Corte di Cassazione, sezione feriale penale, Sentenza 3 ottobre 2018, n. 43794.

Sentenza 3 ottobre 2018, n. 43794.

Data udienza 21 agosto 2018.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PALERMO;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/12/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DI PISA FABIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI SIMONE che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi del PG e delle parti civili;
udito l’Avv. (OMISSIS) difensore della parte civile ricorrente (OMISSIS) che ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS) difensore di (OMISSIS) il quale ha concluso associandosi alla richiesta di declaratoria di inammissibilita’ formulata dal Procuratore Generale;
udito l’Avv. (OMISSIS), difensore della responsabile civile Azienda Sanitaria Provinciale di (OMISSIS) il quale ha concluso associandosi alla richiesta di declaratoria di inammissibilita’ formulata dal Procuratore Generale.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 13 dicembre 2017, confermava la pronunzia del Tribunale di Trapani in data 27 febbraio 2015 che aveva assolto (OMISSIS) dal delitto di cui agli articoli 40 e 589 cod. pen. rigettando gli appelli del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani nonche’ quello delle parti civili che avevano chiesto accertarsi la responsabilita’ dell’imputato e condannarsi lo stesso unitamente, alla responsabile civile ASP di Trapani, al risarcimento dei danni.
La corte territoriale riteneva che il decesso di (OMISSIS), soggetto in passato afflitto da problemi cardiaci giunto presso la guardia medica dell’isola di (OMISSIS), ove operava quale medico di turno il Dott. (OMISSIS), lamentando dolori al torace o comunque sintomatologia (segnatamente “precordialgia con irradiazione regionale laterale dx sx del collo”, come da certificazione del predetto medico) riferibile ad un possibile prossimo infarto, non era addebitabile a negligenza o imperizia dell’imputato.
I giudici di appello, valorizzando il percorso scientifico dei periti nominati dal tribunale e gia’ fatto proprio dal primo giudice, valutata la grave situazione cardiologica in cui si trovava all’epoca la vittima nonche’ l’esito dell’esame autoptico (che aveva evidenziato un’ipertrofia eccentrica cardiaca) e considerato, altresi’, il tenore complessivo delle dichiarazioni testimoniali dei soggetti presenti presso la guardia medica al momento dell’occorso, escludevano la responsabilita’ del predetto imputato ritenendo che la condotta del sanitario, benche’ non conforme alla buona pratica, non aveva avuto un ruolo causale nel determinismo dell’evento morte che, alla luce del quadro clinico, si sarebbe, comunque, verificato oltre ogni ragionevole dubbio.
In particolare hanno evidenziando che: – una defibrillazione era stata effettuata, contrariamente a quanto lamentato dalle parti impugnati e, comunque, non vi era prova certa che trattavasi di un evento aritmico defibrillabile, specie in ragione delle gravi condizioni dell’ (OMISSIS); – di nessun rilievo era la circostanza che non era stato effettuato un elettrocardiogramma al paziente e che non era stata stabilito alcun contatto telefonico con il servizio di UTC di (OMISSIS) collegato in teleconferenza, atteso che i periti del tribunale avevano ritenuto correttamente che dal momento in cui si era verificato l’arresto cardiaco l’effettuazione del tracciato elettrocardiografico non aveva alcuna prioritaria rilevanza diagnostica ne’ un’immediata utilita’ terapeutica per la necessita’ di rianimare il paziente e che in relazione al breve lasso di tempo intercorso tra il momento dell’arrivo presso la guardia medica della vittima e l’evento infausto non sarebbe stato possibile effettuare una valutazione diagnostica nel reparto di cardiologia del suddetto ospedale in quanto vi era la necessita’ assoluta di procedere a rianimazione cardiopolmonare e cio’ in quanto l’esecuzione di un tracciato ECG con il defibrillatore da inviare all’ospedale avrebbe comportato una perdita di tempo che certamente non sarebbe stata utile all’ (OMISSIS); – l’intervenuta somministrazione dell’adrenalina per via sottocutanea non per via venosa non aveva modificato il quadro clinico ne’ determinato l’infausta evoluzione degli eventi; – la mancata reperibilita’ di accesso venoso non poteva considerarsi un’omissione colposa imputabile al (OMISSIS) e cio’ in quanto l’arresto cardiaco era intervenuto dopo un brevissimo lasso temporale all’arrivo in guardia medica (circa 15 minuti) e, quindi, si era creata repentinamente una condizione di ipertensione che aveva impedito che l’adrenalina venisse somministrata per via endovenosa; – in considerazione del brevissimo arco temporale intercorso prima dell’arresto cardiaco anche un’eventuale somministrazione di antiaggreganti piastrinici e betabloccanti non sarebbe stata in grado di modificare il successivo decorso clinico per il mancato assorbimento e, quindi il mancato effetto terapeutico sperato; – il sussistente stato di scompenso cardiaco congestizio aveva avuto un ruolo preminente nell’evoluzione fisiopatologica del caso ed era indicativo di una importante compromissione disfunzionale/contrattile che aveva condizionato l’esito sfavorevole della vicenda nonche’ l’esito della rianimazione cardiopolmonare della defibrillazione; – il substrato anatomo-funzionale cardiaco dell’Agnello era talmente compromesso da non consentire il ripristino di una attivita’ elettrica efficace.
