accaduto nel caso in esame, le risultanze istruttorie (dell’esistenza ovvero dell’inesistenza) di fatti decisivi poiche’ solo l’informazione probatoria su un punto decisivo, acquisita e non valutata, mette in crisi irreversibile la struttura del percorso argomentativo del giudice di merito (Cass. n. 3796 del 2020).
5. Il ricorso, quindi, dev’essere accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catania che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catania che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

 

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