L’errore di fatto revocatorio ex art. 395 n. 4, c.p.c.

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 13 febbraio 2020, n. 1168.

La massima estrapolata:

L’errore di fatto revocatorio ex art. 395 n. 4, c.p.c. non ricorre nelle ipotesi di erroneo inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ipotesi, questa, che darebbe, al più, ad un errore di giudizio non censurabile mediante la revocazione che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio non previsto dall’ordinamento.

Sentenza 13 febbraio 2020, n. 1168

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6654 del 2018, proposto da
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Autorità di Bacino Laghi Garda e Idro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Ga. Ya. Ch. S.a.s. di Sc. Pi. & C., rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Br., Ro. In. e Gi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…);
Comune di (omissis) non costituito in giudizio.
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato n. 619/2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Lu. Fi. e Ro. In.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Ga. Ya. Ch. s.a.s. aveva impugnato i provvedimenti di diniego sulle istanze di concessione di porzione di spazio demaniale lacuale di una parte dell’area portuale del Comune di (omissis) (BS) (Determinazione n. 162 del 04/03/2013, Determinazione n. 198 del 07/03/2013, Determinazione n. 25 del 16/01/2014) nonché la nota n. 3551 del 2014 che la diffidava dall’occupare con le proprie imbarcazioni lo spazio acqueo destinato al ricovero delle navi traghetto adibite alle attività di navigazione di linea effettuate dalla competente gestione.
2 – Il T.A.R. per la Lombardia, sezione di Brescia, con le sentenze nn. 1242/2014, 1243/2014, 1244/2014 e 1245/2014 rigettava i ricorsi.
3 – A seguito dell’appello di tali pronunce, previa riunione dei giudizi, ed all’esito di un’apposita verificazione, questo Consiglio, con la sentenza n. 619/2018, accoglieva in parte l’appello di Ga. Ya. Ch. s.a.s., dichiarando che l’unico diniego legittimo da parte dell’Autorità di Bacino riguarderebbe l’area richiesta dalla ricorrente per il mantenimento di n. 4 posti barca e che l’atto di diffida può continuare ad avere effetto soltanto in relazione all’area per la quale il verificatore ha accertato la sussistenza di una possibile “interferenza”.
4 – Con il ricorso in esame per la revocazione di tale sentenza si deduce che la stessa sarebbe incorsa in un errore di fatto, che risulterebbe evidente dalla lettura della sentenza medesima e della relazione depositata dal verificatore.
A tal fine, parte ricorrente ricorda che la sentenza afferma di condividere gli esiti della verificazione (richiamandone anche i passaggi più rilevanti); ciò nonostante, conclude affermando che “l’unico diniego legittimo, per interferenza è quello che ha ad oggetto l’area (omissis)”.
Secondo parte ricorrente, dalla verificazione risulterebbe evidente come l’interferenza non sussisterebbe solo con riguardo all’area (omissis), come indicato nella sentenza in argomento, bensì anche con riferimento all’area (omissis), in quanto, essendo l’area (omissis) occupata da Na., l’eventuale impiego della stessa da parte di Ga. Ya. Ch. s.a.s. creerebbe indubbiamente interferenza con le rotte dei traghetti in manovra all’interno della medesima area.
5 – Prima di scrutinare le censure di parte ricorrente giova ricordare che l’errore di fatto revocatorio consiste nel cd. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa. Esso non è in linea di principio ravvisabile quando si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico, in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio.
Più schematicamente, questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5301 del 20 novembre 2015, ha chiarito che l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 106 c. proc. amm., deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa. L’errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche.
6 – Alla luce delle coordinate ermeneutiche innanzi ricordate deve escludersi in radice la sussistenza di un errore di fatto revocatorio, da cui l’inammissibilità del ricorso.
In primo luogo, deve evidenziarsi che l’indagine circa la legittimità dei dinieghi impugnati si è incentrata proprio sulla sussistenza (o meno) di interferenze rilevanti sulle aree in questione (nella sentenza impugnata si legge: “In altri termini, le motivazioni che hanno indotto l’Autorità a non accogliere le istanze di concessione è proprio quella di evitare “interferenze” con l’attività già svolta nell’ambito oggetto dell’istanza stessa. La questione, pertanto, che si pone è di verificare se tale “interferenza” realmente sussiste”).
Ne consegue che il supposto errore di fatto, posto a fondamento del ricorso in esame, attiene proprio alla questione controversa oggetto del giudizio impugnatorio, trascurando che l’errore di fatto può essere solamente quello attinente ad un punto non controverso (cfr. Ad. Plen. n. 1 del 2013), pena l’inammissibile riproposizione di questioni già sollevate nel precedente giudizio, a scapito della certezza dell’accertamento giurisdizionale (Cons. St. n. 5810 del 2017: “il fatto oggetto di “svista” non deve aver costituito un punto controverso, sul quale la sentenza si sia pronunciata”).
6.1 – In coerenza con l’assunto innanzi esposto, nel caso di specie, la censura di parte ricorrente si risolve inammissibilmente nella critica al modo con il quale il giudicante ha interpretato e valorizzato il materiale istruttorio (e precisamente la verificazione).
Al riguardo, deve ribadirsi che l’errore di fatto revocatorio ex art. 395 n. 4 “non ricorre nelle ipotesi di erroneo inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio”, ipotesi, questa, che darebbe, al più, “ad un errore di giudizio non censurabile mediante la revocazione che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio non previsto dall’ordinamento” (Cons. St., 5810 del 2017).
Quest’ultima conclusione si attaglia perfettamente al caso di specie, ove non pare neppure ravvisabile con immediatezza un palese contrasto circa un dato di fatto risultante dalla verificazione e quanto poi recepito nella sentenza, tanto è vero che il ricorso si base anche su argomentazioni induttive.
7 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore di Ga. Ya. Ch. S.a.s. di Sc. Pi. & C., che si liquidano in Euro3.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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