2. Contro detta sentenza propongono ricorsi per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Palermo nonche’ le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ sulla figlia minorenne (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ sulla figlia minorenne (OMISSIS).
2.1. Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Palermo formula tre motivi:
A. Vizio di motivazione in relazione agli articoli 125 e 546 cod. proc. pen.. Illogicita’ manifesta della motivazione; travisamento di fonti di prova essenziali e decisive ai fini del giudizio.
L’ufficio impugnante deduce un grave travisamento della prova ed una manifesta illogicita’ della motivazione in relazione ai tre presupposti posti a fondamento dell’impugnata sentenza assolutoria, vale a dire: il travisamento delle prove testimoniali dalle quali emergeva l’inosservanza da parte dell’imputato dei protocolli terapeutici previsti dall’arte medica nel caso di trattamenti di scompensi cardiaci e la mancata o maldestra esecuzione da parte dello stesso degli interventi terapeutici previsti e dettati dalle linee guida nel trattamento delle crisi cardiache; il mancato utilizzo ovvero il maldestro tentativo di utilizzo da parte dell’imputato del defibrillatore; il macroscopico errore di carattere scientifico commesso dai periti con riferimento a un preteso scompenso cardiaco congestizio del quale sarebbe stato affetta la vittima.
In relazione al primo profilo nell’individuare le linee guida previste dalla comunita’ scientifica internazionale per il trattamento di un paziente che presenta una chiara sintomatologia da sindrome cardiocircolatoria, potendo disporre di idonea strumentazione (vale a dire: monitorare il paziente per avere una traccia ECG grafica per valutare il ritmo cardiaco, incanalare una vena periferica per somministrare farmaci ed eventuale terapia iniettiva, praticare terapia medica iniziando dall’aspirina sublinguale e somministrazione di eparina a basso peso molecolare in attesa del trasferimento del paziente, evitando di somministrare farmaci antidolorifici e seguire l’evoluzione, controllando la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, utilizzando eventualmente dei farmaci come betabloccanti ed assistenza respiratoria con ossigenoterapia) rileva che, secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di tutti i testimoni presenti all’interno presidio medico di (OMISSIS) (agente di P.G. (OMISSIS), sig.ri (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) l’odierno imputato non aveva posto in essere nemmeno una delle manovre doverose che avrebbe dovuto compiere, rendendosi responsabile di palesi omissioni, in particolare: non aveva rilevato la pressione arteriosa del paziente; non aveva predisposto l’accesso venoso; non aveva effettuato l’ECG; non aveva praticato il massaggio cardiaco, non aveva somministrato l’ossigeno; non aveva praticato alcuna terapia farmacologica; non aveva effettuato la defibrillazione e non aveva praticato l’adrenalina secondo le linee guida.
Rileva, in particolare, che secondo quanto riferito da tutti i testi escussi, i quali avevano avuto modo di assistere a tutte le fasi dell’evento, sia l’ossigeno sia il massaggio cardiaco venivano effettuati soltanto nel corso di una telefonata con il Dott. (OMISSIS), cardiologo della famiglia del Dottor (OMISSIS) contattato, in ragione della totale inerzia del (OMISSIS), ad opera di (OMISSIS) e dopo che l’ (OMISSIS) aveva perso i sensi e, quindi, con grandissimo ritardo e per di piu’ il massaggio e l’ossigeno erano stati praticati da soggetti presenti che non avevano alcuna idoneita’ e non dal medico di guardia che si disinteressava ed era in pieno stato confusionale.
Osserva, ancora, che era emerso che erano trascorsi inutilmente minuti preziosi in cerca del defibrillatore che, una volta trovato, era scarico mentre il (OMISSIS) aveva confessato di non saperlo usare.
La Procura impugnante deduce, quindi, che la corte di appello non aveva considerato che prima dell’arresto cardiaco oltre a gravi negligenze di ordine metodologico si erano verificate significative omissioni assistenziali in considerazione del chiaro quadro sintomatologico quali: incannullare la vena periferica non appena il paziente faceva ingresso nella guardia medica; effettuare l’ossigenoterapia; collegare un monitor per avere una traccia dell’attivita’ cardiaca; effettuare adeguata terapia farmacologica, precisando che tali attivita’ si sarebbero potute e dovute praticare in pochi minuti visto che nel caso di specie lo stesso paziente era arrivato presso il presidio medico sulle proprie gambe e perfettamente vigile.
