E’ insufficiente ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento la sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 22 maggio 2019, n. 3316.

La massima estrapolata:

In ragione dell’art. 192, D.Lgs. n. 152/2006 è insufficiente, ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, la sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico; è necessario, al contrario, l’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo.

Sentenza 22 maggio 2019, n. 3316

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10544 del 2009, proposto da
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Pu., con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Fa. Im. in Roma, via (…);
contro
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via (…), è elettivamente domiciliata;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. 01118/2009, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti l’avvocato dello Stato De Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ordinanza contingibile ed urgente adottata ai sensi dell’art. 117 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e degli artt. 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), il Sindaco del Comune di (omissis) ingiungeva all’Agenzia del demanio, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) di provvedere, “immediatamente entro e non oltre dieci giorni” dalla relativa notifica, allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica del sito in agro di (omissis), località (omissis), via (omissis), sulle sponde del torrente Ma., ove il Corpo di polizia provinciale di Cosenza aveva accertato, con verbale del 25 ottobre 2007, la presenza di rifiuti speciali e pericolosi abbandonati ed aveva altresì disposto il sequestro dell’area per circa 1500 mq.
Avverso tale provvedimento l’Agenzia del demanio proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Calabria, deducendo i vizi di incompetenza nonché violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 244, secondo comma d.lgs. n. 152 del 2006, degli artt. 50, commi 4 e 5 e 54, secondo comma, del d.lgs. n. 267 del 2000.
Eccepiva inoltre la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, nonché la violazione dell’art. 192, comma 3 d.lgs. n. 152 del 2006 e, più in generale, del principio del contraddittorio, oltre alla carenza di motivazione del provvedimento ed al difetto di istruttoria.
Con atto depositato in data 18 aprile 2008, il Comune di (omissis) si costituiva in giudizio, opponendo in primo luogo l’inammissibilità del gravame per omessa impugnativa dell’atto decisorio della Conferenza di servizi che, ad avviso dell’amministrazione, avrebbe avuto natura provvedimentale.
Nel merito, insisteva per l’infondatezza del ricorso e concludeva per il suo rigetto.
Con memoria depositata in data 18 marzo 2008, la ricorrente ribadiva le proprie difese.
Con ordinanza n. 331 del 23 aprile 2008, il primo giudice accoglieva la domanda di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, sul presupposto della delibata fondatezza del primo profilo di censura, circa la competenza a provvedere della Provincia, ai sensi dell’art. 244, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006.
Tale atto, oggetto di impugnazione del Comune, veniva però annullato dall’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4330 del 29 luglio 2008, il Sindaco apparendo avere in realtà agito ai sensi degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, ossia mediante atipica ordinanza contingibile ed urgente, data la straordinarietà della situazione venutasi a creare anche a causa dell’inerzia della Provincia, competente ad agire in via ordinaria.
Con sentenza 20 ottobre 2009, n. 1118, il primo giudice accoglieva il ricorso, evidenziando in particolare come l’obbligo di bonifica dei siti inquinati gravi, in primo luogo, sull’effettivo responsabile dell’inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l’obbligo di effettuarne la relativa bonifica (ma, al più, una mera facoltà ).
Avverso tale decisione interponeva appello il Comune di (omissis), deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1) Inammissibilità e/o improcedibilità dell’avverso ricorso.
2) Erronea applicazione dell’art. 192 DLgs 152/06, sussumibilità della fattispecie sub art. 50 c. 4 e 5 e 54 c. 2 Digs 267/00. Responsabilità del proprietario.
3) Mancanza assoluta di istruttoria. Omessa motivazione. Infondatezza.
Costituitasi in giudizio, l’Agenzia del demanio eccepiva l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.
Quindi, all’udienza del 9 maggio 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello viene ancora dedotta l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per mancata impugnazione dell’atto decisorio della Conferenza di servizi del 28 dicembre 2007, atteso che (come si legge nell’atto di appello) “già in quella sede, di fronte al comportamento omissivo sia della Provincia che dell’Agenzia del Demanio, pur di fronte all’accertata situazione di pericolosità per il territorio di (omissis), il Sindaco decise di adottare l’ordinanza contingibile e urgente, al fine di indurre il proprietario dell’area in questione a bonificare la stessa”.
