L’eccezione di risoluzione del contratto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 giugno 2021| n. 17463.

L’eccezione di risoluzione del contratto per avveramento della condizione risolutiva, corrispondendo all’esercizio di un diritto potestativo, è un’eccezione in senso stretto, che il giudice non può rilevare d’ufficio, né la parte sollevare per la prima volta in appello.

Ordinanza|17 giugno 2021| n. 17463. L’eccezione di risoluzione del contratto

Data udienza 21 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Interpretazione del contratto – Riferimento al senso letterale delle espressioni usate e alla “ratio” del precetto contrattuale – Censure di merito – Inammissibilità – L’eccezione di risoluzione del contratto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25148-2019 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1678/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 21/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato (OMISSIS) S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3968/2008, con il quale il Tribunale di Modena le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 161.678,39 in favore di (OMISSIS) S.r.l., poi divenuta (OMISSIS) S.p.a., a fronte di servizi di consulenza informatica resi dall’ingiungente in favore dell’opponente tra febbraio e settembre 2008. La societa’ opponente deduceva che l’accordo intercorso con (OMISSIS) S.r.l. prevedeva che il compenso sarebbe stato pagato da (OMISSIS) S.r.l. soltanto per i contratti, procurati dalla societa’ creditrice, che fossero andati a buon fine, ovverosia che si fossero conclusi con la consegna, al cliente finale, di computer e linee ADSL che (OMISSIS) S.r.l. commercializzava per conto di Telecom S.p.a. presso la clientela delle piccole e medie imprese, sulla base di regolare mandato. Poiche’ i contratti procurati da (OMISSIS) S.r.l. erano soggetti alla verifica ed all’approvazione di (OMISSIS) S.p.a., la prima societa’ avrebbe maturato il diritto al compenso soltanto in relazione ai contratti che, in concreto, non erano stati rifiutati da (OMISSIS) S.p.a..
Nella resistenza di (OMISSIS) S.r.l. il Tribunale di Modena, con sentenza n. 2163/2014, accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, sul presupposto che il contratto sottoscritto tra le parti prevedesse il diritto del fornitore di servizi al compenso, determinato in una percentuale delle provvigioni riconosciute da (OMISSIS) S.p.a. a (OMISSIS) S.r.l., solo in relazione agli affari per i quali (OMISSIS) S.p.a. non aveva esercitato il diritto di recesso. Poiche’ il fornitore non aveva fornito la prova di quanti contratti fossero stati confermati da (OMISSIS) S.p.a., nulla gli sarebbe stato dovuto a fronte del servizio reso.
Interponeva appello la (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.r.l.) e si costituiva in seconde cure (OMISSIS) S.r.l., resistendo al gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 1678/2019, la Corte di Appello di Bologna accoglieva l’impugnazione, rigettando l’opposizione proposta in prime cure da (OMISSIS) S.r.l. e confermando il decreto ingiuntivo opposto. Secondo la Corte di Appello, i contratti procurati dalla societa’ appellante erano da ritenersi conclusi mediante il sistema del “verbal ordering” ed il diritto al compenso era dunque maturato. La facolta’ di (OMISSIS) S.p.a. di rifiutarli costituiva una condizione risolutiva, e dunque era (OMISSIS) S.r.l. che avrebbe dovuto dimostrare quali e quanti, dei contratti conclusi da (OMISSIS) S.p.a., erano stati poi “scartati” da (OMISSIS) S.p.a. In difetto di tale prova, l’opposizione doveva essere rigettata.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) S.r.l., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.a.
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la societa’ ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1353 c.c. perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente configurato la facolta’ di (OMISSIS) S.p.a. di scartare alcuni dei contratti procurati da (OMISSIS) S.p.a. sub specie di condizione risolutiva. Ad avviso della ricorrente, infatti, il mancato rifiuto di (OMISSIS) S.p.a. di detti contratti non costituiva un evento idoneo a condizionare, sospensivamente o risolutivamente, l’efficacia del contratto intercorso tra (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS) S.r.l., ma rappresentava piuttosto un’ipotesi per l’applicabilita’ dell’obbligazione subordinata, assunta da (OMISSIS) S.p.a., di reintegrare i contratti “scartati” da (OMISSIS) S.p.a..
Con il secondo motivo, la societa’ ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1183 c.c., perche’ la Corte di Appello avrebbe dovuto configurare l’evento futuro, costituito dal mancato rifiuto di (OMISSIS) S.p.a. dei contratti procurati da (OMISSIS) S.p.a., alla stregua di un fatto idoneo ad incidere sul tempo dell’adempimento. Soltanto laddove (OMISSIS) S.p.a. non avesse “scartato” il contratto ed il cliente finale non avesse esercitato il diritto di recesso riconosciutogli per legge, dunque, sarebbe scattato il diritto di (OMISSIS) S.p.a. alla percezione del compenso pattiziamente stabilito.
Le due censure, che si prestano ad un esame congiunto, sono inammissibili.
Il giudice di appello ha interpretato il dato negoziale, ricostruendo la volonta’ delle parti all’esito di un apprezzamento di fatto sorretto da adeguata motivazione e non utilmente sindacabile in questa sede (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 3590 del 11/02/2021, Rv. 660549; Conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv.586972) ed applicato correttamente il principio per cui, poiche’ “L’eccezione di risoluzione del contratto per avveramento della condizione, corrispondendo all’esercizio di un diritto potestativo, e’ un’eccezione in senso stretto, che il giudice non puo’ rilevare d’ufficio, ne’ la parte sollevare per la prima volta in appello” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17474 del 31/07/2014, Rv. 631831) la relativa prova spettava alla parte che intendeva farla valere.
In tema di interpretazione del contratto, il collegio ritiene opportuno ribadire il principio secondo cui “L’interpretazione degli atti negoziali – che e’ riservata al giudice del merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi- va condotta sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, e cioe’ il senso letterale delle espressioni usate e la “ratio” del precetto contrattuale, nell’ambito non gia’ di una priorita’ di uno dei due criteri ma in quello di un razionale gradualismo dei mezzi d’interpretazione, i quali debbono fondersi ed armonizzarsi nell’apprezzamento dell’atto negoziale” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 701 del 18/01/2021, Rv. 660185). Ne’ puo’ essere ammesso, in sede di legittimita’, un motivo di ricorso che si risolva in mera richiesta di revisione del giudizio di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790) ovvero nell’istanza di nuova valutazione delle risultanze istruttorie, poiche’ l’apprezzamento delle prove e la scelta di quali tra esse sia decisiva appartiene al giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Da quanto precede, discende l’inammissibilita’ del ricorso. Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento in favore della societa’ controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

L’eccezione di risoluzione del contratto

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