Assume che i giudici di merito avevano omesso di considerare che esisteva un collegamento tramite linea telefonica fra la guardia medica di (OMISSIS) e l’unita’ operativa cardiologica dell’Ospedale di (OMISSIS) e che tale servizio, ove utilizzato, avrebbe permesso l’invio in tempo reale di tracciati elettrocardiografici ed il ricevimento del referto di lettura da parte di uno specialista cardiologo e, contestualmente, l’indicazione dello specialista in relazione al supporto farmacologico da somministrare al paziente mentre l’unica azione posta dal (OMISSIS) era stata un’iniezione di Voltaren, peraltro eseguita maldestramente, la quale sebbene non era stata la causa dell’arresto cardiaco, come accertato dai periti, era invece un indice rivelatore di una condotta gravemente imperita.
Inoltre, la corte aveva omesso di considerare che dopo l’arresto cardiaco non era stata eseguita la defibrillazione cardiaca ne’ la somministrazione di adrenalina intracardiaca e la motivazione era manifestamente illogica laddove aveva imputato la mancata reperibilita’ di accesso venoso alla condizione di ipotensione che si era instaurata piuttosto che ad un comportamento imperito del (OMISSIS) discordante rispetto alle best practices in quanto, secondo le linee guida nazionali ed internazionali, l’accesso deve essere cercato prima ancora dell’arresto cardiaco atteso che proprio tale evento genera una immediata ipotensione venosa ossia un irrigidimento delle pareti che, conseguentemente, rende impossibile l’accesso mentre ove fosse stato correttamente praticato l’accesso venoso la somministrazione di adrenalina per via endovenosa avrebbe consentito, quanto meno, di aumentare le chances di sopravvivenza del paziente.
La Procura Generale ricorrente assume, altresi’, che i giudici territoriali erano incorsi in un travisamento della prova laddove avevano ritenuto comprovato l’utilizzo del defibrillatore sulla scorta di quanto riferito dal teste Dott. (OMISSIS) mentre dal tenore complessivo della testimonianza non era in alcun modo possibile affermare l’utilizzo dello stesso da parte dell’imputato e del resto gli altri testi escussi avevano concordemente affermato che il (OMISSIS) non aveva utilizzato tale strumento o non lo aveva utilizzato in modo corretto ed efficace, osservando ancora che anche i periti erano pervenuti a conclusioni errate muovendo dal dato, erroneo, costituito dalla circostanza secondo cui il defibrillatore sarebbe stato utilizzato eseguendo una corretta cardioversione elettrica.
Viene dedotto, ancora, che era evidente l’erronea valutazione circa la correttezza delle conclusioni dei periti i quali avevano affermato la sussistenza di uno scompenso cardiaco congestizio preesistente al verificarsi dell’insorgenza della sindrome cardiaca in data 05/02/2011 spia di una compromissione anatomo-funzionale del cuore, dato questo in palese contrasto con il quadro clinico dell’ (OMISSIS) fino a poche ore prima dell’episodio acuto quale paziente in “Classe 1” della New York Heart Association, come confermato dai medesimi periti in dibattimento, atteso che era pacifico che un paziente in tale classe non puo’ versare in una condizione di “scompenso cardiaco congestizio”.
Peraltro le conclusioni dei periti si ponevano in contraddizione con il risultato oggettivo dell’indagine autoptica posto che all’autopsia le coronarie non erano occluse da trombi freschi e che anche gli stents coronarici erano risultati pervi.
Assume, pertanto, che contraddittoria ed illogica appariva l’impugnata sentenza allorquando, ignorando del tutto le evidenze scientifiche sottolineate dai consulenti tecnici di parte ed omettendo del tutto di valutare quanto stigmatizzato da consulenti in ordine al macroscopico quanto clamoroso errore valutativo commesso dai periti, si era limitata ad affermare, del tutto genericamente che il collegio riteneva di”condividere le conclusioni alle quale sono pervenuti i periti che danno una spiegazione persuasiva che ha superato le censure della difesa degli appellanti”.
B. violazione di legge in relazione all’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, articolo 6 CEDU, articoli 111, 117 Cost., articoli 125, 546 e 586 cod. proc. pen..