Per l’appello, già in conferenza di servizi era emersa la decisione, adottata sulla base dei pareri espressi, di emettere ordinanza verso l’Agenzia del demanio per il ripristino o l’eventuale addebito delle spese, e la sua conseguente lesività . Per l’effetto, l’Agenzia avrebbe innanzitutto dovuto proporre autonomo e tempestivo gravame verso l’atto conclusivo della Conferenza e un secondo verso la successiva ordinanza contingibile e urgente (l’unica effettivamente impugnata).
Il motivo non è fondato.
La tesi dal Comune appellante non è infatti coerente con la disciplina normativa applicabile ratione temporis: all’epoca dei fatti l’art. 14-ter, comma 9, l. n. 241 del 1990 disponeva che fosse il “provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis” a sostituire “a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza”, delineando quindi una struttura dicotomica del modello della Conferenza di servizi decisoria, articolantesi in una fase conclusa con la determinazione della Conferenza, dalla mera valenza endoprocedimentale e dunque non impugnabile, ed in un’ulteriore fase che conclusa dal provvedimento finale, unico atto impugnabile, in quanto a valenza esoprocedimentale ed esterna, effettivamente determinativa della fattispecie ed incidente sulle situazioni degli interessati.
In sintesi, la determinazione della Conferenza di servizi, anche se di tipo decisorio, era di mera valenza endoprocedimentale, solo la determinazione adottata dall’amministrazione competente all’esito della conferenza stessa rappresentando il provvedimento conclusivo del procedimento, impugnabile in giustizia.
Bene dunque ha deciso il primo giudice nell’escludere che gli atti posti in essere in sede di conferenza e quelli precedenti (in primis quelli con i quali era stato espresso l’avviso delle singole amministrazione), fossero atti a ledere direttamente ed immediatamente il soggetto toccato dal provvedimento emanato a seguito della Conferenza di servizi.
L’esito della Conferenza di servizi era infatti necessario atto di impulso di un’autonoma fase, tesa all’emanazione di un nuovo atto dell’amministrazione che aveva indetto la Conferenza (Cons. Stato, IV, 7 maggio 2004, n. 2874), il solo direttamente ed immediatamente lesivo a differenza dei precedenti, dal carattere solo endoprocedimentale o comunque privi di immediata lesività (Cons. Stato, VI, 17 maggio 2002, n. 2696).
Qui è lo stesso Comune appellante ad evidenziare come tale atto, conseguente all’esito della Conferenza, fosse l’ordinanza sindacale n. 2 del 24 gennaio 2008, notificata all’Agenzia del demanio il 28 gennaio 2008 ed impugnata (nei termini) con atto notificato il 13 marzo 2008.
Con il secondo motivo di appello, ribadito che l’ordinanza impugnata era stata adottata dal Sindaco nell’esercizio dei poteri degli artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267 del 2000, il Comune contesta la conclusione della sentenza per cui esso non avrebbe accertato né dimostrato, nell’adottare l’ordinanza impugnata, “la sussistenza dell’elemento psicologico (ossia almeno la colpa), che avrebbe dovuto sorreggere la condotta omissiva imputabile all’Amministrazione ricorrente, quale condizione necessaria per la legittimità del provvedimento impugnato, essendosi l’amministrazione comunale unicamente limitata a rilevare l’appartenenza del bene interessato all’Agenzia demaniale e, per ciò soltanto, ordinandole di bonificare il fondo”.
Invero, prosegue la sentenza, già dall’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006 si deduce il principio opposto, radicandosi l’eventuale responsabilità concorrente del proprietario del fondo (rispetto a quella diretta dell’autore dell’illecito ambientale) solo su sua riscontrata colpevolezza nella causazione del danno. Responsabilità che però, nel caso di specie, non emergerebbe dalle motivazioni dell’ordinanza sindacale.
Per l’appellante, invece, la responsabilità omissiva dell’Agenzia del demanio potrebbe discendere anche dal fatto che, pur consapevole del rischio per l’ambiente venutosi a creare, nel tempo sui suoi terreni non si sia attivata nell’ordinare la rimozione dei rifiuti.
Nemmeno, a rigore, sarebbe stata necessaria una particolare indagine sulla posizione soggettiva del titolare dei terreni, posto che l’ordinanza contingibile e urgente da un lato presuppone un’indifferibilità incompatibile con lo svolgimento di accertamenti istruttori analitici e complessi, dall’altro non ha carattere sanzionatorio, sicché non dipende dall’individuazione di responsabilità del proprietario in relazione alla situazione inquinante, ma solo al fine ripristinatorio.
Perciò l’ordinanza bene sarebbe stata indirizzata al proprietario, che si trova in situazione tale da poter eliminare il pericolo, ancorché non imputabile a lui.
Neppure questo motivo è fondato.
L’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 così prevede:
“1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate […]”.
Il Collegio ritiene di confermare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza per cui, in ragione del citato art. 192, comma 3, “alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;