Lamenta che la richiesta di nuova audizione dei testi le cui dichiarazioni erano state ritenute decisive ai fini del giudizio era stata disattesa dalla corte territoriale adducendo che la completezza dell’istruttoria dibattimentale non consentiva di ritenere integrata la sussistenza dei presupposti per la riapertura e rinnovazione dibattimentale sicche’ la motivazione aveva riguardato la diversa ipotesi contemplata dall’articolo 603 cod. proc. pen., comma 1 mentre nel caso di specie la corte avrebbe dovuto valutare il diverso presupposto introdotto dalla norma in quanto la richiesta di ascoltare testimoni si fondava sul fatto che gli stessi avevano descritto la condotta gravemente omissiva posta in essere all’imputato rispetto alle quale la sentenza assolutoria aveva operato una travisamento o le aveva di fatto ignorate e, pertanto, si imponeva, per effetto delle sentenza della Corte EDU, il nuovo esame dei testimoni mentre la corte d’appello al fine di valutarne la credibilita’ e rilevanza ai fini del decidere, non poteva solo basarsi sui verbali delle udienze dibattimentali.
C. violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articolo 40 cpv., 589 e 590 sexies cod. pen.; articoli 125, e 546 e 586 cod. proc. pen..
Inosservanza ed erronea applicazione delle norme di diritto sostanziale che disciplinano la responsabilita’ omissiva ed il nesso causalita’ riguardo ai delitti concernenti la colpa professionale medica.
Lamenta che la sentenza impugnata era affetta da erronea applicazione della normativa sostanziale nonche’ da motivazione apparente o manifestamente illogicita’ avendo escluso la sussistenza del nesso di causalita’ senza procedere a una doverosa verifica in ordine al fatto che l’ (OMISSIS) poco prima dell’episodio coronarico acuto era in buone condizioni e, pertanto, il paziente aveva elevate possibilita’ di sopravvivere all’evento aritmico e che l’imputato si era rivelato assolutamente inadeguato a trattare la condizione clinica della vittima e la sua condotta omissiva era stata la causa fondamentale dell’evoluzione sfavorevole verso l’exsitus subito dal paziente, piu’ precisamente l’operato del (OMISSIS), alla luce della documentazione sanitaria e delle risultanze dibattimentale, doveva essere inquadrato nell’ambito di situazioni in cui il medico non si adopera per fronteggiare l’urgenza o tiene comportamenti omissivi, laddove la somministrazione di una assistenza adeguata (adrenalina somministrata efficacemente, ossigenoterapia, utilizzo del defibrillatore) avrebbe permesso un’elevata probabilita’ al paziente di sopravvivere sino all’arrivo gli operatori del 118 che avrebbero posto in essere ulteriori manovre di assistenza rianimatoria durante il trasferimento presso la struttura specializzata.
L’aver basato la decisione su elementi di prova inesistenti, perche’ frutto di palesi travisamenti della prova e su elaborati peritali macroscopicamente privi del benche’ minimo supporto scientifico, aveva indotto la corte territoriale e, prima ancora, il tribunale ad omettere di operare un giudizio contro fattuale ipotizzando l’attuazione delle corrette condotte terapeutiche, verificando la sussistenza del nesso di causalita’ fra la grave condotta colposa e l’evento infausto.
2.2. Le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ sulla figlia minorenne (OMISSIS), a mezzo difensore, con separati ricorsi deducono tre motivi:
a. vizio di motivazione in relazione agli articoli 125 e 546 cod. proc. pen.. Illogicita’ manifesta della motivazione; travisamento di fonti di prova essenziali e decisive ai fini del giudizio;
b. violazione di legge in relazione all’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, articolo 6 CEDU, articoli 111, 117 Cost., articoli 125, 546 e 586 cod. proc. pen.;
c. violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articolo 40 cpv., 589 e 590 sexies cod. pen.; articoli 125, e 546 e 586 cod. proc. pen.. Inosservanza ed erronea applicazione delle norme di diritto sostanziale che disciplinano la responsabilita’ omissiva ed il nesso causalita’ riguardo ai delitti concernenti la colpa professionale medica.
Nel proporre tali motivi di impugnazione le suddette parti formulano censure sostanzialmente sovrapponibili a quelle dedotte dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo e richiamate sopra sub. A, B e C.
2.3. (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ sulla figlia minorenne (OMISSIS), a mezzo difensore, deduce tre motivi:
– Primo motivo: mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla valutazione delle pregresse condizioni di salute della persona offesa.
Il difensore assume che la sentenza era contraddittoria, illogica ed immotivata nella parte in cui aveva affermato che la condotta del (OMISSIS) era stata non conforme ad una buona pratica clinica ma al contempo priva di un ruolo causale nel determinismo dell’evento morte essendosi innestato su un cuore che non era sano, assumendo che il decesso doveva ritenersi imputabile alle pregresse condizioni di salute della vittima.
Rileva che tale argomentazione risultava smentita e contraddetta dalla relazione di consulenza tecnica versata in atti dalle parti civili ed dalle prove documentali allegate dalle quali risultava acclarato che l’ (OMISSIS), sebbene fosse soggetto portatore di coronaropatia bivasale trattata nel 2000 con applicazione di stent sull’arteria interventricolare anteriore e nel 2002 sulla coronaria destra, in data 20/09/2010 ovverosia, solo pochi mesi prima dell’evento, aveva sostenuto un teste ergometrico condotto secondo il protocollo Bruce interrotto per raggiungimento della frequenza cardiaca massima teorica risultando inquadrabile in una “Classe 1” della N.Y.H.A. (New York Heart Association).
Deduce, pertanto, che le conclusioni dei periti secondo cui il soggetto si trovava “in un complicato e precario equilibrio emodinamico”, conclusioni sulle quali erano basate le sentenze assolutorie di primo e di secondo grado risultavano prive di qualsivoglia fondamento scientifico ed espresse in palese ed immotivato contrasto e/o travisamento delle prove sopra richiamate.
Rileva, ancora, che l’affermazione secondo la quale il decesso era da imputare esclusivamente alle condizioni di scompenso cardiaco cronico della persona offesa risultavano contraddette e smentite dal risultato dell’esame autoptico condotto sul defunto e, in particolare, con il dato anatomo-patologico polmonare riscontrato sul deceduto nel quale, a livello alveolare erano stati riscontrati, alcuni macrofagi unitamente a numerosi globuli rossi da edema polmonare acuto, precisando che tale presenza era la prova inconfutabile del fatto che la sindrome coronarica acuta aveva subito un incongruo trattamento che aveva portato ad una complicazione aritmica a causa del prolungato periodo di assenza di un valido circolo conseguente alla mancata ripresa della funzione contrattile del cuore, successivamente all’arresto cardiaco.
Osserva, altresi’, che altra circostanza che contraddiceva e smentiva l’imputabilita’ del decesso ad un caso di scompenso cardiaco cronico era il mancato riscontro sul corpo del deceduto in sede di autopsia dei classici, evidenti e solitamente numerosi segni clinici e fisici (quali edemi, epatomegalia, turgore delle giugulari, astenia e dispnea) che si riscontrano in corpi di soggetti deceduti a seguito di scompensi cardiaci cronici.
– Secondo motivo: mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di nesso eziologico tra la condotta dell’imputato ed il decesso dell’ (OMISSIS).
Il difensore assume che appariva gravemente carente, contraddittoria ed illogica la sentenza nella parte in cui avevano riconosciuto che la condotta dell’imputato era stata difforme rispetto a quella prevista alle c.d. best practices e dalle Linee Guida Internazionali e nel contempo aveva ritenuto influente la circostanza di tale palese non conformita’.
Deduce, in particolare, che non era dato comprendere come il collegio: non aveva valutato il dato relativo alla mancata misurazione della pressione arteriosa e alla mancata rilevazione della frequenza cardiaca; aveva ritenuto che la mancata reperibilita’ di un accesso venoso non poteva ritenersi imputabile al (OMISSIS) e cio’ in quanto l’arresto cardiaco era intervenuto dopo un “brevissimo tempo” dall’arrivo in guardia medica (15 minuti), non tenendo conto che tale periodo non poteva considerarsi un “brevissimo tempo” e che l’accesso venoso erano nelle prime ore da porre in essere immediatamente in un paziente con dolore toracico acuto con sospetto di sindrome coronarica acuta; aveva affermato che non poteva essere messo in dubbio che all’ (OMISSIS) fosse stata praticata l’ossigenazione, mentre in sentenza era stato precisato che in sede dibattimentale era emerso che il (OMISSIS) aveva dimenticato di aprire la bombola di ossigeno; aveva affermato che l’effettuazione di un tracciato elettrocardiografico non aveva alcuna prioritaria rilevanza diagnostica ne’ un’immediata utilita’ terapeutica laddove era stato riconosciuto che gli eventi ischemici miocardiaci si distinguono in defibrillabili e non defibrillabili e che tale differenza e’ rilevabile esclusivamente mediante un tracciato elettrocardiografico; aveva ritenuto la mancata effettuazione di un elettrocardiogramma in collegamento con il servizio di UTC di (OMISSIS), possibile stante la presenza in guardia medica di un collegamento con il citato servizio realizzato il tramite di un defibrillatore elettrocardiografico Lifepack 12, non rilevante, non considerando che sussistevano i tempi tecnici necessari per l’effettuazione di tale esame; aveva ritenuto determinante la circostanza che era stato somministrata all’ (OMISSIS) la “Trinitrina” laddove erano possibile altre terapie.
Lamenta, inoltre, che non aveva valutato la circostanza che sarebbe stato opportuno attivare immediatamente il servizio di elisoccorso e che per altro verso erroneamente era stata ritenuta ininfluente l’omessa manovra di massaggio cardiaco.