– in via solidale è tenuto il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;
– non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.
Tali principi sono evidentemente declinabili anche qualora il Comune proceda con lo strumento contingibile e urgente di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 267-2000, come nel caso di specie, atteso che l’imputabilità sotto il profilo soggettivo dell’inquinamento non può modificarsi a seconda dello strumento amministrativo con il quale si agisce.
Ne consegue quale corollario:
a) l’insufficienza, ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico;
b) la necessità dell’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo (per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 192 cit.; per quanto riguarda il regime di cui all’art. 50 d.lgs. n. 267-2000, tale accertamento deve coordinarsi con le esigenze di urgenza, particolarmente qualificate, da indicarsi nel provvedimento medesimo che consentono di prescindere dal contraddittorio)” (ex multis, Cons. Stato, V, 9 maggio 2018, n. 2786).
E’ dunque censurabile l’operato dell’amministrazione quando ometta di dedurre, in concreto o in assenza di accertamenti in contraddittorio con i soggetti interessati, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti (in termini, Cons. Stato, V, 23 febbraio 2015, n. 881; V, 15 luglio 2013, n. 3833; VI, 18 aprile 2011, n. 2376).
Infine, il terzo motivo di appello contesta che l’ordinanza sindacale potesse dirsi adottata in carenza di istruttoria e di motivazione. L’atto, infatti, dava atto della “ragione giustificativa della sua adozione, costituita dalla esistenza sul sito di rifiuti abbandonati, motiva in modo ampio e diffuso le ragioni della sua adozione in quanto richiama tutti gli atti di indagini operate, specifica l’iter istruttorio eseguito (Conferenza di Servizi), ma soprattutto motiva sull’opportunità di applicare lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente attraverso il richiamo ad un evidente situazione eccezionale di pericolo per la pubblica incolumità “.
Inoltre le ragioni di urgenza per il bene tutelato (salute pubblica) non potevano che richiedere un intervento immediato dall’autorità, a nulla rilevando che la stessa avrebbe se del caso potuto e dovuto intervenire in precedenza.
Del resto, l’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 attribuisce al Sindaco, ufficiale del Governo, il potere di assumere provvedimenti dal contenuto atipico nell’interesse della pubblica incolumità, a prescindere dall’accertamento delle effettive responsabilità .
Anche questo motivo non va accolto.
Va infatti ricordato che il potere di ordinanza del Sindaco dell’art. 54 non può tradursi in violazione del principio di legalità, restando ancorato a principî che devono guidarne l’utilizzo, come la necessità e l’urgenza, la limitata durata nel tempo e la dettagliata motivazione; e presuppone l’indisponibilità di mezzi tipici o poteri per affrontare la questione contingente, in nessun modo fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione (ex multis Cons. Stato, Ad. plen., 30 luglio 2007, n. 10; V, 28 maggio 2007, n. 2109; II, 24 ottobre 2007, n. 2210).
Nel caso di specie la durata di oltre tre mesi del procedimento che aveva portato all’adozione dell’ordinanza fa escludere che si versi nell’esercizio dell’eccezionale potere extra ordinem in questione, dovendosi piuttosto concludere – con il primo giudice – che l’amministrazione comunale abbia agito seguendo la procedura ordinaria (ai sensi già dell’art. 14 d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 – ora art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006).
Detta procedura non consente di derogare ai principi generali del contraddittorio.
La conclusione, ben evidenzia la sentenza impugnata, è coerente con le indicazioni del “Preambolo” dell’impugnato provvedimento, alla cui origine sta il verbale 25 ottobre 2007, con cui il Corpo di polizia provinciale di Cosenza (Nucleo Ambiente) aveva accertato la presenza di rifiuti speciali e pericolosi e ne aveva predisposto il sequestro.
Successivamente intervenivano la comunicazione prot. 94416 del 26 ottobre 2007, del Corpo di polizia della Provincia di Cosenza alle autorità interessate ai sensi dell’art. 304 d.lgs. n. 152 del 2006 (a riscontro della quale seguivano la nota 19 novembre 2007, prot. n. 22768 del Ministero dell’ambiente, di richiesta di informazioni documentate, e la nota 21 novembre 2007, prot. n. 23004, dell’Agenzia del demanio, che invitava il Corpo di polizia a promuovere gli interventi necessari per la bonifica) e la Conferenza di servizi, indetta dal Comune di (omissis) per il giorno 28 dicembre 2007.
Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.
Sussistono le ragioni per disporsi tra le parti la compensazione delle spese di lite del grado di giudizio, essendosi limitata l’Agenzia del demanio – in tale contesto – a depositare una nota di costituzione formale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di lite del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere

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