Terzo Motivo: mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui giudici di merito hanno sostenuto che l’imputato aveva posto in essere la manovra di defibrillazione.
Lamenta che la corte di merito aveva affermato la corretta effettuazione della manovra di defibrillazione sulla scorta, innanzitutto, della dichiarazione resa dal Dott. (OMISSIS) il quale, non essendo testimone diretto dei fatti accaduti all’interno della guardia medica, non aveva potuto offrire un racconto degli accadimenti in termine di certezza non tenendo conto delle ulteriori dichiarazioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – i quali avevano offerto elementi tali da indurre a ritenere che tale manovra non fosse stata eseguita – e che erroneamente era stata ritenuta non ostativa all’utilizzo la mancanza di segni dermici sul cadavere dell’ (OMISSIS) al fine all’affermazione dell’avvenuto corretto utilizzo del defibrillatore, non tenendo conto anche di quanto chiarito da consulente di parte Prof. (OMISSIS) il quale aveva confermato che l’uso del defibrillatore lascia, nel 100% dei casi, delle tracce a livello cutaneo, risultando, quindi, evidente che entrambe le sentenze di merito erano incorse in un travisamento delle prove.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Palermo e dalle parti civili sono da ritenere privi di fondamento per le ragioni appresso chiarite.
2. Osserva il collegio come, con le impugnazioni proposte in questa sede, le parti ricorrenti si siano limitate alla generica enumerazione di una serie di ipotetici vizi di motivazione della decisione contestata, anche sotto il profilo del preteso travisamento della prova concernenti: 1) l’esecuzione di trattamenti sanitari sulla persona di (OMISSIS) in totale difformita’ rispetto alle c.d. best practies ed alle Linee Guida Internazionali nei casi analoghi in presenza di un paziente che arrivi presso il presidio medico in crisi coronarica; 2) le gravi forme di negligenza, imperizia e di imprudenza dell’imputato, rivelatosi del tutto inadeguato nel gestire la situazione; 3) la sussistenza di un preciso nesso di causalita’ tra l’evento morte ed una pluralita’ di condotte omissive da parte dell’imputato.
Il travisamento delle prove acquisite al processo – e, in ogni caso, l’illogicita’ e la contraddittorieta’ dell’argomentazione giustificativa dettata dalla corte territoriale riguarderebbero, secondo le parti ricorrenti, l’interpretazione attribuita dal giudice d’appello alle testimonianze partitamente richiamate nei ricorsi nonche’ la scelta delle valutazioni contenute nelle consulenze tecniche di segno contrario a quelle offerte al processo dalla pubblica accusa e dalle difese della parte civile.
2.1. Su ciascuno di tali punti, tuttavia, ritiene il collegio che le censure avanzate appaiono risolversi in una proposta di rilettura (inammissibile in questa sede) delle fonti di prova acquisite al processo; prove che, viceversa, la corte territoriale risulta aver elaborato in maniera esauriente, completa e del tutto coerente sotto il profilo logico-argomentativo, precisando, analiticamente, le specifiche ragioni per le quali le singole omissioni o negligenze contestate erano da ritenere inidonee a comprovare profili di responsabilita’ dell’imputato (v. sent. ff. 9-19).
3. Occorre precisare che il sindacato di legittimita’ non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito bensi’ la verifica della struttura logica del provvedimento e non puo’, quindi, estendersi all’esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.
Ne’ la Suprema Corte puo’ trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Invero, solo l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato puo’ essere sottoposto al controllo del giudice di legittimita’, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, ed all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, Ciavarella, Rv. 241214).
3.1. In tema di sindacato del vizio di motivazione non e’ certo compito del giudice di legittimita’ quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito ne’ quello di “rileggere” gli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione e’ compito esclusivo del giudice di merito: quando, come nella specie, l’obbligo di motivazione e’ stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente sotto il profilo logico- giuridico, degli argomenti dai quali e’ stato tratto il proprio convincimento, la decisione non e’ censurabile in sede di legittimita’.
3.2. Va, ancora, rilevato che il giudizio sulla rilevanza ed attendibilita’ delle fonti di prova e’ devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilita’ degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimita’ della Corte Suprema. Si e’ in particolare osservato che non e’ sindacabile in sede di legittimita’, salvo il controllo sulla congruita’ e logicita’ della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilita’ delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 – dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 25036201).
3.3. Deve, inoltre, essere ricordato che nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non e’ tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia’ ed altri, Rv. 254107).
4. Al riguardo occorre evidenziare come la corte territoriale valorizzando il percorso scientifico dei periti nominati dal tribunale – e gia’ fatto proprio dal primo giudice – valutata la grave situazione cardiologica in cui si trovava all’epoca la vittima nonche’ l’esito dell’esame autoptico – il quale aveva evidenziato un’ipertrofia eccentrica cardiaca – ha correttamente proceduto ad escludere la responsabilita’ del predetto imputato ritenendo che la condotta del sanitario benche’ non conforme alla buona pratica non aveva avuto un ruolo causale nel determinismo dell’evento morte che alla luce del quadro clinico si sarebbe, comunque, verificato oltre ogni ragionevole dubbio.
4.1. Va ribadito che in questa sede non vengono in discussione le condotte negligenti dell’imputato ma la verifica della loro incidenza sull’esito infausto, oltre ogni ragionevole dubbio, esclusa dai giudici di merito con argomentazioni tali da resistere alle censure di tutte le parti ricorrenti.
4.2. Osserva questo Collegio che la corte territoriale che nel ripercorrere la valutazione degli elementi di probatori acquisiti, ha ribadito, con diffusa e coerente motivazione, come tutte le contestate omissioni o negligenze – relative alla dedotta violazione delle linee guida previste dalla comunita’ scientifica internazionale per il trattamento di un paziente che presenta una chiara sintomatologia da sindrome cardiocircolatoria, potendo disporre di idonea strumentazione (vale a dire: monitorare il paziente per avere una traccia ECG grafica per valutare il ritmo cardiaco, incanalare una vena periferica per somministrare farmaci ed eventuale terapia iniettiva, praticare terapia medica iniziando dalli aspirina sublinguale e somministrazione di eparina a basso peso molecolare in attesa del trasferimento del paziente, evitando di somministrare farmaci antidolorifici e seguire l’evoluzione, controllando la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, utilizzando eventualmente dei farmaci come betabloccanti ed assistenza respiratoria con ossigenoterapia) o non si erano verificate ovvero non avevano avuto alcuna incidenza causale concreta sulla morte dell’ (OMISSIS), chiarendo altresi’, con congrua valutazione in fatto non sindacabile da parte di questa Corte, che “in relazione al breve lasso di tempo intercorso fra il momento dell’arrivo presso la guardia medica e l’evento infausto” non sarebbe stato possibile effettuare una valutazione diagnostica con il reparto di cardiologia del servizio UTIC di (OMISSIS) implicando cio’ “una perdita di tempo che non sarebbe stata utile all’ (OMISSIS)”.
4.3. Deve, in particolare, rilevarsi che il profilo relativo agli asseriti errori valutativi della corte territoriale quanto alla omessa effettuazione di una defibrillazione ovvero di una corretta defibrillazione da parte del sanitario appare, comunque, privo di rilievo in ragione del dato, pacifico, secondo cui gli eventi ischemici miocardici si distinguono in defibrillabili e no defibrillabili, con la logica conseguenza che la contestazione relativa alla mancata o non corretta effettuazione della stessa non assume, comunque, di per se’ carattere decisivo nel senso di incrinare le conclusioni dei giudici di merito, ben potendo l’esito infausto essersi verificato a prescindere in quanto ” le condizioni gravi dell’ (OMISSIS)….. anche ove si fosse trattato di un evento aritmico defibrillabile non avrebbero consentito una risposta ed un ripristino di una attivita’ elettrica efficace”.
4.4. La circostanza, poi, che il cuore del paziente era da collocare in “Classe 1” della New York Heart Association, non e’ in quanto tale dato decisivo che i giudici di merito avrebbero travisato ovvero omesso di valutare adeguatamente, ben potendo essersi verificato un deterioramento delle condizioni cardiache dell’ (OMISSIS) immediatamente successivo al detto accertamento mentre la contestazione secondo cui le condizioni di scompenso cardiaco cronico risulterebbero smentite dall’esame autoptico costituisce asserzione oltre che generica e priva di adeguato supporto nonche’ recisamente smentita dalle conclusioni dei periti del tribunale – implicante una diversa lettura, inammissibile in questa sede come gia’ sopra evidenziato, dei dati probatori valutati dai giudici di merito con una motivazione logica, congrua e priva di aporie avendo, pure, gli stessi chiarito che “l’evento acuto (la sindrome coronarica acuta -ischemia prolungata) accaduto all’ (OMISSIS) e’ insorto in un soggetto che si trovava in un complicato e precario equilibrio emodinamico e cio’ a prescindere dal fatto che mesi prima dell’evento lo stesso (OMISSIS) presentasse un buon compenso emodinamico”.
5. La valutazione integrata e complessiva degli elementi probatori richiamati dalla corte d’appello appare, dunque, condotta secondo un percorso logico dotato di lineare coerenza e di congruenza argomentativa dovendosi, conseguentemente escludere tutti i lamentati “travisamenti”.
5.1. Sul punto e’ appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, ai sensi del quale la modificazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, consente la deduzione del vizio di motivazione sotto la forma del travisamento della prova la’ dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione resta tuttavia quello di sola legittimita’, si’ che continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n. 23419/2007, Rv. 236893).
Da cio’ consegue che gli “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilita’ che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n. 35683/2007, Rv. 237652), risultando che nella specie i giudici di merito hanno valutato tutti i dati decisivi del processo, sia pure pervenendo a delle conclusioni, circa i profili di responsabilita’ dell’imputato, che oggi si contestano.
5.2. Quanto alla pretesa mancata (o trascurata) valutazione delle divergenti considerazioni tecniche della pubblica accusa o delle parti civili giova ribadire come le stesse non possano in alcun modo ritenersi tali da dimostrare, in modo inconfutabile, la fallacia delle conclusioni raggiunte attraverso la consulenza tecnica su cui i giudici di merito hanno fondato le proprie conclusioni, essendosi limitate a prospettare un’alternativa ricostruzione del fatto sulla base di ipotesi che i giudici d’appello hanno ritenuto recessive, sotto il profilo dell’attendibilita’ e della ragionevolezza logico-scientifica, rispetto a quelle raggiunte dagli ausiliari privilegiati.
Va, altresi’, richiamato il consolidato insegnamento della corte di legittimita’ in forza del quale, in tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni dell’ausiliario di una parte, in difformita’ da quelle della parte avversa, non puo’ essere gravato dell’obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneita’ delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni dell’ausiliario privilegiato, senza ignorare le argomentazioni contrarie, conseguendone la possibilita’ di ravvisare un vizio di motivazione solo nel caso in cui queste ultime siano tali da dimostrare in modo inconfutabile (occorrenza non verificatasi nel caso di specie) la fallacia delle conclusioni del primo (Cass., Sez. 1, n. 25183/2009, Rv. 243791; Cass., Sez. 4, n. 34379/2004, Rv. 229279; Cass., Sez. 1, n. 6528/1998, Rv. 210712).
6. Posto che devono, dunque, escludersi tutti i vizi motivazionali dedotti dalle parti ricorrenti va, infine, rilevato che anche il secondo motivo formulato dal P.G. nonche’ dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ relativo alla asserita violazione di legge in relazione all’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, articolo 6 CEDU, articoli 111, 117 Cost., articoli 125, 546 e 586 cod. proc. pen. non coglie nel segno alla luce dei principi fissati da SS.UU. nella sentenza n. 14800/2018 del 27/12/2017.
6.1. In presenza di una pronunzia assolutoria, confermata in secondo grado, non sussiste alcuna violazione dei principi sopra richiamati avendo la corte d’appello, nell’esercizio dei suoi insindacabili poteri ritenuto di non dare corso ad alcuna rinnovazione dell’audizione dei testimoni indispensabile solo in ipotesi di reformatio in peius, atteso che “l’applicazione della regola dell’immediatezza nell’assunzione di prove dichiarative decisive si impone unicamente in caso di sovvertimento della sentenza assolutoria, poiche’ e’ solo tale esito decisorio che conferma la presunzione di innocenza e rafforza il peso del ragionevole dubbio – operante solo pro reo e non per le altre parti del processo – sulla valenza delle prove dichiarative.
E’ proprio tale asimmetrica incidenza del principio del ragionevole dubbio, operante in favore del solo imputato, che rende necessitato il ricorso al metodo di assunzione della prova dichiarativa, epistemologicamente piu’ affidabile, unicamente per il sovvertimento in appello della decisione assolutoria di primo grado. Trova cosi’ una razionale giustificazione, alla stregua delle regole costituzionali del giusto processo, il diverso e meno rigoroso protocollo di assunzione cartolare della prova dichiarativa nell’ipotesi della riforma di una sentenza di condanna.
Il principio di immediatezza agisce come fondamentale, ma non indispensabile, connotato del contraddittorio e non e’ affatto dotato di valenza costituzionale autonoma, subendo anzi svariate, e del tutto giustificate, deroghe (con riferimento, ad es., alla possibile valutazione di prove precostituite) nella disciplina processuale ordinaria. Di certo, pero’, esso non puo’ essere usato per modificare le caratteristiche del giudizio di appello, trasformandone la natura sostanzialmente cartolare in quella di un novum iudicium, con l’ulteriore rischio di una irragionevole diluizione dei tempi processuali” (v. sent. cit. in parte motiva).
7. Sulla scorta delle considerazioni che precedono stante la infondatezza di tutti i motivi di impugnazione sopra indicati devono essere rigettati sia il ricorso del P.G. che i ricorsi delle parti civili le quali ultime vanno condannate al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso del P.G.. Rigetta, altresi’, i ricorsi delle parti civili che condanna al pagamento delle spese processuali.

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